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DOSSIER
"MALASANITA’: IL VIZIO DELL’ILLEGALITA’ " |
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Sanità, una nuova inchiesta travolge Tedesco e Lady Asl Una nuova inchiesta del maxi scandalo della Sanità pugliese conquista la ribalta e investe ancora il senatore Alberto Tedesco, cui è stato notificato un avviso di proroga delle indagini preliminari per un altro filone aperto dalla Procura di Bari. "L’unica Procura - commenta a caldo Tedesco - dove i processi si rallentano per colpa dei magistrati non degli imputati". Oltre al senatore ex Pd, ora Gruppo misto ed ex assessore regionale alla Salute, è indagata anche l’ex direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino - la Lady Asl degli scandali (FOTO) - grande accusatrice del governtaore Nichi Vendola, finito anche lui nella bufera giudiziaria con due inchieste che lo riguardano. I reati contestati a Tedesco e Cosentino sono il concorso in corruzione e abuso per una delibera del 2007 con la quale l’Asl di Bari affidò a una società di assicurazioni l’appalto per il servizio assicurativo negli ospedali dell’azienda sanitaria locale. La notizia della proroga delle indagini per il senatore arriva il giorno dopo la richiesta della procura di Bari di rinvio a giudizio per Tedesco e per un’altra quarantina di persone per la prima delle tre inchieste (quattro con l’ulitma) a carico dell’ex Pd, ora Gruppo misto, nella quale è accusato di associazione per delinquere, illecito finanziamento pubblico ai partiti, concussione (anche tentata), abuso d’ufficio, turbativa d’asta, rivelazione del segreto d’ufficio, corruzione e falso. La stessa che portò alla richiesta di arresto (respinta dal Senato) per l’ex assessore della giunta Vendola. Le ultime accuse si riferiscono ad un contratto stipulato con una compagnia assicurativa, il cui titolare risulta anche lui indagato. Gli altri raggiunti da avviso di garanzia sono Paolo Cappiello, consigliere delegato di ’Assidea & Delta srl’, l’ex direttore amministrativo della Asl Bat, Felice De Pietro, l’ex direttore amministrativo dell’Asl di Bari, Luciano Lovecchio, e l’ex direttore sanitario della stessa Asl Giuseppe Lonardelli. De Pietro e Lonardelli sono stati già coinvolti in altre inchieste della Procura di Bari sulla sanità pugliese, sempre accusati di reati in concorso con Tedesco e Cosentino. La nuova indagine della Procura di Bari, affidata sempre al pm Desirè Digeronimo, riguarda una delibera della Asl di Bari adottata il 4 aprile 2007 per l’affidamento dei servizi assicurativi alla società ’Assidea & Delta’ negli ospedali della Asl barese. In particolare, questa l’ipotesi degli inquirenti, i dirigenti Asl avrebbero prorogato il contratto milionario con la società di Cappiello, indagato in questo procedimento, evitando di indire una nuova gara. Un modo per ’cristallizzare’ gli appalti già concessi ai broker assicurativi, in linea con le indicazioni dell’allora assessore Tedesco, che aveva nominato una commissione per formulare nuove regole sulla gestione del rischio delle aziende sanitarie. In attesa che queste nuove regole fossero adottate, la Giunta regionale adottò poi una propria delibera, di fatto garantendo per altri tre anni, secondo gli inquirenti, il monopolio alla ’Assidea & Delta’ fino al 2010. I carabinieri del nucleo investigativo nel 2009 sequestrarono la delibera firmata dal dirigente del coordinatore delle Aree patrimonio Antonio Colella e dalla Cosentino. Il provvedimento ricostruiva le tappe dell’aggiudicazione del servizio, un affare da 12 milioni di euro, alla compagnia Fondiaria Sai Assicurazioni spa di Firenze, dopo una gara indetta dalla Asl e andata deserta. L’azienda sanitaria, "al fine di garantire continuità alle garanzie assicurate", optò per la procedura ristretta accelerata. Il prezzo più basso fu offerto dalla Fondaria Sai, con una proposta che prevedeva un premio annuo lordo di poco più di 13 milioni di euro. Alla fine l’iter si concluse con l’aggiudicazione del servizio per 12 milioni di euro. L’Asl, era scritto nella delibera, avrebbe provveduto al pagamento attraverso l’agenzia Assidea srl