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IL PIANO SANITARIO DI FITTO |
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di Carlo Lania
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«Raffaele non avere dubbi, qualunque cosa ti occorre disponi di me come credi». Erano amici Raffaele Fitto e Giampaolo Angelucci. Molto amici. A legare l'ex governatore della Puglia, oggi deputato di Forza Italia, e l'imprenditore romano titolare di un impero che spazia dalle cliniche private all'editoria, erano soprattutto gli interressi di quest'ultimo in Puglia. Interessi che sarebbero stati realizzati in maniera non del tutto lecita secondo la procura di Bari che ieri ha chiesto per entrambi gli arresti domiciliari. A mettere nei guai Fitto e Angelucci ci sarebbe una presunta tangente da 500 mila euro pagata dal Consorzio San Raffele di Roma (appartenente al gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci) a «La Pugla prima di tutto», il movimento politico creato da Fitto in occasione delle elezioni regionali del 2005, poi vinte da Niki Vendola. In cambio, l'ex governatore avrebbe fatto ottenere ad Angelucci un appalto da 198 milioni di euro per la realizzazione di undici residenze sanitarie per l'assistenza ad anziani e disabili (Rsa) in tutta la regione. Arresti domicliari - ma per una diversa vicenda di presunta corruzione sempre legata a Fitto - anche per l'editore televisivo pugliese Paolo Pagliaro, mentre risulta indagato sempre per corruzione anche il vescovi di Lecce, monsignor Cosmo Francesco Ruppi. Indagate, infine, altre 19 persone. «Questo paese deve al più presto recuperare una concezione di legalità vera, effettiva, allo stato resa irriconoscibile dal sinistro tintinnare di manette» ha commentato Fitto, che deve rispondere delle accuse di falso, concorso in corruzione e concorso in finanziamento illecito ai partiti. L'inchiesta pugliese. Il Gip di Bari Giuseppe De Benedictis, che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare, esprime un giudizio durissimo sull'operato di Fitto quando era governatore della Puglia. Almeno per quanto riguarda la realizzazione delle Rsa che - è scritto nell'ordinanza-, sarebbe stata decisa non con l'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, bensì solo per arrivare, «attraverso l'asservimento delle strutture politiche e amministrativo-burocratiche della regione Puglia, alla realizzazione di un compenso, frutto di corruzione, per il finanziamento illecito». L'inchiesta che ha messo nei guai l'esponente di Forza Italia è figlia di un'indagine compiuta nel 2000 sempre dalle procura di Bari su alcuni appalti per le pulizie all'Impdap e conclusasi con una serie di condanne. Uno dei filoni seguiti a quel processo ha portato i magistrati pugliesi, attraverso numerose intercettazioni telefoniche, fino a ricollegare i fili della presunta tangente di 500 mila euro. In particolare gli inquirenti sono riusciti a ricostrurie i flussi di denaro che, versati in 15 tranches tra il 18 marzo e il 5 maggio 2005, da diverse società del gruppo Tosinvest sono confluiti nelle casse del movimento politico di Fitto. Una parte dei soldi, complessivamente 200 mila euro, per l'accusa sono prima passati per le mani delle segreterie amministrative dell'Udc calabrese e dell'Udc nazionale. In un'intercettazione del 9 marzo 2005, parlando al telefono con il tesoriere del suo partito, il commercialista salentino Aurelio Filippi, Fitto si informa sulla disponibilità di fondi per la campagna elettorale: «A che stiamo?», chiede. E Filippi: «Dipende da che cosa mi vuoi parlare..., stiamo che se arrivano il resto stiamo bene, se arriva quello». Secondo il Gip, Filippi farebbe riferimento proprio ai 200 mila euro girati su due conti dell'Udc e attesi dal tesoriere di «La Puglia prima di tutto». Soldi che non sarebbero stati spesi invano. Da parte sua, infatti, Fitto si sarebbe dato da fare per far ottenere ad Angelucci l'appalto richiesto. Al punto da sostenere, in una delibera regionale, che le Rsa non sarebbero state gestibili dalle Asl, premessa necessaria per affidarle a un privato. E questo nonostante i direttori delle Asl avessero affermato il contrario. Per quell'atto Fitto deve rispondere di falso. Pagliaro. Secondo l'accusa Paolo Pagliaro, editore del Gruppo Mixer Media e proprietario dell'emittete salentina Telerama, avrebbe ottenuto dalla Seap, la società partecipata della regione Puglia che gestisce gli aeroporti pugliesi, un lucroso contratto per la pubblicità del nuovo scalo di Bari. Un contratto ottenuto grazie a Fitto, che avrebbe avuto in cambio un'ampia copertura e appoggio politico da parte dell'emittente durante tutta la campagna elettorale per le regionali. Per questa vicenda è indagato anche l'amministratore unico della Seap, Domenico Di Paola. L'arcivescovo. Infine monsignor Cosmo Francesco Ruppi. L'arcivescovo di Lecce è indagato per corruzione per alcuni finanziamenti stanziati dalla regione Puglia in favore degli oratori e utilizzati per la costruzione di strutture sportive e per il tempo libero.da Il Manifesto (ha collaborato Maria Luisa Mastrogiovanni) |
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