La verità sulle case farmaceutiche
 











Recentemente il senatore repubblicano Charles Grassley, membro della commissione Finanze delSenato, ha avviato una indagine finanziaria sui legami tra l’industria farmaceutica, i medici ed ilmondo accademico, che in gran parte influiscono sul prezzo di mercato dei farmaci da prescrizione.Egli non ha avuto molte difficoltà a trovare riscontri.
Prendiamo il caso del Dr. Joseph L. Biederman, professore di psichiatria presso la Harvard MedicalSchool e direttore dell’Istituto di Psicofarmacologia pediatrica presso il Massachusetts GeneralHospital di Harvard. A lui si deve in larga misura se a bambini di due anni è stata fatta diagnosi di"disturbo bipolare" e se sono stati trattati con un potente cocktail di farmaci, molti dei quali maiapprovati per tale patologia dalla Food and Drug Administration (FDA) e nessuno dei qualiautorizzato per minori di dieci anni.
Legalmente, i medici possono utilizzare per qualsiasi altra indicazione farmaci già
approvati per una particolare indicazione, ma tale uso deve essere basato su una buona evidenza scientifica pubblicata. Non sembra proprio che qui ricorra tale ipotesi. Gli studi di Biederman sui farmaci con i quali si propone di trattare il disturbo bipolare nell’infanzia, sono stati - così il New York Times sintetizza il giudizio degli esperti interpellati - "tanto modesti e così mediocremente concepiti da risultare in larga misura inconcludenti."Nel mese di giugno, il senatore Grassley ha rivelato che le aziende farmaceutiche, compresi i produttori dei farmaci per l’infanzia che B. prescrive per il disturbo bipolare, hanno pagato 1,6milioni di dollari a Biederman per consulenze e conferenze tra il 2000 e il 2007.
Due suoi colleghi hanno ricevuto somme analoghe. Dopo che la cosa è venuta alla luce, il presidente del Massachusetts General Hospital e il presidente della sua sezione medica hanno inviato una lettera ai medici dell’ospedale invitandoli a non aggravare ulteriormente
questi casi di macroscopici conflitti di interessi, ma anche ad esprimere la propria solidarietà a chi ne aveva beneficiato: "Sappiamo chesi tratta di un momento di incredibile dolore per i medici e le loro famiglie, e il nostro cuore è conloro" Altro caso è quello del Dr. Alan F. Schatzberg, titolare della cattedra di psichiatria del dipartimento di Stanford e presidente eletto della American Psychiatric Association. Il senatore Grassley ha scoperto che Schatzberg ha gestito più di 6 milioni di dollari di prodotti nella Corcept Therapeutics, una società che ha collaborato a fondare e che testa il "Mifepristone" - farmaco abortivo altrimentinoto come RU-486 - da lui impiegato per trattare gli stati depressivi. Allo stesso tempo Schatzberg figura quale principale referente in un "Istituto Nazionale di Salute Mentale", che sovvenziona la ricerca sul Mifepristone per questo impiego, e figura tra gli autori di tre articoli sul tema.
In una dichiarazione rilasciata alla fine di giugno,
l’ateneo di Stanford dichiarò di non veder nulla di male in questa convenzione, anche se un mese dopo il consiglio universitario annunciò la sostituzione di Schatzberg, quale ricercatore di riferimento, "al fine di eliminare qualsiasi fraintendimento".Il caso forse più eclatante tra quelli finora esposti dal senatore Grassley è quello del dottor Charles B. Nemeroff, presidente della Emory University-Dipartimento di Psichiatria e, insieme con Schatzberg, coeditore di un rinomato Textbook of Psychopharmacology. Nemeroff è stato il ricercatore di punta, percependo una sovvenzione di 3,95 milioni di dollari in cinque anni dall’Istituto Nazionale di Salute Mentale, 1,35 dei quali destinati alla Emory dalla GlaxoSmithKline a titolo di contributo per lo studio....di diversi farmaci da lei prodotti. Per attenersi ai regolamenti universitari ed alle leggi dello stato, egli era tenuto a comunicare alla Emory quanto percepito da GlaxoSmithKline, ed a sua volta la Emory doveva informarne, per importi superiori a 10.000 dollari annui, il National Institutes of Health, unitamente all’assicurazione che il risultante conflitto di interessi sarebbe stato eliminato .
