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DOSSIER
Ilva: sanità pubblica ignorata |
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Ilva: bozza Aia, riduzione della produzione del 30% - Riduzione della produzione di circa il 30 per cento e copertura dei parchi minerali. In arrivo il documento Aia (Autorizzazione integrata ambientale) dell’Ilva. La produzione scenderà da 11,3 milioni di tonnellate a 8 milioni. Tra le altre misure, stop al pet coke tra le materie prime di lavorazione, avviamento delle procedure di spegnimento per 6 delle 10 batterie delle cokerie (la 3-4-5-6-9-10), copertura dei nastri e dei parchi minerali a cominciare dal primario. Poi abbassamento e arretramento dei cumuli di 80 metri. Entro il 31 gennaio prossimo dovranno essere chiusi i provvedimenti che disciplineranno la gestione di rifiuti, discariche e acque all’Ilva di Taranto ed entro il 31 maggio quelli relativi all’area a freddo del siderurgico, comprese le centrali elettriche. Lo prevede il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale all’Ilva di Taranto che il gruppo istruttore riunito a Roma al ministero dell’Ambiente sta completando oggi. Questi capitoli, infatti, non sono compresi nell’attuale provvedimento in quanto si e’ ritenuto di doversi concentrare sull’abbattimento delle emissioni nocive dell’aria perche’ costituiscono il problema piu’ grave da affrontare. Chiusa la fase tecnica di messa a punto, il responsabile del procedimento inviera’ il testo dell’Aia a tutti i soggetti interessati, dopodiche’ il 18 ottobre ci sara’ l’ultimo passaggio in conferenza dei servizi, quindi il decreto del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Non e’ stata per ora inserita nell’Aia la legge della Regione Puglia, approvata a luglio, sulla valutazione del danno sanitario correlato all’inquinamento industriale, ma non appena la stessa Regione completera’ il regolamento della legge con le relative norme di attuazione ci sara’ un riesame. Confermate infine le scadenze per gli altiforni: fermata altoforno 1 subito (l’azienda ha gia’ detto che questo avverra’ dall’1 dicembre), adeguamento immediato con i sistemi di depolverazione degli altiforni 2 e 4, nessun esercizio per l’altoforno 3, rifacimento altoforno 5 da luglio 2014, con un anno di anticipo rispetto all’ultimo piano aziendale. Per quanto riguarda i parchi minerali: confermato l’abbassamento dei cumuli di materie prime e via alla copertura da farsi in tre anni dal completamento del progetto esecutivo che dovra’ essere pronto in tre mesi dal 30 ottobre. Non e’ stata indicata una soluzione tecnica per i parchi perche’ dovra’ essere l’azienda a individuarla. Non escluso che possano anche essere delle tensostrutture. Ogni tre mesi si fara’ il punto sullo stato di attuazione dell’Aia. Il costo globale degli interventi viene stimato in circa 3 miliardi di euro. Anticipazione del rifacimento dell’altoforno 5, il piu’ grande d’Europa, al 2014 mentre l’azienda lo vorrebbe fermare a meta’ del 2015; copertura del parco minerali primario, il piu’ esteso, entro tre anni con progetto esecutivo da farsi entro tre mesi a partire dal 30 ottobre prossimo: sono, secondo indiscrezioni, fra le novita’ piu’ importanti della bozza di Autorizzazione integrata ambientale all’Ilva di Taranto che dovrebbe essere licenziata oggi dopo l’ultimo passaggio nel gruppo tecnico istruttorio. Prima che il decreto sia firmato dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini, l’Aia avra’ nei prossimi giorni un ultimo esame: quello della conferenza dei servizi alla quale parteciperanno oltre al ministero dell’Ambiente, Regione Puglia, Comuni di Taranto e Statte e Provincia di Taranto, mentre le associazioni ambientaliste hanno fatto pervenire al ministero una serie di proposte. Il costo degli investimenti che l’Ilva dovra’ effettuare in piu’ anni viene valutato in circa tre miliardi di euro ma e’ una stima tecnica ancora ufficiosa e di massima. La copertura anticipata del parco minerali e’ considerata un punto di svolta se si considera che sino a qualche tempo fa l’Ilva ha sempre detto che non era possibile farla per l’enorme estensione dell’area in cui sono stoccati all’aperto carbone coke e minerali di ferro, circa 75 ettari. Inoltre, nel piano di investimenti da 400 milioni di euro respinto dalla Magistratura perche’ non ritenuto adeguato, l’Ilva aveva parlato di copertura ma aveva rinviato tutto a uno studio di fattibilita’ che sarebbe stato pronto in 15 mesi. Anche l’anticipazione di un anno della fermata dell’altoforno 5 per sottoporlo a rifacimento va in direzione del contenimento delle emissioni nocive. La bozza dell’Aia, a quanto si e’ appreso, introduce poi una serie di vincoli: ad esempio l’Ilva non potra’ piu’ usare il pet coke, non potra’ far funzionare l’altoforno 3, dovra’ abbassare l’altezza dei cumuli dei parchi minerali in attesa di fare la copertura, dovra’ ridurre le emissioni dai camini nelle giornate di particolare ventosita’, dovra’ infine spegnere una serie di batterie delle cokerie. Nell’Aia vengono poi stabiliti gli interventi di ammodernamento da effettuarsi sugli altiforni 1, 2 e 4. Infine entro tre mesi dal rilascio dell’Aia verranno messi a punto ulteriori provvedimenti che disciplineranno la gestione all’interno del siderurgico di rifiuti, discariche e acque. Il fatto che lo stralcio di questi provvedimenti sia stato anche calendarizzato avrebbe superato le ultime resistenze di Arpa Puglia, che al tavolo tecnico ha portato una serie di proposte tra cui la copertura dei parchi minerali ritenuta sempre come l’unica soluzione efficace in grado di arginare la diffusione delle poveri verso il quartiere Tamburi di Taranto che e’ vicinissimo alla fabbrica. Nell’impostazione che il ministro Clini ha voluto che si desse all’Aia c’e’ anche il recepimento delle prescrizioni che la Magistratura ha intimato alla stessa Ilva quando lo scorso 25 luglio ha sequestrato, con l’accusa di disastro ambientale, l’area a caldo dello stabilimento. E proprio su un’Aia vicina alle indicazioni dei magistrati, che si punta per allontanare lo spettro della chiusura, che piu’ volte, da fine luglio a oggi, ha pesato sull’acciaieria di Taranto. Resta pero’ tutto da verificare che giudizio dara’ la Procura di Taranto dell’Aia perche’ nel frattempo, come piu’ volte ha detto il procuratore Franco Sebastio, nulla e’ cambiato e priorita’ dei giudici resta quella di porre fine all’inquinamento, ovvero al reato per il quale e’ stato disposto il sequestro senza facolta’ d’uso. A fronte di un piano dettagliato di risanamento della fabbrica, sara’ consentito all’Ilva di produrre sia pure in quantita’ ridotta. La tesi su cui insistono azienda, sindacati, governo e istituzioni locali e’ che si debba risanare senza fermare del tutto la produzione altrimenti l’azienda chiuderebbe, la siderurgia italiana perderebbe il mercato e a Taranto diventerebbero disoccupati gli 11.500 lavoratori diretti dell’Ilva. Oggi, infine, i custodi giudiziali responsabili delle aree sequestrate dovrebbero tornare all’Ilva. Spetta a loro attuare la fermata degli impianti come piu’ volte sottolineato dalla Procura. E l’Ilva per ora ha detto che e’ pronta a fermare dal primo dicembre l’altoforno 1 e a mettere a disposizione tutto il suo personale necessario allo svolgimento delle operazioni. "Crediamo nella nuova Aia" scrive Rocco Palombella, segretario generale della Uilm in un articolo dedicato all’Ilva di Taranto, che sara’ pubblicato sul prossimo numero di "Valore Lavoro", il giornale della Uil lombarda. "Con la revisione dell’Autorizzazione integrata Ambientale per lo stabilimento siderurgico Ilva, che sostituisce quella rilasciata ad agosto dello scorso anno - scrive il leader dei metalmeccanici Uil - si e’ avviato un percorso che puo’ conciliare il risanamento ambientale e la salvaguardia della capacita’ produttiva del sito in questione. E’ bene ricordare che la revisione della precedente autorizzazione e’ stata avviata nel corso di questa estate e ha subito un’accelerazione in seguito al sequestro dell’area a caldo dello stabilimento tarantino". Palombella ribadisce "di una cosa c’e’ certezza, comunque: l’altoforno 5 non puo’ proprio fermarsi a partire da ora, perche’ se cosi’ fosse la fabbrica sarebbe costretta a chiudere con pesanti ripercussioni per tutti gli 11.500 dipendenti diretti e per le diverse migliaia di addetti che operano nell’indotto collegato. In questo senso l’Aia, che la prossima settimana, dopo l’esame della Conferenza dei servizi, andra’ alla firma del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, puo’ rivelarsi la chiave di volta per determinare la continuazione del funzionamento degli impianti siderurgici". "Quindi rimaniamo fermamente convinti - conclude Palombella - che la celere approvazione dell’Aia possa determinare una produzione sostenibile senza che la salute dei lavoratori possa essere danneggiata. Siamo altresi’ consapevoli che in questo contesto sia indispensabile non solo l’attuazione della mole degli investimenti annunciati dall’azienda, ma anche impegni successivi nel medesimo senso che il gruppo siderurgico in questione dovra’ rendere disponibili, oltre gli iniziali 400 milioni di euro promessi". Sono tredici le proposte che il Comune di Taranto ha presentato al tavolo tecnico che oggi sta licenziando la nuova autorizzazione integrata ambientale all’Ilva. Al primo posto c’e’ la "predisposizione di una area tampone (fascia di rispetto) di 80-100 metri tra il confine dello stabilimento (lato quartiere Tamburi-cimitero e parte interessata della strada provinciale Taranto-Statte) e il contorno esterno del primo cumulo dei parchi minerali. Tale intervento dovra’ concludersi entro 30 giorni dal rilascio del provvedimento del riesame dell’Aia". Il Comune di Taranto poi chiede l’impermeabilizzazione dell’area parchi minerali e fossili, l’abbassamento immediato dell’altezza dei cumuli per una corrispettiva massa del 30%, in attesa di coprire di coprire gli stessi, "l’imposizione immediata di un tetto massimo alla produzione di acciaio di 8 milioni di tonnellate-annue. E’ possibile superare tale limite, purche’ tutti gli interventi richiesti siano stati compiutamente attuati ed accertati dall’autorita’ competente, fino ad un tetto superiore ambientalmente sostenibile". Queste ultime due misure fanno gia’ parte del pacchetto di interventi che sino a ieri sera era gia’ stato messo a punto dai tecnici. E inoltre il Comune di Taranto chiede l’"urgente inserimento, nel cronoprogramma post-riesame, della revisione dell’Aia delle due centrali termoelettriche Cet/2 e Cet/3 della Taranto Energia spa, di cui l’Ilva spa, e’ socio e che insistono all’interno dello stabilimento" nonche’ il potenziamento della rete delle centraline. Il Comune ha anche indicato i punti dove le centraline devono essere installate. Alrtre richieste del Comune di Taranto per l’Aia all’Ilva sono la "corretta gestione di tutti i rifiuti derivanti da processi dell’area a caldo; monitoraggio, entro 6 mesi dal rilascio del provvedimento del riesame, di tutte le acque reflue, a pie’ di ogni singolo impianto interno allo stabilimento poiche’ molte di quelle acque provengono anche dai processi a caldo e/o post-area a caldo; eliminazione delle emissioni di materiali polverulenti e raccolta delle acque di prima pioggia nelle aree portuali di pertinenza aziendale; chiusura su tutti i 4 lati di tutti nastri trasportatori che convogliano tutti i materiali alla rinfusa". Infine il Comune di Taranto chiede che l’Aia all’Ilva preveda la "riduzione degli attuali limiti di emissione di diossina fissati dalla vigenteleggeregionale della Puglia. ILVA:"L’altoforno .ILVA:"L’altoforno 1 sarà spento entro la fine di novembre" - Spegnimento degli altiforni e attività di bonifica del siderurgico. L’Ilva risponde alla procura che sabato sera ha comunicato all’azienda l’ultimatum di cinque giorni per lo spegnimento degli impianti e la cessazione delle emissioni inquinanti. "L’altoforno 1 sarà spento entro la fine di novembre. E’ stato affidato l’incarico alla società Paul Wurth, che si occuperà anche del progetto per ricostruirlo". Annuncia il direttore dello stabilimento Ilva di Taranto, Adolfo Buffo durante la conferenza stampa convocata per tranquillizzare gli animi e spiegare le strategie dell’azienda. "Tutte le attività prescritte sono state realizzate e comunicate ai custodi giudiziari", continua Buffo che annuncia anche l’intenzione di procedere allo spegnimento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa. "La società Paul Wurth ha ricevuto incarico il 4 ottobre scorso dall’Ilva di progettare lo spegnimento dell’altoforno 5", spiega il direttore dello stabilimento. La Paul Wurth ha cominciato a raccogliere i disegni della struttura dell’altoforno, che venne costruito dai giapponesi della Nippon Steel. Il tutto "è stato comunicato ai custodi giudiziari", riferisce ancora Buffo. Tempi lunghi, però, per lo stop, previsto per il primo luglio 2015: la sua ricostruzione si concluderà il 31 dicembre 2015. Quanto alle procedure per la messa in sicurezza dei parchi minerali, l’Ilva assicura che "il sistema di videosorveglianza è stato acquistato e sarà installato entro 8 mesi. Le telecamere arriveranno entro questo periodo. Questi tempi sono in linea con le indicazioni fornite dai custodi". "Noi riteniamo di aver avviato le procedure di spegnimento di Afo 1 e Afo 5. Poi bisogna intendersi su cosa significa avviare le procedure di spegnimento. Non spettano a me considerazioni che non siano di carattere tecnico". Sugli effetti dell’ultimo provvedimento della procura, i pareri sono discordanti. