DOSSIER
ILVA,Oltre la questione giudiziaria...
Processo Ilva: Le motivazioni del Riesame dell’ordinanza
 











Il "disastro" prodotto dall’Ilva a Taranto è stato "determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti". E’ quanto si legge nelle motivazioni del Tribunale del Riesame sul provvedimento che il 7 agosto scorso ha confermato il sequestro degli impianti a caldo dell’Ilva, ’senza concedere la facoltà d’uso’. Il disastro ambientale doloso prodotto dall’Ilva è "ancora in atto" e "potrà essere rimosso solo con imponenti e onerose misure d’intervento, la cui adozione, non più procrastinabile, porterà all’eliminazione del danno in atto e delle ulteriori conseguenze dannose del reato in tempi molto lunghi"  sottolineano i giudici affermando che ’la gravissima contaminazione ha creato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone’.  ’No a decisioni irrimediabili come lo spegnimento’ ha ribadito il ministro Passera. Soddisfatto il presidente dell’Ilva: ’Il Riesame ha espresso una posizione di buon senso, che indica una strada che salva l’ambiente, la salute e tanti posti di lavorò.
Proprietà e gruppi dirigenti "che si sono avvicendati alla guida dell’Ilva", secondo i giudici del tribunale del riesame di Taranto, "hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico dai provvedimenti autorizzativi". In un’altra parte del loro provvedimento i giudici del Riesame, sullo stesso tema, annotano: "Dalle varie parti dello stabilimento vengono generate emissioni diffuse e fuggitive non adeguatamente quantificate, in modo sostanzialmente incontrollato e in violazione dei precisi obblighi assunti dall’Ilva, nella stessa Aia e nei predetti atti d’intesa, volti a limitare e ridurre la fuoriuscita di polveri e inquinanti". I giudici ritengono che
"le emissioni nocive che scaturivano dagli impianti, risultate immediatamente evidenti sin dall’insediamento dell’attuale gruppo dirigente dello stabilimento Ilva di Taranto, avvenuto nel 1995, sono proseguite successivamente", nonostante una condanna definitive per reati ambientali. Inoltre, nonostante i "molteplici" impegni assunti dall’Ilva con le pubbliche amministrazioni per migliorare le prestazioni ambientali del siderurgico, i dirigenti dello stabilimento non hanno mai assolto agli obblighi.
Le modalità di gestione dell’Ilva di Taranto sono state tali da produrre un ’disastro doloso’: "azioni ed omissioni aventi una elevata potenzialità distruttiva dell’ambiente (...), tale da provocare un effettivo pericolo per l’incolumità fisica di un numero indeterminato di persone". Lo scrive il Tribunale del RiesameL’attività inquinante dell’Ilva - secondo il tribunale del Riesame di Taranto - ha provocato una "gravissima contaminazione ambientale" che consiste nella "contaminazione di
una vasta area di terreno compresa tra i territori dei Comuni di Statte e Taranto". La contaminazione "ha comportato ingenti danni economici alle locali aziende zootecniche, ma soprattutto ha creato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone". L’attività inquinante - sottolineano i giudici - si è protratta "per anni nonostante le osservazioni e i rilievi mossi al riguardo dalle autorità preposte alla salvaguardia dell’ambiente e della salute". "Ciò - concludono i giudici - emerge inconfutabilmente circa le emissioni inquinanti rivenienti dalla singole aree dello stabilimento". A questo riguardo i giudici rilevano, tra l’altro, che già nel maggio 2007 l’Arpa Puglia aveva reso noto che le emissioni di diossina attribuibili all’Ilva "avessero subito un decisivo incremento, passando il contributo complessivo dello stabilimento di Taranto, al totale nazionale prodotto, dal 32% dell’anno 2002 al 90% del 2005".
"Lo spegnimento degli
impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili". Lo scrive il tribunale del Riesame confermando il sequestro, senza facoltà d’uso, dei reparti a caldo dell’Ilva. Se occorra fermare gli impianti, lo si deciderà "sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori". Scrive il Riesame: "Non è compito del tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo (con i consequenziali costi di investimento) o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliate dall’autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili"
L’Ilva - secondo il tribunale del Riesame - deve, da un lato, eliminare "la fonte delle emissioni inquinanti (con la rimodulazione dei volumi di produzione e della forza occupazionale)", dall’altro "provvedere
al mantenimento dell’attività produttiva dello stabilimento", solo dopo averla resa "compatibile" con ambiente e salute. Scrive il Tribunale del Riesame al riguardo: "La scelta tra importanti e complesse scelte di politica aziendale volte, da un lato, all’eliminazione della fonte delle emissioni inquinanti (con la rimodulazione dei volumi di produzione e della forza occupazionale), dall’altro invece al mantenimento dell’attività produttiva dello stabilimento, soltanto dopo averla resa compatibile con l’ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori, anche al prezzo di onerosissimi esborsi finanziari, si pone oramai in termini di ineludibilità e urgenza per il gestore, in considerazione della peculiare complessità del ciclo produttivo  e degli  impianti,   che  necessitanodi  un  tempestivo   intervento". Taranto oltre la questione giudiziaria la nuova politica industriale - Negli anni 70 Taranto, per tutti noi pugliesi e soprattutto per la sinistra e il movimento sindacale, rappresentava un punto di riferimento. Con la vertenza Taranto e con le lotte che la sostennero si ottennero importanti risultati per il raddoppio del centro siderurgico, per il molo polisettoriale, per l’estensione dei progetti irrigui, per lo sviluppo industriale. L’ambiente, le possibili ricadute di quel tipo di sviluppo sulla salute non erano per niente presenti e prese in considerazioni da nessuno!
Si delegava alla autonomia e alla conoscenza industriale delle aziende la "certezza" ambientale e la salubrità dei processi produttivi. Non esistevano tra l ’ altro alcun limite o indirizzo europeo o nazionale. Quello che contava erano gli occupati in più che si riuscì ad ottenere e la quantità dei finanziamenti strappati. In termini quantitativi fu certamente un successo e si dimostrò che lotte operaie, impegno istituzionale, solidarietà sociale erano capaci di indirizzare politiche
industriali e politiche di sviluppo. Non più solo decisioni dall’alto ma rivendicazioni e contrattazioni dal basso. Le partecipazioni statati, gli interventi per il mezzogiorno furono condizionati e indirizzati anche dalle iniziative sindacali attorno alle quali si sviluppò tanta solidarietà istituzionale, sociale, condivisione e partecipazione civile. Chi non ricorda le tantissime iniziative in tutti i comuni del tarantino e del brindisino a sostegno di quegli obiettivi? Il centro siderurgico della italsider era il fulcro di quella vertenza. Il suo raddoppio fu ottenuto attraverso quella lotta e quella partecipazione che si incontrava con le scelte di politica industriale e siderurgica della allora Finsider. Nessuno immaginava che quelle lotte avrebbero determinato nel corso degli anni il disastro ambientale che è di fronte ai nostri occhi.
Il dramma ambientale, il default industriale e produttivo che Taranto e la puglia sta vivendo in questi giorni  è figlio di quegli anni
così come della cultura della ineluttabilità del prezzo da pagare allo sviluppo e alla industria. Per molto tempo si è stati condizionati da questa cultura e da cui è poi nata la contrapposizione tra ambiente e lavoro, tra salute e processo produttivo, tra cittadini e operai. Quella unità e solidarietà  che negli anni 70 fece diventare un modello la vertenza Taranto si è spezzata di fronte alla evidenza dei fatti e dei dati di un inquinamento prodotto da quel tipo di industrializzazione basata su grandi quantità di produzioni di base, conosciuto ma rimosso, tenuto coperto da rassegnati e irresponsabili comportamenti degenerati anche in connivenze.
Per uno come me che ha partecipato da giovane sindacalista a quelle elaborazioni e a quelle lotte è un dovere contribuire ad una riflessione critica e offrire qualche suggerimento per non ricadere negli errori del passato. L’intervento della regione Puglia di questi ultimi anni ha innovato il rapporto tra istituzioni e centro
siderurgico ha cercato di aiutare Taranto a non rassegnarsi dotandola di strumenti e di norme per abbattere la massa asfissiante di inquinanti prodotti da un ciclo produttivo alquanto datato, troppo rigido per dimensioni e poco controllabile, come si dice, in continuo. Ma non è stato sufficiente ad evitare l’intervento della magistratura. I danni accumulati nel corso dei decenni difficilmente possono essere sanati se non si interviene non solo con opere di bonifica ma anche nella dimensione dell’organizzazione del processo produttivo.
