Intercettazioni, no dal tribunale
 







di Sara Menafra




Il tribunale di Milano fa un passo indietro. La riservatezza delle intercettazioni di politici che parlano delle scalate Bpi-Antonveneta e Unipol-Bnl sarà tutelata anche se «non esiste più il segreto di indagine». Per D'Alema, Fassino e Latorre, dunque, ci sarà più attenzione di quanta non ce ne fu all'epoca della pubblicazione delle conversazioni dell'azzurro Luigi Grillo. Ieri pomeriggio la presidente del tribunale Livia Pomodoro ha scritto a Fausto Bertinotti e Franco Marini per annunciare che la gip Clementina Forleo almeno in parte fa marcia indietro. Se fino a ieri era decisa a fare in modo che con l'udienza preliminare di lunedì le trascrizioni di 73 intercettazioni, che coinvolgono diversi esponenti politici in particolare dei Ds, fossero state consegnate a tutti gli avvocati presenti, dopo le proteste di camera e senato ha scelto una mediazione: da lunedì e per tre giorni gli avvocati potranno visionare le trascrizioni delle telefonate, senza avere il diritto di farne copia o riprodurre i testi. Passati i tre giorni sarà fissata una nuova udienza durante la quale si deciderà quali intercettazioni inviare a Roma per chiedere di poter utilizzare quei dialoghi (tra i politici coinvolti non ci sono indagati) e quali distruggere perché non rilevanti. Il segreto sulle conversazioni che toccano i diessini Massimo D'Alema, Piero Fassino e Nicola Latorre, ma anche i forzisti Romano Comincioli e Salvatore Cicu durerà comunque poche ore. Arrivate a Roma le intercettazioni saranno consegnate a tutti i membri delle giunte per le autorizzazioni a procedere nei due rami del parlamento.
Senza mai esprimere pubblicamente il proprio dissenso, nei giorni scorsi i pm che hanno lavorato all'inchiesta Antonveneta-Unipol (Francesco Greco, Giulia Perrotti ed Eugenio Fusco) avevano fatto intendere che la scelta di rendere pubbliche le intercettazioni non li convinceva. Non per motivi di diritto, quelli espressi dalla Forleo sulla legge del
2003 sono condivisi da molti giuristi. Il timore, però, era che una inchiesta fino ad oggi toccata solo marginalmente dalle fughe di notizie fosse travolta dalla tempesta politico-mediatica proprio alla vigilia del dibattimento. Le conversazioni usciranno, è chiaro, ma meglio lasciare che a divulgarle siano i parlamentari.
Nelle ore passate si era mosso anche il Consiglio superiore della magistratura facendo sapere che l'apertura di un fascicolo dedicato alla giudice milanese sarebbe stato valutato alla prima riunione utile della prossima settimana. Il vicepresidente Nicola Mancino aveva chiesto ai presidenti di camera e senato di inviare a palazzo dei Marescialli la lettera in cui si invitava la presidentessa Livia Pomodoro ad inviare alle camere «ogni utile elemento di informazione che possa fugare le preoccupazioni emerse in parlamento».
Ieri mattina, poi, il tema è stato a lungo discusso durante la riunione tra Claudio Castelli, ex gip meneghino oggi dirigente del ministero,
la presidente del tribunale Livia Pomodoro ed il presidente della corte di appello Giuseppe Grechi. Quest'ultimo era stato allertato due giorni fa dalla lettera del ministro della giustizia Clemente Mastella che «come cittadino» aveva detto parole molto dure sulle opinioni espresse dalla gip Forleo. Nel pomeriggio a Roma è arrivata la lettera firmata da Grechi e Pomodoro «circa le procedure che saranno adottate al fine di garantire le prerogative dei parlamentari e le esigenze del diritto di difesa». Bertinotti per un po' ha detto che preferiva non commentare ed attendere Marini per una dichiarazione congiunta. Poi si è lasciato tentare da una intervista in esclusiva con il direttore del Tg2: «Un parlamentare deve avere una tutela per potersi esprimere senza ricatto in un Paese in cui ci sono servizi segreti infedeli, intercettazioni e violazioni di ogni tipo». Soddisfatto anche Mastella che con un comunicato del dicastero dice che la lettera di Grechi e Pomodoro è «sintomo della leale collaborazione fra poteri dello Stato».da Il Manifesto