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, considera irrealistica l’ipotesi di chiusura entro cinque giorni. "E’ impossibile spegnere tutto in cinque giorni - dice - perché si tratta di impianti molto complessi. Ciò che chiede la procura è l’avvio delle procedure di spegnimento. Il ministro ribadisce che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sarà pronta la prossima settimana. "Stiamo completando la dichiarazione dell’autorizzazione - osserva - e avremo già la prossima settimana i termini dell’Aia, che io renderò pubblici. Le prescrizioni che applicheremo a Taranto saranno le più severe che ci sono in Europa. Mi auguro che la Procura prenda atto delle misure scritte nell’autorizzazione". La patata bollente è nelle mani dell’azienda. Per il momento non c’è stato alcun commento ufficiale da parte dell’Ilva all’ultimatum della procura di Taranto che impone entro l’11 ottobre l’avvio delle fasi di spegnimento degli impianti sequestrati. Da fonti vicine all’azienda si apprende che la produzione è al minimo, come nei giorni scorsi, e si stanno facendo delle riunioni per decidere il da farsi. Il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, comprende le preoccupazioni dei lavoratori, ma si schiera al fianco di chi chiede che venga fatta chiarezza. "Sono d’accordo con la procura - dice Stefano -. Vogliamo che venga data una risposta su quando verrà ambientalizzata la fabbrica. La magistratura attende una risposta e c’è qualcuno che deve darle. Ho fatto un esposto alla magistratura quattro anni fa ed è il massimo di quello che potevo fare". I sindacati attendono risposte soprattutto dall’azienda e congelano qualsiasi manifestazione pubblica. In questa fase avrebbe il sapore della protesta contro la magistratura. "Per ora non ci sarà nessuno sciopero perché farlo significherebbe scioperare e protestare contro la magistratura, quando invece la responsabilità di tutto quello che sta accadendo è una e una soltanto: dell’Ilva e del gruppo Riva", afferma Donato Stefanelli, segretario della Fiom Cgil di Taranto. "L’Ilva non ha fatto nulla in questi due mesi - sostiene Stefanelli -. La fermata dell’altoforno 1 era già programmata dall’azienda. Perché non farla subito così come chiesto dai custodi giudiziari? Perché dal 26 luglio il presidente dell’Ilva Ferrante non ha dato un segnale concreto di cambiamento, continuando ad agire come se nulla fosse? Non conosco un atto dell’Ilva che vada realmente incontro all’esigenza di risanamento, ma solo continui rinvii e proposte largamente insufficienti e poco credibili". Stamattina la Fiom Cgil presenterà ai lavoratori la piattaforma sindacale sul risanamento in tempi brevi degli impianti e sulla salute dei lavoratori. "La fabbrica deve cambiare significativamente - insiste Stefanelli -. Un nostro gruppo è stato di recente in Germania, a Duisburg, e lì ci sono realtà siderurgiche che ci dimostrano che quello che noi chiediamo è possibile. Ferrante sappia che il tempo è scaduto. E anche l’Autorizzazione integrata ambientale deve contenere tutte le prescrizioni della magistratura, le migliori tecnologie disponibili e la valutazione del danno sanitario così come chiesto dal presidente della Regione Vendola". Sulla vicenda interviene anche il governatore pugliese NIchi Vendola: "L’ilva ancora non ha fatto nulla e non ha ancora presentato nessuna carta credibile di ambientalizzazione. L’ilva sta facendo un gioco pericoloso: quello di lasciare o nelle mani della magistratura o nelle mani della politica il cerino acceso. L’ilva forse ha deciso di disimpegnarsi da taranto, ma non è possibile che un gruppo che ha riempito il proprio portafoglio di profitti ciclopici possa far morire una fabbrica che fa campare ventimila famiglie". Con la fermata dell’Altoforno 1 e delle batterie 5-6, l’Ilva ha previsto un esubero di 942 unità lavorative "che però saranno completamente ricollocate o utilizzate in maniera differente nello stesso stabilimento di Taranto". Lo afferma il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante. Ferrante ne parla in una lettera di accompagnamento alla nota sullo stato di esecuzione delle disposizioni dei custodi giudiziari, inviata alla Procura di Taranto il 2 ottobre scorso. Il piano di gestione del personale e degli esuberi previsto dall’Ilva quindi, per l’attuazione delle prime misure rientranti tra le disposizioni prioritarie, sottolinea Ferrante, "consente il fermo dell’Altoforno 1 senza che vi siano impatti negativi sui livelli occupazionali". Il programma di spegnimento progressivo degli impianti del’area a caldo dell’Ilva sottoposti a sequestro è definito dettagliatamente dalle disposizioni operative messe a punto dai custodi giudiziari e che sono state ribadite dell’ultimatum della Procura dell’altro ieri. Si tratta di un documento di 11 pagine che è stato consegnato dai custodi alla dirigenza aziendale il 17 settembre scorso e che contiene le misure da "attuare immediatamente" per "garantire la cessazione dell’attività criminosa in corso e delle emissioni inquinanti". Per quanto "immediate", le procedure di spegnimento richiedono comunque tempi più o meno lunghi a seconda della tipologia dell’impianto: circa tre mesi per spegnere un altoforno, una quindicina di giorni per i forni delle batterie coke. Secondo il programma dei custodi, bisognerà partire dallo spegnimento a lotti dei forni delle batterie 9-10, per poi continuare con le 5-6. Contestualmente, dovrà essere avviata la fermata dell’altoforno Afo/1. Questi gi interventi suddivisi in tre aree: per gli Altoforni la direttiva impone lo spegnimento degli altoforni 1 e 5 e il loro completo rifacimento. Per l’altoforno 3, in alternativa al rifacimento, si prevede la dismissione e la bonifica. Per l’Area Cokerie è disposta la dismissione e la bonifica delle aree relative alle batterie 1 e 2, le più obsolete dello stabilimento e già spente da tempo, lo spegnimento e completo rifacimento dei forni relativi alle batterie 3-4, 5-6, 9-10 e 11, l’adeguamento della batteria 12, e il completo rifacimento delle torri di spegnimento 1,3,4,5,6 e 7, fermata l’acciaieria 1, adeguata la 2 e rifatto il reparto Grf (Gestione materiali ferrosi). Inoltre vanno adottate misure per la riduzione delle emissioni nelle fasi di movimentazione, macinazione e stoccaggio di carbon fossile. Ilva, per la commissione Aia stop al pet coke e spegnimento di sei batterie -L’autorizzazione integrata ambientale per l’Ilva di Taranto arriverà il 17 ottobre. Tra le prescrizioni già inserite nell’Aia, ’stop’ all’utilizzo del pet coke tra le materie prime di lavorazione e sì all’avvio di procedure di spegnimento per sei delle dieci batterie delle cokerie. Oggi c’è stata la prima riunione, il lavoro di elaborazione del testo si dovrà concluderè giovedì 11 ottobre; lunedì 17 ottobre la Conferenza dei servizi è chiamata a dare l’ok definitivo. Il ministro dell’ambiente Corrado Clini lo ha annunciato spiegando che “il documento tecnico dovrebbe essere chiuso l’11 ottobre, giovedì” e che la conferenza dei servizi, a cui partecipano le amministrazioni locali, sarebbe l’ultimo passaggio. In queste ore, però, sulla commissione presieduta da Carla Sepe che sta lavorando per rilasciare l’Aia allo stabilimento siderurgico di Taranto, si sta abbattendo una vera e propria bufera. La prima netta bocciatura alla bozza di autorizzazione è giunta dall’Arpa Puglia in una lettera inviata all’assessorato regionale all’ambiente. L’agenzia ha definito il documento “un provvedimento amministrativo non organico e incompleto, il che non appare giustificabile sia pure in condizioni di urgenza” perché esclude dal processo autorizzativo le questioni relative al trattamento dei rifiuti. “Si sottolinea – si legge ancora nel documento a firma del direttore generale Giorgio Assennato – come la matrice aria e le emissioni in atmosfera degli impianti abbiano una stretta e inseparabile correlazione con il ciclo dei rifiuti e quello delle acque”. L’autorizzazione, insomma, non sarebbe più “integrata” se non trattasse tutte le problematiche connesse al processo produttivo. Per l’Arpa, inoltre, gli interventi di adeguamento non devono “basarsi sui cronoprogrammi e le documentazioni presentate da Ilva” che hanno ricevuto il “no” dei custodi tecnici Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento e che al momento sono i Gestori delle aree a caldo dello stabilimento. Infine per l’Arpa il documento manca di una parte fondamentale come il Piano di dismissione e bonifica degli impianti per fine esercizio. Un punto che l’Ilva è riuscita ha saltare anche nel documento autorizzativo rilasciato nell’agosto 2011. Ora, quindi, è necessario che l’azienda metta nero su bianco gli impegni nell’eventualità di abbandonare Taranto con tutti “gli obblighi di fidejussione previsti dalla legge”. A tutto questo, nelle ultime ore, si è aggiunta la lettera a firma dei custodi tecnici che ha definito “illegittima” l’attività condotta dal coordinatore del Gruppo di Lavoro Carla Sepe “qualora condotta da componenti non formalmente nominati” e soprattutto un’attività che si basa “solo” su due sopralluoghi conoscitivi effettuati il 30 agosto e il 20 settembre “che hanno interessato parte dell’area delle cokerie, marginalmente l’area parchi e l’altoforno 5. Un numero evidentemente limitato se si considera che l’Ilva è lo stabilimento più grande d’Europa e che l’obiettivo del gruppo di lavoro è quello di verificare la conformità di adozione delle Bat (acronimo inglese di migliori tecnoogie disponibili, ndr) ed eventuali criticità connesse al processo produttivo”. Due missive che avrebbero scatenato l’ira degli enti locali che, secondo indiscrezioni, avrebbero anche minacciato di abbandonare il tavolo. Un evento, che se dovesse verificarsi concretamente, potrebbe mettere seriamente a rischio l’autorizzazione integrata ambientale. Intanto a Palazzo di giustizia i legali dell’Ilva hanno chiesto l’incidente di esecuzione contro il provvedimento del giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco che ha rigettato la richiesta dell’azienda di una minima capacità produttiva per effettuare il piano di interventi di 400 milioni di euro. Bruno Ferrante intanto ha inviato una lettera al procuratore della Repubblica Franco Sebastio. In risposta al provvedimento che prevedeva entro cinque giorni la destinazione del personale per avviare lo spegnimento dei primi impianti, Ferrante ha depositato un documento in cui spiega che tutto il personale dell’area a caldo è a disposizione dei custodi tecnici per l’esecuzione dei provvedimenti.Francesco Casula-ilfatto Ilva: ’5 giorni per avviare spegnimento’ - La procura di Taranto ha notificato una nuova direttiva all’Ilva perché avvii entro cinque giorni lo spegnimento degli impianti sottoposti a sequestro nell’ambito dell’inchiesta per disastro ambientale. In casi di inottemperanza dell’azienda, i custodi potranno nominare ausiliari, "procedendo senza ulteriori indugi". Nel documento si chiede al presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, anch’egli custode giudiziario, di individuare "le maestranze necessarie, destinandole alle effettuazioni delle operazioni" con relativi "oneri finanziari, in piena collaborazione con gli altri custodi e sulla base delle loro direttive operative". Le operazioni di spegnimento dovrebbero cominciare, così come stabilito nella penultima direttiva, con lo spegnimento degli altiforni 1 e 5, la dismissione e la bonifica dell’altoforno 3, il fermo di sette batterie del reparto Cokeria e interventi nel reparto acciaieria. La Procura pone di fatto un ultimatum all’azienda sottolineando che "in caso di inottemperanza a tale ultima disposizione i custodi amministratori Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento si avvarranno della facoltà di nomina di ausiliari già loro concessa procedendo senza ulteriori indugi e osservando comunque tutte le cautele del caso, segnalando eventuali rifiuti, omissioni o abusi a questa Procura per tutte le possibili valutazioni del caso, anche di tipo penale".“Studi epidemiologici noti da anni sui rischi e i danni alla salute a Taranto, così come centinaia di controlli sugli alimenti da parte dell’Asl sono stati sempre poco considerati”. Questa la denuncia della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (Siti) in una nota in cui si afferma che “troppo spesso il lavoro degli igienisti nei Dipartimenti di prevenzione delle Asl non viene preso in considerazione né dalle imprese né dai decisori, tanto meno nelle Valutazioni di impatto ambientale o per il rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (Aia), ossia dei permessi che autorizzano l’esercizio di un impianto”. Un sistema “sbagliato” che il caso Ilva deve “aiutare a cambiare” essendo “noto che le questioni ambientali rivestono in molte aree industriali un serio rischio per la salute umana e in altri casi semplici misure di prevenzione possono ridurre sensibilmente il rischio di malattie. Il paradosso di oggi – aggiunge la Giunta Esecutiva della Siti nella nota -, è che gli studi sulla salute della popolazione, con i loro limiti legati al tempo ed alle abitudini individuali, vengono usati nelle aule giudiziarie e non nei tavoli istituzionali”. Secondo la Siti, il sistema della prevenzione sanitario rappresentato dai dipartimenti di prevenzione delle Asl ed ambientale rappresentato dalle Arpa regionali “deve essere potenziato e deve lavorare in maniera integrata aumentandone l’efficacia e l’efficienza.Il lavoro svolto dagli igienisti deve trovare la giusta attenzione nei decisori politici per poterne correttamente indirizzare le scelte in ambito sanitario, ambientale, economico e sociale”. “Per questo - afferma coralmente la Giunta Esecutiva della Siti - il caso Ilva incoraggerà ancor più la nostra società scientifica a occuparsi dei temi multidisciplinari di ambiente e salute a cominciare dal prossimo 45° Congresso nazionale che si terrà a Cagliari dal 3 al 6 ottobre, nel corso del quale si insedierà tra l’altro come presidente nazionale il Dott. Michele Conversano, direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Asl di Taranto, e a fornire eventuali supporti scientifici e operativi”. E proprio su Taranto, ricorda la Siti, gli igienisti del Dipartimento di Prevenzione e del Servizio di Epidemiologia hanno pubblicato diversi studi su riviste nazionali ed internazionali (in collaborazione con Istituto Superiore di Sanità, Organizzazione Mondiale della Sanità, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Agenzia Regionale Protezione Ambientale, Osservatorio Epidemiologico Regionale e Università di Bari) sugli effetti sanitari “potendo