L’impossibile democratizzazione della Libia
 











C’è un silenzio assordante dei mass media sulla Libia. Forse perché le bombe scagliate più di un anno fa su Tripoli hanno provocato solo sangue, miseria e distruzione. Nient’altro. Lo scorso 7 luglio ci sono state le elezioni politiche relative alla costituzione di una nuova Assemblea Nazionale (Cgn). Un’Assemblea che a sua volta dovrà affrontare le grandi sfide che il Consiglio Nazionale di Transizione ha lasciato in sospeso, prima fra tutte la creazione della Costituente chiamata a redigere la nuova Carta fondamentale.
In realtà, a vincere le elezioni un mese fa è stato l’astensionismo, senza considerare che la legge elettorale in Libia è tutt’altro che democratica: 80 seggi sono stati assegnati ai candidati dei partiti attraverso un sistema proporzionale, mentre gli altri 120 sono stati destinati agli “indipendenti” tramite un sistema maggioritario individuale (ergo, scelti per legami di sangue o prestigio locale più che su base ideologica). E
di quegli 80 seggi riservati ai partiti dell’Assemblea Nazionale, l’Alleanza delle Forze nazionali (Afn), la coalizione moderata dell’ex premier del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) Mahmoud Jibril, se ne è aggiudicati 39, mentre il partito dei Fratelli Musulmani, Giustizia e Costruzione, si è fermato a 17. Disfatta totale invece per gli islamisti radicali del Partito della Nazione (Al Watan), guidati dall’ex jihadista e reduce di Guantanamo Abdul Hakin Belhadji, che il 7 luglio non avevano ottenuto neanche un seggio nonostante l’importante finanziamento proveniente - si dice - dal Qatar. Ad un mese dalle elezioni le redini del Paese libico sono comunque ancora in mano al Cnt nonostante le recenti dichiarazioni di Othmane Ben Sassi (membro del Cnt), che ieri all’Afp ha affermato che l’8 agosto dovrebbe svolgersi il trasferimento dei poteri. Se ciò avverrà il Congresso Generale Nazionale, presidiato da Mustapha Abdeljalil (nella foto), assumerebbe la sua funzione legale sulla base dei risultati elettorali del 7 luglio.
Ma in un Paese come la Libia, contesa e frammentata da una miriade di fazioni regionaliste, claniche, etnico-tribali e religiose, la democrazia “prêt à porter” occidentale dimostra essere il peggiore dei sistemi politici per salvaguardare l’unità nazionale e territoriale della vecchia Jamahiryia. Unità che, bene o male, Muammar Gheddafi era riuscito a raggiungere e tutelare. Nel Libro Verde si poteva leggere che la nazione doveva porsi al di sopra di qualsiasi fazione, la collettività al di sopra dell’individualismo. Oggi accade esattamente l’opposto.
Brevi dal Maghreb
Marocco
Come ogni anno si è celebrata ieri a Rabat “la festa del Trono”, anniversario che ricorda l’incoronamento dell’attuale monarca Mohammed VI. Nel discorso serale, il re, ha fatto un bilancio di quanto fatto negli ultimi 13 anni. Tante sono state le opere citate. Tra queste c’è in primis lo sviluppo delle infrastrutture di base come le grandi dighe per la
generazione di energia, le nuove autostrade, il nuovo porto di Tanger, gli aeroporti e le linee ferroviarie con il progetto di Alta Velocità (Tgv). Il giornale francofono marocchino Le Matin ha scritto: “il consenso ottenuto dalla monarchia ha garantito la stabilità politica del Paese. Oltre che il ripristino dell’equilibrio macroeconomico”.
Algeria
La guerra civile in corso in Siria tra i ribelli sostenuti dall’Occidente e dai Paesi del Golfo e le forze armate governative sta toccando indirettamente l’Algeria. Soltanto nel giro di un mese, 12.000 siriani si sarebbero rifugiati ad Algeri a causa della difficile e pericolosa situazione in alcuni quartieri passati nelle mani dei cosiddetti ribelli. Un accordo bilaterale siro-algerino ha garantito a tutte queste persone di entrare nel territorio anche senza il visto in modo tale da facilitare il trasferimento dei rifugiati, che per il momento alloggeranno nei centri statali di accoglienza.
Tunisia
Nonostante le votazioni di
ottobre abbiano permesso di formare l’Assemblea Costituente - che avrà il compito nei prossimi mesi di redigere una nuova Carta fondamentale, di eleggere il presidente del Paese e di preparare le legislative – il Paese nordafricano ha molte difficoltà a trovare un equilibrio tra le parti sociali e i gruppi politico-religiosi. Questa settimana risulta decisiva, in quanto l’Assemblea Costituente voterà provvisoriamente l’istanza della magistratura, la costituzione di un organo indipendente per monitorare le future elezioni e infine una legge sulla libertà di stampa.Sebastiano Caputo