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Il carteggio tra don Verzè e Formigoni, tra aiuti e richieste
Usppi, Ass. Attolini :"Serve coraggio e concorsi interni per il personale destabilizzato"
Appalto ospedale, scontro fra titani Matarrese accusa di falso la Ccc |
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Il carteggio tra don Verzè e Formigoni, tra aiuti e richieste Sono due lettere per certi versi inquietanti, quelle che il Corriere della Sera ha pubblicato, a stalci. Le firme in calce alle missive sono di Roberto Formigoni e di don Luigi Verzè. Rispettivamente l’attuale governatore della Lombardia e il deceduto fondatore del San Raffaele. Poi ci sono gli audio, nell’ambito di intercettazioni legate a una inchiesta sulla maga Ester Barbaglia, per presunto riciclaggio di fondi del clan calabrese dei Morabito. E’ il 2006, alla fine del governo Berlusconi, che lascerà il posto a quello, molto traballante, di Prodi. Uno dei nomi che circola sulle prime pagine dei giornali, per la vicenda del Sismi, è quello di Nicolò Pollari. Che in un’intercettazione avrebbe detto a Don Verzè: "Io ho protetto Geronzi". E poi spiega: "All’inizio era una truppa, un’artiglieria a distruggere, a distruggere chiunque venisse indicato come amico di Geronzi era messo all’indice... questa squadra che ti ho delineato... fa capo a Barnheim, Valori, e Giulio Tremonti". Una frase piccola ma significativa. «Io ho protetto Geronzi». Quattro parole sussurrate da Nicolò Pollari a don Luigi Verzé. La data: 13 gennaio 2006. Il luogo: l’ufficio privato del prete-manager. Pollari in quel momento è il capo del Sismi (si dimetterà a fine 2006), il Servizio segreto militare. Cesare Geronzi è il presidente di Capitalia e uno dei banchieri più influenti nel mondo finanziario. Le quattro parole non sono un’indiscrezione fatta trapelare da qualcuno. La fonte è diretta, non si può equivocare: è la voce di Pollari captata dalle microspie piazzate dalla Procura nello studio del sacerdote, fondatore e presidente del San Raffaele. «Caro Roberto...», «Carissimo don Luigi...». Due lettere riservate tra il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e don Verzé. Il sacerdote chiede soldi, il governatore elenca, in modo dettagliato e inconfutabile, tutti i favori fatti al San Raffaele. I file audio delle microspie Le «protezioni» di Pollari (non soltanto Geronzi era sotto tutela) e le lettere sono due notizie che emergono da carte e archivi che il Corriere ha consultato e «ascoltato» e che sono alla base del libro-inchiesta «I segreti di don Verzé», da domani in edicola con il Corriere della Sera. In primis l’archivio sterminato, e in gran parte vergine, di sette mesi di intercettazioni ambientali e telefoniche a partire dal dicembre 2005. Sono migliaia di file audio. Le cimici sono state piazzate nell’ambito di un’inchiesta sulla maga Ester Barbaglia per presunto riciclaggio (accusa poi rivelatasi infondata) del denaro del clan calabrese dei Morabito. La Barbaglia alla fine del 2004 aveva creato, nello studio di Enrico Chiodi Daelli, notaio storico del San Raffaele, una Fondazione con un patrimonio di 28 milioni destinato alla Fondazione Monte Tabor di don Verzé, ovvero l’ente al vertice del gruppo ospedaliero. È il nesso, probabilmente, che ha fatto scattare le intercettazioni. Le indagini, però, hanno subito escluso qualsiasi ipotesi a carico del fondatore del polo sanitario milanese. Tant’è che il fascicolo è rimasto sepolto e intatto per anni. Tra novembre e dicembre si era dato conto dei brogliacci, ovvero i riassunti scritti di