I partiti sono morti viventi
 











Simplex sigillum veri, il semplice è il sigillo del vero. Mai come in questo caso il motto sembrerebbe appropriato. Se i nostri partiti intendessero seriamente affrontare il problema del finanziamento pubblico, sul quale stanno realizzando il miracolo di raggiungere il "grado zero" di fiducia e di credibilità, lo risolverebbero in mezz’ora.
Basterebbe una regola semplice semplice: garanzia di assoluta trasparenza nel sostegno da parte dei privati. Ovvero: Tizio finanzia il partito Caio, tutti lo sanno e tutti sanno anche che il partito Caio sarà perciò condizionato dagli interessi di Tizio. Nessuno scandalo: i partiti sono "parte", infatti, e mai l’intero. Attenzione però: se qualcuno "becca", incassa quattrini, senza dichiarare, gli si chiude la baracca. E poi bisogna riconoscere ai partiti la possibilità di partecipare al 5 per mille dell’Irpef, come qualsiasi altra libera associazione. Infine va loro corrisposto un contributo una tantum per le
spese elettorali, considerando il ruolo speciale che la Costituzione comunque riserva loro (art. 49). Limitandolo però a quei partiti che superino una certa soglia (diciamo, benevolmente, un 4 per cento).
E lasciamo stare la vigilanza della Corte dei conti sui bilanci! I partiti non sono e non devono in alcun modo essere considerati organi dello Stato. Essi devono, o meglio dovrebbero, concorrere a determinare la politica nazionale. E con metodo democratico. Che cosa vuol dire? Soltanto il divieto all’eversione? E’ un pericolo ormai fuori moda... Credo che il dettato costituzionale vada piuttosto inteso così: con procedure democratiche al proprio interno, attraverso l’assoluta pubblicità di tutti i loro atti politici e amministrativi.
Complicare questo affare semplicissimo (se non forse per la parte che riguarda una, a mio avviso, necessaria "precisazione" del dettato costituzionale) significa solo voler rimandare ogni decisione, aspettare speranzosi che passi la nottata.
E,
ahimè, lo si comprende bene. Partiti con militanza attiva ridotta ai minimi termini e costretti dalle "leggi" attuali del mercato politico a costi crescenti di organizzazione e promozione, non possono rinunciare alla sicurezza del finanziamento pubblico, se non avviando una vera, interna, più che riforma, conversione. E ammesso anche (e non concesso) che siano in grado di "attrarre" finanziatori privati di pari consistenza, non potrebbero dichiararli pubblicamente, nelle condizioni in cui attualmente versano, senza ulteriori perdite di consenso.
Comunque la si giri, hic Rhodus, hic salta: o si trasforma il sistema dei partiti o è meglio rassegnarci. O emergono partiti credibili in quanto soggetti di governo, capaci di selezionare e formare componenti importanti della classe dirigente del Paese e pronti a rinunciare a ogni ormai patetica illusione di "mettere la Politica al comando" (promuovendo così la partecipazione e la concorrenza, in tutti i sensi, delle nuove generazioni alla
determinazione della politica nazionale). Oppure continueremo a finanziare a pioggia l’attuale, decotta forma-partito, magari secondo modalità ancora più ipocrite. In fondo, di un canone si tratta. Simile a quello che si pretende per le trasmissioni di mamma Rai. E’ un servizio pubblico, no?  Massimo Cacciari