La politica industriale degli anni 60 e ulteriormente sostenuta negli anni 70 va certamente contestualizzata e storicizzata per quelli che erano quegli anni nel mezzogiorno il cui sviluppo e la cui modernizzazione furono realizzati anche grazie a quella politica.  Dimenticare o rimuovere tutto questo sarebbe un errore storico e la negazione della evidenza dei fatti. Ma sarebbe un’ulteriore tragico errore pensare di mantenere quel tipo e quella
dimensione di industria di base quale è la siderurgia tarantina. Aggiustamenti, interventi di parziale modifica aiuteranno certamente a bonificare e a rendere più sopportabile l’attuale processo produttivo ma non risolveranno la questione di fondo: la sostenibilità ambientale di un centro siderurgico di quella dimensione. Allora immediatezza degli interventi necessari e prescritti e gradualità nel superamento della attuale dimensione e del relativo processo produttivo vanno di pari passo pensati e progettati come cardini di una nuova politica industriale. E non importa se a farlo debba essere il privato o il pubblico. Importante è che ci sia da parte di tutti gli attori pubblici, privati, sociali, la consapevolezza che di questo si tratta! La mobilitazione capillare e di massa, che negli anni 70 la vertenza Taranto riuscì a sviluppare, dovrebbe oggi ricostruirsi su queste basi che devono avere al centro una nuova politica industriale compresa quella siderurgica che parte dal territorio, dall’ambiente, dalla salute e non dal profitto o dalla competizione, nel caso della siderurgia, con quella indiana o cinese! Il sostegno dello stato, diretto o indiretto, è fondamentale per questa nuova politica industriale. E non bisogna dimenticare che altre aree siderurgiche in Europa e in America sono state chiuse, ridimensionate o superate con interventi pubblici e privati di riconversione senza rinunciare a quella cultura industriale e professionale accumulatasi negli anni.
Ma chi sta pensando a questo in Italia? Qual è la collocazione del nostro paese nella attuale divisione internazionale del lavoro e delle produzioni? Sono domande a cui la politica deve iniziare a dare risposte dopo anni di liberismo distruttivo di lavoro e di produzioni. La vicenda Taranto è l’occasione non solo per riparare ai danni prodotti dalle vecchie politiche industriali pubbliche ma anche per costruire le basi di nuove politiche industriali competitive e sostenibili. E come negli 70
Taranto diventò riferimento per la sinistra e per il movimento sindacale, può , oggi, diventare la punta avanzata di una mobilitazione, di una tensione positiva per dare senso e sostanza ad una politica industriale che non viene delegata alla magistratura, ma che recuperando il valore della salute e dell’ambiente, diventa, soprattutto per il mezzogiorno, la nuova piattaforma per il lavoro e per lo sviluppo. Se la sinistra non fa questo a che serve chiamarsi di sinistra o progressisti? A che servono le leggi elettorali o le alleanze per vincere le prossime elezioni se non si comincia avere qualche idea in questa direzione? Il futuro non può essere per il sud la vecchia industrializzazione di base ne’ solo il suo controllo o il suo aggiustamento. Ci vogliono anche per questo idee forti e coraggiose se non si vuole soccombere al predominio cinese e indiano anche in questo settore strategico quale e’ la siderurgia.
Carmine Dipietrangelo, figura storica della sinistra pugliese ed ex
vice-presidente del Consiglio regionale
Ilva, lo spettro cassintegrazione ma l’azienda frena: "Per ora no" - Il cerino è nelle mani dell’azienda. Ma non si è spento. Anzi, è acceso quanto e forse più di prima. "Tra giovedì e venerdì avremo un incontro con l’azienda  -  spiegano dalla pancia del sindacato  -  e non ci aspettiamo affatto cose buone". La situazione dell’Ilva di Taranto è ancora assai calda. La magistratura, è vero, ha concesso per il momento di tenere gli impianti accesi. Ma lo ha fatto dando prescrizioni rigidissime all’azienda e soprattutto mettendo il pallino nelle mani dei custodi giudiziali. Per attenersi a quelle prescrizioni sono necessari investimenti importanti ("e i 146 milioni di euro messi sul tavolo dall’azienda non sono sicuramente sufficienti per realizzare tutti gli interventi" ha ammesso ieri il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini). E i tempi potrebbero portare a una rimodulazione, e a una riduzione, dell’attuale
produzione. Per questo i sindacati si aspettano poco di buono dall’incontro programmato in settimana con l’azienda. Ferrante per il momento studia le carte e aspetta, e spera, di concordare con i custodi il cronoprogramma dell’intervento. Ma lo spettro della cassintegrazione aleggia comunque attorno ai dipendenti. "Per il momento però nessuno ha mai parlato di provvedimenti di questo tipo" tengono a fare sapere dall’azienda.
Nelle riunioni di questi giorni, i lavoratori hanno comunque ribadito che pretendono sicurezza per rimanere in fabbrica. A impressionare particolarmente i dati contenuti nelle relazioni epidemiologiche e ribaditi dal riesame: 386 decessi totali, in gran parte per cause cardiache (30 per anno), 237 casi di tumore maligno (18 l’anno), 247 eventi coronarici (19 per anno) e 937 casi di malattie respiratorie (74 per anno), in gran parte della popolazione in età pediatrica (638 casi totali, 49 per anno). A Taranto si muore di più che nel resto della Puglia. E anche i
bambini si ammalano con percentuali "in eccesso, soprattutto con riferimento alle malattie respiratorie acute al di sotto dell’anno di età, oltre che a quelle tumorali".
Pesanti anche le conseguenze per la salute dei lavoratori. Nell’ordinanza sono riportati anche i risultati di un’analisi dell’Unità epidemiologica di medicina interna dell’università di Bari sui livelli di idrossipirene in 325 lavoratori della cokeria. "I lavoratori della batteria A  -  si legge  -  risultano i più esposti, con concentrazione media di Ipa pari a più del doppio rispetto alla media dei lavoratori delle batterie B e C e, come, rispetto al limite biologico di esposizione (il superamento del quale provoca un rischio relativo di tumore polmonare), il 15,7% dei lavoratori della cokeria risultano avere una concentrazione di idrossipirene urinario maggiore e il 2,8% di questi addirittura valori maggiori di dieci volti il limite di esposizione". foschini-repubblica
Nuovo blitz
del Noe all’interno dell’Ilva - Nuovo blitz dei carabinieri all’Ilva. Poco fa gli uomini del Noe sono tornati all’interno dell’impianto siderurgico per verificare l’andamento del ciclo produttivo e i livelli di inquinamento emessi nell’aria. Si tratta del secondo sopralluogo dopo quello compiuto nella notte tra venerdì e sabato scorsi.
Sull’ordinanza del Riesame, intanto era intervenuto in mattinata il ministro dell’ambiente. "Come ha detto il tribunale del Riesame il mantenimento della produzione dev’essere valutato caso per caso, ci vuole una valutazione tecnica. In certi casi può essere che tenere gli impianti aperti significhi dare anche continuità alla produzione senza pregiudicare gli interventi di risanamento. Ma se in altri casi gli impianti dovranno essere messi al minimo tecnico per poter fare tutte le operazioni necessarie al risanamento, qui evidentemente la produzione verrà azzerata o ridotta drasticamente". CosìCorrado Clini risponde a ’Prima di Tutto’ la
trasmissione di ’Radio 1’ alla domanda se il mantenimento degli impianti accesi durante la bonifica dell’Ilva di Taranto che comporterà però uno stop alla produzione.
"Il problema vero però ora è fare in fretta tutte le operazioni di bonifica che richiedono interventi tecnologici e modifiche dei sistemi di gestione- continua Clini-. Questo è il vero lavoro da fare ora, quello che stiamo facendo con la nuova autorizzazione che io dovrei essere in grado di rilasciare al più tardi entro la fine di settembre o la prima settimana di ottobre. Ieri ho insediato il gruppo tecnico per definire gli ultimi dettagli: si tratta di dire cosa bisogna fare, quali sono le tecnologie da usare, in che tempi devono essere messe in funzione e così l’azienda saprà che costi deve sostenere".
"Gli interventi necessari per eliminare il rischio ambientale a Taranto sono interventi sugli impianti che in gran parte coincidono con l’ammodernamento delle tecnologie di produzione. Perciò sono cose che
l’azienda deve fare anche per adeguarsi agli standard europei, non solo perché noi glielo imponiamo", risponde Clini alla domanda se la proprietà dell’Ilva sia pronta a a investire tutto il denaro necessario alla bonifica, anche oltre i 146 milioni di euro che sono stati stanziati. "I 146 milioni di euro già stanziati servono solo per alcuni di questi interventi, sicuramente non coprono tutto il ciclo di investimenti necessari", ha specificato il Ministro. E alla domanda se in merito abbia avuto rassicurazione da Ferrante, il ministro ha risposto: "Ferrante ha detto che l’azienda vuole continuare a produrre a Taranto, e se vuole farlo gli investimenti sono necessari".