Ma il senatore Grassley, confrontando i registri della Emory con i documenti contabili della multinazionale, scoprì che Nemeroff aveva omesso di indicare qualcosa come 500.000 dollari ricevuti da GlaxoSmithKline per decine di conferenze dirette a promuovere i prodotti della società .Nel giugno 2004 la Emory ha condotto la sua indagine sull’operato di Nemeroff, ed ha riscontrato molteplici violazioni dei suoi regolamenti. Nemeroff ha risposto assicurando la Emory in una nota:"in considerazione della convenzione National Institutes of Health/Emory/GSK (GlaxoSmithKline),ho già comunicato a GSK (che ne ha già preso buona nota) che limiterò a cifra inferiore ai 10.000 dollari all’anno le mie spettanze per le consulenze fornite". Ma in quell’anno ricevette 171.031dollari dalla società, nello stesso momento in cui
denunciava alla Emory, perché ne desse comunicazione al Nat. Inst. Of Health, un...timido importo di 9.999 dollari, per rimanere sotto allasoglia di 10.000.Peraltro la Emory è stata destinataria di borse di studio e di altre entrate procurate da Nemeroff, e questo autorizza il sospetto che la sua supervisione lassista sia dipesa dai propri conflitti di interesse.
Come riportato da Gardiner Harris sul New York Times, Nemeroff stesso aveva sottolineato i suoi buoni servigi alla Emory in una lettera del 2000 indirizzata al preside della facoltà di medicina, nel corso della quale giustificava così il personale coinvolgimento in unadozzina di accordi per consulenze aziendali......, dicendo:"Sicuramente lei ricorderà che la Smith-Kline Beecham Pharmaceuticals ha procurato una cattedra importante al dipartimento e che vi è qualche ragionevole probabilità che la JanssenPharmaceuticals farà altrettanto. Inoltre, la Wyeth-Ayerst Pharmaceuticals ha finanziato un programma di ricerca Career
Development Award nel dipartimento, e personalmente ho chiesto sia ad AstraZeneca Pharmaceuticals che alla Bristol-Meyers Squibb di fare altrettanto. Se sarò ricompreso in questo affare, ciò contribuirà a farli decidere per un finanziamento alla nostra facoltà".
Poiché era stato il senatore Grassley a fare il nome di questi psichiatri, a costoro è stata dedicata molta attenzione dalla stampa; ma l’intero mondo della medicina è invaso da analoghi conflitti di interesse. (Per la cronaca il senatore ha rivolto adesso la sua attenzione ai cardiologi).
In effetti, la maggior parte dei medici prendono soldi o accettano regali, in un modo o nell’altro, dalle case farmaceutiche. Molti di loro sono pagati in veste di consulenti, o come relatori in congressi sponsorizzati dalle case farmaceutiche, o perché si prestano a mettere il loro nome su lavori scritti dai produttori di farmaci o da loro incaricati, o anche in qualità di apparenti "ricercatori", il cui vero compito spesso consiste
semplicemente nell’indirizzare i propri pazienti su un determinato farmaco e nell’informarne la ditta.
Sempre più medici beneficiano di pranzi gratuiti e altri di regali veri e propri. Inoltre, le aziende farmaceutiche sovvenzionano i più importanti convegni delle organizzazioni professionali e la maggior parte dei periodici corsi di aggiornamento indispensabili ai medici per mantenere attiva la loro abilitazione all’esercizio della professione.Nessuno conosce esattamente le cifre complessive pagate dalle ditte farmaceutiche ai medici, ma ritengo, sulla base dei bilanci delle nove più importanti aziende farmaceutiche americane, che si tratti di decine di miliardi di dollari l’anno.
Con tali strumenti l’industria farmaceutica ha acquisito il controllo totale sulla valutazione e la prescrizione dei propri prodotti da parte dei medici. Tutto ciò asserve i medici, particolarmente i cattedratici di prestigiose scuole mediche, influenza i risultati della ricerca, la pratica medica e
persino la definizione di ciò che costituisce una malattia! Occorre considerare che gli studi clinici per l’impiego di farmaci vengono testati sull’uomo. Prima che un nuovo farmaco entri in commercio, il produttore deve finanziare studi clinici per dimostrare alla Food and Drug Administration che il farmaco è sicuro ed efficace, solitamente facendo un confronto con un placebo o un "manichino pillola".
