Biobanca gameti umani: una speranza di vita per i giovani pazienti oncologici
 











L’esposizione sempre più frequente, a cui si è quotidianamente esposti soprattutto nei grandi agglomerati industriali e metropolitani, all’influenza di sostanze inquinanti (attraverso l’aria respirata o l’alimentazione adottata), è la principale responsabile delle avverse conseguenze registrate sulla salute dei singoli cittadini.
Si tratta di sostanze (Endocrine Disruptors-EDs-) che possono indurre alterazioni ghiandolari, fino ad essere causa di tumori (soprattutto neoplasie del colon) e di infertilità maschile e femminile, modulando l’espressione degli stessi steroidi sessuali (estrogeni).
Pochi lo sanno, ma al Policlinico di Bari è in essere una realtà ospedaliera e scientifica specifica, l’unica nel Centro e Sud Italia, che segue con attenzione ed eccellenza di risultati le conseguenze sui giovani pazienti dei trattamenti radio-chemioterapici. In particolare, la cosiddetta gonado-tossicità di tali trattamenti e i rischi relativi sui
conseguenti ed eventuali processi di sterilità individuale. Per questo, al Dipartimento di Ginecologia del Policlinico di Bari, diretto dal professor Luigi Selvaggi, è stata varata la “Biobanca dei gameti umani”.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Raffaella Depalo, ginecologa e responsabile dell’Unità di Fisiopatologia della Riproduzione Umana e Congelamento Gameti di Bari, nel quale ha sede la biobanca, di parlarcene.
”Le professionalità dedicate”, in questa struttura pubblica, ci dice la dott.ssa Depalo, “preservano il patrimonio gametico dei giovani pazienti, prima del trattamento oncologico, mediante il congelamento delle cellule riproduttive (ovociti e spermatozoi) e le reimpiantano quando la malattia è stata sconfitta. In ragione dell’imperativo della nostra politica sanitaria, che ritiene la riproduzione essere uno degli scopi primari della vita di un essere umano. Ed un figlio - dopo la sconfitta di un tumore - rappresenta la più grande speranza di vita per ognuno di questi
pazienti. Ci sono già diversi bambini nati da questa pratica e questo risultato ci inorgoglisce”.
“Attualmente nella nostra biobanca sono congelati oltre 6mila dosi di liquido seminale raccolto da giovani uomini (età media 30/22aa) affetti - nel 67.3% dei casi - da neoplasia ed in procinto di iniziare un trattamento radio-chemioterapico. Il 61% di questi pazienti risulta affetto da tumori testicolari”, aggiunge la dottoressa Depalo. “Nel 32.7% dei casi il congelamento del liquido seminale è stato eseguito anche per altre cause,  come ad esempio una severa riduzione del numero e della motilità degli spermatozoi, osservata in particolare nei giovani pazienti provenienti da aree urbane ad alto tasso di inquinamento industriale”.
E a proposito dell’incidenza di richieste di tale trattamento, la dottoressa Depalo precisa: “Circa 200 giovani donne hanno richiesto  l’auto-conservazione dei gameti. Tant’è che nella biobanca che dirigo  abbiamo congelato complessivamente
479 ovociti  e 153 frammenti di ovaio. Soltanto il  7% di queste pazienti è risultato affetto da patologie neoplastiche (tumori del sangue, della mammella e dell’apparato genitale), poiché la barriera che limita l’accesso alle donne che intendono preservare la fertilità è il tempo tra le procedure per il recupero di ovociti/ovaio e l’inizio del trattamento antineoplastico. Nel restante le indicazioni hanno evidenziato tumori ginecologici benigni, endometriosi e la menopausa precoce, anche quest’ultima una condizione sempre più frequente nelle giovani donne esposte a inquinanti ambientali”.  Antonio V. Gelormini