"Alcune operazioni richiederanno pochi mesi, altre tempi più lunghi, come la sostituzione di impianti complessi" ha detto Clini sul programma di bonifica necessario all’Ilva di Taranto e ha aggiunto: "In merito al cronoprogramma del Governo, a inizio settembre c’è l’esame parlamentare del decreto, entro il 30 settembre
nuova AIA, già riuscire a chiudere questa procedura in tempo sarà una corsa velocissima, per l’autorizzazione precedente ci sono voluti quattro anni e mezzo".
Ilva, Balduzzi: ’’Entro metà ottobre completati gli studi epidemiologici’’ - "Già a settembre o entro metà ottobre, quando saranno completati questi studi epidemiologici, sarò in grado di rappresentare un quadro più certo su cui governo, istituzioni e opinione pubblica potranno basarsi per una sinergia integrale di risposta al problema per tenere insieme salute, ambiente e occupazione". Ad affermarlo, sulla vicenda Ilva, è il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ai microfoni della trasmissione ’Prima di Tutto’ di Rai Radio 1.
"Taranto - ha aggiunto il ministro - da 12 anni è inserito nei siti di interesse nazionale che sono monitorati, anzi per Taranto c’è stato un aggiornamento della situazione epidemiologica che sarà presentato a metà settembre ed è in corso sempre per Taranto un monitoraggio
biologico per quanto riguarda gli allevatori del territorio circostante".
"Si tratta di un campione molto specifico e interessante - dice Balduzzi - per verificare le conseguenze della situazione dell’inquinamento ambientale in modo tale da non gettare un generico allarme, ma piuttosto capire esattamente qual è la situazione e poter elaborare una strategia di risposta sanitaria. Se in queste settimane di Ilva si è parlato soprattutto per lavoro e ambiente è per l’indagine della magistratura in corso. Ma il ministero della Salute non è stato con le mani in mano e ha continuato e approfondito quel che già stava facendo".
ILVA. NICASTRO: “IL GRUPPO ISTRUTTORE DELL’AIA A TARANTO, MA IN SEDE ISTITUZIONALE” - “Il lavoro della magistratura deve svolgersi nel massimo della serenità e dell’indipendenza. Tutti gli altri soggetti, istituzionali e privati, sono chiamati a lavorare alacremente su altri piani e con atti conseguenti agli impegni. Torno a dire che oggi la
Regione non è più da sola a gestire la questione ambientale del capoluogo ionico come era accaduto fino ad ora. Questo è un fatto estremamente positivo”. Così l’assessore Lorenzo Nicastro, con delega alla Qualità dell’Ambiente, dopo aver appreso dalle agenzie di stampa del deposito delle motivazioni del riesame.
“Dal canto nostro – prosegue Nicastro – come abbiamo sempre fatto continueremo a mettere sul tavolo della discussione gli elementi tecnici che hanno costituito la base dei provvedimenti adottati negli anni. Così come già abbiamo cominciato a fare questa mattina a Roma in occasione della riunione tenutasi al Ministero dell’Ambiente per il riesame dell’Aia dell’Ilva. Abbiamo esplicitamente chiesto che i lavori del gruppo istruttore della commissione IPPC/AIA si svolgano sì a Taranto, ma all’interno di una sede istituzionale e non presso lo stabilimento”.
ILVA: Clini "troppo pochi i 146 milioni per bonifica" - Il Ministro dell’Ambiente Clini ha affermato che
non sarà operazione facile tenere aperti gli impianti e che i soldi stanziati dall’azienda, 146 milioni di euro, non sono sufficienti per la bonifica.
Inquietanti i dati emersi nella perizia del tribunale del riesame per il sequestro di sei reparti dell’ILVA:il numero dei decessi imputabili all’acciaieria negli ultimi 10 anni potrebbe essere di 400.
Dall’analisi dei dati sulla qualità dell’aria, correlati al numero di decessi e di ricoveri attribuibili all’esposizione a concentrazioni di pm10, i periti hanno  scoperto che tra il 2004 e il 2010 nei quartieri Borgo e Tamburi si sono verificati 91 decessi, 160 ricoveri per malattie cardiache e 219 ricoveri per malattie respiratorie, attribuibili alle emissioni derivanti dagli impianti industriali: il 70% in più rispetto alla media della città.
Per ciò che riguarda gli effetti cronici a lungo termine grazie ad uno studio su un periodo di 10-13 anni (dal 1998 al 2010) si sono accertati 386 decessi attribuibili alle emissioni
industriali (di cui 30 all’anno per cause cardiache), 237 casi di tumore maligno con diagnosi da ricovero ospedaliero (18 all’anno), 247 eventi coronarici con ricorso al ricovero ospedaliero (19 all’anno), 937 casi di malattie respiratorie con ricovero ospedaliero (74 all’anno), in gran parte nella popolazione in età pediatrica (638 casi totali, 49 all’anno).
“E’ fondato ritenere esistente un collegamento tra malattie accertate ed attività siderurgica esercitata, anche in epoca recente, dallo stabilimento Ilva” concludono i periti. La mortalità totale a Taranto riferita a patologie tumorali e del sistema cardiocircolatorio, a malattie ischemiche e dell’apparato respiratorio, risulta “più alta del resto della Puglia” e “difficilmente riscontrabile in altre aree del Paese”.
Nel arapporto è ricordata anche la contaminazione da diossina di latte e formaggi che nel 2008 costrinse al divieto assoluto di pascolo tra Taranto e Statte e all’abbattimento di 2.271 capi di bestiame.
Il
Ministro Clini riguardo alla possibilità di mantenere gli impianti aperti rispettando i parametri severissimi prescritti dal riesame ha affermato ieri a "Prima di Tutto’ su ‘Radio 1’: ”Come ha detto il tribunale del Riesame il mantenimento della produzione dev’essere valutato caso per caso, ci vuole una valutazione tecnica. In certi casi può essere che tenere gli impianti aperti significhi dare anche continuità alla produzione senza pregiudicare gli interventi di risanamento. Ma se in altri casi gli impianti dovranno essere messi al minimo tecnico per poter fare tutte le operazioni necessarie al risanamento, qui evidentemente la produzione verrà azzerata o ridotta drasticamente’.
”Il problema vero però – spiega Clini – ora è fare in fretta tutte le operazioni di bonifica che richiedono interventi tecnologici e modifiche dei sistemi di gestione- continua Clini-. Questo è il vero lavoro da fare ora, quello che stiamo facendo con la nuova autorizzazione che io dovrei essere in grado di
rilasciare al più tardi entro la fine di settembre o la prima settimana di ottobre. Ieri ho insediato il gruppo tecnico per definire gli ultimi dettagli: si tratta di dire cosa bisogna fare, quali sono le tecnologie da usare, in che tempi devono essere messe in funzione e così l’azienda saprà che costi deve sostenere”
 ”Gli interventi necessari per eliminare il rischio ambientale a Taranto sono interventi sugli impianti che in gran parte coincidono con l’ammodernamento delle tecnologie di produzione. Perciò sono cose che l’azienda deve fare anche per adeguarsi agli standard europei, non solo perché noi glielo imponiamo”, risponde Clini alla domanda se la proprietà dell’Ilva sia pronta a a investire tutto il denaro necessario alla bonifica, anche oltre i 146 milioni di euro che sono stati stanziati.
”I 146 milioni di euro già stanziati servono solo per alcuni di questi interventi, sicuramente non coprono tutto il ciclo di investimenti necessari”, ha specificato il ministro.
”Ferrante ha detto che l’azienda vuole continuare a produrre a Taranto, e se vuole farlo gli investimenti sono necessari”. ”Alcune operazioni richiederanno pochi mesi, altre tempi più lunghi, come la sostituzione di impianti complessi”. ”In merito al cronoprogramma del governo, a inizio settembre c’è l’esame parlamentare del decreto, entro il 30 settembre nuova AIA, già riuscire a chiudere questa procedura in tempo sarà una corsa velocissima, per l’autorizzazione precedente ci sono voluti quattro anni e mezzo”.
Sull’azione del governo per la bonifica degli altri 44 siti inquinati italiani riportati nel Rapporto di Iss e Oms, clini spiega che ”molti dei 44 siti italiani inquinati indicati nel rapporto ISS-OMS fanno parte di quelli di interesse nazionale, che in tutto sono 57. Per questo sono aperte da troppo tempo le operazioni di bonifica, appena insediati abbiamo semplificato le norme e le procedure che consentono la bonifica e abbiamo iniziato da Porto Marghera, Trieste, la laguna
di Marano e Grado, ora siamo su Napoli e Bagnoli, Priolo e Taranto. Abbiamo molto da fare, purtroppo negli ultimi 15 anni in molti di questi siti e’ stato perso troppo tempo in discussioni e contenziosi, burocrazia barocca in un gioco dell’oca che stiamo cercando di semplificare perche’ alla fine si arrivi a un risultato”.