alcune conversazioni ritenute rilevanti per le indagini. Il Sismi e gli intrighi L’audio «diretto», però, è un’altra cosa, riconsegna la totalità delle conversazioni. Si spalanca così una finestra sul sistema di relazioni e di potere che aveva al centro il San Raffaele. E l’orizzonte si allarga ben oltre i fatti interni dell’ospedale. È una stagione particolare, oltretutto, perché il governo Berlusconi è agli sgoccioli e ad aprile 2006 dovrà cedere il passo, per una manciata di voti, a Romano Prodi. E poi è caldissimo il fronte delle scalate bancarie, epoca «furbetti», con le inchieste, gli arresti di Gianpiero Fiorani & C., e il governatore Antonio Fazio costretto a licenziarsi dalla Banca d’Italia. Pollari confida al prete seduto davanti a lui le informazioni di cui è in possesso. Delinea un quadro di intrighi, lotte di potere, amici, nemici, compresi quelli, secondo lui, che attaccavano Geronzi. Già ma perché un banchiere privato godeva della protezione di Pollari e quindi del Sismi, organismo deputato a tutelare la sicurezza nazionale? E da chi doveva essere protetto? Sentiamolo direttamente dal numero uno del Sismi: «All’inizio era una truppa ... un’artiglieria a distruggere, a distruggere - dice Pollari captato dalla microspia ambientale - chiunque venisse indicato come amico di Geronzi era messo all’indice ... questa squadra che ti ho delineato ... fa capo a Bernheim (Antoine, ex presidente Generali, ndr ), Valori (Giancarlo Elia, dirigente d’azienda dalle fittissime relazioni, ndr) e Giulio Tremonti». Ma non solo. Sempre secondo Pollari, nell’asse contro Geronzi e Fazio c’era anche il pm (oggi ex) della Procura di Roma Achille Toro che aveva perquisito e indagato il banchiere di Capitalia nell’ambito dell’inchiesta Cirio. «Questo - confida a don Verzé - lo dico solo a te: Toro faceva squadra con Tremonti e con Elia Valori». Arriva Geronzi Qualche giorno dopo è lo stesso Geronzi ad accomodarsi nell’ufficio dell’uomo che ha fatto grande (e indebitato) il San Raffaele. Sono amici, si danno del «tu», entrambi diffidano dei comunisti. La conversazione è sciolta, su Giovanni Bazoli, Matteo Arpe, ecc... Silvio Berlusconi è sempre un comun denominatore. Dice il banchiere di Capitalia a proposito delle aziende del Cavaliere: «Non si muove foglia (che Berlusconi non voglia, ndr). Lui cerca di dare tutta la libertà a Piersilvio a Marina ... però ti devo dire ... non gli sfugge nulla». È un centro di gravità, il sacerdote, tutto passa da lui e lui si occupa di tutto, con una competenza, una curiosità e un entusiasmo coinvolgenti e sorprendenti per un uomo di 86 anni, tanti quanti ne aveva sei anni fa. E poco è cambiato anche successivamente. Sempre lui in mezzo al campo. Più che mai quando ci sono da muovere le pedine giuste tra gli amici al governo o in Parlamento. Un giorno con il ricercatore Claudio Bordignon (direttore scientifico del San Raffaele dal ’98 al 2006) commenta soddisfatto il risultato del pressing per avere i fondi pubblici per la ricerca: «Siamo riusciti a ottenere da Gianni Letta la promessa di 15 ( milioni, ndr) per il primo anno, poi 1 e 1 ( per i successivi due anni, ndr)». «Caro don Luigi, ecco tutti i favori fatti al San Raffaele» Ma già erano evidenti le crepe nei bilanci dell’ospedale. E quando i tecnici (cioè i funzionari) delle banche nicchiano, don Verzé e il suo vice Mario Cal, suicida nel luglio 2011, muovono i «piani alti». In molte conversazioni, per esempio, si parla di presunte intercessioni di Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit, sulle pratiche di fido. I «buchi» finanziari dell’ospedale sono strutturali e i debiti inversamente proporzionali alla qualità dell’assistenza e della cultura scientifica del San Raffaele. Però la ricerca di aiuti esterni è spasmodica. Anche nelle piccole cose. Un giorno si presenta da don Verzé il dipendente che gestisce le campagne di Illasi, il paesino nel veronese dove don Verzé è nato. «Don Luigi - gli dice - paghiamo 15 mila euro al mese di stipendi agli operai ma vendiamo vino per 150 mila euro, non sta in piedi...». E don Verzé? «Devo parlare con il ministero». Lo scambio di corrispondenza con Formigoni è sulla stessa linea. «Caro Roberto, come ti affermai anche quest’anno chiudiamo con un passivo di 35 miliardi (di lire, ndr )... non costringermi a provvedimenti traumatici le cui conseguenze lascio alla tua immaginazione ...». La data è fondamentale: era il 2001, dieci anni prima dell’esplosione ufficiale della crisi. Vuol dire (lo dice don Verzé) che già allora il San Raffaele non stava in piedi. Vuol dire che da allora nessuno ha suonato l’allarme. C’era bisogno di batter cassa, quasi a chiedere soldi a un’azionista. I toni sono molto sbrigativi. Ma la Regione non potrebbe fare differenze, non dovrebbe. Quanto dell’eccellenza sanitaria del San Raffaele è stato negli anni costruito sottraendo soldi pubblici ad altri ospedali non altrettanto «ammanicati»? «Carissimo don Luigi - replica Formigoni - ritengo il tuo giudizio ... un po’ ingeneroso ...». Segue l’elenco dei favori fatti dalla Regione all’ospedale milanese: accreditamento non regolare di posti letto con il servizio sanitario, rimborsi discutibili, norme e regolamenti confezionati «sartorialmente» per fare guadagnare di più il San Raffaele, ecc.. Nel documento inviato a don Verzé si fa riferimento, tra l’altro, al lotto IV del San Raffaele dedicato alle malattie cardiache: qui «l’istituto, pur non autorizzato, ha esercitato attività sanitaria in regime di accreditamento e di solvenza (...). Abitualmente in questi casi, prima si dispone l’interruzione delle attività e poi eventualmente si attiva l’iter per il rilascio dell’autorizzazione». Altro passaggio, nuovo trattamento di favore: «Nella fase di accreditamento di Ville Turro si è consentita la trasformazione di posti letto di psichiatria in riabilitazione (...) per ottimizzare la fatturazione delle prestazioni rese... La tariffa è più remunerativa». Nella sua lettera, comunque, il governatore Formigoni mette le mani avanti: «È stato un susseguirsi di tentativi di trovare soluzioni a problemi, ovviamente nel rispetto delle leggi».(...) Usppi, Ass. Attolini :"Serve coraggio e concorsi interni per il personale destabilizzato" “Il nodo principale della sanità pugliese non è l’esiguità delle risorse, ma la mancanza di un modello organizzativo – funzionale del sistema dopo il Piano di Rientro. Questo è presupposto indispensabile per procedere alla riorganizzazione dei servizi e del personale”. E’ in sintesi quanto dichiarato dal segretario generale dell’Usppi Nicola Brescia. “Inutile ribadire che il Piano di Rientro, nonostante le sollecitazioni dell’Usppi, è stato approvato dalla regione con 3 anni di ritardo, lasciando bloccati a Roma 500 milioni di euro della Puglia, ad oggi sbloccati solo per il 60%; ora in un biennio si è costretti a fare ciò che poteva essere fatto in un tempo più lungo e in modo più indolore. Ad oggi nessuno ci sa dire se qualcuno dei 18 ospedali sia stato già trasformato in RSA e non sappiamo quali prestazioni saranno erogate, così come non sappiamo dove sia e dove debba andare il personale che lì era impegnato. Le