Silvio for president?
 











Alla fine la bomba è scoppiata: il presidenzialismo. E il modello prescelto dalla dirigenza del Pdl è quello francese con il doppio turno. Si tratta di uno scoppio ritardato di circa 50 anni. La via presidenziale di stampo gollista è stata il cavallo di battaglia di Pacciardi negli anni ’60, attraverso il suo movimento Nuova Repubblica. Ora dopo mezzo secolo Berlusconi si sveglia e propone uno Stato presidenziale. Certo meglio il presidenzialismo che questo sistema bloccato, dove non si fa più nulla da anni per il bene comune ma si fanno solo gli affari propri. La riforma sarebbe anche giusta, perché consentirebbe al Paese di uscire da questo impasse. Ma per fare cosa? Se il modello da seguire è quello di Sarkozy: al servizio della Nato e delle banche, allora è tutto inutile passare ad una Repubblica presidenziale. Se invece il programma fosse diverso ovvero una politica nazionale a difesa delle nostre aziende e dei lavoratori e magari con la nazionalizzazione delle banche sul modello dell’Argentina della presidente Cristina Kirchner, allora sì che il cambiamento sarebbe auspicabile. In quanto a modelli, poi, c’è solo l’imbarazzo della scelta: quello tedesco, americano, francese e quello argentino. Il presidenzialismo sicuramente consente una migliore governabilità ma non deve deragliare dai binari giusti. E i binari giusti sono quelli che portano alla soluzione dei problemi in casa propria: in primis la questione del lavoro. Non è possibile che i nostri laureati siano costretti ad emigrare per guadagnarsi una borsa di studio che altrimenti qui in Italia non vedrebbero mai; e non è possibile genuflettersi ai mercati e ai poteri finanziari per poi lasciare tanti lavoratori e tanti imprenditori preda del suicidio come estremo gesto di difesa. E le colpe ricadono su tutti questi attori di centrodestra e di centrosinistra che in questi ultimi 20 anni hanno portato il nostro Paese alla deriva e alla perdita di speranza. Sanno solo spedirci le diffide di Equitalia. Ma veniamo alla proposta retard del Cavaliere. Nella conferenza stampa del Senato, la coppia Silvio-Angelino ha finalmente svelato il mistero della bomba.    
“Vogliamo continuare a essere nella situazione di Atene, un Paese ingovernabile, o di Parigi in cui in pochi giorni i cittadini hanno visto formarsi un governo, andare il Presidente a rappresentare con Francia e Germania, e poi al G8 con Obama?”, questo l’interrogativo del Berlusca. Purtroppo sono passati quasi 20 anni dalla sua discesa in campo e nulla si è visto. L’unica cosa buona è rappresentata dall’aggancio al gasdotto russo di Putin. Per il resto si è messo al servizio dei guerrafondai americani, francesi e inglesi, seguendo lo stesso binario di Prodi e D’Alema. Secondo Berlusconi i tempi per il cambiamento sono maturi. L’anno prossimo infatti scadrà il mandato settennale dell’attuale inquilino del Colle. E poi al Senato già dalla prossima settimana si
discuterà della riforma costituzionale. A proposito di obiettivi futuri, Berlusconi non ha escluso la possibilità di candidarsi al Colle. Non si sa se ridere o piangere! Poi la parola è passata al segretario Alfano. “Abbiamo già presentato alla Camera, con la firma di oltre120 deputati, una proposta con modello francese, un presidente della Repubblica, un primo ministro e un presidente che nomina un primo ministro”. Si tratta, a suo dire, di una proposta non vincolante e quindi oggetto del confronto con tutte le forze politiche. Naturalmente la selezione dei candidati al Colle passerà attraverso le primarie e questo - dice Alfano - permetterà ai cittadini di tornare protagonisti della vita politica. E soprattutto toglierà l’Italia dalle secche. Purché il modello da seguire non sia quello di Sarkozy. Ora la palla passa all’opposizione ovvero alla dirigenza del Pd. Naturalmente nel pacchetto del Cavaliere non c’è solo il presidenzialismo ma anche la riforma della legge elettorale.  
Si troverà un modo per uscire dal vicolo cieco in cui il nostro Paese si è cacciato? Sì, se la via prescelta è quella di un presidenzialismo alla Kirchner.michele mendolicchio
REPUBBLICA PRESIDENZIALE ...Tanto tuonò che non piovve.
Dal cilindro portato al Senato, ieri, dal Cavaliere e dal suo fido scudiero Alfano è uscito il solito topolino: presidenzialismo alla francese (se possibile con lui stesso assiso al Quirinale).
Cinquant’anni fa Randolfo Pacciardi, repubblicano, ex ministro della Difesa, fondando la sua Udnr (una sorta di frazione italiana del partito gollista francese), almeno, aveva condito tale novità con un programma contro la “partitocrazia” e di attenta economia sociale (partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese, case, scuole, ospedali). E con una politica estera, quantomeno sganciata - alla francese, appunto - dalla Nato e dal padrone americano.
Per Silvio Berlusconi, evidentemente ormai ottenebrato
dalla sua corte dei miracoli vecchia e nuova, invece, sarebbe sufficiente questo mero “strumento” di governo a far mutare le sorti avverse della Repubblica.
Ormai diventato partitocratico egli stesso, il Cavaliere non si rende più conto che agli italiani non interessano più i giochi del potere, le leggi elettorali, ma il vivere quotidiano, il futuro di popolo e di nazione sovrana.
Se il flop “programmatico” (sic) di Berlusconi si è reso così evidente, è un flop che si è allargato subito a macchia d’olio anche tra i partiti avversari. Che, da Bersani a Maroni, passando per il “tedesco” Casini, hanno criticato la “forma” e non certo la sostanza della proposta dell’ex presidente del Consiglio, spacciata alla vigilia come “grande novità politica”.
Altro che nani e ballerine. Qui siamo ormai ai giullari. Sostenitori del governo e all’opposizione.