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La Fornero chiude un sito. Il delirio e la censura
Fornero pronta a riaprire il sito della direzione provinciale del lavoro di Modena |
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E’ un provvedimento di una gravità inaudita e senza precedenti quello con il quale il Ministro del Lavoro ha ordinato alla Direzione Provinciale del lavoro di Modena l’immediata chiusura del proprio sito internet. “Al fine di garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali e con riferimento agli obblighi di trasparenza ed ai profili di comunicazione e pubblicazione delle informazioni di interesse collettivo anche per quanto attiene agli Uffici territoriali, si chiede alle SS.LL. di provvedere alla immediata chiusura del sito internet www.dplmodena.it“. E’ questo il contenuto della nota che il Segretario generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indirizzato lo scorso 5 aprile all’ufficio territoriale del proprio Ministero. Un’iniziativa, quella del Ministro Fornero, politicamente inaccettabile e giuridicamente illegittima, sbagliata del metodo e nel merito. Cominciamo dal metodo. Quale che fosse il contenuto di talune delle pagine web – evidentemente invise al Ministro del lavoro – è evidente che nulla giustifica la chiusura di un intero sito internet per ottenerne la rimozione dallo spazio pubblico telematico. E’ esattamente come chiudere un giornale a seguito della pubblicazione di un articolo che si ritiene – a torto o a ragione – diffamatorio. Anzi, peggio. E’ come chiudere un ufficio pubblico perché uno dei dipendenti, funzionari o utenti che lo frequentano si è lasciato andare a qualche considerazione ritenuta inopportuna dal Ministro. Il sito internet della Direzione provinciale del lavoro di Modena, rendeva accessibili al pubblico – un pubblico di oltre 18 milioni di utenti – migliaia di informazioni e documenti preziosi per i cittadini che ne visitavano le pagine. Per convincersene è sufficiente visitare alcune delle pagine del sito ancora accessibili nonostante la censura ministeriale: notizie relative ai diritti dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, informazioni e commenti relativi alla riforma del sistema pensionistico, pagine dedicate alle opportunità di lavoro per gli extra-comunitari o al rinnovo del permesso di soggiorno, solo per fare qualche esempio. Centinaia di migliaia di contenuti sui quali si è abbattuta la mannaia censorea del Ministro Fornero. Se la pubblicazione di taluni dei contenuti pubblicati sul sito era, davvero, illegittima – circostanza della quale è almeno lecito dubitare – il Ministero avrebbe potuto – a tutto voler concedere – dare al proprio ufficio indicazioni per la modifica o, a tutto voler concedere, per la rimozione. Ordinare la chiusura di un sito internet è un gesto dettato o da un delirio di onnipotenza di un Ministro – e/o di un suo dirigente – che ritiene, evidentemente, di essere padrone dell’informazione o da una tanto profonda ignoranza delle dinamiche di circolazione dell’informazione online da risultare grave almeno tanto l’ipotesi del delirio di onnipotenza. E veniamo al merito. “Al fine di garantire una rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali e con riferimento agli obblighi di trasparenza ed ai profili di comunicazione e pubblicazione delle informazioni di interesse collettivo”. E’ questa la motivazione con la quale il Ministro del Lavoro ha disposto la chiusura del sito. E’ uno scherzo? Un pesce d’aprile arrivato in ritardo? Se così non fosse saremmo dinanzi ad uno dei più gravi attentati alla libertà di informazione ad opera di un Governo dal ventennio fascista ad oggi. Un provvedimento che ben avrebbe potuto portare la firma del Ministro per la propaganda di Mussolini o di quello dell’informazione di Saddam Hussein. “Rappresentazione uniforme delle informazioni istituzionali” è, infatti, solo una parafrasi per dire che il Ministro non gradisce la diffusione e pubblicazione di notizie ed informazioni difformi dalle proprie. Fuori dal linguaggio istituzionale, il Ministro sta dicendo che non ammette che sulle pagine di un sito ricollegabile – in senso lato – al proprio Ministero siano pubblicate critiche