I soliti idioti
 











Per noi poveri ignoranti di mezza età, il risveglio davanti ai cartelloni pubblicitari con su scritto: "D4I... CA770!" è stato sorprendente. Chissà quanti, come me, avranno pensato: «cazzo (appunto), oltreché presbite mi sa che sto diventando anche ipermetrope!». Ci ho messo un po’ a capire, ma poi quei due culi pelosi al centro del cartellone pubblicitario mi hanno aiutata. Se siete sensibili, scusate il linguaggio, ma è per entrare nello spirito goliardico e super-volgare de I soliti idioti, pellicola sbarcata al cinema venerdì scorso in 485 sale (un’invasione targata Medusa) e che già nelle prime ore di programmazione ha incassato quanto un film medio italiano in tutta la sua vita. E noi nemmeno sapevamo chi fossero, questi soliti idioti. Ma del resto non sapevamo nemmeno cosa significasse "scialla" prima che ce lo spiegasse Francesco Bruno. Eppure ho un figlio di 17 anni, intelligenza nella media e amici della periferia sud di Roma. Si vede che Leo non segue le tendenze, che dio lo benedica.
Comunque, ora si tratta di partecipare al dibattito "di pensiero" su questo nuovo film-tendenza che ha scatenato diverse riflessioni, anche accese. «Fa schifo!». «Macché, è una critica raffinatissima al sistema!» «Sono degli imbecilli, oltreché idioti!». «Sono dei furboni che hanno capito come fare soldi!». «Ma no, sono degli attenti osservatori, ti costringono a ridere del peggio del tuo paese e di te, come hanno sempre fatto i grandi giullari e comici della storia!». Proviamo a dire la nostra, dopo esserci doverosamente recate in sala.
Premessa: I soliti idioti è il titolo di una sketch-comedy che va in onda su Mtv da alcuni anni, diventata a maggio di quest’anno anche spettacolo di teatro-canzone. L’ideatore Francesco Mandelli (il piccoletto della coppia, conosciuto ai più per la sua partecipazione a "Squadra Antimafia" di Canale 5) è sulla scena radio-televisiva da una decina d’anni, figlioccio di Andrea Pezzi che gli ha
insegnato a fare televisione. Il co-ideatore Fabrizio Biggio, detto Biggio, è anche lui figlio della radio e di Mtv, canale antesignano, nei Novanta, di Youtube. Insomma, due giovani professionisti formatisi nel ricchissimo sottobosco delle radio e dei canali tv dal chiaro target "under 20".
Nel film, che rappresenta per entrambi il salto dall’underground alla multisala, i due raffinano le scenette e i personaggi costruiti negli anni: il padre burino che ha fatto i soldi e il figlio secchione, lo speedyboy e l’impiegata statale, la coppia omosessuale, la coppia nordica di riccastri razzisti. Scenette, tormentoni, gesti ripetitivi, canzonette, tutto lavorato in forma di iperbole della volgare realtà che ci circonda, e di cui facciamo parte.
Ma il film è bello o no? Fa ridere o no? E’ volgare o rivoluzionario?
Dipende. Dipende da chi lo va a vedere, con chi e perché.
Se lo spettatore ha 6 anni, passerà tutta la proiezione con le mani sulle orecchie, perché mamma e papà (che
lo hanno mandato al cinema con il nonno) gli hanno detto di tapparsele quando ci sono le parolacce. Se ne ha 8, rimarrà sconvolto dalle parolacce, ma soprattutto dalle belle tette e dal culo della signorina smutandatissima. Se ne ha 11, se ne fregherà delle parolacce e resterà folgorato e imbarazzato dalle forme fisiche di cui sopra. Se ne ha 14, riderà a crepapelle per le parolacce, sbaverà davanti alle forme della signorina e - soprattutto - uscirà dal cinema rifacendo gli stessi gesti e dicendo le stesse parolacce-slogan del film. Dai venti anni in poi, sinceramente, c’è poco da ridere. Alcune cose sono ben pensate, le canzoni ci sono sembrate la parte migliore, la "critica sociale" è un po’ povera e già vista per essere realmente tale. Ma, insomma, dopo i vent’anni ognuno è libero di divertirsi come crede.
Quindi il nostro giudizio "critico" si assesterebbe su un «5 e mezzo, potrebbe fare meglio», se non fosse per quei 14-16enni che abbiamo visto uscire dalla sala insieme a noi.
E che, nemmeno giunti sul marciapiede, già si davano di gomito con "popio-popio-popio" e "che cazzo vuoi", "dai cazzo!", "c’hai ’na fidanzata che è ’na busta de piscio!" e via di seguito.
Non è una questione di volgarità, non solo. E’ il pericolo terribile di innestare semi di orrido qualunquismo in terreni assai poco curati. A 14-16 anni troppi giovani di oggi (scusate la banalità) non hanno alcuno strumento di lettura della realtà e dei suoi parossismi. Non è certo responsabilità di Mandelli e Biggio, né sono loro che devono trovare soluzioni. Ma i tempi che viviamo sono tristi e duri, per tutti. Un idiota di troppo potrebbe esserci fatale.Roberta Ronconi