I risultati di tutte le prove (che possono essere svariate), sono sottoposti alla FDA, e se una o due prove risultano positive - dimostrano cioè efficacia della sostanza senza rilevanti rischi - il farmaco è generalmente autorizzato, anche se tutte le altre prove fossero negative. I farmaci sono autorizzati solo per una specifica indicazione (adesempio, per trattare il cancro ai polmoni) ed è illegale per le case farmaceutiche commercializzarli per qualsiasi altra indicazione.Ma i medici possono prescrivere farmaci autorizzati come "off-label", vale a dire, senza riguardo per
l’indicazione approvata, di modo che forse la metà di tutte le prescrizioni sono state redatte per indicazioni off-label.
Dopo che i farmaci sono sul mercato, le imprese continuano a sponsorizzare studi clinici, a volte per ottenere l’approvazione FDA per ulteriori usi, a volte per dimostrare un vantaggio rispetto ai concorrenti, e spesso solo come pretesto per ottenere che i medici prescrivano questi farmaci ai pazienti. (Tali test sono giustamente chiamati "semina" studi.)Dal momento che le aziende farmaceutiche non hanno accesso diretto ai pazienti, esse hanno l’esigenza di appoggiare le loro sperimentazioni ad atenei medici, dove i ricercatori ottengono di poter utilizzare, a scopo didattico, pazienti di ospedali e cliniche, o di società private di ricerca(CROs), che attraverso i medici di base arruolano pazienti. Sebbene le CROs siano di solito più efficienti, i finanziatori preferiscono utilizzare le scuole mediche, sia perché la ricerca condotta da queste è formalmente più
quotata, ma soprattutto perché consentono loro di sfruttare la grande influenza di medici ritenuti poter rappresentare l’opinione prevalente o essere considerati "keyopinion leaders "(KOLs).
Sono queste le persone che scrivono libri e articoli su riviste mediche,redigono le "linee guida", occupano posti importanti nella FDA governativa ed in altri gruppi di consulenza, o in rinomate società professionali, e prendono la parola in innumerevoli riunioni ecene che si svolgono ogni anno per ragguagliare i clinici sui farmaci da prescrivere. L’avere un"KOLs" come il Dr. Biederman sul libro paga vale ogni centesimo speso.Pochi decenni fa, le scuole mediche non disponevano di estesi rapporti finanziari con l’industria, edi ricercatori universitari che portavano avanti la ricerca finanziata da case farmaceutiche nonavevano altri legami con loro. Ma oggi le università hanno molteplici rapporti con l’industria e sitrovano in una posizione morale che li metterebbe in difficoltà se volessero
rimproverare allapropria facoltà di comportarsi come loro fanno. Un recente sondaggio ha rilevato che circa i dueterzi dei centri medici accademici hanno rilevanti partecipazioni nelle aziende che sponsorizzano laricerca all’interno della stessa istituzione. Una inchiesta sul settore universitario medico ha scopertoche i due terzi dei cattedratici dovevano il loro incarico alle aziende farmaceutiche e che i tre quintiavevano ricevuto da queste incarichi personali. Nel 1980 le facoltà mediche iniziarono a dettarenorme che disciplinano i conflitti d’interesse, ma generalmente queste sono assai variabili, il piùdelle volte molto permissive ed oggetto di disinvolte forzature.Dato che le aziende farmaceutiche pretendono, come condizione per erogare un finanziamento, diessere capillarmente coinvolte in tutti gli aspetti della ricerca che sponsorizzano, è facile per lorointrodurre falsificazioni dirette a far apparire i loro farmaci migliori e più sicuri di quel che sono.Prima del 1980 veniva data ai ricercatori universitari una totale autonomia nella conduzione deilavori, ma ora le case farmaceutiche impiegano spesso i loro dipendenti ed i loro agenti nelprogettare gli studi, eseguire i test, scrivere i lavori, e decidere se e in quale forma pubblicare irisultati. Talvolta le facoltà mediche procurano ricercatori che sono poco più che manovali, per cuil’arruolamento di pazienti e la raccolta dei dati seguono le direttive dell’azienda.In considerazione