|
|
Vibo Valentia, la mafia in ospedale. 23 arresti
|
|
|
|
|
di Francesco Paolillo
|
|
|
|
Il boss l'hanno preso in un bunker nel bel mezzo di un summit fra mafiosi. Si stavano decidendo le sorti di Vibo Valentia. Spartizioni, affari, conti da regolare. Roba da clan, insomma, «protetta» da un fitto ed imponente sistema di videosorveglianza. Così, anche Carmelo Lo Bianco, capo dell'omonima cosca del Vibonese, è finito nella rete della Dda di Catanzaro e della Squadra mobile che, ieri, hanno eseguito l'arresto di ventitre persone per associazione mafiosa finalizzata all'estorsione, ai danneggiamenti e all'usura. L'operazione è stata denominata «Nuova alba» perché, per la prima volta, ha sferrato un duro colpo alla famiglia che spadroneggia nel capoluogo di provincia del basso Tirreno calabrese. Una consorteria fra le più agguerrite nel panorama 'ndranghetistico, affiliata ai Mancuso di Limbadi, che avrebbe messo in atto una serie d'intimidazioni e ricatti ai danni di imprenditori e ditte impegnate in appalti all'interno dell'Asl di Vibo. Ancora una volta, dunque, emerge il volto più drammatico della sanità calabrese, vera e propria terra di conquista per le cosche in una zona dove la spesa sanitaria impegna il 60% del bilancio regionale. I Lo Bianco avevano preso di mira l'Asl e il nuovo ospedale di Vibo. Con imprese «amiche» il clan era riuscito ad ottenere appalti per lavori e forniture. E quando le opere venivano assegnate ad altre aziende, la 'ndrina imponeva il pagamento del pizzo grazie a propri uomini che lavoravano all'interno dell'azienda sanitaria stessa. Tre personaggi di fiducia che, in ogni modo, non occupavano ruoli dirigenziali nella sanità vibonese. L'operazione sfiora anche Antonio Borrello, vice presidente del Consiglio regionale e segretario calabrese dei Popolari-Udeur, indagato per voto di scambio. Il numero uno del Campanile in Calabria, alle Regionali del 2005, è stato eletto solo grazie all'inserimento nel listino del candidato presidente della Giunta, Agazio Loiero. Ci aveva provato da candidato, nella lista Udeur del collegio di Vibo Valentia, senza successo pur avendo ottenuto 6.300 voti. Borrello si dice estraneo ai fatti e commenta: «Ogni e qualunque accostamento del mio nome e della contestazione a me mossa a questo tipo di reati da altri commessi è destituito di ogni fondamento». Per portare a compimento l'operazione di ieri, c'è voluto un piccolo esercito. Nelle fasi esecutive sono stati impiegati circa 200 uomini appartenenti a tutte le questure calabresi, oltre che a quelle di Foggia, Taranto, Messina e dell'anticrimine di Rosarno, piccolo centro della Piana di Gioia Tauro. Oltre all'indagine odierna sulla ristrutturazione dell'ospedale, da un anno è aperta un'inchiesta dei carabinieri su un presunto giro di tangenti per la costruzione del nuovo ospedale di Vibo Valentia la cui area venne allora sequestrata. Secondo l'accusa, l'appalto per il nosocomio sarebbe stato pilotato con il pagamento di una tangente superiore a due milioni di euro. L'operazione venne denominata «Ricatto». Furono indagate una trentina di persone coinvolte in un giro di concussione, turbativa d'asta, corruzione, truffa e finanziamento illecito ai partiti. Per il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, «Vibo si riconferma uno dei territori più sensibili per il livello della pervasività mafiosa ed i punti di contatto nell'economia e nelle istituzioni». L'importanza della retata di ieri, secondo Forgione sta «nell'aver saputo intercettare gli interessi delle cosche nella sanità, che si può considerare uno dei pilastri dell'attività amministrativa ed economica della Calabria». Soddisfatto per l'operazione «Nuova alba» pure il vice ministro all'Interno, Marco Minniti, anche perché «arriva poche ore dopo l'altra altrettanto importante realizzata dal Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria che, con 21 arresti, ordinati dalla Dda reggina, ha colpito in modo significativo il gruppo mafioso Palamara-Favasuli-Morabito della Locride, e stroncato un'asse del narcotraffico». Mario Spagnulo, procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, ha spiegato come «nel vibonese, si assiste ad un'evoluzione delle strutture mafiose tradizionali, che si adeguano alla realtà e concretizzano la loro azione contro lo Stato in modo moderno».da Il manifesto |
|
|