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Rashid Ghannouchi, eroe nazionale nella Tunisia delle libere elezioni |
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Dalle stalle della prigione e dell’esilio sotto la dittatura travestita da democrazia dell’era Ben Ali, alle stelle della rivincita morale e politica, nella Tunisia della rivoluzione dei gelsomini. Questa la parabola dell’uomo del giorno nel Maghreb e nel mondo islamico: Rashid Ghannouchi, leader di En-Nahda, il partito islamista moderato vincitore delle prime elezioni libere svoltesi in Tunisia. Dopo 22 anni di messa al bando dalla vita politica, a marzo scorso il 70enne Ghannouchi è stato accolto all’aeroporto di Tunisi come un eroe nazionale. A fuggire stavolta era stato Zine El Abidine Ben Ali, cacciato dalle rivolte di piazza. Nella Tunisia in cui a gennaio era accaduto l’impensabile, la fine della dittatura appoggiata dall’Occidente, che avrebbe provocato un effetto domino nella regione, Ghannouchi è stato attento a non spaventare l’elettorato moderato, protagonista della rivolta, come chi portava il velo. Le rivoluzioni arabe non sono del resto partite nelle moschee, né le ha istigate al-Qaeda, nemico giurato dei governati arabi "infedeli". Hanno avuto inizio grazie ai social media, per propagarsi a tutte le frange di società frustrate. Ghannouchi è riuscito a conquistare il 40 per cento dei voti alle elezioni legislative di questo mese, che daranno al paese anche l’assemblea costituente che scriverà la nuova carta costituzionale, grazie alla svolta moderata e modernista che ha impresso al suo partito. Almeno nei proclami. Il leader di En-Nahda dice di ispirarsi al modello turco del Akp, il partito dell’attuale leader di Ankara, Erdogan, facendosi portavoce di un Islam moderno, che a livello politico rispetta i diritti democratici e la visione laica altrui. Questo contraddice però non solo con la storia del suo movimento politico, ma i principi su cui si basa, profondamente connaturati con la religione islamica. «Un dittatore può indossare un turbante, come un cappello», dice giustamente Ghannouchi. Il mondo arabo-islamico non ha lesinato esempi di dittatori in giacca e cravatta o con indosso abiti della tradizione religiosa. Ora si vedrà come alla prova dei fatti si comporteranno i leader affermatisi grazie al vento del cambiamento nella Regione. Ghannuchi è il primo. Nato ad al-Hamas nel sud del paese nel 1941, il leader di En-Nahda si forma come teologo negli anni ‘60, in Tunisia e poi all’Università del Cairo, dove resta affascinato dal nazionalismo nasseriano, anche se non gli insegnamenti del Corano restano la pietra miliare di ogni sua azione politica. Una tappa successiva lo porta in Siria, dove consegue una Laurea in Filosofia all’Università di Damasco. In questa fase Ghannouchi si sente socialista. Prima di dedicarsi alla politica attiva in patria, fondando nel 1980 il Movimento di Tendenza Islamica, da cui si sarebbe poi nato En-Nahada, trascorre un anno in Francia. In quegli anni il padre dell’Indipendenza tunisina Habib Bourghiba, avversa con fermezza i movimento politico di stampo islamista e l’ostentazione della fede islamica in generale. La cosa non spaventa, né scoraggia Ghannouchi, che fa proseliti prima alla luce del sole, poi clandestinamente. Il suo modello è la Fratellanza Musulmana egiziana, che mette insieme nazionalismo panarabo e Islam. Nel 1987 Ben Ali diventa presidente con un colpo di Stato di velluto, facendo dichiarare Bourghiba inabile da medici accondiscendenti. Predicare il verbo di Maometto come dottrina politica era costato a Ghannouchi una condanna a undici anni di lavori forzati e all’ergastolo. Bourghiba voleva condannarlo a morte. Lo salva invece Ben Ali, che diventato Presidente concede l’Amnistia anche ai detenuti politici. Ghannouchi riesce così a partecipare alle elezioni del 1989, ottenendo il 17 per cento dei voti. Il consenso per il partito islamista arrivato secondo, è in realtà molto più elevato, ma la vittoria di Ben Ali era già scritta. Resosi conto della minaccia rappresentata da En-Nahda, Ben Ali mette al bando la formazione islamista. Ghannouchi è costretto all’esilio. A oltre vent’anni di distanza, per nemesi storica il dittatore che ha represso l’opposizione islamista dello sceicco Ghannouchi, come lo chiamano i seguaci, ha trovato rifugio nel paese più conservatore dell’Islam sunnita, l’Arabia Saudita. Il leader di En-Nahda non apprezza i paragoni che lo accostano al ritorno a Teheran dell’Ayatollah Khomeini dopo la caduta dello Scià di Persia nel 1979, ma sono inevitabili. Ghannouchi li teme soprattutto per non spaventare la parte laica del paese musulmano più liberale della regione in termine di costumi. Le ragazze tunisine possono indossare il bikini in spiaggia, abortire e divorziare. Ghannouchi dice che non toccherà i diritti di parità. Ma dice anche che bisogna far qualcosa per mettere freno all’elevato tasso di divorzi nel paese e alla distruzione dei valori della famiglia. E’ nella Tunisia di oggi che alla proiezione del film Persepolis, che racconta coi fumetti la caduta della dittatura in Iran, seguita dall’ascesa degli Ayatollah, che sono scattate le minacce di morte contro gli "infedeli". Cittadini tunisini. Francesca Marretta
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