così da un lato evidenziare l’avvenuta contaminazione da diossina degli animali, dei mitili e dei derivati e, dall’altro, garantire la salute dei consumatori ordinando, per esempio, l’abbattimento di circa 3.000 capi di bestiame e la distruzione di diverse tonnellate di mitili contaminati. Tutto ciò nella quasi indifferenza, fino al recente intervento della magistratura”. Sul caso Ilva la Siti afferma infine che “la maggior debolezza dello studio epidemiologico utilizzato per la perizia è quello della mancata valutazione nel tempo degli effetti sulla salute. E’ noto infatti che negli ultimi anni sono stati fatti investimenti di prevenzione e tutela che hanno prodotto alcuni risultati sulle emissioni misurate”. Secondo la Siti “il ministero della Salute, la Regione e l’Asl devono continuare ad informare chiaramente i Tarantini sui rischi di oggi e di domani e sugli eventuali sistemi per la prevenzione della salute dei lavoratori, di coloro che vivono nei pressi degli impianti e di tutta la popolazione di Taranto e dintorni”. LA SALUTE NELLE MANI DELLA MAGISTRATURA - Solo nel 2010 l’Ilva di Taranto ha emesso oltre 4 mila tonnellate di polveri, 11 mila tonnellate di diossido di azoto, oltre 11 mila tonnellate di anidride solforosa, 7 tonnellate di acido cloridrico; più di 1 tonnellata di benzene; 338,5 chili di Idrocarburi Policiclici Aromatici; 52,5 grammi di benzo(a)pirene; ed infine ben 14,9 grammi di diossine: ovvero la quantità annua massima tollerabile per 290 milioni di persone del peso di 70 kg…. e, quindi, per circa un miliardo di bambini del peso di 15 Kg. Si aggiungono poi le emissioni “non convogliate”, ovvero quelle che non escono direttamente dai camini e che la stessa Ilva stima in ulteriori 2148 tonnellate di polveri. E’ un disastro ambientale ampiamente annunciato: dal 2004 al 2010 sono stati stimati mediamente 83 morti all’anno attribuibili ai superamenti di polveri sottili nell’aria ed i ricoveri per cause cardio-respiratorie sono stati 648 all’anno. Già negli anni 90 era denunciato un eccesso di mortalità per patologia tumorale (+11%) e per altre patologie: malattie neurologiche (+64%) e malattie cardiache (+14%), nei lavoratori dell’impianto. Ora l’Istituto Superiore di Sanità riporta, nella popolazione di Taranto, un aumento del 15 % di mortalità per tutti i tumori, che raggiunge il 30% per il cancro del polmone, rispetto al resto della popolazione italiana. In questi giorni vari personaggi politici e dirigenti di industria hanno rilasciato dichiarazioni e fatto affermazioni che lasciano francamente perplessi. Hanno attaccato, anche pesantemente, la Magistratura quasi fosse Lei la causa del disastro. Ma è dovere assoluto del Magistrato intervenire di fronte all’evidenza di crimini, soprattutto se di proporzioni così vaste nei confronti dell’ambiente e della salute, con morti che si contano a centinaia e che si continueranno a contare per decenni. Già gli enti regolatori locali sono dovuti intervenire più volte a fronte di segnalazioni per lo più giunte da varie Associazioni: nel pecorino prodotto nei pascoli prossimi all’Ilva sono state trovate concentrazioni di diossina e PCB tre volte superiori ai limiti di legge e la ASL di Taranto ha abbattuto 1300 capi di bestiame. Nel 2010 un’ordinanza della Regione Puglia ha vietato il consumo di carni degli ovini e caprini cresciuti in un raggio di 20 km dall’area industriale di Taranto, per eccesso di diossina. La ASL di Taranto ha vietato il prelievo e la vendita di cozze allevate nel primo seno del Mar Piccolo: vi sono altissime concentrazioni di diossina e PCB. Uno studio di ricercatori dell’ARPA ha evidenziato un eccesso di piombo nelle urine dei Tarantini e così via. Forse la Magistratura sarebbe dovuta intervenire prima, ma probabilmente non era facile districarsi fra schiere di Amministratori e Scienziati sempre pronti a dichiarare che “non vi sono prove certe di causa/effetto” e che i numeri di morti ed ammalati “non sono sufficienti”. E non è stata aiutata dalle norme vigenti che, invece di imporre controlli in continuo delle emissioni, lascia facoltà di controlli eseguiti 3-4 volte l’anno per 6-8 ore per essere “in regola” (lo stesso recente “Decreto Semplificazioni” parla, addirittura, di autocertificazioni “amichevoli” da parte dei titolari degli impianti). Né hanno aiutato i Magistrati gli organismi di controllo, evidentemente incapaci o molto più probabilmente conniventi. Così si è giunti di fronte ad un crimine contro la popolazione la cui proporzione potrà essere misurata solo con il passare di molti anni, fra dolore e sofferenza di ammalati e delle loro famiglie. Ben venga, quindi, l’azione della Magistratura: è un suo dovere istituzionale perché l’evidenza dei crimini commessi fra arroganza del potere economico, incuria, ignoranza, connivenza e cinismo è sotto gli occhi di tutti. La Politica è ormai succube dell’Economia, deve incentivare la produzione a tutti i costi per compiacere le lobby ed i centri di potere, che però poi le chiedono il conto. In Italia ne conseguono, come detto, facilitazioni normative che, per esempio per quanto riguarda i controlli, rasentano la farsa. Per tacere del comportamento degli organi deputati ai controlli, i cui ruoli nevralgici sono di nomina politica, che tendono a non disturbare le lobby che ruotano intorno ai partiti e gli interessi economici. A tutto questo si aggiunge una corte di referenti scientifici, spesso anch’essi conniventi con la politica per clientelismo, che giustificano tutto e negando ogni nesso causale, ripropongono in continuo nuovi studi o monitoraggi che, sanno bene, si concluderanno dopo molti, troppi anni. Come se ci fosse bisogno di chissà quali dimostrazioni per affermare che a forza di spargere tonnellate di veleni e cancerogeni ci si ritrova un aumento del numero di morti per cancro o per altre malattie. Anche i Sindacati hanno taciuto per anni sul disastro ambientale, come se la difesa del posto di lavoro fosse merce di scambio con la vita dei lavoratori e dei propri familiari. E forse si è anche trattato di una connivenza moralmente discutibile, se è vero, ad esempio, che il Patron dell’Ilva ha contribuito sostanziosamente a sostenere le celebrazioni nazionali per i 150 anni della CGIL. Ben venga dunque la Magistratura, e chi altri sennò? Se la Politica vuole dare un segnale forte di discontinuità legiferi in modo che i controlli siano gestiti dalla Magistratura o almeno da un soggetto arbitrale terzo, assolutamente estraneo ai giochi della politica stessa, altrimenti non se ne esce. Ultimamente è stata coniata una sgradevole espressione per denunciare cattive leggi contro i lavoratori: “macelleria sociale”. Ora a Taranto questa sgradevole espressione sembra prendere corpo.Ruggero Ridolfi – Oncologo Forlì – ISDE Ilva: Monti, non ci siamo dimenticati di Taranto - "Posso assicurare che non ci siamo certo dimenticati di Taranto e non solo perché è esplosa a Taranto una situazione estremamente difficile e delicata". Lo ha detto il premier Mario Monti, in una intervista rilasciata al direttore del Tg Norba 24, Enzo Magistà. "Il governo in tutte le articolazioni, il ministro Passera, il ministro Clini, il ministro Severino, il sottosegretario Catricalà, io personalmente - ha sottolineato Monti - ci siamo molto immedesimati nelle diverse facce di questo problema. E’ un problema che si chiama Taranto ma è anche un problema che si chiama sfida al mondo produttivo moderno; è possibile la produzione e la produzione di certi beni in piena coerenza con le esigenze ambientali? Sarebbe tragico se dovessimo concludere che due beni fondamentali per un uomo, come il lavoro e l’ambiente che si lascia ai propri figli e che può rovinare la nostra salute nell’oggi, sono incompatibili". "Non so - ha continuato Monti - se sempre in passato si sia dedicata tutta l’attenzione necessaria a questo interfaccia". - Ci potrebbe essere una temporanea sospensione dell’attività dell’Ilva di Taranto? "Questo non è un tema sul quale voglio pronunciarmi. Sono valutazioni che hanno una dimensione giuridica importante, una dimensione economica importante", ha affermato Monti. "Ci sono i miei ministri - ha detto Monti - oltre evidentemente alla magistratura, ma per quanto riguarda il governo ci sono i ministri di questo governo, profondamente impegnati e non vorrei con brevi frasi giornalistiche e magari improprie mettere qualche nebulosità sul lavoro delicatissimo che loro stanno facendo". - "I Ministri hanno evidenziato che le problematiche relative a Ilva coinvolgono diversi livelli istituzionali e devono dunque essere affrontate attraverso una strategia complessiva, in grado di assicurare un giusto e doveroso equilibrio tra continuità produttiva e sostenibilità ambientale". E’ quanto si legge nella nota diffusa al termine del Consiglio dei ministri a proposito della relazione dei ministri Passera e Clini sull’Ilva di Taranto, in cui si dice che il ministro dell’Ambiente sarà a Taranto il 14. Taranto, veleni anche sui politici si dimette l’assessore all’Ambiente - Si dimette Michele Conserva, assessore all’ambiente della Provincia di Taranto. Non conosce soste e non risparmia alcun fronte la bufera sui temi dell’ambiente e dell’inquinamento, partita con il sequestro dell’area a caldo dello stabilimento Ilva. Conserva, uomo di fiducia del presidente Gianni Florido, ha rimesso il suo mandato questa mattina adducendo motivazioni di natura politica. Nella lettera consegnata a Florido, l’ex assessore ha espresso tutto il suo disagio "nei confronti del suo partito, il Pd" e dell’attuale clima di "tutti contro tutti". Un clima che si è innescato dopo le indiscrezioni sull’inchiesta "environment sold out" "ambiente svenduto", nel quale figurano indagati politici e funzionari pubblici. Al centro dell’indagine, con punti di contatto con quella sull’Ilva per disastro ambientale, una serie di procedimenti autorizzativi ritenuti sospetti ed uno scottante rapporto della Guardia di Finanza depositato da tempo in procura. La marea di voci in città hanno armato l’assessore regionale Michele Pelillo che ha rispolverato la questione morale all’intermo del Pd, chiedendo a gran voce i nomi degli indagati. Alle sue dichiarazioni ha fatto da sponda il sindaco Ippazio Stefàno che ha messo in stand by le nomine nella sua giunta comunale inattesa di conoscere che è implicato nella vicenda. Fatto sta che queste prese di posizione hanno avvelenato il clima politico e esacerbato rapporti nel partito democratico già tesi. Oggi è giunta la decisione dell’assessore Conserva di lasciare la poltrona. "La logica del "tutti contro tutto e tutti" - ha scritto nella sua lettera di dimissioni - non mi appartiene. Gli anni passano e il clima politico ed istituzionale a Taranto non è mutato. Al gioco del quotidiano e periodico massacro non intendo più prestarmi, il mio più elementare desiderio è quello di pensare ed agire con la giusta serenità piuttosto che gestire il potere nell’oblio del quotidiano cinismo. L’impegno degli ultimi sei anni con le deleghe Ecologia e Ambiente, Aree Protette e Protezione Civile che ho seguito, talvolta anche sentendomi in assoluta solitudine, ha difeso e tradotto in fatti la linea dell’ecocompatibilità. Oggi - conclude Michele Conserva - sento la necessità, rinunciando alla poltrona, di avvicinarmi alla mia comunità alla quale sono profondamente legato, con l’entusiasmo, l’impegno e la dedizione di sempre". M. Diliberto-repubblica Ilva, stop alle nave cariche di minerali - Stop all’approdo delle navi di rifornimento. L’Ilva ha la linfa vitale contata. Può sopravvivere per altri 17 giorni. Perché i custodi giudiziari hanno bloccato l’arrivo delle materie prime, consegnando mercoledì 5 settembre il provvedimento nelle mani del presidente della società, Bruno Ferrante. Tutte, nessuna esclusa, almeno per ora. Come riporta il Corriere del Mezzogiorno, la decisione dei custodi (Valenzano, Lofrumento e Laterza) arriva proprio nel giorno in cui Ilva aveva annunciato l’intensificazione degli interventi per addomesticare lo spolverio dai parchi dei minerali passando alla bagnatura di continuo, 24 ore su 24, dei parchi fossili, minerali e loppa attraverso l’utilizzo di due cisterne. Una misura che rischia di essere inutile perché senza materie prime i parchi andranno ad esaurimento. - Il costo di una eventuale chiusura dell’impianto dell’Ilva di Taranto complessivamente "determinerebbe un impatto negativo che e’ stato valutato attorno ad oltre 8 miliardi di euro annui, imputabile per circa 6 miliardi alla crescita delle importazioni, per 1,2 miliardi al sostegno al reddito e ai minori introiti per l’amministrazione pubblica e per circa 500 milioni in termini di minore capacita’ di spesa per il territorio direttamente interessato". E’ quanto si legge nel comunicato di palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri. - La questione Ilva sul tavolo del governo. "Il Governo - si legge in una nota al termine del Cdm -, con le altre istituzioni, si e’ impegnato per garantire la continuita’ produttiva con interventi volti ad assicurare un netto miglioramento nella sostenibilita’ ambientale e tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini". Il Consiglio dei ministri - si aggiunge - ha convenuto in merito alla necessita’ di fare luce al piu’ presto su eventuali colpe e inadempienze che, in passato, hanno comportato danni all’ambiente e alla salute del territorio tarantino. "In apertura dei lavori, il Ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera e il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini hanno illustrato la situazione dell’Ilva di Taranto. La relazione - si legge nella nota - ha messo in evidenza la tempestivita’ dell’azione del Governo, intervenuto subito dopo la notizia del sequestro di una parte degli impianti, con la firma di un protocollo di intesa e lo stanziamento di risorse necessarie per favorire il superamento della cause che hanno generato l’intervento della magistratura. I Ministri hanno inoltre evidenziato che le problematiche relative a Ilva coinvolgono diversi livelli istituzionali e devono dunque essere affrontate attraverso una