EU E AMBIENTE: INFORMARE MEGLIO I CITTADINI IN MERITO AI RISCHI - Le nuove disposizioni che entrano in vigore oggi offriranno una migliore informazione ai cittadini dell’UE sulle gravi minacce che incombono a causa dell’immediata vicinanza degli impianti industriali. Le disposizioni rientrano in un aggiornamento tecnico sotto altri aspetti della direttiva Seveso, che è strumento essenziale nella gestione dei rischi industriali, la quale viene adeguata alla luce della recente evoluzione della classificazione delle sostanze chimiche a livello europeo e internazionale. La direttiva obbliga gli Stati membri a preparare piani di emergenza per le zone
intorno agli impianti industriali in cui si trovano ingenti quantitativi di sostanze pericolose.
Oltre agli aggiornamenti tecnici necessari per tener conto delle modifiche nella classificazione UE delle sostanze chimiche, i principali miglioramenti per i cittadini sono:
- un migliore accesso all’informazione sui rischi dovuti alle attività dei vicini impianti industriali e su come comportarsi in caso d’incidente; ciò migliorerà inoltre la fiducia nel funzionamento di tali industrie;
- delle norme più efficaci sulla partecipazione dei cittadini interessati ai progetti di pianificazione del territorio relativi a impianti di tipo Seveso;
- la possibilità di avviare azioni legali per i cittadini ai quali non sono state fornite adeguate informazioni o possibilità di partecipazione;
- delle norme più rigorose per l’ispezione degli stabilimenti onde garantire una maggiore efficacia nell’esecuzione delle norme di sicurezza.
D’ora innanzi, i cittadini devono poter disporre
delle informazioni sui rischi per via informatica. Tutti gli stabilimenti interessati dalla normativa dovranno fornire informazioni sui sistemi d’allarme e sulle norme di comportamento dei cittadini in caso di grave incidente. Quando si verifica un incidente, le autorità competenti dovranno informarne tutti i potenziali interessati comunicando le principali misure del caso. Le modifiche in termini di pianificazione del territorio comporteranno l’introduzione di una distanza "di sicurezza" nei progetti relativi a nuovi stabilimenti e infrastrutture da costruire vicino agli stabilimenti esistenti. Sono stati resi più stringenti i requisiti procedurali concernenti la consultazione pubblica sui progetti, piani e programmi. Quando le autorità e le imprese giudicano che siano presenti rischi di incidenti gravi e adottano le misure per farvi fronte, dovranno tenere in maggior conto il potenziale aumento dei rischi dovuto alla vicinanza di altri siti industriali e le potenziali ripercussioni sugli impianti vicini. Gli Stati membri dovranno applicare le nuove norme a partire dal 1° giugno 2015, data in cui diventa pienamente applicabile la nuova legislazione  sulla ificazionedellesostanzechimicheinEuropa.                               ILVA,il procuratore : "Occorre eliminare le emissioni" - Stiamo procedendo: lo ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio al termine dell’incontro con i custodi amministratori dell’Ilva a Palazzo di Giustizia. "Sono i tecnici che ci dovranno dare le valutazioni, ci sono impianti che per risanare devono essere spenti - ha aggiunto - ci sono impianti che vanno tenuti accesi ma non per finalità produttive,e ci sono, infine, impianti che vanno tenuti accesi con una produzione al minimo.Stiamo procedendo" lo ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Taranto Franco Sebastio al termine dell’incontro con i custodi amministratori dell’Ilva a Palazzo di Giustizia
"I custodi - ha affermato ancora il procuratore -  sono già nelle condizioni di operare e lo faranno al più presto. Quanto durerà questa fase non possiamo stabilirlo, però si tenga presente, come ha anche detto il Tribunale del Riesame, devo cessare le emissioni pericolose all’esterno, e che non c’è facoltà d’uso".
Sebastio ha anche ricordato come il Riesame abbia anche evidenziato che bisogna evitare "nei limiti del possibile" danni e quindi la distruzione di impianti. "Noi ci siamo messi al lavoro subito dopo l’ordinanza di sequestro - ha ricordato ancora il procuratore - nel senso che abbiamo avuto un incontro con i custodi già 48 ore dopo l’ordinanza. In seguito il Riesame ha integrato e in parte modificato, il provvedimento del gip, bisognava quindi leggere le motivazioni perchè erano sorti dubbi interpretativi.
Adesso il quadro ci sembra
chiaro ed i dubbi sono stati risolti". Per il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, la fase esecutiva del sequestro "è già cominciata 24-48 ore dopo il primo provvedimento del gip" e la sua durata "la stabiliranno i tecnici". "Sono operazioni tecniche, parliamo di impianti in relazione ai quali, peraltro, lo stesso tribunale del Riesame ha raccomandato cautela. Ma non c’era bisogno perchè noi lo avevamo già anticipato. Si deve cercare di evitare, nei limiti del possibile, la distruzione degli impianti e i pericoli alle persone". "Quando si mette mano a questi impianti pericolosi - ha concluso - si possono determinare dei disastri: occorre cercare di salvaguardare gli impianti che hanno un valore" "Possiamo ribadire un dato: con quest’azienda non abbiamo mai parlato di ricorso ad ammortizzatori sociali. Mai, compreso oggi" ha poi aggiunto Antonio Talò, segretario provinciale della Uilm di Taranto dopo l’incontro con il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante.
Mentre per quanto
riguarda lo stanziamento degli interventi di risanamento, spiega Mimmo Panarelli, segretario provinciale Fim Cisl, Ilva attende il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale. E Panarelli, alla fine dell’incontro tra i sindacati metalmeccanici e il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante, ha poi aggiunto: "Già domani o sabato è previsto un altro Cda per avere l’avallo sull’impegno di spesa dei 146 milioni di euro, già disponibili e che devono essere impiegati con immediatezza per dare risposte ai problemi".
La produzione attuale dell’Ilva è al 70%, secondo quanto ha comunicato il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, ai rappresentanti delle organizzazioni metalmeccaniche che ha incontrato oggi. "L’azienda - ha detto tra l’altro
Talò - ha certificato anche a noi con dati alla mano che siamo a un 70 per cento della produzione reale. Il 70 per cento è il minimo consentito per altiforni e cokerie, altrimenti si innescherebbero procedimenti tecnici pericolosi per la loro
funzionalità". Secondo Talò, "l’Ilva sta continuando la linea di dialogo con la magistratura e quindi con i custodi giudiziali. Si stanno attenendo alle indicazioni e alle osservazioni dei custodi per cui possiamo ritenere che a tutt’oggi non ci sia un pericolo di fermata impianti. "Noi - ha concluso  Talò -  saremo  soddisfatti quando questa storia  finirà".  Ilva, Vendola : "La Regione ha le carte in regola. I Riva devono sborsare i soldi"
"Il vecchio Emilio Riva deve aprire i cordoni della borsa". Nichi Vendola, governatore della Puglia, parla dell’Ilva: "Nel ciclo produttivo la salute e la vita hanno avuto un peso minore. Per l’azienda valeva di più il profitto. La sfida è incrociare lavoro e ambiente e trovare non un compromesso, ma un giusto equilibrio"
Sul futuro della Puglia: "Non si può abbandonare la produzione industriale, ma dobbiamo lasciare i modelli violenti. Ci sono stati dei reati, bisogna rimuoverne le cause per
salvare Taranto e i suoi bambini". E su Ferrante: "E’ stata la prima scelta razionale e intelligente della famiglia Riva. Si apra la stagione del dialogo, seguita però da fatti concreti".
 Abbiamo due Puglie. Una Puglia colta che fa parlare di sé per eventi culturali come la Notte della Taranta e una Puglia avvelenata, in tutti i sensi, per la vicenda dell’Ilva. Allora che Puglia viene fuori nella testa di Nichi Vendola?
