Il -mezzo imbroglio- delle liberalizzazioni
 











Sarà con tutta probabilità un decreto legge, il provvedimento urgente che verrà emanato entro il 20 gennaio per avviare i processi di liberalizzazione considerati basilari per la micidiale “fase 2” del governo, patriotticamente definita Cresci Italia. Lo ha annunciato in tv il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà, sollevando immediatamente reazioni politiche.
Il documento che è in fase di elaborazione, riguarda tutti i settori, trasporti, energia, banche, assicurazioni, farmacie, ordini professionali, taxi. Senza dimenticare la benzina: a detta del sottosegretario rivedendo i contratti fra compagnie petrolifere e gestori, ovvero eliminando l’esclusiva, sarà possibile determinare l’abbassamento del prezzo della benzina. Si prospetta poi un intervento sulle ferrovie, («esistono storture che avvantaggiano Ferrovie dello Stato» ha affermato Catricalà, e chissà se pensava a Montezemolo e al suo “Italo”) e sulla Rai, per
favorire efficienza senza privatizzare alcun canale. E mica è finita. Perché c’è da liberalizzare gli orari di apertura delle attività commerciali e da mettere mano (leggi privatizzare) alle aziende municipalizzate
che erogano servizi. Una china in fondo alla quale, manco a dirlo, c’è lo scoglio politico più sostanzioso, l’acqua.
I partiti sono in fermento. Esiste una logica di lobby che agisce all’interno del parlamento. Il Pdl preme per rallentare o limitare l’intervento su farmacie e notai; dal Pd chiedono a Monti maggior coraggio, ovvero «liberalizzare non contro qualcuno ma per tutti». Il terreno pare invece quanto mai complesso: è vero che alcune corporazioni, vere e proprie caste, come quella dei notai, non sopportano affatto la possibilità di essere privati dei privilegi di cui godono né tantomeno di veder eliminate le tariffe minime per le prestazioni svolte; lo stesso dicasi per l’esclusiva nella vendita di molti prodotti di cui godono le farmacie.
Eppure qualcosa
non quadra in questa corsa affannosa alla liberalizzazione come panacea di tutti i mali. «Non tutte le categorie sono uguali - commenta Roberta Fantozzi - della segreteria nazionale del Prc - e ad esempio non credo che i tassisti che hanno penato per acquistare una licenza che consente loro di guadagnare un reddito non certo alto, possano essere considerati una casta di privilegiati.
Con l’estensione delle licenze diventeranno lavoratori dipendenti di grandi agenzie che, con una domanda ridotta, faranno ancor più fatica a vivere». Ma per Fantozzi quello che non quadra è soprattutto l’impianto ideologico che sta dietro l’intero progetto. «Una cosa è eliminare alcuni privilegi quasi feudali - continua - Un’altra è far credere che qualsiasi minima garanzia, ovvero diritto al lavoro, sia frutto di corporativismi da eliminare. Si tenta di far passare la stessa logica secondo cui chi difende l’art. 18 dello statuto dei lavoratori è un privilegiato i cui diritti danneggiano gli altri».

Altro sarebbe, insomma, un intervento mirato su ordini potenti e intoccabili. Ma, come del resto emerge da numerose dichiarazioni, liberalizzare rappresenta il cavallo di Troia per privatizzare servizi essenziali. Si vuole intervenire sui trasporti locali e su tante aziende municipalizzate che sovente erogano servizi senza trarne profitto e senza pesare troppo sulle tasche degli utenti; si vuole intervenire su enti di interesse nazionale come Conto Posta, oggi il maggior detentore di liquidità in Italia. L’obbiettivo non dichiarato è quello di far dimenticare i risultati dei referendum del 12 e 13 giugno che hanno visto schierati 27 milioni di italiani. Referendum che non riguardavano, come lascia passare la vulgata, solo le risorse idriche, ma gran parte di quelli che dovrebbero essere considerati “beni comuni”.
E anche rispetto all’acqua le dichiarazioni del governo sono cariche di ambiguità. Per esempio, il sottosegretario all’economia Gianfranco Polillo ha definito «un
mezzo imbroglio» il referendum di giugno; lo stesso Catricalà ha affermato candidamente che pur volendone rispettare il risultato, bisognerà intervenire anche per evitare gli sprechi derivanti da una cattiva gestione delle risorse. Parole che suonano come una dichiarazione di guerra al Forum dei movimenti per l’acqua pubblica che infatti ha subito risposto per le rime: «Diciamo chiaramente a Monti, Passera, Catricalà e Polillo che non esiste nessuna liberalizzazione del servizio idrico che rispetti il voto referendario». Come dire: non provateci nemmeno. Dichiarazioni sconsiderate anche per la responsabile beni comuni , Rosa Rinaldi, la quale contro l’imminente lenzuolata di provvedimenti ha chiesto il rispetto della volontà popolare. Mentre lo stesso segretario nazionale Paolo Ferrero si è spinto a chiedere le dimissioni di Polillo: «Chi rappresenta lo Stato deve avere rispetto per la democrazia e in particolare per uno strumento partecipativo essenziale come il referendum - ha affermato - Polillo non può permettersi di svilire un voto storico per il nostro Paese, su un tema che interessa in prima persona territori e cittadini: i beni comuni-.Stefano Galieni