Rai, nell'Annozero della santa inquisizione
 







di Arianna Di Genova




Un risultato vero Annozero l'ha ottenuto con la trasmissione del documentario della Bbc Sex Crimes and the Vatican. Non tanto quello, ovvio, di far indignare la destra, quanto di far stravincere la Rai: Santoro e Carlo Conti incassano, nel prime time, oltre la metà della platea televisiva. L'accoppiata è bizzarra, 50 canzonissime da un lato e i preti pedofili dall'altro: strane alchimie del video mentre Annozero finisce sul podio dei record con il 21% di share.
Ancora più rilevante, è stato il «macro» risultato: quello di rompere il silenzio, durato in realtà 12 ore, delle gerarchie ecclestiastiche. È stato padre Lombardi, capo ufficio stampa del Vaticano, a irrompere sulla scena e ad attaccare: «Il filmato tratta fatti drammatici in una prospettiva parziale, e diventa gravemente ingiusto quando appunta le sue critiche sulle motivazioni di documenti ecclesiali di cui viene svisata la natura, e quando prende di mira la figura del cardinale
Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI». Eppure, l'ospite «d'onore» della trasmissione di Santoro, l'arcivescovo Rino Fisichella, non sembra essere d'accordo con lui, il giorno dopo la messa in onda del video che scotta. Anzi, ringrazia per la «possibilità offerta di esprimere la propria opinione in piena libertà», anche se ha notato «un certo prurito nel voler andare a rivangare situazioni che non hanno senso, a voler mistificare le notizie e soprattutto dare una lettura distorta dei nostri documenti». In ogni caso, ritiene di aver potuto «fare chiarezza sulle calunnie presenti nel video» in un'atmosfera pacata e civile. Lo riconosce pure Santoro, soddisfatto del programma e di come sono andate le cose in studio: «Monsignor Fisichella batte la nostra politica 3 a 0. Ha detto la sua ma ha dimostrato una capacità di ascolto anche rispetto a situazioni sconvolgenti».
La bufera del giorno dopo, come da copione, si abbatte comunque su Annozero (nonostante i toni soft della serata), sul
conduttore Michele Santoro e soprattutto sulla Rai in quanto azienda pubblica che spende male, malissimo, i soldi dei contribuenti. Pluralismo disatteso, incalza Angelo Maria Petroni, il consigliere Rai sfiduciato dal ministro del Tesoro Padoa-Schioppa e autore del ricorso al Tar contro la decisione dell'azionista, e fallimento totale della finalità dell'azienda radiotelevisiva di stato. Lo affianca, nella battaglia, anche il teodem della Margherita Luigi Bobba che da ieri si interroga «se ci sia una coerenza da parte del servizio pubblico nel mandare in onda un video che suona di anticlericalismo e di attacco alla Chiesa». Perché allora non prendersela con il turismo sessuale e i pedofili su internet? si chiede inquieto. Il tutto mentre Marano, direttore di Raidue, declina ogni responsabilità sulla trasmissione del documentario, lasciando cuocere nel brodo delle polemiche il dg Cappon, in un fuoco incrociato di attacchi (in molti lo «aspettano al varco», dopo il documento approvato dalla destra del cda che addebitava a lui ogni responsabilità). Il presidente della commissione vigilanza Rai, Mario Landolfi (An), da parte sua, fa sapere che non ha cambiato idea: il documentario della Bbc non andava acquistato. E teme che «la trasmissione abbia inoculato il sospetto che le parrocchie, gli oratori, invece di essere considerati centri di formazione spirituale, religiosa e umana, siano luoghi dove è possibile abusare impunemente di bambini e bambine».
Da destra, fioccano reazioni colorite. «Santoro si sciacqui la bocca prima di parlare del santo padre», inveisce Calderoli. Ma vince su tutti, per reiterati accenti di poesia crepuscolare, Sandro Bondi (Fi): «Ho provato infinito dolore guardando la trasmissione di Santoro. Ciò che per il popolo italiano e per tutti i fedeli del mondo, da millenni, è una istituzione che ogni giorno testimonia l'amore per l'uomo e per i più deboli, è stata sottoposta ad un processo unilaterale e presentata come una minaccia per i
bambini». Alla fine di una giornata convulsa, il conduttore di Annozero non sta più a guardare e sbotta. «Capita sempre più spesso che i giornalisti vengano insultati, messi in liste dei buoni e dei cattivi. Questa situazione è indegna di un paese civile e non ci sono sufficienti reazioni da parte della categoria. Non si è ancora aperto un dibattito in parlamento su quello che deve essere un galateo di comportamenti che, ovviamente, comprenda sia i giornalisti che i politici».da Il Manifesto