Franz Liszt, genio ed antesignano
 







di Rosario Ruggiero




Due secoli fa, nella notte tra il 21 ed il 22 ottobre, nasceva, a Raiding, in Ungheria, Franz Liszt, figlio di Anna Lager e di Adam, appassionato cultore di musica. L’infanzia, passata fino a sei anni tra una malattia e l’altra sì da far temere anche per la sua sopravvivenza, non lasciava certo presagire una vita che invece si sviluppò poi con buona ampiezza portandolo, quasi ottuagenario, fino al 31 luglio 1886; gli studi musicali, intrapresi sin da giovanissimo, con il primo concerto pianistico dato già all’età di nove anni e la borsa di studio di un alcuni nobili ungheresi che gli permise di giungere a Vienna dove poté studiare il pianoforte col celebre didatta Carl Czerny e la composizione con Antonio Salieri, preannunciarono invece chiaramente una carriera che non gli lesinò gloria e che spaziò dall’esecuzione pianistica alla composizione di una vasta e varia produzione, dalla sensibile divulgazione di musica altrui all’instaurazione di modalità concertistiche nuove, dall’organizzazione di eventi musicali alla stesura di scritti musicologici, dal sostegno e la valorizzazione di meritevoli artisti alla formazione di una nutrita schiera di pianisti.

In tutti questi campi Franz Liszt lascerà un segno virtuoso e significativo.

Nell’ambito della tecnica pianistica, infatti, la forte impressione ricevuta ventunenne assistendo ai incantesimi violinistici di Niccolò Paganini, e la sua forte attenzione per la musica descrittiva ed a programma, lo indurranno ad approfondire la ricerca sulla tecnica pianistica sia in ambito meccanico che timbrico, anche trascrivendo e rielaborando pagine del celebre virtuoso genovese, approdando alla creazione di formule nuove e di effetti sonori prima inauditi, evolvendo così enormemente le possibilità espressive dello strumento, una lezione dalla quale ben pochi compositori a venire sapranno esimersi.

Nell’ambito della composizione, esplorazioni armonistiche e formali schiuderanno la via a musicisti come César Franck, Richard Wagner, Claude Debussy ed altri ancora, ed a stilemi compositivi come il leitmotiv, la forma ciclica, l’adozione di raffinate, evanescenti atmosfere sonore.

Circa la divulgazione musicale a lui si deve la proposta ed il sostegno di musicisti ed opere poi chiaramente affermatisi.

align=justify>Riguardo alle modalità concertistiche, promosse il concerto esclusivamente pianistico, il programma interamente monografico e l’uso dell’esecuzione a memoria, scelte, queste, oggi di grande consuetudine.

Come didatta, ai suoi insegnamenti pianistici si formarono insigni virtuosi quali Emil von Sauer, Moritz Rosenthal, Giovanni Sgambati, Hans von Bulow, Carl Tausig ed Eugene d’Albert.

Qualche parola in più merita la pratica di scrivere ed eseguire trascrizioni, “parafrasi”, fantasie ed ogni altra forma di rielaborazione di musica altrui. Genere musicale oggi ben meno consueto, la trascrizione e la rielaborazione di temi di altri, rendendo cameristiche pagine sinfoniche e teatrali, favorì, in quei tempi di assenza di radio, televisione, giradischi e tanti altri più moderni mezzi tecnologici di riproduzione sonora, la più ampia divulgazione di musica, permettendo l’esecuzione di pagine orchestrali ed operistiche in contesti, come i salotti, geometricamente ben più ristretti di un teatro o un auditorium, ma pure rendendo possibile l’ascolto di musiche nate per scelte strumentali diverse in mancanza degli originali strumenti di destinazione, al tempo stesso assume significato compositivo per la capacità tecnica espressa dall’autore di superare i limiti dello strumento adottato che dovrà in qualche modo emulare le naturali capacità degli strumenti originari di destinazione del brano, per esempio il solo pianoforte dovendo “cantare” un’aria d’opera alla maniera della voce umana o, in un brano orchestrale, gareggiare con l’orchestra in ampiezza di sonorità e varietà timbrica. Potrà altresì avere valenza d’arte per la fantasia creatrice espressa nelle trasformazioni dall’originale, valore spettacolare e ludico, sia per le pretese virtuosistiche insite nell’imitazione di capacità ben più spontanee ad altri strumenti, che per quelle anche vanitosamente aggiunte dall’autore, a quei tempi quasi sempre pure esecutore, con l’inserimento di plateali, vertiginose ornamentazioni. Infine avrà valore formativo per l’esecutore esaltandone le capacità allo strumento. Queste rielaborazioni antiche vanno considerate oggi quindi documento sicuramente sociologico e, per quanto su detto, anche artistico e musicale da saper valutare opportunamente.

In conclusione, complessivamente una vasta opera quella di Franz Liszt, che oggi resta un contenitore di tesori da aprire con le chiavi di una attenta e spregiudicata analisi critica per percepire ed apprezzare chiaramente i numerosi prodromi contenuti della musica a venire la quale, con ogni probabilità, senza di lui avrebbe assunto diversa fisionomia. Genio negli anni lodato e bistrattato, con la sua produzione rappresenta sicuramente non un singolo, elevatissimo picco nella storia della musica, ma un’ampia catena montuosa che, al di là dell’altezza delle sue singole cime, pur non trascurabile, riceverà giustizia piena solo da quell’orecchio che, emendato da qualunque caligine epocale, di moda, superficialità o consuetudine, saprà abbracciarne l’intera visione in uno sguardo che, ammirandola nella sua interezza, potrà così riconoscere tutte le enormi conseguenze che, quel delicato bambino magiaro infervorato d’arte, ha saputo, con tanta copia, donare all’universo della musica.