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Un giorno un uomo, per contingenze e scelta, decide di intraprendere un’attività commerciale e, per gli stessi motivi, di indirizzarla alla vendita di pietre preziose. Apre perciò una gioielleria, e per alcuni anni tira avanti fornendo diamanti, smeraldi, rubini e brillanti dietro pagamento. Sul suo negozio campeggia, ampia e chiara, la scritta “Vendo pietre preziose”. Fin quando un giorno scopre esistere materiali, non certo nobili come le sue pietre, ma altrettanto idonei alla fabbricazione di bracciali, orecchini, collane ed altri monili, e più facili da reperire. Gli si impone allora una scelta: continuare la sua vecchia politica commerciale relegandosi ad un pubblico limitato, pur augurandosi comunque che, in virtù della bontà dei suoi prodotti, possa via via aumentare, o espandere più facilmente la sua attività seguendo il flusso dei tempi e le istanze della maggioranza delle persone, preferendo la quantità della merce e degli acquirenti alla qualità, e così via? Non si conosce la sua decisione. Pur conoscendola, non si potrebbe certo esprimere alcuna critica se non sulla congruità della sua scelta qualora quell’uomo, optando per la seconda possibilità, non abbia poi cambiato anche l’insegna del suo negozio sostituendola con la scritta “Vendo pietre preziose, cristallo, vetro e plastica”. Il teatro napoletano di San Carlo è il più antico teatro d’opera d’Europa attualmente in funzionamento, il più capiente d’Italia, architettonicamente splendido, storicamente glorioso, patrimonio dell’umanità per espressa decisione dell’Unesco (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization). Ha acquisito sempre più, via via nel tempo, il ruolo, largamente riconosciuto, di tempio dell’arte dei suoni, ossia di una musica espressamente e principalmente tesa alla ricerca estetica, per virtù ed intenzioni dell’autore e dell’interprete. Una responsabilità artistica e culturale per il mondo intero e per la storia. Ma la musica più ampiamente intesa ed i suoi esecutori possono avere le più ampie finalità, che li caratterizzano, dividendoli in generi e tipi. Esiste così musica frivola, quella semplicemente atta a sostenere un testo seppure in qualche misura profondo e sociologico, quella curativa, quella di esclusivo richiamo pubblicitario, di incitamento agonistico, di esercizio didattico, e tante altre ancora, e così i suoi differenti esecutori specialisti. Ciascuno con la sua grande o piccola dignità, ciascuno idoneo nel suo contesto più congruo, ma pure capace di modificare il contesto in cui si esprime. Un sala, infatti, quando vi si produce musica per danzare e vi si danza, diviene sala da ballo, quando vi si produce e vi si ascolta musica da camera diviene sala da concerto, quando vi si produce musica per curare e ci se ne giova diviene sala da terapia. In questi giorni, come occasionalmente già avvenuto anche in un recente passato, il teatro di San Carlo sta aprendo ad eventi, interpreti e generi musicali diversi, più sociologici, chiama cantanti di musica leggera, celebra personaggi di grande popolarità, probabilmente per rilanciare una struttura non immune da momenti difficili, augurandosi di ampliarne, forse, l’utenza, ma snaturandone, sicuramente, la sua attuale natura, la sua immagine, il suo ruolo. D’altronde è struttura già prestata (ma sarebbe meglio dire venduta) a ricevimenti nuziali privati. Continuando in questa maniera cosa resterà ai devoti della musica intesa come arte pura, scevra da fenomeni populistici e mediali? Il tempio diventerà negozio? E dopo, cosa aspettarsi? L’attesa di un redentore che cacci via i mercanti dal tempio? E a me? Forse null’altro che augurarmi che queste mie parole non siano le parole di un profeta. |
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