Puglia: sessantotto indagati per mangimi da animali morti di cui tredici veterinari
 











Un giro d’affari enorme, un gruppo di persone senza scrupoli con un sistema diabolico che, incurante dei pericoli, metteva a repentaglio la salute pubblica e la vita umana, producendo sottoprodotti animali contaminati sia per l’agricoltura e sia per la terra, destinati in Italia e all’estero, spezzato dal Corpo Forestale dello Stato.
Nell’ottobre del 2010 gli uomini del Comando Stazione forestale di Ruvo apponevano i sigilli allo stabilimento di Trani della società I.DA.PRO., con sede legale ad Andria, azienda leader in Puglia nella attività di raccolta, trasporto e trasformazione di sottoprodotti di origine animale.
Il provvedimento cautelare era stato disposto dal Procuratore della Repubblica di Trani, dott. Carlo Maria Capristo, a seguito di una lunga e assai complessa attività d’indagine condotta dai Forestali di Ruvo, coadiuvati dal nucleo investigativo forestale di Lecce, con il coordinamento del Comando Provinciale di Bari, e diretta
dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Trani, dott. Antonio Savasta, in esito alla quale si giunse ad accertare che all’interno della stabilimento tranese della I.DA.PRO. srl si operavano in assenza delle autorizzazioni ambientali di rito, processi di trasformazione di sottoprodotti di origine animale, per la produzione ed il commercio di farine di carne e ossa (ciccioli) e grassi colati per lo più utilizzati come materie prime per la formulazione di fertilizzanti e dei mangimi. In pratica era risultata illecita tutta la fase di gestione dei sottoprodotti di origine animale di cat. 1, quali rifiuti speciali non pericolosi ad alto rischio infettivo, in quanto la loro trasformazione avveniva in apposito impianto operante solo in forza del riconoscimento ex art. 13 del Reg. CE 1774/02 - autorizzazione di solo carattere igienico sanitario - ma senza l’autorizzazione ai sensi dell’art. 208 del D.L.vo 152/06 e succ. mod., quale titolo abilitativo in materia ambientale.
All’interno
dell’azienda -situata sulla provinciale Andria-Trani- veniva inoltre accertata l’illecita conduzione di attività di  recupero di oli vegetali esausti a causa della mancanza di un impianto all’uopo dedicato.
Ulteriore criticità era legata all’originarsi dagli impianti di trasformazione I.DA.PRO di emissioni maleodoranti continue causate dall’attività di lavorazione dei Sottoprodotti che spesso invadono la città di Trani e le località circostanti arrecando disagi alla comunità.
Per le suddette carenze autorizzatorie nonchè per il richiamato illecito recupero degli oli vegetali esausti all’interno dell’impianto di trasformazione, entrambi in violazione all’art. 208 D.L.vo 152/06, la Procura ravvisò il configurarsi del reato di cui all’art. 256 co. 1 lett. a) dello stesso Testo Unico Ambientale, mentre per l’emissione di esalazioni di “odore” moleste e nauseanti, atte a cagionare un fastidio fisico e psichico sull’esercizio delle normali attività umane, configurò il reato di cui
all’art. 674 c.p., entrambi a carico del rappresentante legale della I.DA.PRO. srl, nella persona di Cavaliere  Giuseppe.
Tutte le suddette criticità condussero al sequestro preventivo degli impianti dell’azienda la cui gestione fu affidata in amministrazione giudiziaria alla competente Asl BAT di Andria al fine di tutelare la salute pubblica e degli animali e per garantire che l’attività di raccolta, trasporto e trasformazione dei SOA continuasse a svolgersi al fine di scongiurare eventuali rischi ambientali/sanitari derivante dall’accumulo incontrollato di tale materiale.
Questa, dunque, la storia della presente indagine nel merito della quale si vanno  di seguito ad illustrare ulteriori particolari.
L’operazione prende il nome dal lauto guadagno accumulato in poco più di quattro mesi da un sodalizio dedito alla illecita produzione e immissione in commercio del grasso fuso per uso zootecnico detto “colato”, da cui deriva l’appellativo di “colatori”, nel gergo di
settore, a quegli imprenditori dediti alla produzione di tale, tanto richiesta e altamente remunerativa, materia prima derivante dalla trasformazione degli scarti di originale animale.
Le relative lunghe e complesse indagini, durate circa tre anni, coordinate come anticipato dal sostituto Procuratore dr. Antonio Savasta, sono state condotte dal personale del Comando Stazione di Ruvo di Puglia del Corpo forestale dello Stato, coadiuvato da altro personale del Comando Provinciale di Lecce, tramite intercettazioni telefoniche, video-riprese, pedinamenti e acquisizioni documentali, ed hanno avuto epilogo, in data odierna, con la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, nei confronti di ben 68 indagati.