questioni cruciali sulle quali oggi siamo pronti come sindacato Usppi a dare tutto il nostro contributo ma sulle quali chiediamo coraggio all’assessore Attolini e al Governo regionale sono: gestione del personale e lotta agli sprechi. Finora gli unici risparmi del Piano si sono avuti sulla spesa farmaceutica e sul personale, ma nulla è stato fatto per eliminare gli sprechi nell’acquisto di beni e servizi. Sul personale dobbiamo essere chiari una volta per tutte: quanto alle carenze, il Governo nazionale non ha da concedere alcuna deroga alla Puglia, l’ha già concessa a settembre 2010. La Regione può e deve applicare due sue Leggi Regionali: la 12/2010 e la 22/2011 che già prevedono la possibilità di attivare la mobilità interna del personale e le assunzioni in deroga per garantire il rispetto dei LEA. C’è grande attesa poi sulla questione degli oltre 500 medici stabilizzati e poi destabilizzati in virtù di sentenze della Consulta: dicemmo che il percorso seguito dal Governo regionale era anticostituzionale, si è andati avanti ed oggi abbiamo una situazione drammatica dalla quale, volendo, si può però venir fuori in poche settimane. La proposta dell’Usppi e del suo segretario regionale Nicola Brescia (già avanzata un anno fa) è: rideterminare subito le piante organiche, poi procedere come dice la Legge, ossia, nelle Asl che hanno posti vacanti e rientrano nei parametri di spesa, fare subito i concorsi interni riservati per gli stabilizzandi (bastano 20 giorni di avvisi pubblici) con la verifica del rispetto dei requisiti in essere all’atto della stabilizzazione. Per fare questo non ci servono autorizzazioni ministeriali, bisogna solo procedere. I posti vacanti fino alla misura massima del 50% possono essere coperti con concorsi interni. Peraltro non ci sono spese aggiuntive rispetto ad oggi e non c’è Asl in cui non vi sia il plafond sufficiente (sia di posti vacanti che finanziario). Con poca buona volontà entro fine maggio si può risolvere tutto. IN MANCANZA L’USPPI PROCLAMERA’ MANIFESTAZIONI DI LOTTA DINANZI ALLE DIREZIONI DELLE ASL E REGIONE.(...) Appalto ospedale, scontro fra titani Matarrese accusa di falso la Ccc Preventivi "sgonfiati" per presentare un ribasso d’asta del 36% rispetto alle previsioni e ottenere l’appalto per la realizzazione del nuovo ospedale Vito Fazzi di Lecce, senza che i fornitori ne sapessero nulla. Carte false, in sostanza. Per ora solo in teoria. È grave l’accusa che piove sul Consorzio cooperative costruzioni di Bologna, colosso dell’edilizia che ha realizzato opere strategiche come il Passante di Mestre e l’Alta velocità tra Milano e Bologna, conquistando a volte anche la ribalta delle cronache giudiziarie, per l’affare Civis (il tram su gomma a guida ottica di Bologna) e quello People Mover (la navetta su monorotaia che collega il centro all’aeroporto bolognese), e finendo anche nell’inchiesta sull’area Flack di Sesto San Giovanni che ha coinvolto l’ex vicepresidente del Consiglio regionale lombardo Filippo Penati. Oggi la nuova tegola sulla testa del CCC arriva tramite la diffida inoltrata all’Asl salentina dalla famiglia di costruttori baresi Matarrese. Lo scontro è tra titani e ha per oggetto un appalto a molti zeri, finanziato per 117 milioni nel 2007 e aggiudicato solo poche settimane fa, al termine di una telenovela giudiziaria che, in realtà, potrebbe essere solo all’inizio di un percorso ancora più tortuoso. Gli imprenditori pugliesi, infatti, chiedono all’Azienda sanitaria guidata da Valdo Mellone di estromettere il Consorzio emiliano dalla gara, revocando l’aggiudicazione