di Bari, il cui titolare è indagato insieme al senatore e agli altri. "Francamente da quello che ho letto fino a oggi, dalle migliaia e migliaia di pagine, io non ho trovato nulla che possa avvalorare il teorema di questa sorta di ’Gomorra’ che era diventata la sanità pugliese". Questo il commento del senatore in merito alla notizia dell’ennesima inchiesta: "ormai ho perduto il conto", dice. "E’ strano che nel 2012 - prosegue il senatore Tedesco - si arrivi a chiedere un’ulteriore proroga delle indagini. Come per il Miulli e gli accreditamenti con le indagini partite nel 2007, la chiusura che arriva nel 2012. Su questi ritardi "bisognerebbe chiedere ai magistrati, per capire cosa si aspettano". "Nelle altre Procure - ecco l’affondo - quando hanno elementi in mano, tendono ad arrivare il più rapidamente possibile al processo. Caso mai sono gli indagati che cercano di ritardare i processi. Qui sta avvenendo l’esatto opposto. Questo la dice lunga sulla sostanza di queste indagini". Poi Tedesco sottolinea che "ci sono posizioni abbastanza strane come quella della Cosentino il cui ruolo era stato sottovalutato fino a un certo punto da parte degli inquirenti e nei confronti delle quali adesso c’è una ripresa di attenzione. Questo non lo dico io ma l’aliquota della Guardia di Finanza attivata da Laudati".(...) Vendola, San Raffaele e l’annunciato fallimento “LA scelta che noi abbiamo fatto è quella di individuare l’Irccs (Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico) numero uno e l’università numero uno in Italia, ovvero il San Raffaele. Per Taranto vogliamo il meglio.” Così il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola aveva annunciato, con una certa enfasi, lo stanziamento di 214 mln di soldi pubblici per la costruzione del nuovo ospedale, a gestione privata, della Fondazione San Raffaele del Mediterraneo. Peccato che solo 2 giorni fa i pm milanesi Laura Pedio e Luigi Orsi abbiano presentato l’istanza di fallimento per l’istituto ospedaliero fondato da don Luigi Verzè, “un diavolo di prete”, come lo definì lo stesso Vendola in una lettera aperta al giornalista Marco Travaglio, ma anche il “padre spirituale” di Silvio Berlusconi, tra i suoi principali soci in affari. Solo un anno fa, incontrando il Presidente del Consiglio, don Verze affermava che era “stato mandato dalla divina Provvidenza per salvare il Paese.” Nel frattempo il buco di bilancio dell’Istituto, circa un miliardo e mezzo di euro, ha imposto la procedura di fallimento atta a evitare (come si legge nelle motivazioni) “ulteriori dissipazioni del patrimonio”. Una voragine finanziaria provocata, secondo quanto stanno evidenziando le indagini dei pm, dal fatto che i fondi pubblici fossero indirizzati verso obiettivi che nulla avevano a che fare con il bene comune e la sanità. Tra queste la costruzione dela nuova cupola dell’istituto, più grande di quella di San Pietro, con l’arcangelo sulla sommità costata oltre 60 milioni ma anche piantagioni in Brasile, aerei ed elicotteri in Nuova Zelanda, un hotel a quattro stelle in Costa Smeralda, il Don Diego, riservato a una clientela d’élite: anche cinquemila euro per una settimana in alta stagione. A questo si aggiunga anche il debito verso le aziende che riforniscono il San Raffaele, dalle aziende farmaceutiche a quelle informatiche, che ha superato i 500 milioni. Cifre che non si sono certo materializzate negli ultimi mesi e che non costituiranno certo un buon viatico per la realizzazione del nuovo ospedale di Taranto, del quale, fino ad oggi, non è stata posta neppure la prima pietra. ”Se il San Raffaele fallisce – aveva spiegato Vendola – noi cercheremo un nuovo partner e andremo avanti. Comunque andrà Taranto avrà il suo polo ospedaliero nuovo e sarà una grande opera pubblica. Lo dico ai miei critici in buona fede: le scelte sono tutte opinabili, chi ha responsabilità pubbliche deve ogni giorno assumere decisioni.” Non è certo un buon periodo per la Sanità pugliese, travolta da uno scandalo che ha generato oltre 50 capi d’imputazione per i 41 indagati. Gli inquirenti la chiamano “la Rete”, una maxi organizzazione piramidale, colpevole di reati contro la