Le indagini hanno svelato l’operato di un’organizzazione, diretta dagli amministratori, soci e dipendenti della I.DA.PRO. S.r.l. e della F.lli Cavaliere S.r.l. entrambe di Andria, aziende leader nel Sud Italia per la raccolta, trasformazione dei sottoprodotti di
origine animale e successiva commercializzazione delle materie prime derivanti, con un conseguente giro d’affari interamente illecito pari ad Euro 3.300.000 nel periodo maggio – ottobre 2009.
L’ipotesi di reato contestata è quella di associazione per delinquere (art. 416 C.P.) finalizzata al compimento di diversi reati fine che vanno dall’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 D.L.vo n° 152/06 e succ. mod.), falso ideologico (art. 483 C.P.), frode in commercio (art. 515 C.P.), truffa aggravata (art. 640 C.P.), emissione di fatture a fronte di operazioni inesistenti sino alla dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti (artt. 2 e 8 del D.L.vo n° 74/2000) oltre al reato di omissione in atti d’ufficio (art. 328 C.P.) a carico di numerosi veterinari ufficiali in servizio presso vari macelli che, reiteratamente, hanno permesso l’innesco delle condotte illecite accertate.
Per una miglior comprensione del geniale e
complicato piano criminale, è doveroso esporre alcuni concetti fondamentali su cui si incentra tutta l’attività illecita, il cui unico fine è quello di approdare a tutti i costi al maggior illecito profitto. I sottoprodotti di origine animale detti S.O.A., secondo la normativa sanitaria comunitaria, Reg. CE n° 1774/2002 (attualmente sostituito dal Reg. CE n° 1069/09), nata a seguito dell’emergenza B.S.E. in Europa dei primi anni 2000, sono divisi in due gruppi: i SOA di cat. 3, quali scarti derivanti dalla lavorazione delle carni, cosiddetto spolpo, dopo la macellazione di ogni specie animale, considerati a basso rischio infettivo (ossa, ritagli di carne, organi non commestibili, pezzi di grasso ecc.), e SOA di cat. 1 identificabili nelle carcasse di animali di ogni specie morti per cause diverse dalla macellazione, unitamente ai cosiddetti materiali specifici a rischio (M.S.R.), costituiti da alcuni tessuti e parti anatomiche delle specie ruminanti (bovini e ovi-caprini), quali gran parte dei crani e gli organi dell’apparato digerente (intestini), considerati dalla comunità scientifica mondiale ad alto contenuto infettivo rispetto al rischio BSE.
Premesso ciò, la legge consente il solo utilizzo della cat. 3, con ben determinate caratteristiche di qualità, legate in particolar modo alla conservazione, per la produzione di:
- grasso fuso, il “colato”, quale elemento di base indispensabile per la formulazione dei mangimi destinati ai polli;
- farine animali, destinate in minima parte come pet-food (cibo per cani) e, per la restante, alla produzione di fertilizzanti che, in quanto di origine organica, sono a loro volta utilizzati in particolare nell’agricoltura biologica.
Invero, per i SOA di cat. 1 è prevista, con tassativa esclusione dagli usi di cui sopra riferiti alla cat. 3, la sola eliminazione, benché anche da questi si ricavino, analogamente, sia grasso che farine da destinarsi al solo smaltimento, destinazione che porta alla classificazione degli
stessi come rifiuti speciali a norma del Testo Unico Ambientale (D.L.vo 152/06).
Si presume essere elevato, difatti, il rischio per la salute derivante dall’introduzione di detti ultimi materiali sia direttamente che indirettamente (tramite mangimi e fertilizzanti) nella catena alimentare, la cui piena consapevolezza è stata raggiunta a seguito dell’emergenza manifestatasi della BSE quale encefalopatia spongiforme trasmissibile, di cui ancora oggi risuona l’eco e che ha ispirato l’attuale normativa comunitaria e nazionale del settore.
Appare evidente l’elevato interesse rivolto dagli operatori del settore verso gli scarti di cat. 3 in quanto riutilizzabili e fonte di cospicui guadagni, cosa che non avviene per quelli di cat. 1 che hanno un mercato alquanto deficitario, all’attualità destinati all’incenerimento.