strategia complessiva, in grado di assicurare un giusto e doveroso equilibrio tra continuita’ produttiva e sostenibilita’ ambientale". "La relazione - si sottolinea ancora - ha poi sottolineato la strategicita’ del polo produttivo di Taranto sull’economia regionale e nazionale, in particolare per quanto riguarda per l’approvvigionamento di comparti strategici per l’industria italiana (come quello degli elettrodomestici, della cantieristica, dell’auto e della meccanica) e l’impatto sull’occupazione (tra occupati diretti ed indotto, l’Ilva impiega piu’ di 24 mila unita’). E’ stato poi discusso il costo di una eventuale chiusura dell’impianto. Complessivamente si determinerebbe un impatto negativo che e’ stato valutato attorno ad oltre 8 miliardi di euro annui, imputabile per circa 6 miliardi alla crescita delle importazioni, per 1,2 miliardi al sostegno al reddito e ai minori introiti per l’amministrazione pubblica e per circa 500 milioni in termini di minore capacita’ di spesa per il territorio direttamente interessato". Il governo ricorda "la recente riapertura, da parte del Ministro dell’Ambiente, della procedura per il rilascio dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) allo stabilimento, con l’obiettivo di adeguare l’autorizzazione gia’ concessa nell’agosto 2011 ai livelli emissivi raggiungibili con le migliori tecnologie disponibili, anche con riferimento alle criticita’ emerse nel corso dell’indagine della magistratura". "La relazione - conclude il comunicato - ha infine evidenziato le azioni future: in particolare, il 14 settembre il ministro Clini sara’ a Taranto per fare il punto sullo stato dei lavori e per incontrare le associazioni che hanno richiesto di essere sentite e che potranno essere coinvolte in analogia a quanto avvenuto in passato in sede di conferenza dei servizi". Ilva, Monti: "Deve andare avanti" - Vendola: "Ora azienda giochi partita" - Una soluzione è possibile e lo stabilimento pugliese deve proseguire la sua attività. Il premier Mario Monti, che in giornata incontra il presidente dell’azienda, Bruno Ferrante, si dice ottimista sul futuro dell’Ilva: "Sono convinto che con senso di responsabilità e collaborazione fattiva tra le istituzioni si possa trovare una soluzione positiva per l’Ilva", ha detto il presidente del Consiglio, intervenendo alla Fiera del Levante a Bari. Lo stabilimento pugliese, dice, "deve continuare a produrre e farlo in modo sostenibile, tecnologicamente avanzato e rispettoso dell’ambiente". Il premier ricorda che sono stati "sbloccati 4 miliardi" per la la bonifica e il dissesto idrogeologico, tema la cui attualità è apparsa a tutti evidente con l’Ilva". Il governo, rivendica Monti, "ha avvertito evidentemente tutta l’urgenza e si è mosso con l’urgenza del caso per rimuovere le cause che hanno portato al sequestro, con firma del protocollo d’intesa". Con questo accordo arrivano "366 milioni di euro per bonificare i territorio e migliorare l’ambiente" ed è "positivo che l’azienda si sia subito impegnata per rendere più sostenibile la produzione". Ferrante: ’’Lavoriamo per mantenere tutti i posti di lavoro". Nessun blocco totale alle attività "perché’ altrimenti gli impianti verrebbero compromessi inevitabilmente. Così non è, si tratta di ridurre la quantità di minerali nello stabilimento’’, ha detto il presidente Ilva, Bruno Ferrante, sulla disposizione dei custodi giudiziari sulla sospensione del carico di minerali. "Certamente una partita decisiva e importante spetta all’azienda. L’azienda ha dato una prima risposta, adesso aspettiamo di vedere anche le conclusioni cui arriverà la Commissione (Aia ndr). Noi non dobbiamo aspettare -ha precisato- dobbiamo andare e guardare avanti e impegnarci in una attività di risanamento ambientale da subito, iniziando a fare delle cose per dare una dimostrazione di buona volontà e una dimostrazione che ci crediamo e che vogliamo crederci". E ha aggiunto: "La preoccupazione dei sindacati e dei lavoratori la comprendo benissimo però noi stiamo lavorando, e i fatti lo dimostrano, a conservare tutti i posti di lavoro e a non avviare nessuna attività di mobilità di personale e di cassa integrazione riuscendo a mantenere sempre vivi e funzionanti gli impianti, anche se con l’obiettivo del risanamento". Il presidente si è detto soddisfatto per le parole del premier: "’Monti ha avuto parole molto sagge e di grande equilibrio che noi abbiamo apprezzato tantissimo’’. Ora tocca ad azienda. "Ora tocca all’Ilva giocare in prima persona la partita decisiva, quella della vita, la vita di una città che ha diritto di respirare, di lavorare, di raccontare al mondo non più i propri incubi ma la propria bellezza", ha detto nel suo intervento il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Emiliano: "Magistrati applicano Costituzione". "Il nesso di causalità che lega la morte di un essere umano all’azione volontaria e cosciente di un altro essere umano non può essere derubricata ad attività legale solo perchè il ministero dell’Ambiente rilascia un’autorizzazione ambientale integrata o perchè si ritiene insostenibile economicamente il costo di adeguamento degli impianti. Occorre dunque dare atto ai magistrati di Taranto che stanno coraggiosamente applicando la legge e la Costituzione", ha detto il sindaco di Bari, Michele Emiliano. La stima delle scorte. Intanto i custodi giudiziari degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva sottoposti a sequestro hanno chiesto al responsabile dell’ufficiotecnico approvvigionamento materie prime dell’Area Altiforni di compiere "una stima di dettaglio delle giacenze di materie prime stoccate nell’Area Parchi e delle relative autonomie connesse all’esercizio degli impianti con riferimento all’attuale assetto produttivo". È stata chiesta, inoltre, "una stima di dettaglio dei flussi di massa in ingresso ed in uscita dell’Area Ghisa". Sindacati sollecitano incontro con custodi. Con una breve nota inviata oggi al presidente dell’Ilva, ai custodi giudiziali Valenzano, Lofrumento e Laterza, e ai responsabili aziendali delle relazioni sindacali e industriali, i rappresentanti di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Taranto tornano a sollecitare per i prossimi giorni un incontro per fare il punto della situazione. Oggetto, le ripercussioni pratiche sull’azienda del sequestro senza facoltà d’uso disposto dalla Magistratura a seguito del reato di disastro ambientale e Ia situazione specifica dei parchi minerali. Portovesme, slitta chiusura delle celle. Interrotte, per ora, le chiusure delle celle anche nell’impianto dell’Alcoa 1 (a rischio chiusura) di Portovesme. È stato, infatti, congelato sino a dopo l’incontro a Roma di lunedì 10 settembre, lo spegnimento delle 85 celle elettrolitiche dei terzi blocchi dell’impianto. Secondo fonti sindacali, a cui la stessa azienda ha comunicato lo slittamento della procedura prevista per oggi, entro stasera verranno spente in tutto tre celle. Il rallentamento della fermata delle 85 celle, preludio al blocco totale dello stabilimento, era già stato annunciato dalla multinazionale statunitense e chiesto più volte dalla Regione Sardegna e dai sindacati. Contro lo spegnimento si stanno battendo in particolare i tre operai che da quattro giorni protestano a 70 metri d’altezza su un silo dell’acqua. Ilva, il vertice sul futuro dello stabilimento - Dalla prossima settimana l’Ilva di Taranto dovrà rallentare la produzione per consentire l’adeguamento degli impianti posti sotto sequestro il 26 luglio scorso perché inquinanti. E’ quanto si evince da una direttiva che la Procura di Taranto ha consegnato ai custodi giudiziari degli impianti sequestrati. La direttiva della procura è stata per ora consegnata ai tre custodi ’tecnici’. L’atto verrà a breve consegnato anche al presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, anche lui custode giudiziario, oggi a Bari per il vertice sul futuro dello stabilimento cui partecipano anche il ministro dell’Ambinete Corrado Clini e il commissario europeo Antonio Tajani. Nella direttiva si ricorda che il sequestro degli impianti dell’aria a caldo del siderurgico è senza facoltà d’uso, che gli impianti non possono essere utilizzati a fini produttivi, così come già indicato nel decreto di sequestro confermato dal Tribunale del Riesame, pur dovendo salvaguardare gli stessi impianti. Secondo la Procura, non sarebbe possibile adeguare gli impianti dal punto di vista ambientale e contemporaneamente produrre acciaio in quanto gli stessi impianti inquinano. Nel pomeriggio i custodi incontreranno in Prefettura il ministro Clini di ritorno dal tavolo istituzionale di Bari, aperto dall’allarme del titolare dell’Ambiente sugli interessi che avrebbero i gruppi industriali europei a veder fallire il tentativo di governo, enti, parti sociali di salvare l’industria siderurgica tarantina. "Possiamo supporre - ha dichiarato - che abbiano buoni motivi per sperare che la nostra iniziativa non abbia successo. Hanno molti strumenti per influenzare negativamente l’esito del nostro lavoro. Il retrobottega della politica è alleato di questi poteri forti". La denuncia del ministro Clini aveva aperto la giornata barese che vede governo, Regione, enti locali riuniti intorno a un tavolo con il commissario Ue, Tajani, "qui a Bari- dice - per dire tutto quello che fa l’Europa, che può fare l’Europa, quali sono le opportunità anche dal punto di vista finanziario che può offrire l’Unione Europea e la Banca europea degli investimenti" per sostenere gli sforzi dell’Ilva, sotto scacco per le emissioni nocive dello stabilimento e le prescrizioni dettate dalla magistratura. Tajani, vice presidente della Commissione responsabile per l’industria e l’imprenditoria, ha annunicato che i "governi europei discuteranno con la Commissione della situazione dell’acciaio in Europa il 10 e l’11 ottobre prossimi". Tajani ha spiegato di aver infatti "chiesto e ottenuto di avere all’ordine del giorno del prossimo consiglio competitività, che si occupa di politica industriale il tema dell’acciaio". "Quello di Taranto - ha sottolineato Tajani - è il centro siderurgico più grande dell’intera Unione Europea e siamo al lavoro per elaborare un piano d’azione per l’acciaio europeo che verrà presentato alla Commissione europea prima di giugno del prossimo anno. Noi siamo qui, pronti a impedire tutte le iniziative che impediscano la deindustrializzazione dell’Europa. Naturalmente la parte più importante la dovranno fare l’industria e gli Stati membri; quindi l’Italia e la Regione. Far fuggire l’industria europea, l’industria siderurgica dall’Europa, significa anche contribuire al cambio climatico; cioè non si fa una buona azione a favore dell’ambiente, perché, se si va a produrre acciaio in parti del mondo dove non ci sono regole severe per la tutela ambientale, il cambiamento climatico sarà ancora più veloce e, quindi, si andrà contro le scelte dell’Unione Europa che mette la tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro come priorità". All’incontro partecipano governo, Regione ed enti territoriali. E’ stato convocato dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, d’intesa con i ministri per l’ambiente e per lo Sviluppo economico. Presenti il ministro Corrado Clini, parlamentari di vari partiti, tra i quali l’ex ministro Raffaele Fitto per il Pdl, e il vicecapogruppo Pd al Senato Nicola Latorre. Il Tavolo prevede diverse sessioni d’incontri: una riservata ai rappresentanti istituzionali, una con il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, e una con i rappresentanti di Confindustria e dei sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl nazionali, regionali e di comparto. Nel frattempo, a Taranto, è in corso in piazza della Vittoria, a Taranto, una manifestazione promossa dal ’Comitato lavoratori e cittadini liberi e pensanti’, di cui fanno parte anche alcuni dipendenti dell’Ilva, che protestano contro la decisione di convocare il tavolo istituzionale sull’Ilva a Bari e non nel capoluogo ionico. Alla manifestazione partecipano diverse associazioni ecologiste. Il Comitato inizialmente aveva organizzato un sit in sotto la Prefettura, dove questo pomeriggio avverrà l’incontro tra Clini, e rappresentanti di associazioni ambientalistiche, ma il presidio è stato vietato dal questore per motivi di sicurezza. Nei mesi scorsi la commissione di garanzia della Cgil nazionale ha espulso tre dirigenti Fiom di Taranto. Uno degli espulsi e’ Massimo Battista, tra i portavoce del ’Comitato di cittadini e lavoratori liberi e pensanti’, allontanato per ’ripetute violazioni regolamentari’. Gli altri due sono Francesco Rizzo, ex membro dell’esecutivo sindacale Ilva, e Francesco Fiusco, ex segretario provinciale Fiom. Riscontrate anche ’’irregolarita amministrative, contabili e nella gestione delle risorse’’. Ilva:Peacelink,no Aia a area sequestrata "Gli impianti sotto sequestro non possono ricevere l’autorizzazione Aia’’. Lo sottolinea Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink Taranto, nel documento (corredato da foto che testimoniano la grave situazione ambientale nel capoluogo ionico) che consegnera’ domani pomeriggio al ministro dell’Ambiente Corrado Clini nell’incontro programmato con le associazioni ambientaliste presso la Prefettura di Taranto. E’ il giorno in cui a Bari dovrebbero essere gettate le basi perché sia siglato il "patto per l’acciaio" e l’Ilva di Taranto non sia trasformato in un ferro vecchio. L’appuntamento è a Villa Romanazzi Carducci. Da Roma sbarca in città il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Da Bruxelles arriva il vicepresidente della commissione europea Antonio Tajani. A fare gli onori di casa è il governatore Nichi Vendola. Questo faccia a faccia allargato a sindacalisti e parlamentari, vedrà come attore protagonista il presidente dell’acciaieria più grande d’Europa, Bruno Ferrante. Ieri l’ex prefetto di Milano era stato autorizzato dai magistrati del capoluogo ionico a incontrare Emilio Riva, agli arresti domiciliari insieme col figlio Nicola dal mese di luglio. L’accusa per il patron del siderurgico, è quella di disastro ambientale. Ferrante stamattina