di un controllo simile e dei conflitti di interesse che permeano la ricerca, non c’èda meravigliarsi che i risultati negativi degli studi sponsorizzati dalle case farmaceutiche (epubblicati su riviste scientifiche a loro tornaconto), non vengano in gran parte resi noti, mentre lapubblicazione di quelli positivi venga riproposta in altri lavori appena variati nella forma; oppureche quelli negativi vengano presentati come positivi. Per fare un esempio, un controllo su 74 studiclinici relativi ad antidepressivi, ha svelato che 37 su 38 risultati positivi siano stati pubblicati, madei 36 dei 37 o sono stati occultati o pubblicati spacciandoli per positivi. Non è poi raro che undocumento pubblicato focalizzi l’attenzione sull’effetto secondario che sembra più favorevole.L’occultamento dei risultati fallimentari emersi da ricerche è oggetto di un coinvolgente libro scrittoda Alison’s Bass, dal titolo "Effetti collaterali: un accusatore, uno che ha fatto la soffiata ed unbestseller, in una ricerca su antidepressivi". Questa è la storia di come il gigante farmaceuticobritannico, la GlaxoSmithKline, abbia sepolto prove che il suo antidepressivo, il Paxil, top nellevendite, è inefficace e potenzialmente dannoso per i bambini e gli adolescenti. Bass, ex reporter delBoston Globe, descrive il coinvolgimento di tre persone: uno scettico psichiatra universitario, unmoralmente indignato esponente del reparto di psichiatria della Brown University (il cui presidenteha ricevuto nel 1998 più di $ 500.000 per consulenze da industrie farmaceutiche, tra le quali laGlaxoSmithKline), e un infaticabile sostituto procuratore generale di New York. Hanno presoposizione contro la GlaxoSmithKline ed il sistema psichiatrico, e alla fine l’hanno avuta vinta controogni previsione.Il libro segue le singole lotte di queste tre persone nel corso di molti anni, culminati con laGlaxoSmithKline obbligata, nel 2004, a transare sulle accuse di frode pagando 2,5 milioni di dollari(una sciocchezza rispetto agli oltre 2.700 milioni di vendite annuali del Paxil). Ha inoltrepreannunciato di rendere nota una sintesi di tutti gli studi clinici completati dopo il 27 dicembre2000. Di ancor maggiore rilievo l’attenzione dedicata alla deliberata e sistematica prassi di occultarei risultati sfavorevoli della ricerca, che mai sarebbe emersa senza un’inchiesta giudiziaria. Uno deidocumenti interni della GlaxoSmithKline - precedentemente segreto - recita: "sarebbecommercialmente inaccettabile dichiarare che l’efficacia non è stata dimostrata, in quanto ciòpotrebbe compromettere il profilo della paroxetina (Paxil)".Molti farmaci che si pretende siano efficaci, hanno probabilmente un’efficacia leggermentesuperiore al placebo, ma non c’è modo di appurarlo, visto che i risultati negativi sono tenutinascosti. Un indizio è stato individuato sei anni fa da quattro ricercatori che, invocando il Freedomof Information Act, hanno ottenuto dalla FDA relazioni su ogni studio clinico - che prevedesse ilconfronto-pacebo - presentato per ottenere l’approvazione iniziale dei sei più usati farmaciantidepressivi approvati tra il 1987 e il 1999: Prozac, Paxil , Zoloft, Celexa, Serzone e Effexor. Essihanno scoperto che, in media, l’80 per cento dei placebo hanno la stessa efficacia di questi farmaci.La differenza tra farmaco e placebo è stata così piccola che era improbabile che essa potesserivestire un qualche significato clinico. I risultati sono stati più o meno gli stessi per tutti e sei ifarmaci: tutti sono risultati egualmente inefficaci. Ma visto che sono stati pubblicati solo i risultati"favorevoli" e quelli sfavorevoli sono stati....sepolti (in questo caso, all’interno della FDA), ilpubblico e la professione medica hanno ritenuto questi farmaci potenti antidepressivi.Le sperimentazioni cliniche sono influenzate anche tramite criteri di ricerca adottati unicamente alloscopo di produrre risultati favorevoli per gli sponsor. Ad esempio, il farmaco del finanziatore puòessere confrontato sì con un altro farmaco, ma somministrato a