Ma affinché i materiali di cat. 3 conservino il prezioso requisito della riutilizzabilità, va assolutamente scongiurato il rischio di contaminazione degli stessi con
quelli di cat. 1: miscele di SOA di cat. 1 e cat. 3, agli effetti di legge, sono, difatti, da considerarsi di cat. 1, in forza del potere inquinante dei primi sull’intera massa che si tramuta anch’essa in rifiuto da destinare alla sola eliminazione. Essenziale, al fine di garantire la salubrità dei prodotti commerciabili derivati dal trattamento degli scarti di cat. 3, è quanto prescritto dalla legge: l’asettica separazione delle linee di gestione e trasformazione delle due distinte categorie. Ciò significa che ogni operatore del settore, deve utilizzare mezzi e impianti di trasformazione dei prodotti esclusivamente dedicati ad una o l’altra categoria di prodotti trattati: diversamente, dalla reiterata violazione di questi elementari principi, posti alla base della sicurezza delle materie reintrodotte nella catena alimentare, si fonda il sistema architettato dall’organizzazione, protesa, con tale espediente, al risparmio sui costi di gestione nella fase di trasporto e al far confluire, nella catena del riutilizzo, il maggior quantitativo di SOA, indipendentemente dalla categoria di appartenenza con la produzione di sempre maggiori quantità di “colato” e farine da immettere in commercio con lauti e continui crescenti guadagni.
I promotori dell’organizzazione gestivano nel medesimo stabilimento (I.DA.PRO. srl) due distinti complessi impianti di trasformazione, uno dedicato alla cat. 1 e uno destinato alla cat. 3, apparentemente, asetticamente separati come prescritto; qui sarebbero dovuti pervenire gli scarti di entrambe le categorie secondo due linee distinte di raccolta.
Di fatto, tale separazione veniva solo artatamente rappresentata nei documenti previsti per legge (documenti di trasporto e registri di tracciabilità) con la complicità dei produttori e/o conferitori dei SOA che, oltre a prestarsi alla compilazione di tutta una serie di documenti falsi, approntavano sin dalla fonte trasporti promiscui (miscele di SOA di entrambe le categorie), al fine del
risparmio delle spese di trasporto.
Pertanto, i SOA di cat. 3 unitamente a buona parte dei SOA di cat. 1 ivi pervenuti (ad esclusione delle sole carcasse di grosse dimensioni) venivano tutti avviati alla trasformazione nell’impianto di cat. 3, per la produzione, previa cottura degli scarti e successiva centrifugazione, di grasso e farina, rispettivamente per uso mangimistico e fertilizzante, in spregio alla normativa sanitaria e ambientale, e puntualmente, come materie prime, immessi in commercio, spacciati fraudolentemente agli ignari acquirenti, come di cat. 3, con notevole rischio per la salute e l’ambiente derivante dall’alta presenza e contaminazione di rifiuti di cat. 1.
Per attuare il tutto, gli artefici contavano sull’ampio parco mezzi della I.DA.PRO. e sulla F.lli Cavaliere s.r.l., oltre che su un articolato e capillare connubio creato sul tutto il territorio regionale ed extra regionale e su ben 5 macelli che fornivano gli scarti originatisi dal ciclo di mattanza, tutti
giornalmente direttamente prelevati dai mezzi IDAPRO e F.lli Cavaliere.
Sono quindi indagati per partecipazione all’associazione per delinquere, diretta al falso e all’attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, configurato nella pratica di miscelare gli scarti al fine di produrre materie prime da commercializzare illegalmente, gli amministratori delle seguenti quattro società che nel periodo di indagine hanno gestito gli impianti di transito ubicati: Ecospano snc di Bovino (FG), TSA SUD srl di Francavilla Fontana (BR),  F.lli DE Carlo snc di San Pietro in Lama (LE), ADRIAGRASS srl di Silvi Marina (TE); nonché, dei seguenti macelli: Comunale di Foggia, della ditta MESCIA Rocco & F.lli srl di Foggia, di Noicattaro (BA) Conversano (BA) e di Fasano (BR) che approntavano carichi di SOA  promiscui scortati fino a destinazione da documenti falsi abilitando, in tal modo, l’intera massa contaminata alla trasformazione nell’ impianto di cat..
Di particolare
gravità è la situazione dei macelli, ove i veterinari ufficiali preposti per legge al controllo della separazione degli scarti e del corretto loro smaltimento con riferimento particolare al MSR, si presume abbiano permesso, omissivamente e reiteratamente, l’innesco di queste condotte sin dalla fonte e quindi la contaminazione da rifiuti di tutte le materie prime con conseguente rischio sanitario. Il tutto attraverso un sistema impeccabile di tracciabilità dipinto nei documenti ufficiali e attraverso la consulenza di un biologo esterno, anche esso indagato, venivano certificati e immessi nel mercato come di alta qualità e soprattutto di cat. 3.
