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La borghesia governa senza partiti |
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La davano per morta e sepolta, relegata in fondo all’album dei ricordi. Eppure è tra le più citate - e anche più travisate - formule di Gramsci. Ebbene, l’intellettuale organico è tornato alla grande. O forse non è mai andato via. La classe operaia, i suoi intellettuali organici, li ha persi strada facendo. I mutamenti nel ciclo di accumulazione capitalistica hanno frantumato il lavoro, disperso conoscenze, tecniche e saperi. Ma la borghesia, no, continua a produrre i suoi intellettuali organici negli automatismi della società. La borghesia non ha bisogno di partiti per governare. I suoi dirigenti, i suoi Monti e Profumo, li prende dalla Bocconi e dai management delle banche. Il populismo berlusconiano non serve (più): poco efficiente nel garantire gli interessi che contano, troppo indaffarato a mediare tra clientele. La politica ha i suoi tempi, le sue logiche compromissorie e non può prescindere (del tutto) dalla legittimazione del consenso popolare. Oggi sono questi spazi di mediazione, fisiologici nella democrazia, a diventare intollerabili agli occhi dei poteri forti. Bce e Confindustria puntano al sodo. I politici che fino a ieri - in grazia del loro populismo - ne hanno garantito gli interessi, hanno fatto il loro tempo. Nelle stanze dei bottoni entrano direttamente i grandi "commessi" della borghesia. Sono loro, gli intellettuali organici, quelli che lavorano sullo sfondo, che mantengono i collegamenti, che dirigono e organizzano, che tengono le fila della loro classe sociale d’appartenenza. L’intellettuale organico non si nota, in genere è discreto. Non svolge le sue attività nel Palazzo, ma nei luoghi nevralgici del Potere, contigui al Palazzo o fuori di esso, nelle "casematte" della società civile. Non si vede, ma è lui che fa girare il governo reale della società e dell’economia. L’intellettuale organico è nei rettorati delle università che formano le classi dirigenti, è nei consigli d’amministrazione delle banche, guida le aziende e si occupa di management. «Ogni gruppo sociale - scriveva Gramsci nei Quaderni - nascendo sul terreno originario di una funzione essenziale nel mondo della produzione economica, si crea insieme, organicamente, uno o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e consapevolezza della propria funzione non solo nel campo economico, ma anche in quello sociale e politico: l’imprenditore capitalistico crea con sé il tecnico dell’industria, lo scienziato dell’economia politica, l’organizzazione di una nuova cultura, di un nuovo diritto, ecc. ecc.». Tra i ministri del governo Monti si trovano nomi di ingegneri ed economisti, di docenti e rettori, bocconiani doc ed esponenti di università private "d’eccellenza" - Luiss e Cattolica - e, ancora, banchieri e manager - al primo posto, Intesa San Paolo, prima banca italiana per profitti. Gramscianamente parlando, sono la versione dell’intellettuale moderno - non di quello tradizionale che si percepisce come portavoce di un ceto |
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