una dose così bassa che quello delfinanziatore appare più potente. Oppure un farmaco destinato a patologie dell’anziano può esseretestato sui giovani, in modo che gli effetti collaterali abbiano minori probabilità di manifestarsi. Lastessa metodica distorsiva utilizzata normalmente nel confrontare un nuovo farmaco con un placeboviene adottata anche quando il confronto riguarda un farmaco preesistente. In breve, ed è questa laragione fondamentale per la quale i ricercatori devono essere veramente disinteressati nei confrontidei risultati del loro lavoro, spesso è possibile guidare le sperimentazioni cliniche in modo chediano i risultati che si desiderano.Più della ricerca, sono i conflitti di interesse ad influire sui dati. Essi determinano inoltre gliindirizzi e gli strumenti ai quali si conforma la medicina praticata, attraverso la loro influenza sullelinee-guida rilasciate da organismi governativi e professionali, e attraverso i loro effetti sulledecisioni FDA.Alcuni esempi: in un sondaggio effettuato presso duecento esperti che hanno redatto linee guidapratiche, un terzo dei membri della giuria ha riconosciuto di avere interessi finanziari in relazione aifarmaci prescelti. Nel 2004, dopo il National Cholesterol Education Program indetto per riportaredrasticamente entro livelli desiderati il colesterolo "cattivo", è stato rivelato che otto dei novemembri che avevano redatto il "manifesto" di indicazioni avevano legami finanziari con i produttoridi farmaci per abbassare il colesterolo. Novantacinque tra i 170 nominativi che avevano collaboratoa redigere la più recente edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali"dell’American Psychiatric Association (DSM), avevano intrattenuto relazioni finanziarie con leaziende farmaceutiche, intercorse peraltro con la totalità di coloro che avevano curato le sezionidedicate ai sui disturbi dell’umore e la schizofrenia. L’aspetto comunque più allarmante è che moltimembri delle commissioni permanenti di esperti che offrono consulenza alla FDA perl’approvazione dei farmaci hanno anche legami finanziari con l’industria farmaceutica.Negli ultimi anni, le aziende farmaceutiche hanno messo a punto una nuova ed estremamenteefficace strategia per espandere i loro fatturati. Invece di propagandare farmaci per il trattamento dimalattie, hanno iniziato a propagandare le malattie alle quali adattare i loro farmaci! La strategia èquella di convincere quante più persone possibili (insieme ai loro medici, ovviamente) che le lorocondizioni di salute richiedono un lungo periodo di terapia. Talvolta chiamato "malattia delcantastorie", questo è il tema di due nuovi libri. Il primo è di Melody Petersen Meds, del nostroquotidiano: "Come le case farmaceutiche hanno trasformato sé stesse in abili macchine da mercatoe preso all’amo l’intera nazione in tema di prescrizione di farmaci"; il secondo di ChristopherLane’s: "La timidezza: come la si è fatta diventare una malattia".Per inventare nuove malattie o ingigantire le preesistenti, le aziende affibbiano loro denominazionialtisonanti attraverso acronimi. Così ora il bruciore di stomaco è diventato "sindrome gastroesofageada reflusso" o GERD; l’impotenza "disfunzione erettile" o DE; la tensione premestruale"sindrome premestruale" o PMMD e la timidezza è "ansia sociale" (ancora non è stata coniatal’abbreviazione). E’ bene notare che queste (supposte) malattie sono impropriamente definitesindromi croniche che colpiscono essenzialmente le persone normali, per cui il mercato è enorme efacilmente ampliato. Ad esempio, un alto dirigente della rete di vendite suggerì ai rappresentanticome incentivare l’acquisto del Neurontin: "Neurontin per il dolore, Neurontin per la monoterapia,Neurontin per i disturbi bipolari, Neurontin per tutto." Sembra che la strategia di marketing delfarmaco - ed è stato un notevole successo - sia di convincere gli americani che ci sono solo due tipidi persone: quelle che hanno problemi che richiedono un trattamento farmacologico e quelle cheancora non sanno di averne. Queste