Per ben 13 di detti sanitari l’ipotesi di reato contestata è l’omissione in atti d’ufficio.
E’ importante evidenziare che presso la I.DA.PRO. venivano trattate tutte le carcasse di animali morti provenienti da tutto il territorio regionale e del Molise in forza di apposite convenzioni stipulate con le Associazione degli allevatori di
entrambe le regioni che annualmente vengono rinnovate e che comportavano un introito di oltre 1.000.000 di Euro. Venivano trattati anche capi di bestiame sottoposti ad abbattimenti per problemi veterinari (zoonosi, diossina ecc.), tutto ciò in forza del fatto che l’azienda ha in esercizio anche l’impianto di trasformazione di cat. 1. Le indagini hanno dunque accertato il reiterarsi, quasi con frequenza giornaliera, di numerosi spostamenti, a cura di dipendenti I.DA.PRO., anch’essi indagati, di notevoli quantità di materiali di cat. 1 quali MSR e carcasse di piccola e media taglia (polli, pecore e maiali, in particolare), che, momentaneamente stoccati nell’impianto di cat. 1, al momento opportuno, venivano dirottati nell’adiacente impianto di cat. 3, per aumentarne la produzione di grassi e farine, all’insegna del maggior profitto.
Nel periodo di indagine la I.DA.PRO. ha immesso nel mercato 3.200 tonnellate di grasso, diretto all’alimentazione dei polli allevati in rilevanti realtà
economiche del centro e del nord Italia, in Albania e alcune partite dirette ad allevamenti spagnoli, gli unici ad accorgersi della pessima qualità della materia prima fornitagli. Di particolare gravità sono risultate le consegne, le uniche recapitate direttamente dalla IDAPRO, alla F.lli Monadi spa di Petritoli (FM) di grasso prodotto dall’impianto di cat. 1, derivato dal solo trattamento di carcasse di animali morti, spesso in avanzato stato di decomposizione. Parimenti, sono state vendute, come fertilizzante, 5.000 tonnellate di farine animali dirette a diverse aziende del sud Italia e, la stragrande maggioranza, esportate in Vietnam per usi alquanto dubbi. Altrettanto grave le vendite di farina derivante dalla trasformazione di sole carcasse (cat.1) verso la S.A.P.I. spa di Castelnuovo Rangone (MO); tutti ignari acquirenti che hanno commissionato materiali leciti di sola cat. 3. Naturalmente affinché tale sistema fraudolento non venisse svelato venivano attuati oculati espedienti con mirate miscele di prodotti derivanti dalle diverse lavorazioni che conferissero al materiale consegnato un adeguato “aspetto” di cat. 3. In queste “gesta” si inquadrano i reati di truffa aggravata e di frode commerciale, per i quali si contano 29 aziende acquirenti, operanti nel settore della mangimistica e dei fertilizzanti italiane ed estere, in tal modo danneggiati.
Di ulteriore inaudita gravità è un ulteriore traffico intrattenuto con altri “colatori” di analoghe aziende di trasformazione di SOA campane: la Proteg. spa di Caivano (NA) e la Intergras srl di Buonabitacolo (SA): con la loro collaborazione sono stati fatti, letteralmente, sparire circa 3.000 quintali di carcasse, documentalmente risultate trattate presso la IDAPRO, ma in realtà rifiuti che potrebbero essere stati destinati ovunque con la loro insita pericolosità infettiva.
Infine, le indagini hanno acclarato l’emissione di una serie di fatture per operazioni inesistenti pari a circa 480.000 euro e l’uso delle
stesse nelle dichiarazioni di legge per circa 900.000 euro nell’arco di 6 mesi. A tal fine, i soci IDAPRO e F.lli CAVALIERE simulavano transazioni con gli impianti di transito, legati da contratti di fornitura dei SOA, e con aziende campane operanti nel settore dei SOA (TECNOFEED srl di Acerra (NA) e SANT’ERNESTO sas di APRILE Baglio & C. di Sant’Antonio Abate (NA)) e della provincia di Bari (LOCONTE COSTANTINO & C. –I.S.A. srl di Modugno (BA)) nonché con ulteriori piccole imprese, che per conto della F.lli CAVALIERE operavano la minuta giornaliera raccolta dei SOA dai vari produttori sparsi nella rete urbana, tutti indagati come sodali nell’associazione a tale scopo. Naturalmente, era difficile accertare gli illeciti, perché tutto veniva presentato come cat.3.
A questo punto, si configurano i reati di truffa aggravata e di frode commerciale nei confronti di 29 aziende operanti nel settore della mangimistica e dei fertilizzanti italiane ed estere.