Inno alla tangente
 











La tangente si è evoluta
e col tempo è divenuta
da vergogna colossale
un costume nazionale,

come un piccolo incidente
al qual si assuefà la gente
e non lascia alcuna traccia
del politico alla faccia.

Od una benemerenza
della qual non si fa senza,
fa curriculum, ci pare,
per chi fa il parlamentare.

All’inizio della storia
al sentor di pappatoria
il colpito dal sospetto
si celava a ogni cospetto.

Passò il tempo e i sospettati
si mostravano indignati
per l’accusa e per tutela
procedevano a querela.

Poi arrivò Craxi Bettino
che di Chiesa, il birichino,
affermò che era un mariuolo,
come un frutto marcio solo

in un cesto, in mezzo a tanti.
Si corresse un po’ più avanti:
“Qui a rubare siamo tutti,
grassi, magri, belli e brutti

e perciò l’aver rubato
non può essere reato”.
Dopo giunse Berlusconi:
“Son dei giudici cialtroni

sempre uniti nel complotto
a
affermar che son corrotto,
ma io giuro sui miei figli
che son puro come i gigli.

Ai processi non ci vado!”
Qualche tempo e fu il degrado
dei due coniugi Mastella,
inquisiti, ma che iella!,

causa le lottizzazioni
nel bel feudo a Ceppaloni.
Dopo ancora, Sciaboletta
che, furente, ancora aspetta

di saper chi è mai il babbeo
che la casa al Colosseo
gli ha pagato a sua insaputa.
E infin l’ultima venuta:

la tangente che ammannì
Finmeccanica a Udc.
“Il regal facemmo avere
a tal Naro che è il cassiere…

era per Pierferdinando,
ma era fuori ufficio quando
arrivammo coi quattrini”.
In difesa di Casini

interviene un suo sodale:
“La menzogna è colossale
poiché il capo incanutito
non ha ufficio nel partito…”.

Pur Casini è una delizia:
“Ci fidiam della Giustizia
come sempre abbiamo fatto”.
Il meschino si è distratto:

si scordò, per salvar Naro,
delle storie di
Cuffaro,
di Romano, Drago e Cesa.
Questi uomini di chiesa

son talvolta smemorati,
ma, una volta confessati,
si santifica la grana,
stil Democrazia cristiana.

Come fece Pomicino
che, al trapasso ormai vicino,
fece un voto e santamente
lo pagò con la tangente.

Già vent’anni son passati
e alla zero siam tornati…
Vico merita gran stima.
La Repubblica? E’ la prima!

di Carlo Cornaglia-micromega