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Iran. Gli Stati del Golfo cercano di bypassare Hormuz |
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Gli Emirati Arabi Uniti (Eau) hanno ufficialmente inaugurato un nuovo oleodotto che dovrebbe consentire ai Paesi esportatori del Golfo di bypassare il vitale stretto di Hormuz, dal quale attualmente passa almeno un quinto delle esportazioni petrolifere mondiali, e che negli ultimi mesi l’Iran ha più volte minacciato di chiudere come rappresaglia per le sanzioni di Usa e Ue. Lungo circa 380 chilometri, l’oleodotto collega i giacimenti di Habshan nell’emirato di Abu Dhabi (affacciati sul Golfo Persico) con il porto di Fujairah, nel golfo di Oman, situato giusto all’esterno dell’imbocco dello stretto di Hormuz. La struttura ha una capacità dichiarata di 1,5 milioni di barili al giorno, che possono diventare 1,8 per periodi limitati. Inaugurato domenica, la struttura ha già trasportato una partita di 500mila barili destinati a una raffineria pachistana. La notizia dell’entrata in funzione dell’oleodotto, che dovrebbe essere pienamente operativo a partire dal prossimo mese, è stata accolta con fastidio e scetticismo in Iran, dove il progetto viene considerato una mera “propaganda politica guidata dai Paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, che mirano a ridurre l’importanza strategica dello stretto di Hormuz”. Il deputato iraniano Mohammad Hassan Asferi, membro della commissione Esteri del Parlamento, ha sottolineato che l’oleodotto ha una capacità troppo limitata e che lo stretto di Hormuz rimarrà comunque di importanza centrale nell’esportazione del greggio. “Attualmente circa il 20 per cento delle produzione mondiale di petrolio attraversa lo stretto, ed è inimmaginabile trovare una maniera alternativa per gestire questa quantità di petrolio e gas. Tuttavia le nazioni arabe del Golfo Persico continuano a ripetere ciclicamente questa ipotesi”, ha dichiarato Asferi. Da un lato il deputato iraniano non ha tutti i torti. Con una capacità di 1,5 milioni di barili al giorno, l’oleodotto non copre neanche la totalità della produzione degli Eau (quinto Paese produttore dell’Opec), che viaggia intorno ai 2,5 milioni b/g. Ed è comunque ancora poco in confronto ai circa 17 milioni di barili che, secondo le stime, vengono trasportati quotidianamente dalle petroliere attraverso lo stretto di Hormuz. Tuttavia è anche vero che il progetto Habshan-Fujairah, iniziato nel 2008 e costato circa 4,2 miliardi di dollari, rappresenta la forte volontà politica di ridurre la dipendenza dei Paesi arabi del Golfo Persico dallo stretto di Hormuz. Il ministro del petrolio degli Eau, Bin Dhaen al-Hamli, ha sottolineato che l’oleodotto consentirà alle compagnie di utilizzare navi petroliere di grandi dimensioni, come i Vlcc (Very Large Crude Carger) in grado di trasportare fino a 2 milioni di barili. Ciò ridurrà il traffico nello stretto di Hormuz, dove navi tanto grandi hanno difficoltà a transitare. Un messaggio chiaro per ammonire l’Iran – che spera di poter gestire il “rubinetto” delle esportazioni petrolifere dei vicini – e per rassicurare i mercati, che ad ogni minaccia iraniana di chiudere lo stretto hanno fatto impennare il prezzo del barile. Nel frattempo anche l’Arabia Saudita, primo produttore dell’Opec, sta cercando di “liberarsi” dallo stretto di Hormuz, sviluppando progetti per trasportare il greggio dai giacimenti sul Golfo Persico fino alle sponde del Mar Rosso. In particolare si tratta di ri-convertire l’Iraqi Pipeline in Saudi Arabia (Ipsa), un vecchio oleodotto costruito e utilizzato dall’Iraq di Saddam negli anni ’80, durante la guerra con l’Iran, per portare il proprio petrolio fino al porto di Yanbu, a ovest di Medina, sul Mar Rosso. L’Ipsa, che può trasportare fino a due milioni di barili al giorno, venne confiscato nel 2001 da Riad e negli ultimi anni è stato utilizzato per portare il gas alle centrali elettriche nell’ovest del Paese. Dopo le crescenti tensioni con l’Iran, i sauditi stanno pensando di riconvertire nuovamente il gasdotto al trasporto di petrolio. Allo stesso tempo, stanno pensando di potenziare le due condotto parallele, note come Petroline, che attraversano il Paese da est a ovest. Costruite nel 1985 e con una capacità di 5 milioni di b/g, le Petroline finora sono state sottoutilizzate a causa di motivi logistici, uniti al crescere della domanda in Asia e al calo dei consumi in Europa, che hanno fatto preferire i terminal del Golfo Persico.Ferdinando Calda |
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