Se non mangi carne diventi più empatico
Lo dice la scienza
 











I ricercatori dell’Unità di Neuroimaging Quantitativo del San Raffaele di Milano in collaborazione con la Divisione di Neuroradiologia dello stesso Istituto e le Università di Ginevra e Maastricht, hanno scoperto che i vegetariani, (che non mangiano carne e pesce, ma fanno uso di latte, uova e derivati) e i vegani, (che non utilizzano alcun prodotto di origine animale) provano una diversa empatia verso la sofferenza umana ed animale rispetto ad individui onnivori.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale PLoS One, condotto e coordinato dal Dott. Massimo Filippi e dalla Dott.ssa Mara Rocca, ha dimostrato che l’attività encefalica degli individui che hanno deciso di escludere dalla loro dieta - in parte o completamente - l’utilizzo di derivati animali per ragioni etiche, coinvolge differenti circuiti neurali in seguito all’osservazione di scene di sofferenza umana o animale rispetto a quanto accade in chi non ha
compiuto tale scelta.
Gli autori della ricerca hanno studiato 20 soggetti onnivori, 19 vegetariani e 21 vegani durante la visione di immagini di esseri umani o animali in situazioni di sofferenza e hanno evidenziato, tramite risonanza magnetica funzionale, che rispetto a soggetti onnivori, i vegetariani e i vegani presentano una maggiore attivazione di aree del lobo frontale del cervello associate allo sviluppo e alla percezione di sentimenti empatici, indipendentemente dal fatto che le scene di sofferenza prevedessero il coinvolgimento di umani o di animali.
Insomma, in parole povere, questi risultati dimostrano che vegetariani e vegani, si sentono maggiormente coinvolti e provano maggior sofferenza vedendo altri soffrire e suggeriscono che alle loro preferenze alimentari e alle loro attitudini morali corrispondono differenti livelli di attività di reti neurali encefaliche connesse con il processamento delle emozioni e dei sentimenti.
Se da un lato non c’è nulla di
sorprendente in questo risultato, perché un po’ ce lo aspettavamo, dall’altro è confortante sapere che anche la scienza può dimostrare questa maggiore sensibilità, ed è utile sottolineare che tale sensibilità si rivolge anche alla sofferenza umana.
Si, perché, di solito vegetariani e animalisti in genere, sono accusati di pensare agli animali e non agli esseri umani, ai vitelli piuttosto che ai bambini che muoiono di fame. Bene, la scienza, per una volta, ci viene in aiuto dimostrando che non è vero. Anzi, conferma il vecchio adagio popolare secondo cui «chi non ama le bestie, non ama neanche gli uomini».
Chissà se è vero anche il contrario? Ovvero se un bambino cresciuto in una famiglia vegetariana, svilupperà minori istinti aggressivi e maggiore empatia verso gli altri? Non sarà facile da dimostrare, ma ne varrebbe la pena. Se attraverso una dieta priva di carne e pesce si potessero crescere futuri cittadini più sensibili, solidali e pacifici, sarebbe il caso di imporla per
legge!
Fino ad allora accontentiamoci di sapere che questa scelta, lungi dall’essere "semplicemente" animalista dimostra un’apertura e una sensibilità molto più ampia e profonda anche verso i nostri simili. E di questi tempi non è poco. Viviana Ribezzo