|
|
Maroni a Confindustria:-Discutere, ma non di pensioni-
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Il giorno dopo il manifesto-ultimatum di Confindustria, si osserva non solo l’agenda dettata dagli industriali ma anche le modalità e i toni con cui Emma Marcegaglia ha presentato il documento elaborato con Abi, rete imprese, cooperative e Ania. «Non c’è più tempo, servono scelte immediate e coraggiose» aveva detto per ribadire la necessità, sentita dall’imprenditoria italiana, di un intervento immediato per riprendere la crescita puntando su cinque aree strategiche: riforma fiscale, infrastrutture, privatizzazioni, liberalizzazioni e pensioni. Cinque punti, sui quali la politica è chiamata a rispondere, altrimenti Confindustria è pronta a lasciare i tavoli di confronto. «Spero che questo non avvenga - è l’augurio del ministro per le Infrastrutture, Altero Matteoli, a margine della inaugurazione del Salone Nautico di Genova -. Spero che Confindustria continui a dialogare col governo, perché il confronto è indispensabile per chiarire le posizioni e la situazione». Il leghista Roberto Maroni tiene la posizione indicata dal suo leader Umberto Bossi: «Si può discutere in maniera intensa su tutto tranne che su un punto, l’abolizione delle pensioni di anzianità, che è il chiodo fisso di Confindustria ma è una cosa ideologica». Il ministro dell’Interno giudica «sacrosante» le richieste degli industriali per lo sviluppo, ma ricorda che la stessa Ue ha parlato di un sistema italiano di previdenza stabile. Di tutto c’è bisogno tranne che di intervenire sul sistema pensioni». Il presidente della Camera Gianfranco Fini, ex alleato oggi acerrimo nemico di Berlusconi, irichiama l’attenzione sulle pressioni degli industriali sulla patrimoniale. «Non è usuale che Confindustria ne parli in modo così esplicito - osserva Fini - è prevedibile che lo facciano i sindacati». Per Fini, questo «deve far riflettere». Perché «quando il Governo ad agosto ha cambiato per quattro volte la manovra, la giustificazione era che non si poteva fare la patrimoniale» perché «andava in collisione con l’elettorato di centrodestra». «Se perfino Confindustria dice che bisogna contribuire tutti - rileva ancora Fini - evidentemente l’elettorato di centrodestra non è un club di miliardari. Mi pare che da parte di Berlusconi ci sia una logica classista alla rovescia». «Che le misure del governo sono depressive noi lo diciamo da tre anni, benvenuta Confindustria», ironizza ma non troppo Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. «Siamo d’accordo con loro che non ci sono misure per la crescita, ma il manifesto ha ancora l’idea che il prezzo lo debbano pagare i lavoratori». Chi si smarca da Confindustria è invece il presidente della Fiat, John Elkan. «Non è tempo di proclami o di dichiarazioni o critiche generiche. Il momento è grave, l’importante è essere molto concreti e soprattutto avere senso di responsabilità. D’altra parte, è proprio quello che ci indica il nostro presidente della Repubblica». |
|