Intanto una Puglia meno fumettistica e meno idealizzata. La Puglia, come tutte le regioni d’Italia, è un groviglio di contraddizioni. Deve fare i conti anche con un lungo passato fatto di modelli violenti di industrializzazione fatto di incultura ambientale e di sistemi di poteri che hanno consentito la lesione del diritto alla vita, del diritto alla salute e del diritto all’ambiente. La vicenda dell’Ilva non è una vicenda pugliese, è una grande vicenda europea e nazionale. L’Ilva è la più grande centrale siderurgica d’Europa: 12400 occupati. La sfida per
noi è quella di poter lavorare per ambientalizzare, ridurre al minimo l’impatto ambientale. Certo, è una gigantesca fabbrica ma la Regione Puglia, anche rispetto al vuoto normativo nazionale e alle contraddizioni delle indicazioni che derivano per esempio dall’Oms e dalla comunità europea. La Puglia ha voluto affrontare di petto il problema dell’inquinamento, prima ancora che la vicenda precipitasse in un incidente probatorio. Lo dico perché la magistratura si occupa di perseguire i reati, noi ci occupiamo di intervenire per modificare tutte quelle realtà che strutturalmente generano violenza nei confronti della vita. Nel 2008 abbiamo fatto una legge di avanguardia che obbligava l’Ilva in due anni ad abbattere l’emissione di diossina. Faccio le cifre che è più semplici: si è passati da 900 grammi ai 3,4 grammi del 2011. Poi abbiamo fatto le normative sul benzoapirene e sulle polveri sottili, una norma d’avanguardia come quella che prevede la valutazione di danno sanitario in capo a ogni attività economica. Parallelamente la magistratura sta facendo un lavoro importante perché sta sanzionando in modo io spero epocale e definitivo per tutte le imprese d’Italia la lesione del diritto alla salute e del diritto alla vita. Perché, diciamolo francamente, la salute e la vita all’interno del ciclo produttivo hanno un peso minore. Valgono molto poco, valgono di più la crescita economica, il profitto, le ragioni di politica industriale. La sfida è non tenere più in contrapposizione il bene della vita con quello del lavoro. Il problema è incrociare e costruire un equilibrio, non un compromesso. Non sono in contrapposizione la realtà dello sviluppo industriale e la realtà dello sviluppo in cultura, bisogna integrarsi. Chi pensa che si debba uscire dall’industria, dalla siderurgia e dalla chimica io lo rispetto, ma non condivido. Penso che un Paese moderno debba avere un forte apparato industriale. Il futuro delle nuove generazioni sta nella capacità di organizzare un’economia in grado di rilanciare il settore primario, un forte e autonomo apparato industriale e fare tutti gli investimenti necessari per i beni immateriali, i beni della conoscenza e dell’innovazione. Naturalmente è un equilibrio difficilissimo. La strada è molto stretta, ma se riusciamo a superare questo varco avremo fatto una conquista epocale: coniugare il diritto al lavoro e il diritto alla vita.
Come se ne viene fuori? Dipietrangelo ha fatto la proposta di ridimensionare l’Ilva. Pare che ormai questo stabilimento non sia compatibile ed è figlio di un industrialismo forse un po’ fuorviante degli anni Settanta quando si raddoppiò questa fabbrica con l’idea che la quantità fosse sviluppo...
Io non sono un tecnico, penso che nelle varie carte della magistratura, nel primo provvedimento della Procura, nelle ordinanze del gip e nel lavoro approfondito del Tribunale del Riesame sia indicata la strada da seguire. Non bisogna costruirsi molti film in testa: ci sono dei reati, c’è la
persistenza di questi reati. Allora la cosa necessaria è rimuovere le cause di questi reati. Qual è il tema vero? Il tema vero è lo spolverio dei parchi minerali, quindi la loro altezza, il loro posizionamento a ridosso del quartiere Tamburi. Il vero problema è il pm10. Allora bisogna intervenire su questi veleni, continuare con il lavoro che abbiamo fatto sul benzoapirene. Penso che la strada intrapresa sia davvero quella che può portare alla salvezza. Salvezza significa salvare una delle città più belle del mondo come Taranto, salvare i polmoni soprattutto dei bambini da quell’incubo e da quell’ipoteca, salvare una fabbrica che è tanta parte dell’economia pugliese e dell’economia nazionale.
C’è il sospetto che i Riva possano abbandonare la fabbrica?
Mah... penso che la scelta dell’ex prefetto Bruno Ferrante sia stata la prima scelta razionale e intelligente fatta dalla famiglia Riva dopo anni e anni di contrapposizione pregiudiziale e di ricerca della lite e del contenzioso. La
scelta di Ferrante è la scelta del dialogo. Il dialogo va bene, ma servono atti molto concreti. Il vecchio Emilio Riva deve aprire le corde del denaro, investire molto di più di quello che ha stanziato finora. Ma credo che la vita e la salute per un’azienda dal profitto straordinario meritino un’attenzione non laterale ma un’attenzione autentica. Oggi quell’attenzione è sottoposta al controllo della magistratura e anche all’intelligenza dei custodi che amministrano quell’azienda e quindi sono ottimista.Angelo Maria Perrino-affaritaliani Ilva : Cosa ha fatto fino ad oggi il Ministero della Salute
Nell’ultimo decennio relativamente alla situazione di Taranto numerosi studi di epidemiologia e monitoraggio ambientale sono stati condotti da parte del Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità.
Il sito di Taranto è stato incluso nel Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e Insediamenti Esposti a
Rischio da Inquinamento), finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito della ricerca finalizzata 2006, e condotto sotto il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità, Dipartimento Ambiente e Prevenzione Primaria. Il Progetto SENTIERI si è concluso ed i risultati sono stati pubblicati in un supplemento della rivista Epidemiologia e Prevenzione nel dicembre 2011.
Un altro studio, al quale ha collaborato l’Iss, pubblicato negli Annali dell’Iss, volume 47, n°2, pagg. 192-199, ha indagato l’associazione tra incidenza dei tumori e residenza in prossimità di siti inquinanti tramite uno studio caso-controllo condotto nell’area industriale di Taranto.
Nell’ambito del programma strategico “Ambiente e Salute” finanziato dal Ministero della Salute, l’’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto, ha condotto uno studio esplorativo di monitoraggio biologico umano che ha riguardato circa 50 persone, che hanno lavorato come
allevatori presso masserie dislocate nella provincia di Taranto. L’obiettivo di questo studio è di valutare il carico nel corpo degli allevatori di inquinanti persistenti quali metalli pesanti e diossine. Durante lo studio sono state raccolte, oltre ai campioni ematici sui quali sono state eseguite le misure di inquinanti, anche informazioni sulle caratteristiche delle aziende zootecniche (compresa la distanza dall’impianto siderurgico) e sulle caratteristiche personali dei lavoratori, comprese la storia residenziale e lavorativa, le abitudini alimentari e il consumo di alcool e fumo di sigaretta. Sono in corso le analisi conclusive dello studio i cui risultati saranno presentati presso la ASL di Taranto il 12 ottobre.
Lo studio è stato ideato e disegnato prendendo spunto da precedenti indagini della ASL di Taranto sulla presenza di diossine e PCB negli animali e negli alimenti prodotti dalle aziende zootecniche. Queste indagini hanno portato in alcuni casi al sequestro e
all’abbattimento di animali che presentavano livelli di contaminanti al di sopra dei livelli consentiti. Tra il 2008 e il 2009 sono stati analizzati diversi campioni alimentari (latte, ricotte, carni, foraggio, uova) e in due fasi sono state monitorate anche 164 aziende zootecniche. In 12 casi si sono avuti risultati non conformi alle norme, cioè con concentrazioni di diossine elevate. Degli animali regolarmente macellati nella zona è stata imposta la distruzione di fegati e reni.
Inoltre il Ministero della Salute tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 ha lanciato un monitoraggio finanziato con fondi per la valutazione della contaminazione di alcuni prodotti di origine animale provenienti da aree interne o prospicienti i Siti di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN). Il programma si articola in più fasi temporali: alla fine del 2011 è stato avviato operativamente su 21 SIN, uno per Regione. Per la Puglia è stato scelto per la prima fase il SIN di Taranto e sono stati scelti i
mitili. Sono disponibili i dati fino alla fine di luglio. Su 42 campioni di molluschi analizzati prelevati dagli allevamenti del Mar Piccolo (II Seno)  e nel Mar   Grande  solo in un  caso sono      stati   trovati       valori oltre la   norma.    Ilva:il 5-9 Clini e Passera al Senato - I ministri dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, e dell’Ambiente, Corrado Clini, riferiranno all’Aula del Senato mercoledi’ 5 settembre alle ore 10.30, sull’Ilva. Intanto oggi nel tribunale di Taranto e’ stato discusso l’incidente di esecuzione con il quale l’Ilva ha chiesto di dichiarare l’incompetenza funzionale del gip Patrizia Todisco in relazione alle due ordinanze emesse dal giudice dopo il sequestro degli impianti a caldo del siderurgico. La decisione nei prossimi giorni.
Ilva: "La nuova Aia un’operazione mediatica. 
"Con
questo governo non avremmo mai fatto nemmeno la terza rivoluzione industriale". Angelo Bonelli, leader dei Verdi, critica duramente governo e sinistra sulla vicenda Ilva in un’intervista ad Affaritaliani.it: "Passera & company sono archeologia industriale. In Germania fanno la riconversione tecnologica, noi pensiamo alla trivellazione. La sinistra? Ha abbandonato le tematiche ambientali. Chi difende l’ambiente viene considerato un problema"
Cominciano i lavori sulla nuova Aia ma le associazioni green restano fuori: "E’ una grave violazione delle normative europee che prevedono la partecipazione diretta dei cittadini". E annuncia: "Faremo ricorso alla Corte di Giustizia dell’Aja e alla Commissione Europea". Sul ministro Clini: "Continua il lavoro della Prestigiacomo. L’Aia del 2011 va annullata, non revisionata. Si sta facendo solo un’operazione mediatica che non dà nessuna garanzia. Vendola? Verba volant". E conferma l’anticipazione di Affari: "Per risanare l’impianto servono
almeno tre miliardi".
