Veleni dalla centrale Enel "Più di cento morti all’anno"
 











Un morto al giorno, 366 morti all’anno, di cui poco meno di un terzo solo a Brindisi, terra che nel 2009 ha pagato un tributo di sangue pari a 119 morti. Tanti i decessi in più rispetto a quelli che si sarebbero verificati in un ambiente sgombro dalle emissioni della centrale termoelettrica Enel, la famigerata Federico II. Sono le conclusioni agghiaccianti di uno studio commissionato da  Greenpeace all’istituto di ricerca indipendente e no profit Somo, un primo stralcio dei quali è stato reso noto ieri mattina. La centrale è la stessa, naturalmente a carbone, che nel novembre dello scorso anno ha meritato il 18esimo posto nella classifica degli impianti industriali più inquinanti del Vecchio continente, stilata dalla Agenzia europea per l’ambiente (Eea). Numeri che fanno paura.
Scopo della ricerca calcolare i danni che le emissioni atmosferiche prodotte dalla combustione del carbone nelle centrali termoelettriche determinano a livello
ambientale, economico (con particolare riferimento alle colture) e sanitario. La metodologia utilizzata da Somo-Greenpeace ed Eea è la stessa, applicata su dati di emissione pubblici e di fonte istituzionale. Metodo che tiene conto di un numero relativamente ristretto di inquinanti. Le stime dei danni sulla salute, per esempio, sono riferite alle emissioni di particolato primario, ossidi di zolfo e ossidi di azoto, questi ultimi in particolare contribuiscono alla formazione di ozono, con tutto quel che ne consegue. Gli indici di mortalità sono calcolati, nella metodologia Eea, in base al
metodo Vls (Value of statistical life) che indica il numero di morti in eccesso associate a una data esposizione a inquinanti.
La spaventosa pole position meritata da Brindisi su questo fronte sarebbe direttamente connessa, secondo la ricerca Somo, con i numeri degli inquinanti di cui sopra, a partire dai 13.000.000 di CO2 emessi dalla Federico II. La cifra a sei zeri surclassa di gran lunga
quella degli impianti di tutta la penisola, se è vero come è vero che al secondo posto si trova Fusina con 4.300.000. Primato che fa il paio con quello delle emissioni di PM10 (473), NOx (7.300) e SOx (6.540). Cifre direttamente proporzionali ai danni cagionati all’agricoltura, stimati nell’ordine 1.372.000 euro solo nel 2009, per un totale di 707 milioni di euro di costi interni ed esterni sempre nello stesso anno, una cifra che supera i profitti che Enel ottiene dalla centrale brindisina. A chi conviene, dunque, l’uso del carbone? Secondo Greenpeace, numeri alla mano, a nessuno. Nemmeno al colosso energetico, a quanto pare.
Un momentaccio, per l’Enel in generale e per la centrale brindisina in particolare, anche prima che arrivassero i numeri dell’associazione che ha dichiarato guerra, giurata e nonviolenta alla multinazionale, ribattezzata "Enel, l’energia che ti avvelena". La centrale dedicata all’imperatore svevo è finita nel mirino della procura messapica per ipotesi di reato
direttamente collegate con inquinamento ambientale, danni all’agricoltura e morti per le quali più di un esposto indirizzato alla magistratura inquirente ha chiesto di indagare il nesso con l’esposizione alle polveri di carbone. Quesiti dai quali sono scaturite due grandi inchieste. La prima per getto pericoloso di cose, danneggiamento delle colture e insudiciamento delle abitazioni, a carico di dodici indagati fra cui dieci dirigenti Enel. Nell’ambito dell’indagine in questione, giunta a conclusione a inizio marzo scorso, è emerso che le polveri nere di carbone che hanno ucciso l’agricoltura a Cerano provengono dalla centrale. Conclusioni del consulente tecnico incaricato dal pm Giuseppe De Nozza in perfetta antitesi con quelle di uno studio commissionato da Enel all’istituto di ricerca Erm. La seconda indagine affidata allo stesso pm, in dirittura d’arrivo, parla di omicidio colposo, dovrà verificare se a uccidere i contadini siano state le emissioni della centrale stessa.
Se il
dossier griffato Greenpeace farà la differenza nelle valutazioni della procura brindisina, non è dato sapere. Quel che è certo è che quei numeri che fanno paura, non sorprendono. Se è vero come è vero che fra i tanti slogan possibili gli ambientalisti di Brindisi non hanno esitato a scegliere uno, bianco su nero: "No al carbone".Sonia Gioia-repubblica