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PUBBLICO O PRIVATO,AI MEDICI LA SCELTA |
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di Eleonora Martini
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O pubblico o privato. Dovranno di nuovo scegliere, i dirigenti del Sistema sanitario nazionale. Si torna all’«esclusività obbligatoria» del loro rapporto di lavoro con gli ospedali, come era previsto nella riforma Bindi del 1999, e che venne resa poi facoltativa, nel 2004, da Sirchia. Con la differenza che questa volta l’esclusività non sarà definitiva ma «legata alla durata dell’incarico e quindi reversibile». Gli ex primari – attuali capi di dipartimento – che sceglieranno di proseguire la loro carriera dentro le strutture pubbliche potranno esercitare la libera professione solo in «intramoenia», cioè previa autorizzazione del direttore dell’azienda ospedaliera dove lavorano e con tariffe concordate. Lo hanno deciso ieri i ministri della Salute, Livia Turco, e dell’Università e ricerca, Fabio Mussi, dopo un faccia a faccia per affrontare la questione della relazione tra l’università e la sanità italiana. La bufera che ha coinvolto l’Umberto I di Roma dopo il reportage dell’Espresso, ha spinto i due rappresentanti del governo ad affrontare i problemi dei policlinici universitari spesso generati da un conflitto di competenze tra il sistema dell’università e quello sanitario. A questo scopo Mussi e Turco hanno ribadito che il decreto legislativo 517 del 21 dicembre 1999, parte integrante della riforma Bindi e mai cancellato dai ritocchi del ministro berlusconiano Girolamo Sirchia, ha ancora una sua validità e va applicato compiutamente e definitivamente. Per questo entro febbraio sarà pronto un disegno di legge sul governo clinico e sull’ammodernamento del sistema sanitario «da condividere con le Regioni» e che è già «oggetto di confronto con le organizzazioni professionali e sindacali di categoria». I titolari dei dicasteri di Sanità e Università hanno deciso «l’immediata istituzione delle aziende integrate ospedaliero-universitarie, laddove esse non siano già costituite sulla base di quanto previsto dal Dlgs 517/’99». Il decreto del ’99 delegava infatti alle Regioni la trasformazione dei policlinici universitari in aziende integrate. Cosa che non è, per l’appunto, avvenuta in ogni regione. Ora Livia Turco e Fabio Mussi hanno deciso di attribuire a queste neo costituite aziende integrate «la proprietà degli stabili ospitanti le strutture ospedaliere, tra i quali figurano anche gli immobili del Policlinico Umberto I di Roma e sbloccando così l’avvio dei lavori di ristrutturazione del nosocomio romano». Un’iniziativa, quest’ultima, appresa con grande entusiasmo dal preside della facoltà di Medicina e prorettore dell’università La Sapienza che cogestisce l’Umberto I, Luigi Frati. «E’ bene risolvere la questione dell’assetto proprietario delle aziende integrate in modo che non ci siano più alibi all’avvio di programmi di ristrutturazione», ha detto Frati. Un provvedimento «concertato», lo ha definito, ma è stato immediatamente smentito dallo stesso ministro Fabio Mussi. Mentre il ritorno dell’esclusività obbligatoria del rapporto di lavoro «per i dirigenti di struttura complessa del Ssn e per il personale docente universitario con incarichi assistenziali apicali» è stato accolto in modo molto diverso dalle associazioni di categoria e quelle dei malati. «Siamo molto soddisfatti, anzi lo attendevamo da molto tempo», ha dichiarato Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva. Che però mette in guardia e chiede controllo sulle modalità in cui viene esercitata l’intramoenia, «soprattutto in presenza di liste di attesa, perché è in questi casi che si rischia di calpestare il diritto del paziente ad avere prestazioni sanitarie in tempi certi e con tariffe trasparenti». «Un primo passo per cominciare a dare delle risposte», è la reazione positiva di Rossana Dettori, segretario nazionale Fp-Cgil Sanità, per la quale «il rapporto deve essere esclusivo per tutti i medici». Entusiasta anche Enrico Bollero, direttore generale del Policlinico romano di Tor Vergata che ha ricordato la necessità di appositi spazi per l’esercizio dell’intramoenia e ha invitato a utilizzare il fondo stanziato per istituirli, pari «a circa 500 milioni di euro di cui finora ne sono stati spesi solo 50». Al contrario per l’Associazione nazionale primari ospedalieri (Anpo) è «una vecchia storia» che rivela solo «posizioni ideologiche che non rispecchiano l’intento di migliorare i servizi dei cittadini». Anche perché «sono poche le personalità in grado di esercitare la libera professione nel privato, che hanno l’appeal per attirare clienti, circa il 5%. Ecco perché - conclude - si tratta di un falso problema». Sulla stessa linea il Sindacato dei medici italiani che chiede di «rivalutare dell’indennità di esclusività, ferma ancora al 2000». Favorevoli invece altri sindacati di categoria, come i radiologi, gli ortopedici e gli internisti.da Il Manifesto |
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