ed opinioni contrarie alla propria azione di governo ed al modo di presentarla unilateralmente prescelto dal Ministro e dal suo staff. E’ un modo di guardare alla politica, al governo ed alla democrazia degno di un tiranno di altri tempi o del leader militare di una qualche dittatura anti-democratica: ci si sottrare al confronto, alla critica ed al dialogo a colpi di censura ed ordini di cancellazione di informazioni e contenuti sgraditi. E’ questa l’idea di sviluppo sociale e democratico che guida l’azione del Ministro Fornero? E’ urgente che il Premier chiarisca la sua posizione al riguardo, prenda le distanze dal gesto del suo Ministro e la inviti, senza ritardo, a rassegnare le sue dimissioni. Non c’è miracolo economico né riforma del sistema del lavoro – ammesso anche che il Governo dei professori stia lavorando bene per perseguire tali obiettivi – che abbia un senso, se il prezzo da pagare è quello di accettare di risvegliarci in un Paese meno democratico e meno libero di quello nel quale abbiamo vissuto sino qui.Guido Scorza-ilfattoquotidiano
-Avrebbe presentato in “anteprima” il testo sulla riforma del lavoro prima che fosse ufficializzato dal ministro Fornero. Questo il gesto “non uniforme” compiuto da Eufranio Massi, direttore del sito www.dplmodena.it, oscurato due giorni fa dal Ministero del Lavoro, tanto da meritare una censura ministeriale che non ha precedenti sul web. Una storia dai contorni non ancora ben delineati che vede protagonisti Massi, direttore del sito incriminato, ma anche dirigente del ministero con a capo la Fornero, e lo stesso ministro che della censura via web è venuto a conoscenza durante le feste pasquali, in contemporanea con gli utenti delle rete. Artefice dello stop alla pagina web del dipartimento provinciale del lavoro di Modena, a detta della stessa Fornero, sarebbe il segretario generale del dicastero romano: Matilde Mancini. “Le ho chiesto di chiamarmi e sto aspettando di parlarle”, ha dichiarato il ministro che rispetto all’accaduto appare più sorpreso che arrabbiato, “Perché non so se il sito in questione abbia fatto qualcosa di grave che non andava oppure no e vorrei capire come stanno le cose prima di esprimermi”. Il sito diretto da Massi nato il 19 febbraio 2001 è stato visitato da oltre 18 milioni di utenti. Cifra enorme che conferma la popolarità e l’utilità di uno strumento web che ha permesso a migliaia di cittadini, probabilmente non solo di Modena e provincia, di districarsi nell’infinito ginepraio dei continui aggiornamenti in materia di mercato e diritto del lavoro. Poi ecco l’errore improvviso compiuto da Massi e dal suo pool di esperti giuslavoristi: mettere online la riforma del lavoro traendola dal Sole24ore. Uno sbaglio dettato da una fretta più simile a quella di un giornalista che di un dirigente del ministero. Anche se per ora lo stesso Massi non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali alla stampa. “Ci tengo a sottolineare che la dottoressa Mancini è una persona molto scrupolosa, non è un cieco burocrate”, ha precisato la Fornero, “e ritengo anche che se così fosse, cioè se fosse solo questo il motivo per la chiusura del sito, la riterrei una punizione eccessiva per un eccesso di intraprendenza che va bene nei giornali ma un po’ meno nelle istituzioni, ma che non mi sembra talmente grave da giustificare l’oscuramento, per cui chiederei di farlo riaprire”. “Non solo, ma anziché oscurarlo, se il sito della Dpl di Modena è davvero così ben fatto lo prenderei come esempio, come modello a cui ispirarsi, e chiederei a Massi di collaborare al nostro sito per migliorarlo. Ma aspetto, e vi chiederei di aspettare ulteriori approfondimenti, prima di giudicare”. Una richiesta prudente di apertura e di curiosa attesa, quella del ministro. Probabilmente perché, come dichiarato al fattoquotidiano.it dall’ufficio stampa dello stesso ministro, l’errore di Massi “non è un episodio”, ma sembrerebbe la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. “Un problema sia di forma che di contenuto” che andrebbe ricondotto “negli schemi precisi e nella maniera strutturata con cui il ministero comunica nei territori”. Davide Turrini-ilfatto |
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