 Segretario Bonelli, si sono aperti i lavori per la nuova Aia ma gli ambientalisti di Peacelink non sono stati fatti entrare e hanno minacciato di andare in Procura e presentare un esposto. I Verdi che ne pensano?
Peacelink ha completamente ragione perché il ministro Clini sta facendo un’operazione che non si regge nemmeno su un filo di rasoio. La direttiva europea Aarhus in materia di autorizzazione integrata ambientale prevede la partecipazione pubblica e dei cittadini. Si tratta di una gravissima violanzione di una direttiva europea. Si sono fatti fior fior di incontri con l’azienda e invece quelle associazioni che hanno rappresentato la battaglia per la salute e per la verità sono state tenute scientificamente fuori dal tavolo.
Ma chi è che vuole tenere fuori gli ambientalisti da questa partita?
Fa comodo a tutti. Spiace che questo sia successo con il ministro Clini e con la Regione Puglia guidata da Vendola, che della partecipazione fa un
cavallo di battaglia. Ma insomma, come si dice verba volant. E volant parecchio.
All’inizio dei lavori è stato detto che non si creerà dal nulla una nuova Aia ma verrà revisionata quella del 2011. Che cosa ne pensate di questo approccio al problema?
Questa Aia non va revisionata ma annullata. Prima di tutto per un fatto di trasparenza: chi ha rilasciato quell’Aia sono quelli che sono stati intercettati e che oggi vengono chiamati a revisionarla. Non danno alcuna garanzia di imparzialità. In secondo luogo, la precedente Aia dava delle prescrizioni che non erano assolutamente accettabili come il raddoppio della produzione di acciaio e la mancata messa in sicurezza della falda idrica. Cosa che tra l’altro sarebbe un obbligo di legge.
Insomma, tutto sbagliato?
Così, questa rischia di essere un’operazione mediatica che prende in giro i cittadini. Clini dice che recepiranno le 236 osservazioni della Procura: saremmo curiosi di sapere con che tempistica quesi punti verranno
applicati. Già lui dice che alcuni saranno applicati entro il 2016. E noi intanto che cosa facciamo in questi quattro anni? Continuiamo con l’inquinamento e i morti? Vendola dice che ci sono ambientalisti che usano i morti come clave. Noi non utilizziamo i morti. Purtroppo però i morti esistono. Una spiegazione piuttosto dovrebbe darla chi non ha fatto il registro tumori o un piano sanitario dove l’oncologia pediatrica o la chirurgia oncologica a Taranto non esistono.
Il ministro Clini dice che l’Ilva produrrà cone le migliori tecnologie disponibili.
Quando Clini dice che loro recepiranno le migliori tecnologie disponibili, è bene che gli italiani sappiano che per la legge italiana le migliori tecnologie sono quelle che l’azienda si può permettere. Invece noi chiediamo l’applicazione dell’articolo 8 del decreto legislativo 52 del 2006 secondo il quale vanno applicate le migliori tecnologie disponibili in assoluto a prescindere dalle disponiblità economiche dell’azienda. Si è
giocato molto sulle parole e questa non è una cosa di poco conto. Quindi gli italiani sappiano che quando Clini parla di migliori tecnologie disponibili parla delle tecnologie che l’Ilva si può, o vuole, permettere.
Allora tra Clini e Prestigiacomo è cambiato poco?
Beh, sì. E che cambia, Clini prima era il direttore generale.
Marescotti di Peacelink ha dichiarato ad Affaritaliani.it che secondo una prima stima, se l’Aia fosse rigorosa, l’Ilva dovrebbe spendere tre miliardi di euro per il risanamento. E’ una cifra credibile?
Noi abbiamo calcolato, tra interventi pubblici e interventi privati, una cifra intorno ai 4 miliardi e mezzo di euro. Bonifica, messa in sicurezza della falda, danni patrimoniali, danni ambientali: direi che al netto per l’Ilva la cifra di tre miliardi è quella giusta.
Clini ha posto come limite per la nuova Aia il 30 settembre. Non è che facendo le cose così in fretta c’è il rischio che tra qualche mese la magistratura costringa a fare un’ulteriore
Aia?
Il tentativo di fare così in fretta e furia è finalizzato a consentire ugualmente la produzione. Noi facciamo presente che l’Aia dell’agosto 2011 è sbagliata. Già un anno fa io dissi che si trattava di "uno schiaffo alla città di Taranto", ricevendo in cambio una pioggia di insulti, in particolare dai vertici della Regione. Sono stato tacciato di essere un "cinico avvoltoio". Il rischio è che il 30 settembre si possa dire, con una mossa gattopardesca, che sia tutto a posto.
Alcuni sindacati sostengono che il futuro dell’Ilva è ancora legato alla famiglia Riva. Un errore?
Francamente sono senza parole. I Riva sono stati condannati due volte per inquinamento usurfruendo poi dell’indulto. Ora hanno subìto un provvedimento di custodia cautelare... non so come si possano fare affermazioni di questo genere.
Nel caso gli ambientalisti non vengano accolti al tavolo che lavora sull’Aia i Verdi che cosa faranno?
Innanzitutto, noi ricorriamo alla Corte di Giustizia Europea
dell’Aja e alla Commissione Europea perché questa è una palese violazione del diritto di partecipazione previsto dalle normative europee. In questi giorni sarò a Taranto e giovedì farò una conferenza stampa proprio su questo punto.
Come mai in Italia le istanze ambientaliste non riescono ad avere il giusto peso?
In Italia manca un’etica della responsabilità che coinvolga istituzioni e cittadini. Penso che l’etica della responsabilità sia direttamente proporzionale alla riconversione ecologica della nostra economia e a una modificazione dei nostri stili di vita. Un qualcosa che va dalla vita quotidiana al modo di legiferare. La vicenda Ilva insegna che questi temi evidentemente non toccano abbastanza la classe politica: tutti sapevano del disastro ambientale in atto ma nessuno ha fatto niente. Non è stata fatta un’indagine epidemiologica né il monitoraggio, che avrebbe dovuto fare la Regione Puglia. e poi c’è un atteggiamento culturalmente datato e arcaico che vede i processi di
riconversione ecologica come un qualcosa che non regge mentre in Germania questo è un punto di forza. Invece ora abbiamo questo governo che pensa che il futuro sia riprendere le trivellazioni. E’ un problema di incapacità di sapersi modernizzare. La terza rivoluzione industriale con questo governo non l’avremmo mai fatta. Passera & company in questo senso sono archeologia industriale.
Deluso dalla sinistra?
Sicuramente. La sinistra italiana ha abbandonato i temi dell’ambiente. Ci trattano come se noi ambientalisti fossimo un problema. Per carità, abbiamo avuto delle responsabilità nel corso degli anni ma sulla vicenda di Taranto non si può non riconoscere che sono anni che i Verdi provano a fare qualcosa.di Lorenzo Lamperti
Ambiente e salute: al via i lavori per la definizione della nuova AIA per l’ILVA di Taranto
Sono iniziati ieri (il 27/08/2012), presso la prefettura di Taranto, i lavori della commissione ministeriale per definire gli schemi della
nuova AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) per l’ILVA di Taranto.
All’incontro di ieri, oltre alla commissione presieduta da Carla Sepe, hanno partecipato anche Lorenzo Nicastro (assessore all’Ambiente della Regione Puglia) e Giorgio Assennato (direttore generale dell’ARPA Puglia).
Corrado Clini (ministro dell’Ambiente), nel corso del vertice tenutosi a Taranto (il 17/08/2012), diede direttive secondo le quali lo schema della nuova AIA deve essere stilato sia sulla scorta di tutte le migliori tecnologie a favore dell’ambiente indicate dalla commissione U.E. che sulla scorta di tutte le prescrizioni indicate dal gip Patrizia Todisco.
Clini ha inoltre fissato la scadenza per la presentazione dello schema della nuova AIA per il 30/09/2012.
Il programma che dovrebbe seguire la commissione ministeriale per la realizzazione dello schema della nuova AIA per lo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto:
- 27/08/2012: incontro preliminare presso la prefettura di Taranto con
realizzazione degli schemi e discussione sulla migliori tecnologie (le Best Available Technologies - BAT) finalizzate all’ammodernamento degli impianti ed infine sopralluogo nello stabilimento ILVA;
- il 28/08/2012: analisi delle cokerie;
- il 29/08/2012: analisi dell’agglomerato;
- il 30/08/2012: analisi dell’acciaieria;
- il 03/09/2012: analisi delle migliori tecnologie (le Best Available Technologies - BAT);
- il 04/09/2012: analisi del piano di risanamento;
- il 05/09/2012: analisi del parco minerali;
- il 06/09/2012: analisi del sistema per la gestione della situazione ambientale;
- il 12/09/2012: analisi delle migliori tecnologie (le Best Available Technologies - BAT);
- il 13/09/2012: analisi del sistema di monitoraggio;
- il 14/09/2012: Corrado Clini tornerà a Taranto;
- il 14, 18, 19 e 20/09/2012: tavoli tecnici al fine di produrre la relazione finale;
- il 15/10/2012: conferenza dei servizi.
