TOTO' CUFFARO
I VUOTI DI MEMORIA
 







di Massimo Giannetti




Presidente Regione Sicilia CUFFARO

Dice di essere un «po' ansioso», Totò Cuffaro quando entra a palazzo di giustizia. Ma il riconfermato governatore della Sicilia apparirà soprattutto smemorato nel lungo interrogatorio al processo sulle talpe alla Dda di Palermo in cui è imputato di favoreggiamento aggravato di Cosa nostra e di rivelazioni di notizie riservate. Il processo, che vede alla sbarra una dozzina di persone tra politici, imprenditori collusi e ex carabinieri in servizio alla procura antimafia, è cominciato un anno e mezzo fa ed è arrivato alla settantesima udienza. Cuffaro è riuscito a rinviare più volte l'appuntamento con i giudici della terza sezione del tribunale.
L'aula è gremita di giornalisti. Ci sono anche tv giapponesi. Le domande dei pm Prestipino, Di Matteo e De Lucia vertono principalmente sui suoi rapporti con alcuni degli altri imputati eccellenti del processo: uno di questi è il re della sanità privata siciliana, Michele Aiello, l'ex medico e presunto
prestanome del boss di Cosa nostra, Giuseppe Guttadauro, al quale Totò Cuffaro avrebbe fatto arrivare informazioni riservate su indagini che lo riguardavano. Ma la difesa del neosenatore dell'Udc, caratterizzata da un lunga sfilza di «non ricordo», è stata netta nel respingere qualsiasi contestazione dei pm. Ammette di avere avuto relazioni con persone poco raccomandabili ma quanto all'accusa di essere stato lui la talpa, diretta o indiretta, della mafia nella Dda, reitera con insistenza il suo «non è vero» e dichiara di aver saputo dalle intercettazioni dai giornali. I pm lo incalzano, ma Cuffaro svicola anche sul famoso incontro avuto il 31 ottobre del 2003 con Aiello nel retrobottega di un negozio di biancheria intima a Bagheria. L'imputato spiega che quell'incontro - al quale si presenta senza scorta - lo chiese lui ma si parlò soltanto del tariffario sanitario: «Bisognava dare una risposta ad Aiello (la sua clinica di Bagheria era convenzionata con la regione) che minacciava di sospendere alcune prestazioni importanti se queste non sarebbero state inserite nel prontuario regionale». Quindi non ha mai avuto notizie su indagini della procura sul boss Guttadauro? insiste il pm Prestipino. «No», risponde Cuffaro. Che dice ancora un «no» secco quando il pm gli chiede se il maresciallo Giorgio Riolo, anche lui imputato al processo e con il quale il governatore aveva frequenti contatti, gli avesse mai parlato delle intercettazioni a casa del boss di Brancaccio. Riolo, che aveva lavorato nel reparto dei Ros dei carabinieri, aveva messo lui stesso le cimici nell'abitazione di Guttadauro. L'altro ufficiale in servizio alla Dia coinvolto nell'inchiesta è Giuseppe Ciuro (già condannato a 4 anni e 8 mesi con il rito abbreviato).
Secondo l'accusa Cuffaro avrebbe avuto legami con Guttadauro attraverso il suo amico medico e compagno di partito, Domenico Miceli, ex assessore al comune di Palermo arrestato in questa inchiesta insieme ad un altro esponente dell'Udc, Antonio
Borsacchelli, ex carabiniere che Cuffaro decise di mettere in lista perché aveva molti amici nelle amministrazioni.
Cuffaro alterna sicurezza di sé a momenti di nervosismo. Polemizza con i pm e si fa riprendere dal presidente della corte Vittorio Alcamo quando pretende che le domande gli vengano formulate in maniera diversa.
Di carne sul fuoco ce n'è davvero tanta: oltre alle spiate al boss ci sono accuse su affari sanitari, raccomandazioni nei concorsi, appalti, presunte tangenti per strutture commerciali a Villabate e a Pantelleria e finanziamenti elettorali alla vigilia delle regionali del 2001.
L'interrogatorio dura quattro ore, ma entrerà nel vivo la prossima settimana, quando il governatore dovrà difendersi dalle accuse che gli ha rivolto l'ex presidente del consiglio comunale di Villabate, Francesco Campanella, suo ex consulente. Arrestato per associazione mafiosa Campanella è l'uomo che falsificò la carta di identità a Bernardo Provenzano. Da alcuni mesi è
collaboratore di giustizia ed è il principale accusatore di Cuffaro.da Il manifesto