Turchia leader nel Grande gioco Nasce il nuovo asse anti Israele
 











Da grande Recep Tayyip Erdogan vuole fare il leader islamico del Medioriente. Il premier turco ha iniziato lunedì sera un tour regionale che lo ha portato prima al Cairo, oggi in Tunisia e poi in Libia, tre paesi protagonisti dei cambiamenti epocali prodotti nel giro di pochi mesi da quella che è passata alla storia come primavera araba.
In Egitto Erdogan è stato accolto come un eroe. Folle di sostenitori lo hanno acclamato all’aeroporto e la stampa lo ha trattato con tutti gli onori.
All’università al Azhar, importante centro teologico sunnita, Erdogan è stato salutato da centinaia di studenti che lo hanno definito un «leader libero». Al Cairo Erdogan ha dichiarato che «un principio dell’Islam» è l’equidistanza dello Stato da tutte le religioni. Non abbiate paura del laicismo, non nega la religione, ha detto in sostanza Erdogan.
In un’intervista rilasciata al quotidiano egiziano <+Cors>al Shouruk<+Tondo>, pubblicata ieri,
Erdogan ha espresso timori per la possibilità di una guerra civile in Siria fra alawiti (setta dello sciismo) che detengono il potere, e sunniti, che sono la maggioranza della popolazione. Quanto alla Libia, dove si recherà domani, il leader turco pensa che il colonnello Gheddafi non abbia «imparato la lezione di Ben Ali e  Mubarak». La Turchia è col popolo libico, dice Erdogan, ma è anche contro l’intervento internazionale. «Riteniamo che gli occidentali non abbiano alcun diritto al petrolio libico che appartiene al popolo», ha sottolineato l’equilibrista Erdogan, leader di un paese che certo non ha in programma di uscire dalla Nato. E’ chiaro che la Turchia, potenza regionale emergente, cerchi un riposizionamento strategico, proprio alla luce degli sviluppi della primavera araba, in quanto esempio di democrazia in equilibrio tra Islam e valori laici, alleato dell’occidente, ma non appiattito sulle politiche della Casa Bianca.
La visita del Premier turco si tiene a pochi
giorni l’assalto all’ambasciata israeliana al Cairo, in un momento di profonda crisi nelle relazioni turco-israeliane. Gli accordi militari tra questi due paesi sono sospesi e le relazioni diplomatiche sono state declassate. Erdogan ha parlato di “casus belli” in relazione all’uccisione di nove cittadini turchi per mano di militari israeliani a bordo della nave Mavi Marmara diretta a Gaza nel maggio 2010. Intervenendo a una riunione della Lega Araba in Egitto, il premier di Ankara ha ribadito che non è possibile alcuna normalizzazione tra Turchia e Israele senza le scuse ufficiali per i farri della Freedom Flottilla, a cui deve aggiungersi l’indennizzo per le famiglie delle vittime e la revoca dell’embargo a Gaza. Parlando alla radio delle forze armate, ieri l’ex comandante della marina militare israeliana, Amy Ayalon, ha evocato lo scenario di uno scontro in mare fra navi da guerra turche e israeliane, se davvero nevi della marina militare turca fossero inviate a scortare le navi che cercheranno di forzare il blocco navale israeliano a Gaza. Inoltre, secondo notizie diffuse in Turchia, i radar militari di questo paese segnalerebbero ora come «ostili» navi e aerei israeliani, invece che «amici».
Erdogan, che al Cairo incontra la numero uno della diplomazia europea Ashton e il presidente palestinese Abbas per parlare della prossima richiesta di adesione palestinese all’Onu, ha definito un dovere il riconoscimento dello Stato palestinese.
Nel suo tour regionale il leader turco è accompagnato da alcuni suoi ministri e 170 imprenditori. Lo scopo ufficiale della visita al Cairo era rilanciare la «cooperazione strategica» turco-egiziana in campo militare, diplomatico ed economico. Quello ufficioso rimanda alla prima riga. A cosa sogna di fare da grande.
<+Firma_coda>Fra.Mar. Francesca Marretta - Gerusalemme