pubblica amministrazione come concussione, abuso d’ufficio, turbativa di gara d’appalto con al vertice Alberto Tedesco, ex assessore regionale alla Sanità, attualmente senatore per il Pd alla Camera. Nel momento in cui poi Vendola e il centro Sinistra si propone come alternativa credibile all’attuale Governo, la scelta di finanziare un ospedale privato subissato di inchieste e buchi finanziari può risultare un clamoroso autogol elettorale. Se in più, contemporaneamente, si propone come “il nuovo che avanza” la candidatura di Romano Prodi al guida del “nuovo” Ulivo, viene il dubbio che il centro Sinistra stia accarezzando pericolosamente la spada per fare. del vecchio-statoquotidiano Vendola, sinistra e santità Prima il concorso in abuso d’ufficio per aver favorito la nomina del primario di chirurgia toracica dell’ospedale barese San Paolo. E ora la triplice imputazione per peculato, falso e di nuovo abuso di ufficio. Questa volta per una transazione da 45 milioni non conclusa tra la Regione Puglia e il nosocomio Miulli di Acquaviva delle Fonti, sempre a Bari. Pasqua è passata, ma la passione per il cattolicissimo Nichi Vendola è appena iniziata. Gli scivoloni del governatore Che la sanità sia sempre stato un terreno scivoloso non è una novità neppure per il governatore di Sinistra ecologia e libertà (tra l’altro il 13 aprile è stato deciso il rinvio a giudizio per l’ex assessore regionale alla Sanità Alberto Tedesco). Ma Nichi forse doveva almeno tenere a mente che pure la Chiesa porta guai. La struttura di Acquaviva delle Fonti è, infatti, di proprietà ecclesiastica. E non è tutto. Tra le sei persone indagate insieme con Vendola, figurano infatti anche il vescovo della diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, monsignor Mario Paciello, e don Mimmo Laddaga. A quanto pare l’Obama pugliese non ha imparato granché dal mega progetto dell’ospedale San Raffaele del Mediterraneo a Taranto. Un’impresa, in tandem con don Luigi Verzé, da 210 milioni tutta a carico dei contribuenti ma data in gestione alla Fondazione San Raffaele. Con tanto di polemiche sulle presunte irregolarità nell’affidamento della struttura. Fino alla decisione finale, lo scorso gennaio, della giunta regionale circa la revoca della partecipazione alla Fondazione, in concomitanza sia della morte del sacerdote meneghino sia del fallimento di tutto il suo impero sanitario milanese. Quel feeling profondo con don Verzè Ancora oggi, però, sfugge il senso profondo della strategia vendoliana su tale affare. A meno che non la si liquidi alla luce del feeling profondo tra don Verzé e don Nichi. «È un uomo di grandissimo valore e cultura», diceva il patron del San Raffaele del governatore. «In grado di trasmettere idee e calore. Tutti segni del carisma che il Signore gli ha dato». «DOVETE RIELEGGERLO». E poi ancora: «Io credo alla santità dell’uomo e sia Berlusconi sia Vendola possiedono un fondo di santità». Fino a dire, alla vigila delle regionali in Puglia: «Lo dovete eleggere ancora presidente della Regione. Almeno per altri cinque o 10 anni». Che don Verzé nutrisse forti simpatie per il leader di Sel è giustificato: il fondatore del San Raffaele dove poteva trovare un altro mecenate come Vendola per il polo ospedaliero tarantino? IL PADRE SPIRITUALE. Per Nichi, però, era diverso. In fondo lui un maestro spirituale ce l’aveva già e da tempo: il vescovo di Molfetta, don Tonino Bello, morto nel 1993. Una figura sempre presente nella vita di Vendola che non perde l’occasione di ricordare la sua figura. Il governatore non disdegna, però, nemmeno Papa Ratzinger: «Uno dei teologi più acuti, più raffinati e dal pensiero più potente che io conosca al mondo». A cavallo tra la sinistra e il cattolicesimo Insomma, in lui, politica e fede cattolica si sposano bene. Da un lato c’è il comunista e dall’altro il credente. Perché l’homo novus della sinistra, in fondo, è tutte e due le cose. E non ne ha mai fatto mistero. LA FEDE IN PIAZZA. Fino ad aver rivendicato con forza la sua fede durante la chiusura del congresso nazionale di Sel a Firenze nell’ottobre 2010: «È una delle tante diversità che vi dovete beccare del vostro