In breve, la cronaca dei giorni scorsi:
-
il 26/07/2012 un’ordinanza del gip Patrizia Todisco decretava il sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’ILVA di Taranto (parchi minerali, le cokerie, l’area agglomerazione, l’area altiforni, le acciaierie e la gestione dei materiali ferrosi) finalizzato alla chiusura degli stessi impianti;
- il 07/08/2012 il tribunale del Riesame di Taranto conferma il sequestro dell’area a caldo dell’ILVA, parlando del fatto che bisogna lavorare "per eliminare le situazioni di pericolo";
- fra il 10 e l’11/08/2012 il gip Patrizia Todisco, contro ogni dubbia interpretazione della sentenza del tribunale del Riesame, ribadisce che l’ILVA non ha facoltà d’uso degli impianti di produzione messi sotto sequestro (decisione adottata anche sulla scorta dell’acquisizione di una nuova documentazione, secondo la quale l’ILVA, nonostante il sequestro, sembra aver continuato a produrre allo stesso regime di prima).
L’interpretazione errata della sentenza del tribunale del Riesame era quella dei
legali dell’ILVA, secondo i quali avevano ottenuto la facoltà d’uso degli impianti dell’ILVA stessa;
- il 13/08/2012 il Governo centrale annuncia la propria volontà di fare ricorso alla Consulta contro le ordinanze delle magistratura tarantina che porterebbero alla chiusura dell’area a caldo dell’ILVA di Taranto;
- il 17/08/2012: Corrado Clini (ministro dell’Ambiente) e Corrado Passera (ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture) sono a Taranto. Il loro indirizzo, ognuno per le proprie competenze, è quello di salvaguardare gli impianti dell’ILVA dalla chiusura.
Clini e Passera smentiscono la volontà di ricorrere alla Consulta.
In quella stessa occasione Clini annunciò che la procedura per ottenere la nuova AIA per l’ILVA di Taranto verrà conclusa entro il 30/09/2012.
Infine, nel corso della stessa giornata Bruno Ferrante (presidente dell’ILVA di Taranto) annuncia che i finanziamenti per il risanamento degli impianti ILVA sarebbero aumentati da 90 a 146mln
di euro. Provvedimento che poi l’ILVA stessa ha approvato (il 25/08/2012) nel corso di una riunione del proprio consiglio d’amministrazione a Milano;
- il 20/08/2012: il tribunale del Riesame deposita in cancelleria le motivazioni della propria sentenza, che conferma il sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’ILVA ordinata dal gip Patrizia Todisco.---
Ilva: Ferrante reintegrato tra custodi giudiziari
Il Tribunale del Riesame di Taranto, presieduto dal giudice Pietro Genoviva, ha reintegrato il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante tra i custodi giudiziari nell’ambito del procedimento inerente il sequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico. Per il momento è stato depositato solo il dispositivo, mentre le motivazioni saranno rese note nei prossimi giorni. Ferrante era stato nominato tra i custodi giudiziari da un’altra sezione del tribunale del riesame il 7 agosto scorso, ma il gip Todisco ne aveva disposto la revoca con il
decreto dell’11 agosto scorso.
L’azienda chiede l’annullamento delle due ordinanze del gip Patrizia Todisco del 10 e 11 agosto scorsi e propone un incidente di esecuzione per far dichiarare l’incompetenza funzionale dello stesso giudice a decidere dopo che sulla questione si era pronunciato, seppur con il solo dispositivo, il ’tribunale della Liberta’’ il 7 agosto. Secondo l’Ilva, il gip ha "usurpato poteri" propri del tribunale del Riesame e della procura della Repubblica. La prima ordinanza imponeva all’Ilva di fermare la produzione nei sei reparti a caldo sequestrati il 26 luglio. Con l’altra, il gip Todisco ha revocato al presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, l’incarico di custode e amministratore delle aree sotto sequestro affidatogli dai giudici del Riesame quattro giorni prima. Lo stesso Ferrante è presente all’udienza in camera di consiglio insieme ai legali dell’azienda.
Il Cda dell’Ilva, riunitosi oggi a Milano, ha approvato il piano di investimenti ambientali di 146
milioni di euro. Per il presidente del siderurgico, Bruno Ferrante, ciò conferma "la tempestività dell’impegno da parte della società con interventi concreti". "Alcuni interventi - spiega Ferrante in una nota - sono già in corso di attuazione, altri che riguardano l’area a caldo (sotto sequestro, ndr) verranno valutati con i custodi e avviati subito a realizzazione. Si citano in particolare i vari sistemi di monitoraggio, oggetto in parte di accordo con la Regione e con l’Arpa, il campionamento a lungo termine delle diossine, gli interventi sugli altiforni per una efficace captazione delle polveri, la barriera frangivento ai parchi minerari ed infine l’adeguamento del raffreddatore rotante dell’impianto di agglomerazione con il potenziamento del sistema di captazione e aspirazione delle polveri". "La piena collaborazione con le autorità e il dialogo costante - conclude Ferrante - sono le linee guida di Ilva per consentire di guardare al futuro con fiducia e speranza".
"Il nostro
traguardo è quello di tutelare l’ambiente, tutelare la salute, ma salvaguardare anche i tanti posti di lavoro che riguardano Ilva e non soltanto Ilva", ha aggiunto Ferrante ai microfoni del Tg1. Ferrante ha quindi aggiunto che sarà "potenziata" l’attività di monitoraggio, come richiesto dai custodi giudiziari, sia riguardo "la parte esterna dello stabilimento, sia la parte interna dei singoli impianti. Dobbiamo muoverci tempestivamente e rapidamente proprio su questo fronte".
Moria di cozze nel mar Piccolo - Dalla metà del mese di luglio, ad iniziare dalla zona più a levante e confinata del bacino del secondo seno del mar Piccolo di Taranto, si sta verificando una moria di cozze in allevamento. Lo rende noto l’associazione Agc Pesca di Taranto, che lancia un appello "affiché le istituzioni locali e nazionali si adoperino per l’avvio di concrete misure di sostegno in grado di permettere la sopravvivenza delle aziende di mitilicoltori locali".
L’associazione
ricorda che, a causa del divieto di allevamento e commercializzazione dei mitili del primo seno a causa della contaminazione da diossine e Pcb, "la produzione del secondo seno del mar Piccolo è diventata tragica per l’intero settore".
La compromissione della produzione potrebbe essere legata "alla perdurante situazione di caldo estremo - sottolinea l’Agc Pesca - che ha caratterizzato l’estate del 2012". L’ufficio tecnico dell’associazione ha stimato il danno generato dalla moria di cozze in oltre 11 milioni di euro per circa 22.890 tonnellate di mitili. "Sono riusciti a salvare una parte della produzione - informa l’associazione - solo i mitilicoltori che hanno avuto la possibilità di trasferire le cozze negli impianti di mar Grande. Se fossero state concesse per tempo le nuove aree - conclude l’Agc Pesca - anche agli altri operatori, i danni sarebbero stati sicuramente
inferiori".                                                       Ilva:incendio nel reparto lamiere - Un incendio è divampato stamattina nel reparto Produzione lamiere 2 (Pla 2) per cause accidentali. Le fiamme hanno provocato una densa colonna di fumo nero visibile anche a distanza dallo stabilimento siderurgico.
Non è stata ancora chiarita la dinamica dell’incendio ma secondo la versione fornita da alcuni sindacali di fabbrica potrebbe essersi creato un attrito fra la lavorazione delle lamiere e un quantitativo di olio industriale che ristagna da tempo in una parte dell’impianto denominata trasferimento lamiere. I sindacati hanno chiesto un incontro all’Ilva per una più puntuale verifica di quanto
accaduto.
Non si segnalano particolari danni. L’impianto, però, segnalano i delegati sindacali,è stato temporaneamente fermato per alle squadre di intervento di ripulire l’area dell’olio depositato. Sul posto i vigili del fuoco dell’Ilva il cui distaccamento, peraltro,è a poco distanza dal reparto Pla 2.
Sul posto anche i tecnici dell’Arpa Puglia per verificare la provenienza della colonna di fumo nero che è stata fotografata da diversi cittadini e postata sul social network Facebook. L’Arpa Puglia sta conducendo anche accertamenti anche sul forte odore di gas avvertito questa notte nella città di Taranto.
