Il ministro Usa striglia l’Europa Atene più vicina al baratro
 











La due giorni convocata dalla Polonia, presidente di turno dell’Unione europea, sarebbe dovuta servire ai ministri delle finanze dell’eurozona e di tutta l’Unione a fare chiarezza sui prossimi passi necessari a uscire dalla crisi del debito e a risolvere la situazione greca.
Ma il primo giorno di vertice organizzato nella cittadina di Wroclaw, in Polonia, si è trasformato nell’occasione, per gli Usa, di dare una bella strigliata all’Europa per l’attuale gestione della crisi.
Ieri era infatti invitato anche il segretario al tesoro statunitense, Tim Geithner, a testimonianza di quanto gli Usa guardino con preoccupazione alla crisi del debito europea. Lo stesso presidente Obama aveva detto, la settimana scorsa, che l’economia mondiale rimarrà traballante finché non si risolverà la situazione in Europa. Durante il suo intervento, ha reso noto la ministra austriaca delle finanze Maria Fekter, Geithner avrebbe esortato con toni addirittura
drammatici i ministri presenti a rafforzare ulteriormente il meccanismo finanziario del cosiddetto fondo salva-stati, l’Efsf. Solo così, ha aggiunto l’economista statunitense, si sarebbero potuti stabilizzare i mercati.
«Ci ha esortati», ha detto Fekter a proposito di Geithner, «a mettere a disposizione più soldi per stabilizzare il settore finanziario, il settore bancario, e aumentare ad ogni costo il fondo europeo di salvataggio». Geithner «ha rappresentato drammaticamente il fatto che dobbiamo impegnare risorse», ha poi chiosato la ministra austriaca.
Ma nonostante il tono, la proposta non ha trovato orecchie disponibili tra i colleghi europei, in particolare tra quelli dell’eurozona, che lo scorso 21 luglio già avevano deciso un sensibile aumento delle garanzie sul fondo da 440 a 780 miliardi di euro. Il ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schäuble avrebbe risposto che i contribuenti tedeschi non sono disposti a pagare altre tasse per finanziare un ulteriore aumento del
fondo di stabilità, e che il solo modo per arrivarci sarebbe introdurre un’imposta sulle transazioni finanziarie. Ipotesi però «decisamente rifiutata» dal segretario al tesoro Usa, ha spiegato Fekter.
Altrettanto deciso è stato il "no" alla proposta statunitense da parte del presidente dell’eurogruppo Jean-Claude Juncker. Schäuble e il suo vis-à-vis belga, Didier Reynders, hanno invitato Geithner a pensare a rispettare i propri doveri in termini di debito pubblico - gli Usa sono il paese con il primo debito del mondo. Fetker, inoltre, non ha mancato di far notare come sia «singolare che sebbene gli statunitensi abbiano fondamentali significativamente peggiori dell’eurozona ci dicano cosa dobbiamo fare, mentre quando noi suggeriamo qualcosa rispondono che non ci sono margini».
Anche sulle divisioni in seno all’Ue, però, Geithner ha avuto parole molto dirette: «Certo, per gli Usa è facile giudicare perché siamo un singolo paese con una singola valuta». Ma «quel che è molto dannoso
non è solo vedere le divisioni europee nel dibattito sulle strategie, ma il conflitto continuo fra i paesi e le banche centrali», che invece «dovrebbero rimuovere dai mercati i rischi catastrofici» ed «evitare di parlare a ruota libera dell’idea di smontare le istituzioni dell’euro».
Comunque, ora i ministri delle finanze dell’euro hanno un problema impellente: sbloccare lo stallo nato intorno alla richiesta della Finlandia di ulteriori garanzie per la sua parte di prestito alla Grecia, in teoria già accordato da Atene, ma che deve ancora passare al vaglio degli altri paesi dell’eurozona. La situazione è potenzialmente esplosiva. I finlandesi - il cui governo di centrodestra deve fare i conti con i populisti del partito Veri finlandesi - non vogliono sentire ragioni e, in proposito, hanno reso noto che allo studio c’è una soluzione altamente innovativa.
A proposito di Atene, ieri il ministro greco Evangelos Venizelos ha affermato che il vertice «è un’opportunità per mandare un
messaggio molto chiaro sul fatto che siamo in carreggiata per attuare il nostro programma». E che la piena attuazione del rafforzamento del piano anti crisi deciso dall’Ue lo scorso luglio, assieme a nuovi impegni della Grecia sul suo programma «sono l’unica strada percorribile, non solo per la Grecia, ma anche per l’area euro come insieme».
Intanto, però, prima di avere la nuova tranche di aiuti la Grecia dovrà aspettare il "sì" della troika, che volerà ancora ad Atene per verificare le nuove misure prese dal governo del socialdemocratico Papandreou. Oltre a questo rimane in ballo il rafforzamento del fondo Efsf, che deve essere ratificato dai parlamenti dell’eurozona. Su tutto continua ad aleggiare lo spettro di un’insolvenza greca, che in Germania non viene più taciuta categoricamente dallo stesso ministro dell’economia Rösler e che ieri nemmeno l’austriaca Fetker ha potuto escludere. Se l’attuale meccanismo messo in piedi dall’eurozona alla fine dovesse rivelarsi «troppo
costoso», ha chiarito la ministra austriaca, bisognerà cercare delle -alternative-.  Matteo Alviti