portavoce», disse il compagno Nichi, «che non intendo nascondere perché è la mia vita ed è stata la mia culla». IL NODO DELL’OMOSESSUALITÀ. Un’affinità elettiva, quella con la Chiesa, che si arresta però bruscamente ogni volta che si parla di gay. Sul piano dei diritti, infatti, Vendola procede dritto come un treno. E anche Oltretevere non si è mai fatto problemi. Anzi, a sentire lui, è stato forse più facile ammettere la sua omosessualità «ai preti che al partito». TRA IL VANGELO E IL PRINCIPE. Vero è che il leader della sinistra alternativa col Vangelo sul comodino è anche un navigato politico. E non è sempre pronto a porgere l’altra guancia. «Il libro più importante per un comunista come me è la Bibbia», ha ripetuto più volte. Ma, per dirla con una sua citazione evangelica, bisogna anche essere «puri come colombe e furbi come serpenti». PIOGGIA DI CITAZIONI SACRE. La sua indubbia capacità oratoria e l’amore per i paradossi non giustificano però la raffica di metafore attinte dalle Sacre Scritture che snocciola nei suoi discorsi. E che non hanno sempre il sapore della spontaneità. Basta citarne alcune: «Ero straniero e mi avete accolto», «non possiamo mica lasciare tutto questo chiuso nel recinto del tempio»; e poi su tutti il sempreverde «bisogna dare da mangiare agli affamati». «NO ALLE PULSIONI ANTICLERICALI». Tutto casuale? Dal messaggio finale rivolto al mondo cattolico non si direbbe: «Guai a rispondere con vecchie pulsioni anticlericali. Con la Chiesa voglio parlare anche dei temi eticamente sensibili», aveva detto Vendola. Il che suona tanto come una smaccata strizzata d’occhio a Vaticano e dintorni. Se i precetti cristiani diventano un boomerang L’uomo di sinistra che è in lui, tuttavia, viene fuori e come. Anche quando si tratta di lanciare stilettate alla Chiesa. Magari, ancora una volta indorate con qualche precetto evangelico. A CESARE QUEL CHE È DI CESARE. E così l’annuncio dell’Imu sui beni ecclesiastici da parte del governo Monti è stato tradotto da don Nichi con il celeberrimo: «Dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare». Il governatore della Puglia ha quindi dato prova di sapersi ben barcamenare tra sacro e profano e l’ars oratoria gli dà senza dubbio una grossa mano. LA PAGLIUZZA E LA TRAVE. Con qualche eccezione. Ora, con le nuove indagini nello scandalo Sanità, forse la sua parabola evangelica preferita, quella della trave e della pagliuzza (più volte citata in tema di questione morale), suona tanto come un boomerang. «Il centrosinistra non può dire: ’Cosa volete?’ Nel nostro occhio ci sono solo pagliuzze. Guardate la trave dell’occhio del centrodestra», aveva tuonato il leader di Sel solo la scorsa estate. Come la mettiamo adesso compagno Nichi? Paola Alagia-lettera43 Finanziamenti a clinica ecclesiastica, tra gli indagati Vendola e un vescovo Il governatore della Puglia e leader di Sel Nichi Vendola indagato per presunte irregolarità nella gestione della sanità regionale. Era già arrivato un avviso di garanzia con l’accusa di aver favorito la nomina di un primario. Ora c’è anche un’altra notifica per peculato, abuso d’ufficio e falso, su un finanziamento di 45 milioni di euro dalla Regione all’ente ecclesiastico ‘Miulli’, per un ospedale ad Acquaviva delle Fonti (BA). L’ospedale ne aveva chiesti 42,6 per debiti contratti tra 2002 e 2007 al fine di costruire la nuova sede ad Acquaviva delle Fonti. L’ente religioso aveva sostenuto di aver speso almeno 76 milioni e pretendeva rimborsi. Con una delibera della Giunta, datata marzo 2010, la Regione aveva stanziato 45 milioni per il Miulli. L’atto sarà ratificato dalla giunta Vendola, quindi annullato a causa del contenzioso portato fino al Consiglio di Stato. E ora la Regione deve sborsare differenze tariffarie per 150 milioni di euro. Un’inchiesta sta facendo luce su favoritismi e giri di denaro che vedono coinvolte diverse cliniche private, nonché funzionari e dirigenti regionali. Tra gli indagati, gli ex assessori alla Sanità Alberto Tedesco e Tommaso Fiore. Ma anche monsignor Mario Paciello, il vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, e don Mimmo Laddaga, direttore dell’ospedale Miulli