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Superpoteri al premier? No grazie |
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Dopo aver detto che le riforme costituzionali ed elettorali vanno pensate e discusse tra tutte le forze politiche senza esclusioni preventive, esponenti della maggioranza provvisoria che sostiene il governo Monti hanno pensato bene di riunirsi più volte solo tra di loro. Così Violante, Adornato, Quagliariello, Pisicchio e Bocchino hanno rinunciato in via preventiva a sentire l’opinione di forze parlamentari come Lega e Idv e di forze ora fuori dal Parlamento ma ben presenti nella società come Sel e Rifondazione. Il disegno su cui si sarebbero accordati presenta qualche elemento seduttivo, qualcuno controverso e qualche trovata micidiale. La riduzione dell’età minima per essere eletti al Parlamento è una captatio benevolentiae che promette un ringiovanimento della politica. Il taglio del 20% al numero di senatori e deputati allude alla riduzione dei costi della politica. Il superamento del bicameralismo perfetto non è privo di motivazioni ma di solito è sostenuto per la ragione più becera e legata alla contingenza di una Casta certo assai discutibile: due Camere che si rimpallano dall’una all’altra provvedimenti contrastano con il mito (falso ma oggi imperante) dell’efficienza. Ma basterebbe uno sguardo alla prassi corrente per cogliere come negli ultimi decenni l’attività legislativa in sé, in entrambe le Camere, sia soggetta al massimo degrado: leggi irrazionali, disomogenee, sgangherate, scritte malissimo, bisognose di correttivi e complicati meccanismi attuativi. Il costume imperante non ha riparato neanche la Costituzione. Gli ultimi principali interventi sulla Carta (Modifica del Titolo V, Giusto processo e Modifica dell’art. 81) sono così logorroici e farraginosi da risultare, al confronto col testo precedente, come colorati dall’evidenziatore. Il bicameralismo sarà quindi anche inefficiente ma talvolta (non sempre) riesce a ridurre i danni di leggi mal concepite. Comunque modificare il bicameralismo è tema degno d’interesse. Micidiale è invece il rafforzamento del presidente del consiglio. Si fonda sulla vulgata berlusconiana, accettata ormai anche dal Pd, per cui il capo del governo non ha sufficienti poteri. La verità è che nei fumi del suo delirio autistico Berlusconi non ha saputo usare i suoi poteri reali. Ha bloccato l’intera legislatura con leggi ad personam; ma, appunto, scritte così male che sono state, purtroppo non tutte, cancellate o ridimensionate dalla Consulta. Non è vero che non potesse sostituire ministri: l’ha fatto sei volte anche assumendo interim e poi sostituendo sé stesso. Ora in omaggio a un assunto falso, il presidente del consiglio acquisirebbe la facoltà di nominare e revocare ministri e addirittura di chiedere al capo dello stato lo scioglimento delle Camere. L’esperienza recente dimostra che basta l’indicazione del nome del candidato premier sulla lista elettorale per consentire a chi raggiunge quel ruolo il diritto di considerarsi interprete insindacabile della volontà popolare. I nuovi poteri pongono il premier al di sopra della dialettica parlamentare e allo stesso tempo riducono i poteri del presidente della repubblica. Ma se i cittadini eleggono un Parlamento non è per consegnarlo incaprettato alla volontà di un singolo. Avvertimento agli apologeti del superpotere: se volete giustificarlo almeno abbiate il pudore di stabilire che esso non può finire in mano a soggetti già in possesso di rilevanti poteri extraistituzionali, come ad esempio il possesso di mezzi di comunicazione. La legge elettorale si dice proporzionale ma alla fine risulta ambiguamente maggioritaria. Già lo sbarramento del 5% è assai severo, ma il ricorso astuto a piccole circoscrizioni “spagnole” aumenta la capacità elettiva dei grandi partiti cosicchè tutti apertamente ammettono che solo i partiti che avranno consensi tra l’8 e l’11% avranno tanti seggi quanti ne meritano con i loro voti; chi starà al di sotto avrà più voti che seggi; chi starà sopra l’11% avrà più seggi che voti, e la sproporzione aumenterà ancora di più per chi supererà il 20%. Un proporzionale corretto a vantaggio dei grandi e svantaggio dei piccoli. Il cammino è lungo e il tempo a disposizione breve. Perciò si può sperare che la riforma costituzionale batta il passo e che la riforma elettorale sia sottoposta, se non altro per buona educazione, anche a chi finora è stato tenuto lontano. In ogni caso, poiché al peggio non c’è limite, proporrei a tutti parlamentari di buona volontà, anche se d’accordo con la riforma costituzionale, di impegnarsi a non far raggiungere la soglia dei due terzi dei voti parlamentari che renderebbe impossibile il referendum popolare in proposito. Se si vuole una riforma costituzionale incisiva – direi in questo caso intrusiva – non si può impedire al popolo di pronunciarsi in merito.Pancho Pardi |
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