Il conflitto d’interessi di Blair Arricchirsi da inviato di pace
 











Se lasciato l’incarico a Downing Street nel 2007 Tony Blair si fosse ritirato a vita privata, nessuno oggi in Gran Bretagna ficcherebbe il naso nei suoi affari per sapere quanti milioni di sterline ha accumulato negli ultimi tre anni in consulenze di vario tipo. Ma l’ex Primo Ministro britannico, architetto con George Bush della guerra in Iraq, oltre che il consulente per la banca d’investimenti Usa J P Morgan (due milioni di sterline all’anno), il cerimoniere (a pagamento) per eventi internazionali e il testimonial per case di alta moda, di mestiere fa l’inviato del Quartetto (Usa, Russia, Stati Uniti, Onu) per la pace in Medio Oriente. Una posizione che gli consente di continuare ad avere relazioni ai massimi livelli in ambito politico internazionale. Secondo i media britannici la posizione di Tony Blair nel jet-set mondiale «ha creato una straordinaria confusione tra interesse pubblico e privato» che gli ha fruttato «almeno 13,8 milioni di sterline» (15,9 milioni di euro). Quanto e come negli incontri con leader come Muhammar Gheddafi, oggi caduto in disgrazia, ma fino a inizio anno ancora potentissimo, Blair ha lavorato allo stesso tempo come inviato di pace, per J P Morgan e la Tony Blair Associates (Tba), compagnia che ha fondato per fornire "consulenza strategica sulle tendenze politiche ed economiche"?
In questi giorni le inchieste di giornali come The Observer, supplemento domenicale del progressista The Guardian, o anche vicini alla destra come The Sunday Telegraph, programmi televisivi e radiofonici, stanno scavando nel torbido del conflitto d’interessi di Tony, super-pagato consulente nelle stesse zone della sue missioni di pace, dai Territori palestinesi, alla Libia, al Qatar, al Kuwait.
La pace tra israeliani e palestinesi è oggi più che mai un miraggio. In compenso Blair, che ha appena ultimato i lavori del nuovo mega-ufficio a Nablus Road, nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme est, ha avuto un
ruolo fondamentale per l’ottenimento di due contratti per miliardi di dollari nei Territori Palestinesi. Lo rivela un’inchiesta della serie Dispatches, trasmessa su Channel 4, dal titolo: "Il meraviglioso mondo di Tony Blair". Per la precisione Blair ha usato la sua posizione come rappresentante del Quartetto per persuadere il governo israeliano ad aprire frequenze radio per la società di telecomunicazioni Wataniya. Blair ha anche assicurato a British Gas lo sfruttamento di una zona petrolifera al largo delle acque di Gaza del valore di oltre 6 miliardi di dollari. E fin qui non ci sarebbe nulla di male.
Si da però il caso che la Wataniya risulti di proprietà della Qtel, gigante delle telecomunicazioni con sede in Qatar. Che come British Gas, è cliente di JP Morgan. Solo coincidenze. Blair non ne sapeva nulla, del resto è un uomo dai mille impegni.
Un portavoce dell’ex premier britannico ha infatti chiarito che Blair ha ottenuto i contratti per la Wataniya in West Bank e British
Gaza a Gaza «su richiesta diretta dei palestinesi». Blair fa semplicemente bene il suo lavoro. «E’ responsabilità del rappresentante del quartetto contribuire al rafforzamento dell’economia palestinese. Il progetto Watanya rappresenta nella fattispecie il maggiore investimento diretto estero destinato all’Autorità nazionale palestinese», questa la difesa dell’ufficio dell’ex premier di Londra. E’ sempre una coincidenza che Blair, come ha rivelato The Sunday Telegraph, abbia incontrato segretamente Gheddafi in almeno sei faccia a faccia in Libia tra il 2008 e il 2010. Cinque di queste missioni, a cui sono seguite concessioni petrolifere in Libia, hanno anticipato il rilascio dell’attentatore di Lockerbie Abd el-Basset al Megrahi, detenuto in Scozia. A gennaio 2009 la J.P. Morgan ha anche negoziato un accordo tra la Libyan Investment Authority (Lia), e una società dell’oligarca russo Oleg Deripaska, amico di Lord Mendelson, politico laburista ed ex ministro vicinissimo a Blair. L’affare non è alla fine andato in porto.
Un altro esempio tira in ballo l’emiro del Kuwait, Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah, che pagò le prime consulenze a Blair nel dicembre 2007. Il lavoro dell’ex premier deve aver superato le aspettative dell’emiro, dato che un anno dopo la Tony Blair Associates sottoscrisse un contratto da 27 milioni di sterline «per tracciare un’analisi più ampia dell’economia kuwaitiana». Il fatto che l’emiro avesse qualche debito di riconoscenza con l’ex premier britannico per aver invaso l’Iraq e fatto capitolare il nemico giurato del piccolo e ricco emirato, Saddam Hussein, è pura speculazione. Francesca Marretta