strategie sono state ideate nel settore del farmaco, ma nonavrebbero potuto affermarsi senza la complicità della classe medica.Melody Petersen, che era un reporter del New York Times, ha scritto un’ampia, convincenterequisitoria contro il settore farmaceutico. Essa stabilisce in dettaglio i vari modi, sia legali cheillegali, con i quali le aziende farmaceutiche possono realizzare autentici exploit (vendite annuali difarmaci per oltre un miliardo di dollari) e il ruolo essenziale che svolgono i KOLs. Il suo esempio èsoprattutto il Neurontin, che è stato inizialmente approvato solo per una indicazione molto limitata,il trattamento dell’epilessia nell’ipotesi che altri farmaci risultassero inefficaci nel controllo degliattacchi. Attraverso bustarelle pagate a nomi eccellenti del mondo accademico per poter mettere iloro nomi sugli articoli esaltando il Neurontin per altri usi (malattia bipolare, stress post-traumatico,insonnia, stanchezza delle gambe, vampate di calore, emicrania, tensione da cefalea, e altre ancora),tramite il finanziamento di conferenze nel corso delle quali venissero raccomandati questi utilizzi, lacasa farmaceutica è stata in grado di trasformare il farmaco in un "blockbuster", con un fatturato di$ 2,7 miliardi nel 2003. L’anno seguente, in un caso ampiamente trattato da Petersen per il Times, laPfizer ha ammesso le proprie responsabilità in ordine alla commercializzazione illegale ed accettatodi pagare 430 milioni di dollari per evitare il danno di ulteriori spese comportate da cause penali ecivili intentatele. Un sacco di soldi, ma per la Pfizer è stato più o meno come un costo commerciale,e ne è valsa la pena, visto che il Neurontin ha continuato ad essere utilizzato come un tonico pertutti gli usi, generando miliardi di dollari di vendite annuali.Il libro di Christopher Lane ha messo a fuoco un soggetto più limitato, e cioè il rapido aumento delnumero di diagnosi psichiatriche nella popolazione americana e l’uso di psicofarmaci per il lorotrattamento. Poiché non vi sono prove oggettive per rilevare la malattia mentale e il confine tranormale e anormale è spesso incerto, la psichiatria costituisce un campo particolarmente fertile perla creazione di nuove malattie o per drammatizzare quelle preeesistenti. I criteri diagnostici sonoterreno esclusivo dell’attuale edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali",prodotto di un gruppo di psichiatri la maggior parte dei quali, come ho già detto in precedenza,avevano legami finanziari con l’industria farmaceutica. Lane, docente di letteratura allaNorthwestern University, traccia l’evoluzione del DSM dal suo timido inizio nel 1952, comemodesto prontuario (DSM-I), all’attuale formulazione di 943 pagine (la versione riveduta del DSM -IV), che costituisce l’indiscussa "bibbia" della psichiatria, standard di riferimento per i tribunali, lecarceri, le scuole, le imprese di assicurazione, il pronto soccorso, i distretti medici e le strutturemediche di ogni genere.Data la sua importanza, si potrebbe pensare che il DSM rappresenti l’autorevole distillazione di unampio corpus di prove scientifiche. Ma Lane, utilizzando documenti inediti degli archivi dellaAmerican Psychiatric Association e interviste con i suoi rappresentanti di spicco, dimostra che èinvece il frutto di tutto un complesso di politica accademica, di ambizione personale, di ideologia, e,cosa forse più grave, dell’influenza dell’industria farmaceutica. Quello di cui difetta il DSM è ilrigore scientifico. Lane riporta la dichiarazione di un collaboratore del team del DSM-III:"C’è stata una ricerca sistematica molto scarsa, e gran parte della ricerca che esisteva erarealmente un pot-pourri slegato, incoerente, e ambiguo. Penso che la maggioranza di noi hariconosciuto che la quota di quella buona, solida scienza alla quale ci ispiriamo per prendere lenostre decisioni, sia stata piuttosto modesta".Lane utilizza la timidezza, come caso di indagine sulla "malattia-del cantastorie" in psichiatria. Latimidezza come malattia psichiatrica ha