insisterà innanzi tutto perché allo stabilimento sia restituita la facoltà d’uso (da due mesi c’è il sequestro della cosiddetta area a caldo, ordinato dal gip Patrizia Todisco). Questo perché sarebbe impossibile qualsiasi azione di risanamento dei sei impianti da bonificare se fosse bloccata la produzione. Quanto al risanamento vero e proprio, Ferrante potrebbe quantificare la cifra che Ilva dovrebbe sborsare per rispettare le prescrizioni imposte dalla magistratura. Purché, aveva fatto sapere lo stesso Ferrante il giorno dell’inaugurazione della Fiera del levante, i rappresentanti istituzionali siano orientati "a concederci sgravi fiscali e contributivi". Per il risanamento di Taranto, non dell’Ilva, come stanno le cose ci sono 396 milioni di euro: 120 milioni a carico della Regione, 176 milioni di fondi statali, ma ne sono disponibili 75, 92 milioni dell’Autorità portuale e 7 milioni che dovranno essere scuciti dai privati. Martedì della prossima settimana il decreto legge che contiene "ricognizione degli interventi e investimenti" dovrebbe essere approvato dalla Camera dopo "il boicottaggio selvaggio della Lega" racconta il deputato del Pd, Ludovico Vico. Intanto, fa notare Rocco Palese (Pdl), oggi "la presenza di Tajani al tavolo istituzionale servirà a esaminare nel dettaglio la possibilità di aggiungere canali di finanziamento europei a quelli nazionali e regionali". Il sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva "impone l’eliminazione delle emissioni inquinanti e pericolose e all’uopo inibisce qualunque attività produttiva degli impianti sequestrati". Lo precisa in una nota il procuratore di Taranto Franco Sebastio. Il procuratore fa riferimento all’ultima direttiva impartita ai custodi e amministratori giudiziari, che "integra e chiarisce in maniera esaustiva il contenuto delle precedenti direttive interlocutorie via via emesse". Sebastio smentisce alcune notizie diffuse da organi di informazione "nella parte in cui si riferisce di una inesistente autorizzazione a continuare la produzione a livelli ridotti" e fa presente che "l’utilizzo degli impianti in questione è consentito all’unico fine della bonifica degli stessi in vista della loro eventuale successiva riutilizzazione a fini produttivi e che pertanto occorre adottare tutte le cautele tecnicamente necessarie per evitare, ove possibile, il deterioramento o la distruzione degli impianti medesimi". Inoltre, il procuratore spiega che "il disposto sequestro inibisce l’utilizzo degli impianti e delle aree sequestrate ai fini produttivi, ivi compresi i parchi minerari". Ovviamente, conclude Sebastio, "i custodi-amministratori provvederanno all’attuazione definitiva sulla base delle prescrizioni e degli interventi tecnici che saranno da loro determinati così come peraltro disposto nei provvedimenti di sequestro emessi dal gip e dal Tribunale del riesame, riferendone a questo ufficio". Clini sull’Ilva: "Pronti 90 milioni altri sessanta a inizio 2013" - "Le risorse del Governo già messe a disposizione sono 90 milioni di euro, poi ci sono quelli che fanno riferimento ai fondi della Regione Puglia. Poi altri 60 milioni di euro saranno disponibili all’inizio del prossimo anno". Lo ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini intervenendo alla trasmissione Prima di Tutto su Radio1Rai sul caso Ilva di Taranto. Clini, a proposito della nomina del commissario ha detto che "ancora non c’è una decisione" - così come non c’è convergenza per la nomina del soggetto attuatore - "troveremo un equilibrio tra regione e governo, credo non appena il decreto sarà convertito alla Camera procederemo.". Clini, rispondendo a una domanda sul fatto che la vicenda di Taranto potrebbe essere un caso positivo per l’Europa, ha detto che "Questo è il nostro impegno e una scommessa cruciale, perché una situazione diversa, da quella che ci auspichiamo cioè negativa potrebbe avere effetti negativi e pericolosi a livello nazionale. Io - ha concluso - sto lavorando per fare in modo che la continuità produttiva sia sostenuta dagli investimenti per il risanamento ambientale, questa è anche l’indicazione strategica che l’Unione Europea dà per i settori industriali." In cinque anni la mortalità è aumentata di circa il 10% nell’area di Taranto. E’ quanto sottolinea l’ultimo rapporto del progetto Sentieri dell’Istituto superiore di sanità, che sarà presentato domani al ministero della Salute alla presenza del ministro Renato Balduzzi. Sui dati relativi al periodo 2003-2008, il ministero tuttavia precisa che "non saranno presentati dati ulteriori a quelli già disponibili, e relativi al periodo 1998-2002: i dati 2003-2008 sono in corso di elaborazione e attualmente ancora al vaglio della comunità scientifica". Intanto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini che il ministero si costituirà parte civile nel processo mirato a individuare responsabilità per l’inquinamento di Taranto". La ricerca. I dati dell’Istituto superiore di sanità riconoscono un nesso sospetto ma non accertato di causalità con le emissioni degli stabilimenti di Taranto. La ricerca fa parte del progetto che ha studiato il profilo di mortalità delle popolazioni residenti nei siti di interesse nazionale per le bonifiche (circa 60 in Italia) misurando l’impatto sulla salute di quelli contaminati come appunto l’area di Taranto. Dalla relazione, secondo quanto si apprende, l’eccesso di mortalità sarebbe vicino a quello rilevato dal precedente riferito agli anni 1995-2002. La bonifica. Quattrocento milioni di euro. Questo l’ordine di grandezza della cifra che - a quanto si apprende - l’azienda avrebbe intenzione di mettere sul tavolo per il risanamento degli impianti inquinanti dell’ilva di taranto messi sotto sequestro dai magistrati. La somma si aggiungerebbe ai 90 milioni messi a disposizione dal governo e a quelli che fanno riferimento ai fondi della regione puglia. Inoltre, altri 60 milioni di euro saranno disponibili all’inizio del prossimo anno. I lavori potrebbero iniziare a dicembre, in occasione del fermo di un altoforno per manutenzione. Manutenzione programmata che verrebbe però anticipata. Intanto ci sarebbe anche qualche novità sul tipo di interventi da realizzare per ridurre il rilascio di polveri nell’aria, fondamentalmente delle coperture da realizzare sul sito. L’orientamento dell’azienda sembrerebbe essere quello di coinvolgere un architetto di grido, un archistar, per realizzare una struttura esteticamente gradevole oltre che utile. Una struttura che possa diventare un elemento gradevole dello skyline della città. Ci sarebbe anche qualche nome che potrebbe essere coinvolto nel progetto: si parlerebbe di architetti del livello dello spagnolo Santiago Calatrava, della super-archistar italiana Renzo Piano o forse addirittura del britannico Norman Foster. Altri nomi potrebbero essere coinvolti. Il risultato dell’intervento di copertura dei parchi minerali potrebbero essere delle cupole, dei domè come vengono chiamate queste strutture, sul tipo di quelle realizzate in alcune centrali a carbone per evitare la dispersione di polveri. Strutture, per fare un esempio, come quelle del carbonile della centrale Enel di Torrevaldaliga nord. Ilva, tensioni dopo l’alt dei custodi - L’Ilva di Taranto presenterà un piano di investimenti per 400 milioni con l’intervento di super tecnici: è il cronoprogramma di cui il presidente Bruno Ferrante aveva già parlato la settimana scorsa. Gli interventi per il risanamento dell’azienda inquinante diventano sempre più urgenti: ieri sera è giunta la notizia che i custodi-amministratori giudiziali dello stabilimento siderurgico (Barbara Valenzano, Claudio Lofrumento, Emanuela Laterza) hanno notificato un provvedimento all’azienda dove si dispone lo spegnimento delle batterie delle cokerie 3-4-5-6 e il rifacimento delle batterie 9-10-11, lo spegnimento delle torri dalla 1 alla 7, lo spegnimento completo degli altoforni da 1 e 5, il primo dei quali da avviare subito, lo spegnimento dell’acciaieria 1, il rifacimento dell’acciaieria 2 e il rifacimento completo del reparto Gestione rottami ferrosi. Si tratta di alcuni dei reparti sequestrati dal gip Patrizia Todisco il 25 luglio scorso nell’ambito dell’inchiesta sul presunto inquinamento ambientale. Disposto anche che il personale che si renderà in esubero sia ricollocato nella bonifica degli stessi impianti. Per ora non c’è nessuna protesta, né sono stati indetti scioperi, così come accadde a fine luglio quando arrivò l’ordinanza del gip Patrizia Todisco che mise sotto sequestro mezza fabbrica, ma tuttavia c’è un clima teso. Il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante ha depositato alla Procura della Repubblica di Taranto un piano di interventi immediati di risanamento degli impianti dell’area a caldo sotto sequestro. I nuovi dati sulla mortalita’ nel sito dell’Ilva di Taranto saranno resi noti il 12 ottobre. Lo ha affermato il ministro della Salute, Renato Balduzzi, arrivando alla conferenza di presentazione del progetto Sentieri. ’’Stiamo attendendo conferme relative a tre profili - ha affermato Balduzzi - . La prima e’ che su un arco di 12 anni c’e’ una variazione dell’esposizione per alcune patologie. Inoltre stiamo elaborando i risultati di un monitoraggio biologico per valutare una criticita’ relativa ai prodotti caseari. Infine, saranno presentati i risultati di uno studio nazionale sull’inquinamento dei mitili. Tutti questi dati - ha concluso il ministro - dovrebbero essere presentati il 12 ottobre’’. Fonti sindacali affermano di voler meglio conoscere nei dettagli la direttiva dei custodi, cosa che potrà avvenire stamattina oppure, molto più probabilmente, nell’incontro di oggi pomeriggio col presidente del cda, Bruno Ferrante, nel quale l’azienda presenterà il piano di interventi per 400 milioni di euro, come ieri ha reso noto il ministro Clini. Stamattina intanto sarà assicurata l’informativa agli operai attraverso i delegati sindacali di fabbrica. E continua a far discutere la notizia di nuovi dati che evidenzierebbero un aumento della mortalità a Taranto: +10% nel periodo 2003 -2008. Ma una nota del ministero ha smentito: "Sono cifre da verificare". I sindacati, pur prendendo atto dell’incisività della stretta impressa dai custodi e rilevando che c’è ormai una progressione di atti della magistratura in relazione all’attuazione del sequestro, evidenziano tuttavia che passare all’applicazione concreta delle misure contenute nella direttiva di ieri sera dei custodi giudiziali richiederà molto tempo. Solo per lo stop ai due altoforni - l’Ilva resterebbe solo con il 2 e il 4 perché il 3 è già dismesso da molti anni - occorreranno non meno di due mesi, considerato che gli altoforni fondono i minerali per produrre la ghisa, poi inviata alle acciaierie per la trasformazione in acciaio, ad una temperatura di almeno 1800 gradi e per "raffreddare" l’impianto e decelerarne la marcia operativa è necessario un lungo tempo tecnico. Tutti gli impianti che rientrano nella nuova direttiva dei custodi richiedono molte settimane per essere disattivati, precisano ancora fonti sindacali, per cui la valutazione delle organizzazioni metalmeccaniche è che i tre custodi espressione della Procura abbiano voluto ulteriormente mettere alle strette l’Ilva. Un segnale molto forte, insomma. "L’azienda è con le spalle al muro, non può scappare. I custodi hanno detto chiaramente cosa faranno a partire da subito. Lo faranno, è chiaro, progressivamente e gradualmente ma lo faranno - rilevano i sindacalisti - l’unico modo che ha l’Ilva per sottrarsi a questa tenaglia è quella di mettere subito in cantiere il piano per risanare e mettere a norma il siderurgico partendo appunto dagli impianti inseriti nella direttiva dei custodi". La decisione , quindi viene interpretata come un atto di pressione oltre che un adempimento dovuto dopo la disposizione dei giorni scorsi del procuratore capo della Repubblica, Franco Sebastio che aveva ribadito che "all’Ilva è inibita qualsiasi attività produttiva" e gli impianti vanno utilizzati solo per essere risanati. D’altra parte, venerdì scorso, mentre il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, incontrava a Taranto i custodi, gli ambientalisti e l’Ilva, gli stessi custodi ricevevano dalla Procura la disposizione che li sollecitava a procedere immediatamente sulla strada del sequestro, imponendo allo stabilimento lo stop produttivo. Si comincerà dall’altoforno 1, che l’azienda aveva già previsto di fermare per il rifacimento, un’operazione che adesso sarà anticipata rispetto ai tempi preventivati inizialmente. Altri interventi sono previsti sulle batterie delle cokerie e sui parchi minerali, dove si penserebbe anche alla costruzione di particolari cupole come quelle già esistenti in alcune centrali elettriche, coinvolgendo anche architetti famosi, per avere opere che, oltre ad essere utili ed efficaci, abbiano anche un impatto non invasivo. Per cokerie e parco minerali si tratta in particolare di bloccare le emissioni diffuse di sostanze inquinanti e la diffusione delle polveri delle materie prime stoccate all’aperto. Alla magistratura l’Ilva potrebbe presentare il piano insieme ad un’istanza in cui chiede un parziale allentamento del sequestro che è senza facoltà d’uso, cosa che i giudici potrebbero eventualmente concedere solo dopo aver esaminato il piano, averlo ritenuto in linea con le loro prescrizioni e soprattutto con la priorità del sequestro: abbattere l’inquinamento dell’Ilva. Ilva, Ferrante presenta il piano: “Copriremo i parchi minerali” - L’Ilva prevede di coprire i depositi di minerali, considerati tra le fonti prime d’inquinamento a Taranto. Lo prevede il piano di investimenti che il presidente, Bruno Ferrante, ha portato oggi in procura. La società incaricata di presentare un sistema per la copertura dei parchi minerari è la Paul Wurth, leader mondiale in costruzioni a basso impatto ambientale nella siderurgia. La soluzione porterebbe a un abbattimento della dispersione delle polveri da minerale tra il 70 e il 90% rispetto. Il presidente dell’Ilva Ferrante ha consegnato questa mattina al procuratore aggiunto Pietro