ad Acquaviva delle Fonti. E’ l’ennesimo esempio di una sussidiarietà ‘malata’ in Puglia. Da ricordare che dubbi sulla gestione dell’ospedale Miulli ad Acquaviva delle Fonti già erano stati avanzati nel 2007. Tra l’altro che nel 2010 era emersa la storia di un lebbrosario, gestito dal Miulli a Gioia del Colle, cui venivano erogati diversi milioni l’anno nonostante fosse praticamente inutilizzato. Lo scorso novembre, dopo che era scoppiato lo scandalo del crac della fondazione di don Luigi Verzè, si era poi parlato di almeno 200 milioni di euro stanziati dalla Regione per la costruzione del San Raffaele del Mediterraneo a Taranto. Vendola: "Ospedali come casinò nella Sanità girano troppi soldi" Nel mondo della sanità "girano troppi soldi, gli ospedali sono come dei casinò. È un sistema in cui la frammentazione dell’organizzazione sanitaria produce la polverizzazione dei flussi di spesa. È difficile controllare quello che accade. Il sistema sanitario è come una flotta di sommergibili che procedono negli abissi, noi avremmo il compito di farli emergere alla superficie per poterli controllare ma c’è un modello di governo della sanità che è demenziale, per metà manageriale e per metà politico. È un ibrido mostruoso". Lo ha detto a Sky TG24 del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola nel corso de "L’intervista di Maria Latella", nel corso della quale ha affrontato la bufera giudiziaria che si è di nuovo abbattuta sulla Puglia con le due inchieste che lo riguardano e i quattro avvisi in tre giorni che hanno colpito il senatore Alberto Tedesco. "Sono al centro dell’attenzione non perché vince un concorso un raccomandato o un somaro, ma perché vince il più bravo. È stravagante quello che mi accade". "Sono interessante mediaticamente e politicamente, è un dato oggettivo - ha proseguito - dalle accuse so difendermi benissimo nel merito. Anche se mi sentissi ingiustamente aggredito non direi nulla contro l’autorità giudiziaria, ho gli strumenti per difendermi nelle sedi adeguate". "Sono sereno e penso di poter spiegare in qualunque sede di giustizia che il mio comportamento è stato sempre trasparente". "Nell’ultima campagna elettorale - ha detto Vendola a proposito della diffficoltà di governare il sistema sanitario - ho sentito proposte a proposito della costruzione di un albo con un concorso e una pubblica selezione perché così dovrebbero essere nominati i direttori generali. La magistratura si occupa dei reati, la politica si deve occupare di rispondere politicamente alla questione morale, io l’ho fatto. L’ho fatto, quando le inchieste si sono sviluppate, azzerando la mia Giunta e l’ho fatto anche promuovendo un modello di selezione del management sanitario che è d’avanguardia oggi in Italia, cioè prendere una platea di aventi titoli e sottoporli a un anno di formazione e selezione, con qualcuno molto autorevole che controlla come vengono scelti". "Quando c’è stata la prima agenzia che ipotizzava che fosse indagato, Tedesco dopo un’ora correttamente si è presentato a me e ha dato le dimissioni. Dopo due ore c’era un nuovo assessore alla sanità", ha aggiunto Vendola, che non è entrato nel merito delle accuse: "Per me parlare - ha detto - di chi è stato un mio collaboratore e oggi deve rispondere di vicende davanti alla giustizia è un po’ complicato. Io sono molto curioso di conoscere la verità". ’’Ho accettato Tedesco in giunta perché era una delle personalità di spicco della politica pugliese, era considerato ’un cavallo di razza’, non era accompagnato da nessun tipo di ombra su di lui". E a proposito di Don Verzè e del progetto per la costruzione del San Raffaele di Taranto, Vendola ha ammesso: "Mi sono pentito di aver avuto rapporti con lui, è stato un momento drammatico quello della comprensione di quanto fosse disastrata l’organizzazione della sanità in una delle città più assediate dalla malattia, come Taranto, una capitale dell’inquinamento industriale. L’idea mia di poter costruire un centro di grande eccellenza era il San Raffaele di Milano che prima di questo tsunami giudiziario, appariva come il numero uno". |
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