fatto il suo debutto come "fobia sociale" nel DSM-III nel1980, anche se al tempo veniva descritta come rara. Nel 1994, quando il DSM-IV è statopubblicato, essa era diventata "ansia sociale", ed oggi si sostiene che sia una malattia estremamentediffusa. Secondo Lane, la GlaxoSmithKline, sperando di aumentare le vendite per il suoantidepressivo, il Paxil, ha deciso di promuovere la sindrome da ansietà sociale a "grave condizionemedica". Nel 1999, la società ha ricevuto l’approvazione FDA a commercializzare il farmaco per iltrattamento....dell’ansia sociale. Essa ha lanciato una vasta campagna mediatica per realizzarlo,ricorrendo anche a poster, esposti nelle pensiline degli autobus di tutto il paese, che raffiguranoindividui in condizioni pietose, con la didascalia "Immagina di essere allergico alla gente ...":aumentando così le vendite. Ecco un’affermazione fatta da Barry Brand, direttore di produzione delprodotto Paxil: "il sogno di ogni venditore è trovare un mercato non capito o sconosciuto esfruttarlo. Questo è ciò che siamo stati in grado di fare con la sindrome da ansia sociale".Alcuni dei più grandi blockbuster sono psicofarmaci. La teoria che i disturbi psichiatrici derivino dauno squilibrio biochimico è usata quale giustificazione per il loro uso diffuso, anche se la teoriadeve essere ancora dimostrata. I bambini sono obiettivi particolarmente vulnerabili. Forse che igenitori osano dire "No" quando un medico dice loro che un bambino difficile è malato eraccomanda un trattamento farmacologico? Oggi ci troviamo nel bel mezzo di una presuntaepidemia di malattia bipolare nei bambini (che sembra aver rimpiazzato la sindrome da iperattività eda deficit di attenzione come situazione più pubblicizzata nell’infanzia), con un incremento delladiagnosi di quaranta volte dal 1994 al 2003. Questi bambini sono spesso trattati con diversi farmacioff-label, molti dei quali, indipendentemente dalle loro proprietà, sono sedativi, e quasi tutticaratterizzati da effetti indesiderati potenzialmente gravi.I problemi che ho discusso non si limitano alla psichiatria, anche se in questo campo raggiungono laloro più florida estensione. Simili conflitti di interesse e pregiudizi riguardano quasi ogni campodella medicina, in particolare quelli che dipendono in larga misura da farmaci o tecnicheterapeutiche. E’ semplicemente impossibile dare credito a buona parte della ricerca clinicapubblicata, od alle opinioni del medico di fiducia o ad autorevoli linee-guida. Non mi fa certopiacere arrivare a questa conclusione, formatasi gradualmente e con riluttanza nel corso degli oltrevent’anni come direttore del "TheNew Journal of Medicine".Un risultato di pregiudizi diffusi è che i medici imparano a praticare una medicina basata su un usoesasperato di farmaci. Anche se cambiamenti negli stili di vita sarebbero più efficaci, i medici ed iloro pazienti spesso sono convinti che vi sia un farmaco per ogni malattia ed ogni insoddisfazione. Imedici sono anche portati a credere che i nuovi e più costosi farmaci di marca siano superiori aivecchi farmaci o a quelli generici, anche se raramente vi è qualche prova in tal senso, visto che glisponsor non sono soliti confrontare con i loro altri farmaci a dosaggi equivalenti. Inoltre i medici,influenzati da rinomati docenti universitari, imparano a prescrivere farmaci per uso off-label senzaprove di efficacia.E’ facile per le aziende farmaceutiche, che sicuramente ne portano grande responsabilità, muoversi aloro agio in una situazione come questa. La maggior parte delle grandi aziende farmaceutiche sisono sobbarcate gli oneri conseguenti a frodi, commercializzazione farmaci off-label, e altri reati.TAP Pharmaceuticals, per esempio, nel 2001 si è dichiarata colpevole ed ha accettato di pagare 875milioni di dollari per sistemare il contenzioso penale e civile sorto dalla lesione della legge federalein seguito all’impiego fraudolento del Lupron, un farmaco usato per il trattamento del cancro allaprostata. Oltre a GlaxoSmithKline, Pfizer e TAP, altre case