Per l’Ilva, tuttavia, con ci sono state "conseguenze per le persone e nessuna emissione di sostanze pericolose. In una nota l’azienda precisa che "l’incendio è avvenuto alle ore 7,20 di oggi e ha interessato il sistema di traslazione delle lamiere. E’ subito intervenuto il servizio antincendio dello stabilimento che in pochi minuti ha messo in sicurezza l’area. I vigili del
fuoco del Comando Provinciale di Taranto, arrivati sul posto, hanno constatato il completo spegnimento. La nuvola di fumo nero, che per qualche minuto si è sprigionata dall’impianto, è stata dovuta alla combustione di residui di materiale lubrificante (olio e grasso). Dalle prime analisi si esclude siano state emesse sostanze pericolose. Ulteriori accertamenti sono in corso da parte dei tecnici dell’Ilva e delle autorità preposte".
Si è registrata a Taranto "una situazione di criticità ambientale che ha visto la diffusione di polveri nelle zone urbane limitrofe all’area industriale". Lo rende noto l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione dell’ambiente (Arpa), sottolineando che tale "criticità ha anche comportato il superamento del valore limite giornaliero di Pm10 nelle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria di via Archimede e di via Machiavelli nel quartiere Tamburi".
In riferimento all’episodio, il Dipartimento Arpa di Taranto e il Centro Regionale Aria
di Arpa Puglia hanno elaborato i dati registrati dalla propria rete di monitoraggio, dai quali emerge che i "valori di concentrazione registrati nelle due stazioni di monitoraggio hanno subito un progressivo incremento in entrambi i siti in concomitanza con l’instaurarsi di condizioni meteo caratterizzate da venti sostenuti (circa 6 m/s) provenienti dal settore nord-ovest (300-320N). Risulta evidente - osserva l’Arpa - che l’area maggiormente interessata dal trasporto operato dal vento è quella dei parchi minerali di Ilva spa, ubicata a nord-ovest rispetto al quartiere Tamburi".
Il direttore dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, fa presente che l’Agenzia regionale "conosce perfettamente il fenomeno e lo ha relazionato più volte, a tutti i soggetti interessati e in tutte le sedi. Il fenomeno è causato dal trasporto delle polveri - stoccate nei parchi minerali Ilva - verso la città da parte del vento, che il 27 agosto scorso aveva direzione dal settore nord-ovest e velocità piuttosto
sostenuta".
L’Arpa fa sapere, inoltre, di aver espresso più volte il proprio parere sulle possibili soluzioni, e di aver comunicato in passato "riserve sulla soluzione proposta dall’Ilva e inclusa nel pregresso provvedimento di Autorizzazione integrata ambientale, ovvero il barrieramento, mentre anche di recente - conclude l’Arpa - l’Agenzia ha riproposto, nell’ambito dell’attuale procedimento di riesame dell’Aia, la soluzione della copertura dei parchi ritenendo che sia quella più efficace".                                              Caso Ilva, sciocchezze in libertà - Difficile assegnare la Palma Nera della dichiarazione più stupida sul caso Ilva. Troppi candidati, e tutti titolatissimi. Il ministro della Salute Renato Balduzzi dice che bisogna
«bilanciare salute e occupazione» perché non solo il cancro, ma «anche perdere il posto di lavoro fa male alla salute». Non parliamo poi di chi si prende il cancro e poi perde pure il lavoro: ma, volendo, la lista delle sfighe è infinita. Il Giornale fa la graduatoria: «Meglio rischiare il cancro che morire subito di fame». Chicco Testa, sul Foglio, osserva acuto che sequestrare l’Ilva perché uccide non basta: bisogna incriminare «Anas, Società autostrade, fabbricanti e proprietari d’auto» e «sequestrare auto e strade» dopo ogni incidente di macchina.
PARAGONE CRETINO quant’altri mai, visto che ai pirati della strada viene sequestrato il corpo del reato: che, nel caso degli incidenti, non è la strada, ma l’auto, come nel caso dell’Ilva sono gli impianti inquinanti. E pensare che il giovane Emilio Riva si dannava l’anima per "vendere fumo" a politici e stampa: come se politici e stampa non ne vendessero abbastanza. Ora però siamo governati da "tecnici". Corrado Clini, da 20 anni
all’Ambiente, prima come direttore generale poi come ministro, dovrebbe essere un’autorità indiscussa. Invece fa sapere che, se i giudici sequestrano alcuni impianti in attesa della bonifica, questi non ripartono più: «Per spegnerli occorrono 6-8 mesi, più altri per farlo ripartire. Se si chiude l’impianto a caldo finisce l’Ilva ed è a rischio l’intero sistema industriale italiano». Anche un vecchio ecologista come Vittorio Emiliani implora sull’Unità di «risanare senza spegnere» perché «cessare la produzione nelle aree a caldo» significa «erigere il monumento funebre alla politica e all’occupazione nella siderurgia». Bum. Corrado Passera, altro noto luminare della siderurgia (nonché amico ed ex socio di Riva nella Cai-Alitalia, quand’era al vertice di Banca Intesa e advisor del governo Berlusconi), dice che «è assolutamente necessario evitare la chiusura e lo spegnimento degli impianti, che causerebbe danni irreparabili». Eppure uno dei maggiori esperti di siderurgia, Leo Corvace di Legambiente, ha spiegato al Fatto che per riattivare un altoforno bastano «due o tre settimane». Fonti interessate? Forse. Ma nel 2002,dopo un intervento della Procura, l’Ilva preferì chiudere le cockerie (dove si distilla il carbone) che rispettare le prescrizioni, poi le riaccese tali e quali grazie a un accordo col governatore Fitto. Nulla di "irreparabile". E poi fidiamoci almeno di Emilio Riva senior, che nel 2009 illustrò così al Sole-24 ore la sua strategia contro la crisi mondiale del settore: «Preferisco tenere gli impianti produttivi fermi al 60-70 per cento, con quattro altiforni» accesi a metà e uno spento,«ricorrendo alla cassa integrazione». Quindi, se gli altiforni li spegne o li lascia in "folle" lui, va tutto bene; se i giudici ne spengono qualcuno, condannano a morte l’Ilva, la siderurgia, il sistema industriale italiano? Libero sostiene poi che «se chiudono gli altiforni italiani festeggiano tedeschi e indiani». Gli indiani non sappiamo, ma i tedeschi vantano le più basse emissioni industriali inquinanti d’Europa e le più stringenti regole igienico-ambientali. In aprile, l’Agenzia per la salute e la sicurezza alimentare della Baviera ha chiuso dall’oggi al domani 42 dei 230 negozi di una mega-catena di panificatori, la Muller Brot, quarto gruppo in Europa con 3 mila dipendenti, per gravi carenze igieniche.I sindacati han protestato per tanta severità, costata il posto a 845 persone. Ma l’Agenzia ha tirato diritto e la Muller Brot è fallita.
ORA IL MARCHIO E’ PASSATO di mano e la produzione riprende, nel rispetto delle regole. Se la Germania avesse ministri come i nostri, si sarebbero precipitati in Baviera per intimare alle autorità di «bilanciare igiene e lavoro». Il Kikko Testen del luogo avrebbe chiesto di chiudere le strade perché ogni tanto la gente vi getta le cartacce. E Il Giornale e Libero avrebbero titolato: "Peggio morire di fame che mangiare pane e topi, fra l’altro la carne non è niente male".  Marco
Travaglio-l’espresso                     Ilva, Nicastro: "Monitoraggio in continuo e nuove centraline" -“Il tavolo tra Arpa Puglia e Ilva si è concluso ieri sera con la conferma degli impegni presi dall’azienda nell’incontro presso la Regione Puglia del 6 agosto scorso rispetto alla necessita del monitoraggio in continuo delle diossine al camino E312 che sarà operativo entro settembre e in relazione al monitoraggio al perimetro dello stabilimento”. A darne notizia l’Assessore alla Qualità dell’Ambiente Lorenzo Nicastro.
“Avevamo stabilito in quella sede – prosegue Nicastro - l’installazione di 4 nuove centraline, ma saranno 6, per tenere sotto controllo l’aria nelle immediate vicinanze dello stabilimento. Le nuove installazioni, a supporto di quelle già presenti, dovranno in particolar modo monitorare gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) totali con distizione
del benzo(A)pirene, le polveri sottili (Pm10 e Pm2,5), il benzene, le poveri totali depositabili e le diossine depositate al suolo attraverso l’uso di deposimetri. Il tavolo di lavoro tra azienda e Arpa concordato all’inizio di agosto e tenutosi oggi si è chiuso con l’impegno all’installazione delle centraline da parte dell’azienda”.
“Ritengo questo passaggio una inversione di tendenza rispetto al passato per quello che riguarda l’atteggiamento dell’azienda nei confronti dei monitoraggi. Credo che non ci sia stato, nella storia dei rapporti dell’azienda con le istituzioni locali, un momento più favorevole di questo per raggiungere l’obiettivo della reale ambientalizzazione dello stabilimento. Adesso – conclude Nicastro – attendiamo che gli impegni vengano messi in
pratica”.