Argentino, il piano che l’azienda intende attuare nello stabilimento siderurgico di Taranto per la messa in sicurezza degli impianti, risanarli e ridurre le emissioni inquinanti. Nella premessa alla relazione, consegnata anche ai sindacati metalmeccanici in mattinata, si legge che “l’Ilva si impegna da subito a realizzare interventi che permetteranno la riduzione delle emissioni di polveri e di altri inquinanti con un impegno straordinario del valore di circa 400 milioni di euro per investimenti ambientali”. Inoltre, per i parchi l’Ilva annuncia nel piano “la riduzione del 20% della giacenza media dei materiali nei parchi, con conseguente riduzione dell’altezza dei cumuli e, quindi della superficie sottoposta all’erosione del vento, già programmata in modo strutturale da metà ottobre”. Per quanto concerne le cokerie l’Ilva nel piano annuncia che “le batterie 9 e 10 sono già in fase di ristrutturazione” mentre “le batterie 5 e 6 verranno fermate a partire da dicembre 2012″ per una serie di lavori tra cui ” la demolizione e ricostruzione del piano di carico delle pareti refrattarie e dei rigeneratori dei forni a coke”. L’Ilva ha chiesto a cinque società specializzate (Danieli, Sms Demag, Vai, Pelfa Group, e Eko-Plant) uno studio per la completa copertura e chiusura dell’area Grf (Gestione Rottami Ferrosi) interessata dallo svuotamento delle paiole. Gli studi saranno completati entro il 2012. In attesa dei risultati, sarà installato un impianto per abbattere la polvere che dovesse eventualmente sollevarsi dall’area gestione materiali ferrosi. In più, per ridurre le emissioni di polveri dall’acciaieria 1 e contrastare il fenomeno dello ‘slopping‘ (emissione di fumi rossi), il tetto del reparto sarà chiuso e coperto. L’azienda prevede inoltre per l’area acciaieria la costruzione di un nuovo filtro a tessuto con capacità di 3,2 milioni di metri cubi all’ora oltre a un sistema di aspirazione e desolforazione della ghisa in filiera. Ilva rischia la chiusura definitiva - La vicenda dello stabilimento siderurgico dell’Ilva a Taranto si sta dipanando su due piani. Alla Camera è ripreso l’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge per bonificare l’area dello stabilimento e per finanziare, in parte, la messa a norma degli impianti riducendo le emissioni nocive che hanno alzato in maniera esponenziale le malattie nella zona circostante. A Taranto la magistratura sta valutando il piano aziendale per la bonifica e se è necessario ordinare il blocco totale della produzione se si convincesse che quella è l’unica strada per avviare una reale operazione di bonifica. Ma, obiettano i vertici dell’Ilva, bloccare gli impianti di produzione di una industria siderurgica, il cosiddetto ciclo continuo, vorrebbe dire decretare la chiusura totale e definitiva della fabbrica che non si riavrebbe più dall’interruzione della produzione e finirebbe fuori mercato. E poi, se non produciamo, obietta l’Ilva, come faremo a pagare i 10 mila dipendenti di Taranto? Per il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, serviranno 3-4 anni per completare tutti gli interventi di risanamento. E si tratta di interventi imponenti che cambieranno completamente l’impianto tarantino. Clini ne ha parlato ieri con il Procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, che ha ribadito che il presupposto della bonifica del territorio è che sia posta fine alla fonte dell’inquinamento. In ogni caso, ha ricordato, lo Stato non può finanziare il rifacimento degli impianti perché non solo sarebbe in contrasto con quanto previsto dalla Corte dei conti ma commetterebbe anche un’infrazione alla legislazione europea sulla concorrenza. La Procura di Taranto, ha ricordato, è stata obbligata a muoversi perché è stata inondata di centinaia di esposti di cittadini che segnalavano l’inquinamento e l’aumento delle malattie in città. Si tratta peraltro di un problema annoso che dura da 30 anni. Persiste poi, ha insistito, la pericolosità degli impianti, che, nel tempo hanno riversato centinaia di tonnellate di polveri nocive sui quartieri cittadini. Adesso toccherà al Gip decidere sulle proposte dell’Ilva sul programma di risanamento. Una decisione che potrebbe comportare il blocco totale degli impianti di una industria che è strategica per il nostro sistema industriale, considerato che l’Ilva rifornisce di acciai speciali molte fabbriche del Nord Italia. Andrea Angelini NON SI VIVE DI ILVA, BISOGNA ANDARE OLTRE I DATI SANITARI E PROGETTARE UN FUTURO DIFFERENTE PER TARANTO Nell’attesa di conoscere i risultati dell’alacre lavoro condotto da medici e da volontari che s’impegnano per il registro tumori di Taranto e provincia, nonché per le mappe epidemiologiche, lavoro che so procedere senza sosta, mi permetto di fare qualche puntualizzazione, anche alla luce del fatto che ieri il Ministero della Salute a Roma, durante il convegno SENTIERI, ha rinviato ad ottobre l’esposizione dettagliata dei dati 2003 -2008 relativamente alla mortalità nei Siti d’Interesse Nazionale tra quali vi è Taranto . L’anno scorso dopo la presentazione dei dati del registro tumori per Taranto e provincia, quelli presentati arrivavano fino al 2006, dissi che per quanto fossero parziali rappresentavano uno spaccato abbastanza lontano dalla realtà dei fatti . Ribadivo che su Taranto città incidono tumori nell’ordine del 20% e 30% in più mediamente rispetto alla provincia di Taranto e vorrei ricordare che questa mia affermazione negli anni precedenti in cui ero un direttore del reparto di Ematologia a Taranto aveva allarmato il nostro Presidente Vendola tanto che volle ricevermi in audizione unitamente all’AIL di Taranto, era il 2008. Il resto è storia risaputa perché quanto denunciato dal sottoscritto come medico oncoematologo è stato suffragato quest’anno anche dagli epidemiologi che hanno lavorato per la maxi inchiesta relativa la disastro ambientale e sanitario riscontrato a Taranto ed imputabile ad ILVA SpA. Ebbene mi chiedo cosa vogliamo aggiungere ancora? Di quali dati si vuole ancora disquisire, o quali si vorrebbe confutare, oltre quelli forniti dal sottoscritto, forniti dalla comunità scientifica, che lavora, e messi nero su bianco anche dai periti epidemiologi predetti? Dissi, sempre in merito ai dati del 2006, che i valori emersi assumevano significato inequivocabile nel riscontrare che c’erano risultati simili sia per gli uomini che per le donne, che se confermati come trend negli anni successivi avrebbero portato alla ulteriore considerazione di carattere sociale che : “il fatto di un incremento di tumori in Taranto rispetto alla provincia, sia per i maschi che per le femmine, avrebbe fatto dedurre che il fenomeno non è legato al lavoro che una persona compie”, e “nemmeno è addebitabile alle abitudini alimentari”, ecco perché già avvisavo che “Taranto città ha un qualcosa di diverso sul piano ambientale rispetto al resto della provincia”. Ovviamente il qualcosa di diverso è emerso e che si riflette negativamente sulla incidenza di tumori, da cui l’incremento del 20% e 30% rispetto alla provincia, da me ribadito. I dati, dissi, erano da confrontare con i successivi al 2006, preso come riferimento ultimo, ma sicuramente non si poteva negare che Taranto ha un ambiente compromesso sul piano dell’inquinamento. Il tutto andava legato al monitoraggio che ARPA e le Autorità sanitarie avevano in animo di effettuare. Certamente a suffragio di tutta battaglia sanitaria ormai ci sono le perizie chimiche ed epidemilogiche, a suffragio dell’encomiabile lavoro operato dalla magistratura di Tarato. Oggi, come allora,, ribadisco che l’inquinamento industriale è motivo principale dell’aumento dei tumori sull’area metropolitana di Taranto. Ma la considerazione che purtroppo faccio è questa: invece di fossilizzarci su argomentazioni e provare il provato, che non sarà smentito dalla comunità scientifica, per quanto insidiata da intromissioni politiche, guardiamo oltre o sarà troppo tardi , diciamo ora noi come vogliamo il nostro futuro differente che non preveda mai più il disastro sanitario ed ambientale a Taranto. L’ecocompatibilità è provato che è un mito irraggiungibile se si vogliono condizioni sanitarie rispettose del diritto alla vita; , anche questo sempre ribadito a chiunque anche ai media nazionali. Mi rivolgo agli ambientalisti alla città che ora conosce, e che fino ad ora ha patito e che ama veramente Taranto, ai lavoratori ILVA stessi, andiamo oltre quello che accade per mano della magistratura che tutela i nostri diritti, proponiamo noi il futuro differente, quello che vogliamo per Taranto e la sua provincia, io una idea che propende per l’agroalimentare e mira all’utilizzo di distripark e porto ed aeroporto l’ho lanciata e sono disponibile per quanto mi compete a svilupparla con chi è d’accordo,perché il futuro non è nell’ILVA, la vera vocazione di Taranto e della sua provincia non è l’industria inquinante. Dr. Patrizio Mazza ,consigliere regionale della Puglia per l’Italia dei Valori "Il ministro nasconde i dati sulle morti"Clini querela il leader dei Verdi Bonelli - Un aumento della mortalità del 10 per cento, di decessi per tumore del 12, con un +306 per cento di mesoteliomi. Sono i ’nuovi’ drammatici dati del progetto Sentieri dell’Istituto superiore della Sanità diffusi da il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, e il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti, in polemica con i ministri della Salute e dell’Ambiente che ne contestano l’ufficialità. Si tratta di dati, spiegano gli ambientalisti, inseriti in un allegato dell’indagine epidemiologica che ha portato al sequestro degli impianti del siderurgico che però, accusano, "i ministri non hanno voluto comunicare perché dicevano che erano in fase di elaborazione". Pronta la replica di Clini, che querela, dopo aver spiegato più volte che i dati della ricerca non sono ufficiali e che verranno comunicati intorno alla metà di ottobre. Concetto ribadito anche dal collega Balduzzi. A Clini Angelo Bonelli risponde: "Attendo con estrema serenità la querela annunciata dal ministro perché di falso non c’è nulla. La battaglia per difendere i diritti e la salute dei cittadini di Taranto è sacrosanta e di certo non ci faremo intimidire", ha dichiarato il presidente dei Verdi. Il mnistro ha dato mandato all’avvocatura dello Stato di procedere nei confronti dell’esponente dei Verdi che ha ripetutamente accusato il ministro di nascondere i dati sulla mortalità e di fornire informazioni false sullo stato della salute della popolazione di Taranto. "Quello che mi preoccupa - ha spiegato Clini - non è tanto la diffamazione, che pure è un reato, quanto la diffusione di notizie false che generano allarme tra la popolazione e mirano ad intimidire le autorità competenti in materia di protezione dell’ambiente e tutela della salute. Bonelli dovrà dimostrare le sue accuse davanti a un giudice. Senza dimenticare peraltro che, nel maggio scorso, Bonelli è già stato giudicato dalla popolazione di Taranto che lo ha sonoramente battuto alle elezioni comunali". - "Questi dati - ha spiegato Bonelli - sono a conoscenza di tutti a partire dal 30 marzo scorso. Lo studio conferma il nesso di causalità tra morte e inquinamento con alto livello di possibilità scientifica, chiamato ’persuasivita in gergo tecnico". Il riferimento al 30 marzo è alla data dell’udienza sull’incidente probatorio nella quale uno dei periti del gip produsse dati dell’Istituto superiore di sanità. Il leader dei Verdi ha poi sottolineato che "le parole e le fantasie di alcuni ministri che vogliono dire che non c’è un nesso di causalità, che in fondo a Taranto il dato sulla mortalità è inferiore rispetto a Lecce, come ha detto il ministro Clini, devono essere consegnate a una pagina bruttissima della storia del nostro paese". "I ministri - ha concluso - dovrebbero fare i ministri e lavorare in nome dell’interesse pubblico, cosa che non stanno facendo". - "Fatte le tre indagini complementari al progetto Sentieri, che saranno disponibili a ottobre, a metà ottobre saremo in condizione di definire una strategia di politica sanitaria che ha ricadute sulle strategie connesse di politiche ambientali e dello sviluppo", ha annunciato il ministro Balduzzi. Che insiste: "Si sta girando intorno ad un problema che non c’è". In riferimento, in particolare, al dato che indica un aumento di oltre il 300% dei casi di mesotelioma, Balduzzi ha commentato: "Ma da dove è stato preso questo dato?". Il ministro ha precisato che i dati "sono stati pubblicati alla fine del 2011" e "ora c’è bisogno di completare queste indagini con 3 complementi". Secondo Balduzzi si tratta "di capire cosa è successo negli ultimi 12 anni e se le prescrizioni imposte all’Ilva hanno avuto efficacia; di effettuare il monitoraggio biologico di un campione di allevatori per verificare se ci sia presenza di diossina nei prodotti e di monitorare la qualità dei mitili". Queste tre indagini complementari, ha detto il Balduzzi, "saranno disponibili a ottobre". - "E’ falso - dice Bonelli - perché questi dati sono stati elaborati, stampati e comunicati alla procura della Repubblica il 30 marzo di quest’anno". "La ricerca 2003-2008 "è in corso di elaborazione e ancora al vaglio della comunità scientifica", aveva fatto sapere il ministero dell’Ambiente riguardo ai risultati dello studio recente, diffusi e commentati dopo essere state rese pubbliche con l’inserimento nell’allegato all’indagine epidemiologica che ha fatto scattare il sequestro degli impianti a luglio. Nei giorni scorsi anche il direttore dell’Arpa Giogio Assennato aveva confermato che "i periti nominati dai pubblici ministeri avevano ricevuto i dati dal dirigente dell’Istituto superiore di sanità". La nota con i dati aggiornati accompagna i dati "aggiornati agli anni 2003 e 2006/2008 della mortalità a Taranto analizzati secondo la metodologia Sentieri" forniti al gip Patrizia Todisco durante l’incidente probatorio del marzo scorso nel processo all’Ilva per disastro ambientale. I dati sono allegati ad una "nota elaborata congiuntamente dall’Ufficio di Statistica (Direttrice dottoressa Susanna Conti) e dal Reparto di Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità" e inoltrata dal dottor Pietro Comba, responsabile del progetto ’Sentieri’. - "Per i tumori del fegato e dei polmoni in provincia di Taranto nel 2003/2008 lo studio del progetto ’Sentieri’ ha rilevato un +24 per cento, per i linfomi +38 per cento, per i mesoteliomi +306 per cento. Dai dati relativi al periodo 2003/2008 si rileva un aumento del 10% dei decessi nei Comuni di Taranto e Statte per tutte le cause e del 12% per tutti i tumori", hanno ricordato gli ambientalisti. "Il dato veramente preoccupante - ha sottolineato Marescotti - è quello dei bambini, per i quali si registra un +35 per cento di decessi sotto un anno di età e per tutte le cause. Per quanto riguarda le morti nel periodo perinatale +71%. La mortalità per tutte le cause nel primo anno di vita e per alcune condizioni morbose perinatali risulta significativamente in eccesso". Secondo quanto ha reso noto oggi Marescotti, nei dati aggiornati del progetto ’Sentieri’ "nella popolazione residente nel sito di Taranto - è detto ancora nella ’Nota’ - si sono dunque osservati, in entrambi i periodi esaminati, eccessi significativi di mortalità per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali, per singoli tumori e per importanti patologie non tumorali, quali le malattie del sistema circolatorio, del sistema respiratorio e dell’apparato digerente, prefigurando quindi un quadro di mortalità molto critico". - "Sono stati sparati troppi numeri - ha detto oggi il ministro - ora servono dati certi. Gli interventi tecnologici fatti in questi ultimi due anni hanno ridotto l’inquinamento di diossina di centinaia di volte, ma fino al 2010 l’Ilva di Taranto ha avuto un ruolo importantissimo a livello europeo come sorgente di emissioni di diossina, in quantità assolutamente importanti. Purtroppo l’inquinamento di decenni ha contaminato i suoli, ha determinato l’intossicazione degli animali e probabilmente anche danni alle persone". "A Taranto ci sono state negli ultimi 40 anni delle situazioni industriali diverse che hanno rappresentato un fattore di rischio indiscutibile che credo abbia generato danni alla popolazione importanti in termini di malattie croniche degenerative e anche di tumori. In questo senso si può spiegare l’eccesso di mortalità per tumori che esiste in questa area come in altre aree che sono state oggetto di sviluppo industriale in questi ultimi 50 anni". La mappa del dramma di Taranto la mortalità sale anche del 27% La mortalità a Taranto per tutte le cause aumenta dell’8-27% (a seconda dei quartieri), i tumori maligni del 5-42%, le malattie cardiovascolari del 10-28%, e le malattie respiratorie dell’8-64%. Lo afferma uno studio, sulla rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, con i dati della perizia epidemiologica per il gip del Tribunale di Taranto. Un triangolo del dolore fotografato da dati scientifici. Una linea rossa di morte e sofferenza che congiunge il rione Tamburi, città vecchia, Porta Napoli, il Borgo, Paolo VI e anche il comune di Statte. Le zone più vicine alla zona industriale e agli impianti e ai camini dell’Ilva. Quelli messi sotto accusa dalla procura che ora punta a spegnere le fonti del dolore, con l’azione condotta dai custodi giudiziari che hanno decretato lo spegnimento di due altiforni e numerosissimi forni delle batterie della cokeria. Il dramma di Taranto si ritrova nello studio pubblicato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze, dell’università di Napoli e del dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio. Nella pubblicazione si puntano i riflettori su una parte degli esiti della maxiperizia sul disastro ambientale della città dei due mari al centro del decisivo incidente probatorio celebrato dinanzi al gip Patrizia Todisco. Un pilastro delle contestazioni rivolte ai vertici della grande fabbrica dell’acciaio. Il punto di partenza appare scontato. Ed è lo stesso che ha contraddistinto gli studi condotti in passato su Taranto, da tempo inserita nell’elenco dei siti "ad elevato rischio ambientale": vivere gomito a gomito con la grande industria è più rischioso. Il teorema trova preciso riscontro, però, nello screening della popolazione tarantina e non solo. Un lavoro accurato che tiene conto anche dei differenziali sociali. Percentuali da brivido raccontano come vivere in quelle zone comporti rischi gravissimi. Che si acuiscono nelle categorie più svantaggiate, in cui i picchi di malattia e morte si impennano ulteriormente. Nello studio si esamina Taranto e i suoi quartieri, ma anche i comuni di Massafra e Statte. Così sono stati contemplati nella ricerca oltre 321.000 abitanti della provincia ionica (157.000 uomini e 164.000 donne). Il risultato è che a Taranto, ed in particolare nei rioni che confinano con la zona industriale, ma anche a Statte, ex borgata del capoluogo, ci si ammala di più di tumore, in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica. Ma eccessi rilevanti si registrano per patologie cardiovascolari, respiratorie e dell’apparato digerente. "Anche dopo aver tenuto conto del livello socio economico - scrivono i ricercatori - sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: Tamburi, città vecchia, Porta Napoli e Lido Azzurro, Borgo, Paolo VI e Statte. I quartieri più vicini alla zona industriale - concludono gli studiosi - presentano un quadro più compromesso rispetto a tutte le altre zone prese in considerazione nel lavoro di studio". Nel quartiere Paolo VI, in cui peraltro risiedono moltissime famiglie di operai dell’Ilva, gli uomini sono colpiti di più da tumori maligni, con un impressionante +42%, specialmente al pancreas e al polmone, e da patologie cardiovascolari con un +28%. Le donne dello stesso quartiere si ammalano di tumore al fegato, e soffrono di patologie cardiovascolari e dell’apparato digerente. Ai Tamburi si è inquadrato un eccesso negli uomini di tumori maligni, specie alla prostata, mentre nelle donne c’è un evidente eccesso di malattie cardiovascolari e renali. Queste cifre raccontano di una situazione compromessa con la quale i tarantini si erano abituati a convivere quasi con rassegnazione. Sino alla svolta decretata dal gip Todisco con il sequestro finalizzato allo stop all’inquinamento sparato sulla città dall’area a caldo dell’Ilva.M. Diliberto-repubblica Ilva: custodi ’bocciano’ piano investimenti azienda - E’ negativa, secondo indiscrezioni, la valutazione dei custodi giudiziari sul piano di investimenti immediati per risanare gli impianti sotto sequestro, consegnato dall’Ilva alla Procura venerdì scorso. I custodi hanno incontrato oggi il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, e i pm dell’inchiesta per disastro ambientale. I custodi giudiziari - gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento - hanno consegnato a procuratore e pm inquirenti una nota scritta con la quale sostanzialmente bocciano il piano. Ora spetta alla Procura dare il suo parere sia sul piano sia sull’istanza allegata dall’Ilva con la quale si chiede di conservare una minima capacità produttiva che consenta all’azienda di poter fare ulteriori investimenti. Il sequestro degli impianti dell’area a caldo infatti, come stabilito nel decreto del gip e confermato dal tribunale del Riesame, è senza facoltà d’uso. Il parere negativo della Procura appare quasi scontato, visto che più volte, anche di recente, lo stesso procuratore ha ricordato che la mancanza di facoltà d’uso non prevede produzione; la decisione potrebbe già arrivare domani. La mortalità a Taranto per tutte le cause aumenta dell’8-27% (a seconda dei quartieri), i tumori maligni del 5-42%, le malattie cardiovascolari del 10-28%, e le malattie respiratorie dell’8-64%. Lo afferma uno studio, sulla rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, con i dati della perizia epidemiologica per il gip del Tribunale di Taranto Intanto il ministro dell’Ambiente,Corrado Clini, interviene sui dati sanitari di Taranto. "Non c’é nulla di segreto, nulla di nascosto - sostiene - l’unica cosa evidente è che si stanno manipolando con grande spregiudicatezza dati incompleti e si sta creando una pressione sulla popolazione e sulle autorità. Abbiamo bisogno di responsabilità" precisa. Non c’é nessuno oggi che può dire che c’é una relazione causa-effetto sulle attività industriali attuali dell’Ilva e lo stato di salute della popolazione -ha detto Clini. Ieri i presidenti dei Verdi, Angelo Bonelli, e dell’associazione Peacelink, Alessandro Marescotti, avewvano puntato l’indice contro il colosso siderurgico con dati allarmanti: "Nel periodo 2003-2008 nei comuni di Taranto e Statte, i più vicini all’Ilva, c’é stato un aumento del 10% dei decessi per tutte le cause e del 12% per tutti i tumori. Per i tumori del fegato e dei polmoni in provincia di Taranto è stato rilevato un aumento del 24%, per i linfomi del 38%, per i mesoteliomi del 306% per cento, mentre per i bambini si registra un +35% di decessi sotto un anno di età e per tutte le cause, e un +71% per le morti nel periodo perinatale". Gli interventi proposti dall’Ilva non sono sufficienti a far cessare le emissioni nocive. E’ questa l’opinione dei custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, dopo aver analizzato il piano di interventi proposto dal presidente del cda Bruno Ferrante al pool di magistrati tarantini. L’insieme di interventi da 400 milioni di euro, allegato alla richiesta per ottenere una “minima capacità produttiva”, ora è al vaglio del giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco. Sulla scorta del parere fornito dai custodi, appare altamente improbabile che il gip Todisco possa accogliere la richiesta dell’Ilva. La richiesta infatti parte dal concetto che per poter effettuare gli interventi sugli impianti questi debbano essere in funzione a un livello di equilibrio che possa salvaguardarne l’integrità, permettendo l’esecuzione delle misure tecniche per eliminare le situazioni di pericolo. Insomma, la produzione d’acciaio servirebbe come elemento esseziale per tenere in piedi la “strategica capacità produttiva” e i “livelli occupazionali“. In nessuno dei passaggi dell’istanza tuttavia, Ferrante accenna a misure nuove che possano aver mutato la situazione rispetto al 26 luglio. Quella minima produzione, quindi, inquinerebbe? Sì. A guardare le relazioni finora depositate dai custodi a Palazzo di Giustizia, infatti, è evidente la lontanza tra i provvedimenti annunciati dall’azienda e quelli indicati dai custodi come necessari per eliminare l’inquinamento. Ecco perché. PARCHI MINERALI. L’Ilva ha chiesto l’autorizzazione a impermeabilizzare i parchi, completare il barrieramento e ha annunciato che per la copertura è in corso uno studio preliminare per valutarne la fattibilità. Per i custodi, al contrario, l’unica misura efficace ad evitare l’arrivo di polvere nocive verso il quartiere Tamburi resta proprio la copertura dei parchi, peraltro prevista dall’Aia in corso di riesame. AREA ALTIFORNI. Nel piano di investimenti l’Ilva ha previsto per l’altoforno 1 l’adeguamento degli impianti di depolverazione del campo di colata, la realizzazione di un nuovo impianto di depolverazione e la realizzazione di un nuovo impianto di condensazione dei vapori prodotti nella fase di granulazione della loppa. Anche per l’altoforno 2 l’Ilva pensa alla realizzazione del nuovo impianto di depolverazione. Per lo staff guidato da Barbara Valenzano, invece, per abbattere le emissioni nocive e risanare gli impianti del reparto è necessario l’immediato spegnimento o il rifacimento completo degli altiforni 1 e 5 e di dismettere e bonificare l’altoforno 3, fermo da tempo. COKERIE. L’ilva vorrebbe intervenire solo su 2 batterie (numero 5 e 6) per sostituire i rigeneratori e realizzare un nuovo piano di carica. Per i tecnici nominati dal gip Patrizia Todisco, invece, le misure immediate sono il fermo, finalizzato al rifacimento, di 7 batterie e la programmazione di interventi sostanziali sulle 3 rimanenti. AGGLOMERATO. L’azienda punta a sostituire l’impianto di depolverazione secondaria delle linee di agglomerazione E e D, a cambiare la tecnologia dei filtri elettrostatici con la tecnologia dei filtri a tessuto , concludere le attività per il migloramento dei raffreddatori rotanti delle due linee. Per i tecnici, invece, è necessaria la dismissione di quella parte di impianto non in funzione e la bonifica di quell’area oltre all’adeguamento all’abbattimento delle emissioni primarie derivanti dai gas di scarico delle linee di sinterizzazione mediante un filtro a manica e una serie di altri significativi interventi. ACCIAIERIA. Nelle acciaierie l’Ilva prevede di realizzare un sistema di aspirazione e desolforazione della ghisa in siviera oltre alla chiusura e copertura della Acciaieria n. 1 e la costruzione di un nuovo filtro a tessuto. Per i custodi tecnici, invece, per raggiungere gli obiettivi imposti dal tribunale del riesame e quindi per eliminare le situazioni di pericolo è necessario lo spegnimento e il completo rifacimento dell’Acciaieria n.1, oltre all’adeguamento con interventi strutturali nell’Acciaieria n.2. AREA GESTIONE MATERIALI FERROSI. L’azienda guidata da Bruno Ferrante sarebbe intenzionata a utilizzare un impianto costituito da fog cannon: si tratta di un sistema in grado di abbattere la polvere eventualmente in sollevamento dall’area. L’Ilva, inoltre, ha annunciato di aver richiesto a una società di ingegneria un piano per la copertura dell’area dove avviene lo svuotamento delle paiole. I custodi invece ritengono necessario l’immediato fermo delle attività nell’area per il completo rifacimento delle strutture. Una netta bocciatura, quindi, che tuttavia appariva evidente anche in considerazione dei fondi messi a disposizione dall’Ilva. Bruno Ferrante, infatti, ha spiegato che i 400 milioni di euro sono destinati alla realizzazione dei primi e più immediati interventi e che altri fondi arriveranno per ottemperare alle prescrizioni contenute nell’Autorizzazione integrata ambientale. Ma secondo indiscrezioni i custodi avrebbero stimato in oltre un miliardo di euro gli interventi da realizzare solo nel reparto cokerie. Un