farmaceutiche si sono accollate gli oneriper transare su simili frodi: come Merck, Eli Lilly, e Abbott. Le ammende, seppure in alcuni casienormi, sono poca cosa se paragonate ai profitti procurati da tali attività illegali, e quindi non sononiente di più che mezzi dissuasivi. Ancora, quanti sostengono le ragioni dell’industria farmaceutica,sostengono che sta semplicemente cercando di fare realizzare il suo scopo principale, quello di faregli interessi dei suoi investitori, anche se talvolta va un....po’ troppo lontano.I medici, le università e le organizzazioni professionali non hanno scusanti, avendo una grandecolpa verso i pazienti che ripongono fiducia in loro. La missione delle scuole mediche e degliospedali universitari - e questo giustifica il loro stato di esentasse - è quello di educare le futuregenerazioni di medici, effettuare ricerche importanti per il progresso scientifico e curare i cittadinimalati, non quello di allacciare rapporti d’affari con l’industria farmaceutica. Per quanto siariprovevole la prassi usuale di tante case farmaceutiche, credo che il comportamento di gran partedella professione medica lo sia ancora di più. Le industrie farmaceutiche non sono enti dibeneficenza; esse si aspettano un ritorno dal denaro che spendono, ed evidentemente non è per loroindifferente avere utili o meno.Sarebbero indispensabili riforme così numerose per ripristinare l’integrità della ricerca clinica edella pratica medica, che è impossibile riassumerle in breve. Molti vorrebbero cambiamenti radicalinella legislazione e nell’attività della FDA, compresi gli iter per l’approvazione dei farmaci. Ma vi èanche, ovviamente, la necessità assoluta che la professione medica si affranchi in misura prevalentedai settori economico-finanziari. Sebbene la collaborazione tra industria farmaceutica ed universitàpossa dare importanti contributi scientifici, di solito questi sono apportati dalla ricerca di base, enon dagli studi clinici, ed anche questa sarebbe discutibile se comportasse l’arricchimento personaledei ricercatori. Gli esponenti delle facoltà universitarie che realizzano studi clinici non devonoaccettare alcuna somma da parte delle aziende farmaceutiche, eccetto il mero sostegno alla ricerca,e questo sostegno non dovrebbe mai essere subordinato all’accettazione di patti aggiunti, inclusa lapretesa dell’industria farmaceutica di avere il controllo sulla progettazione, l’interpretazione e lapubblicazione dei risultati della ricerca.Le scuole mediche e gli ospedali universitari dovrebbero applicare rigorosamente tale norma, e nondovrebbero stipulare accordi con le aziende sui cui prodotti membri delle loro facoltà stannoconducendo studi. Infine, di rado esiste una valida ragione per la quale i medici dovrebberoaccettare doni da aziende farmaceutiche, anche quelle di piccole dimensioni; anzi dovrebberoprovvedere autonomamente a pagarsi le spese dei convegni e dei corsi di aggiornamento.Dopo tanta sfavorevole pubblicità, università e organizzazioni professionali stanno cominciando aparlare di controllo dei conflitti di interesse, ma finora la risposta è stata tiepida. Essi parlanoprevalentemente di "potenziali" conflitti di interesse, come se si trattasse di una mera ipotesi lontanadalla realtà, e per giunta limitatamente alla loro divulgazione e "risoluzione", non già del lorodivieto. In sostanza, sembra che ci sia il desiderio di eliminare solo l’odore di corruzione, mentre sicontinua a prendere soldi. Rompendo la dipendenza dall’industria farmaceutica, la classe medicaavrà più prerogative sulla designazione di membri di commissioni e su altre importanti funzioni.Questo rappresenterà la rottura con un modello comportamentale estremamente redditizio. Ma se laprofessione medica non pone fine a questa corruzione di sua iniziativa, perderà la fiducia delpubblico, e il governo (non solo il senatore Grassley) intensificherà e imporrà unaregolamentazione. E nessuno dell’ambiente medico vuole questo.  mancia angela
The New York Review of Books, vol. 56 n.1, del 15 gennaio 2009