e segnalando il caso all’autorità di vigilanza, agitando lo spettro di un imminente ricorso al Tar, già notificato ma non depositato, e di ulteriori sviluppi penali della vicenda, nel caso venisse assecondato "un comportamento illegittimo e illecito, di cui si è ormai acquisita conoscenza diretta". La diffida è stata inviata all’Asl il 5 marzo ma storia del nuovo ospedale di Lecce è un pasticcio italiano che risale a diversi anni fa. Nel 2009, infatti, l’Azienda aggiudicò la progettazione della struttura con 12 sale operatorie e 490 posti letto all’Università del Salento, con una procedura contestata dall’ordine degli ingegneri di Lecce a giudicata "illegittima" dal Tar. Nel 2010, superato lo scoglio del progetto, fu poi bandita la gara per la realizzazione, vinta dalla Cobar di Altamura, con un’offerta inferiore del 41% rispetto alla base d’asta di 95 milioni di euro. L’aggiudicazione, però, fu impugnata davanti al Tar dalle Ati seconda e terza classificata, CCC e Matarrese Spa, secondo le quali l’offerta giudicata migliore in realtà era stata presentata in ritardo. Tale interpretazione fu accolta dal Tribunale amministrativo e, a fine gennaio, ribadita dal Consiglio di Stato, che ha definitivamente escluso la Cobar dai giochi. La sentenza ha fatto scorrere la graduatoria e assegnato l’appalto al Consorzio cooperative costruzioni, che ha presentato un’offerta al ribasso del 36%, dichiarandosi pronto a realizzare il nosocomio con 60 milioni di euro. Nella documentazione allegata all’offerta, però, secondo gli avvocati della Matarrese Spa, Pietro e Luigi Quinto, vi sarebbe più d’una falla. Le irregolarità sarebbero concentrate nel capitolo "forniture", per le quali l’asta indicava un importo di 22 milioni di euro. "Dall’esame dei giustificativi, e in particolare dei preventivi allegati all’offerta - scrivono i legali - è emerso che buona parte degli stessi appare alterata". Per arrivare a tale conclusione i Matarrese hanno effettuato una piccola indagine, chiedendo l’accesso agli atti della gara e scoprendo che alcuni fornitori, ai quali aveva chiesto preventivi per l’ospedale di Lecce, comparivano nell’offerta CCC con indicazioni di prezzi di gran lunga inferiori per identiche prestazioni. Sollecitate spiegazioni agli stessi fornitori, alcune aziende non hanno riconosciuto come loro i prezzi indicati dal Consorzio e hanno sottoscritto precise attestazioni. Si tratta di sei aziende operanti nei settori dei servizi a sostegno della costruzione dell’ospedale, dalla realizzazione delle caldaie alle camere iperbariche, i cui preventivi sarebbero stati ribassati anche della metà rispetto a quelli fatti ai Matarrese. Le loro attestazioni sono finite nella diffida inoltrata alla Asl, a cui i costruttori baresi chiedono lo stop dell’aggiudicazione e la verifica diretta dei costi dell’attività delle ditte coinvolte nell’appalto. Secondo i legali, infatti, la pecca dell’Azienda sanitaria sta nell’aver preso per buoni i documenti forniti dal Consorzio, senza controllarne in alcun modo l’autenticità. "Perseverare in tale direzione - spiega l’avvocato Quinto - potrebbe essere pericoloso per l’Asl, che ha ormai acquisito la conoscenza diretta di atti e comportamenti che non le consentono di mantenere ferma l’aggiudicazione così come disposta". All’Azienda, dunque, tocca ora chiedere spiegazioni. E ai fornitori e al Consorzio cooperative fornirle. Dimostrando che l’aggiudicazione della gara per il nuovo Vito Fazzi è stata pienamente regolare. Chiara Spagnolo-repubblica
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