dato che da solo basta a spiegare la distanza fra gli interventi proposti dall’Ilva e quelli necessari per considerarsi ecocompatibili. Senza dimenticare che il tribunale del riesame, lo stesso citato più volte dai legali dell’Ilva nei passaggi più favorevoli all’azienda, ha scritto che l’attività produttiva potrà riprendere solo “in condizioni di piena compatibilità ambientale, una volta eliminate del tutto quelle emissioni illecite, nocive e dannose per la salute dei lavoratori e della popolazione”. RISANAMENTO ARIA. NICASTRO: “ILVA CONTINUA A POSTICIPARE IMPEGNI” - “Il tavolo tecnico che, a valle dell’adozione del Piano contenente le prime misure per il risanamento della qualità dell’aria del quartiere Tamburi di Taranto per gli inquinanti Bap e Pm10, ha effettuato la valutazione di merito sui piani attuativi presentati dalle aziende operanti nell’area in forza di una Autorizzazione Integrata Ambientale. I piani dovevano essere la risposta propositiva delle aziende rispetto alla necessità di ricondurre le emissioni entro i limiti come da provvedimento adottato dalla Giunta Regionale nello scorso mese di luglio. Devo dire che molte aziende hanno risposto in termini collaborativi presentando relazioni tecniche dettagliate e compatibili con le finalità del piano”. Così l’Assessore Regionale alla Qualità dell’Ambiente Lorenzo Nicastro al termine della riunione del tavolo tecnico di stamane, formato dai tecnici dell’assessorato, di Arpa Puglia, di Asl territoriali ed enti locali interessati. “Dobbiamo tuttavia rilevare – prosegue Nicastro – le carenza della documentazione presentata da Ilva che ha inteso procastinare ulteriormente persino interventi relativamente semplici come la riduzione dei cumuli dei parchi minerali oltre che, ovviamente, guardarsi bene dal definire un pur necessario cronoprogramma per la copertura dei parchi minerali. Dal punto di vista dei provvedimenti amministrativi le valutazioni tecniche effettuate dal tavolo quest’oggi verranno trasmesse immediatamente al Ministero anche in previsione della convocazione della commissione AIA . E’ ovvio che diventa complicato parlare di ambientalizzazione e di tutela dei livelli occupazionali senza segnali concreti, senza formali assunzioni di impegni rispetto a precise prescrizioni sulla riduzione delle emissioni convogliate, sulla riduzione dei cumuli, sulla copertura dei parchi, sul contenimento degli inquinanti provenienti dalle *bleep*erie”. “Mentre gli altri attori, le altre aziende presenti nell’area, gli enti locali e l’Autorità portuale si mostrano sensibili al problema e propongono soluzioni, in un proficuo contraddittorio tecnico mirante a contenere la pressione ambientale e limitare gli sforamenti, da Ilva, purtroppo, abbiamo ricevuto differimenti negli impegni al 2014 nella migliore delle ipotesi quando non laconici ’non si può fare’. La valutazione effettuata dal tavolo tecnico e comunicatami - conclude Nicastro – mi spinge a chiedere all’azienda atti concreti. L’ambientalizzazione si deve fare con investimenti e tempi certi non con proclami o buone intenzioni. La sensazione che abbiamo è che pur con un cambio di stile che va riconosciuto nella sostanza l’atteggiamento dell’azienda sia tutto sommato lo stesso di prima!” Ilva, si allarga la protesta operai su alto forni e camini Si allarga la protesta all’Ilva, dopo la notte passasta sulla passerella dell’alto forno cinque, altri operai stanno salendo sul camino più alto dello stabilimento siderurgico. Si annuncia una giornata ad alta tensione a Taranto, con presidi dei dipendenti che potrebbero allargarsi alla città in attesa della decisione del gip sulla sorte dello stabilimento. La protesta è iniziata ieri sera con un gruppo di operai che ha trascorso tutta la notte sulla torretta di smistamento dell’altoforno cinque gli operai dell’Ilva. Alternandosi fra loro a gruppi di cinque e senza bloccare o rallentare la marcia produttiva dell’impianto, hanno deciso di mantenere il presidio a circa 60 metri di altezza in un punto dove transitano i nastri di carica e che è comunque accessibile agli addetti all’altoforno stesso. Uno degli operai ha anche consegnato un messaggio al segretario della Uilm, Antonio Talò, che nella nottata si è recato sull’impianto, chiedendo che i posti di lavoro siamo salvati. La protesta cominciata ieri sera, che non è sostenuta ufficialmente dai sindacati metalmeccanici, ha un evidente significato simbolico sia per le modalità sia per l’impianto scelto. Infatti, da quando è cominciata la vicenda giudiziaria dell’Ilva i lavoratori hanno effettuato diversi blocchi stradali e sit in all’esterno del siderurgico - così come negli anni ’80, quando l’Unione europea chiedeva tagli drastici di produzione di acciaio alle siderururgie europee, fu anche realizzata una "cintura umana" attorno allo stabilimento di Taranto - ma mai, come invece questa volta, gli operai erano saliti a 60 metri di altezza su un’altoforno. Inoltre la scelta è caduta sull’altoforno 5 sia perché è il più grande d’Europa e quello con maggiore capacità produttiva dello stabilimento di Taranto, sia perchè la sua fermata, prevista nel piano predisposto dai custodi giudiziari responsabili delle aree Ilva sotto sequestro, significherebbe assestare un colpo non indifferente a tutto il siderurgico. Insieme a cokerie e acciaieria 1, i custodi giudiziali - nel piano consegnato all’Ilva giorni fa dopo che il procuratore della Repubblica ha ordinato loro la definitiva attuazione del sequestro e il blocco produttivo delle aree sequestrate dell’Ilva - hanno infatti intimato la fermata e il rifacimento degli altoforni 1 e 5 e la dismissione con rifacimento dell’altoforno 3. Che il clima fosse teso in fabbrica lo si era capito già ieri con lo striscione apparso all’esterno della direzione, e in quel punto rimasto per molte ore prima che venisse rimosso, con la scritta significativa "Pronti a tutto". Anche il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, riferendosi alla situazione dei lavoratori e al presidio effettuato all’esterno della direzione, ha parlato di "comprensibile stato di agitazione in attesa del pronunciamento dell’autorità giudiziaria". E proprio oggi il gip Patrizia Todisco dovrebbe pronunciarsi in merito all’istanza dell’Ilva che ha chiesto la possibilita di una "minima capacità produttiva" a fronte d un piano di investimenti immediati da 400 milioni di euro. Il piano, però, a cui è strettamente collegata l’istanza aziendale, è stato però bocciato sia dai custodi che dalla Procura. Di qui la percezione negativa dei lavoratori che danno per scontato che anche il gip si pronuncerà sfavorevolmente con le presumbili conseguenze sul lavoro. Intanto dalle 6 di questa mattina i delegati e gli esecutivi della Fim Cisl dell’Ilva di Taranto stanno incontrando i lavoratori, presso le portinerie A, D e Tubifici "per spiegare l’azione sindacale intrapresa per coniugare le ragioni del lavoro con le ragioni della salute e dell’ambiente". Contestualmente stanno distribuendo un volantino illustrativo in cui si sottolinea che "dalla giornata di venerdì continuano a susseguirsi pareri della Magistratura, a diversi livelli (dai custodi, alla Procura, sino all’ultima decisione del Gip), di bocciatura del Piano d’intervento predisposto dall’Ilva" e che "già al termine dell’incontro di martedì 18 settembre la Fim Cisl nazionale e di Taranto aveva giudicato il Piano troppo parziale e inadeguato rispetto agli obiettivi di ambientalizzazione e riqualificazione industriale, troppo distanti dalle prescrizioni dei custodi giudiziari e di quelle che immaginiamo scaturiranno dalla revisione della nuova Aia, la cui istruttoria sarà chiusa il prossimo 30 settembre". La Fim Cisl ritiene che "sia da tempo scaduta la fase di tatticismi, annunci e risposte palliative agli obiettivi di ambientalizzazione e di salvaguardia occupazionale. Crediamo opportuno - dice il sindacato - che l’azienda dimostri da subito la capacità di dare concretezza con misure immediate. Riteniamo che la gran parte degli interventi, anche attraverso una loro periodizzazione, sia compatibile con l’attività produttiva e pertanto con la salvaguardia dell’occupazione. In questa fase, il mercato siderurgico, a livello nazionale e internazionale, è molto competitivo e un totale stand by produttivo comporterebbe l’ulteriore perdita di quote di mercato che, in una fase successiva, non sarebbero riconquistabili". La decisione del gip e lo sciopero -- La decisione tanto paventata dalle istituzioni e dall’Ilva alla fine è arrivata. Il gip di Taranto Patrizia Todisco ha detto no al piano formulato dall’Ilva di interventi immediati per il risanamento degli impianti inquinanti. No anche al mantenimento di un minimo di produzione chiesto dall’azienda. La decisione è contenuta nel provvedimento depositato poco fa dal giudice in cancelleria. Bocciato, quindi, il piano da 400 milioni di euro presentato da bruno ferrante nei giorni scorsi Il gip ha poi respinto anche le richieste di rimessione in libertà avanzate dai legali di Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell’Ilva, e di Luigi Capogrosso, direttore fino allo scorso mese di giugno dello stabilimento siderurgico tarantino. I tre sono agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso. Immediata la risposta di Fim e Uilm, che hanno dichiarato per domani e venerdì uno sciopero dei dipendenti dello stabilimento. "Con amarezza dobbiamo rilevare che nel piano, ilva si impegnava ad effettuare lavori per risanamento che in realtà erano già negli atti di intesa del 2003-2004, evidentemente non rispettati", hanno scritto i pubblici ministeri nelle cinque pagine di parere negativo al piano di ilva."Non c’è spazio per proposte al ribasso da parte dell’Ilva circa gli interventi da svolgere e le somme" da stanziare. E’ scritto nel provvedimento di Patrizia Todisco. "I beni in gioco, salute, vita e ambiente e anche il diritto a un lavoro dignitoso ma non pregiudizievole per la salute di alcun essere umano, lavoratore compreso, non ammettono mercanteggiamento". Il piano di investimenti Il Piano di investimenti immediati redatto dall’Ilva è stato consegnato il 18 settembre scorso dal presidente dell’azienda, Bruno Ferrante, in procura.Il Piano non è piaciuto da subito: non convinse neppure i sindacati, che già il 18 settembre all’uscita dall’incontro con Ferrante che glielo aveva presentato, giudicarono "inadeguate" le risposte dell’azienda rispetto alle indicazioni operative già allora formulate dalla Procura. Poi, il Piano non è piaciuto agli ingegneri-custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, che il 20 settembre si espressero per una bocciatura sostanziale in un documento contenente una relazione tecnica e consegnato al procuratore di Taranto, Franco Sebastio, e ai pm che si occupano dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dell’Ilva. Il giorno dopo giunse il ’no’ della procura sia al Piano sia alla richiesta aziendale di mantenere una capacità produttiva minima per tenere in equilibrio la tutela dell’ambiente e del lavoro. Il parere del pm "Avevamo formulato una parere che almeno al momento ha trovato accoglimento". E’ il primo commento del procuratore di Taranto, Franco Sebastio, alla decisione del gip Patrizia Todisco di rigettare le richieste avanzate dall’Ilva sulla prosecuzione dell’attività produttiva e il conseguente piano di investimenti immediati per risanare gli impianti dell’area a caldo sequestrati il 26 luglio perchè inquinanti. Nel decreto odierno il gip fa proprio gran parte del parere negativo espresso dalla Procura sulle richieste aziendali e le indicazioni date dal tribunale del riesame nell’agosto scorso. Clini: chiederemo il rispetto dell’autorizzazione ambientale con 4 anni di anticipo Anche il ministro dell’Ambiente Clini ha commentato - nel question time parlamentare - gli sviluppi della vicenda Ilva. "Il ministro dell’Ambiente - ha ricordato - è l’autorità competente, in base alla legge itaiana in applicazione della direttiva europea, per l’autorizzazione integrata ambientale, che rappresenta il documento di autorizzazione all’esercizio degli impianti industriali nel rispetto delle norme per la tutela dell’ambiente e della salute. Stiamo completando l’istruttoria per rilasciare l’autorizzazione e la termineremo in questi giorni". Autorizzazione che "avrà le prescrizioni puntuali per l’adeguamento degli impianti di Taranto agli standard stabiliti dalla commissione europea". "Mi auguro" - ha specificato Clini - che la decisione del Gip "non interferisca con la procedura prevista dalla legge italiana", e che il ministero "rilasci l’autorizzazione ambientale integrale". "Chiederemo a Ilva di cominciare a rispettare adesso, con 4 anni di anticipo, quanto sarà stabilito nell’Autorizzazione Integrale Ambientale, per l’adeguamento degli impianti di Taranto, che stiamo completando in questi giorni". Il piano consegnato dall’azienda prevede un impegno finanziario di 400 milioni di euro, 146 dei quali già impegnati per interventi in corso o programmati. Troppo poco, sembra a tutti coloro che si sono espressi negativamente. Troppo scarsi gli investimenti previsti soprattutto rispetto alla direttiva consegnata poche ore prima, la sera del 17 settembre, dai custodi giudiziari all’azienda, nella quale si indicavano dettagliatamente tutti gli interventi da eseguire per risanare l’area a caldo del Siderurgico. Gli interventi previsti dall’azienda nel Piano avrebbero una durata variabile da un anno, per i più semplici, a quattro anni per quelli più complessi. La vera novità del Piano aziendale riguarda i parchi minerali, per i quali l’Ilva ha affidato uno studio finalizzato ad un progetto di copertura dell’area (70 ettari). Ma il no del gip ha vanificato tutto. La notizia è stata accolta con forte preoccupazione dagli operai che da ieri sera stavano protestando salendo sugli altiforni e ora annunciano anche lo sciopero della fame. La protesta sugli altiforni Già in quattordici hanno passato la notte sulla passerella dell’altoforno cinque, il più grande d’Europa, fermi a 60 metri di altezza. In mattinata altri nove operai sono saliti sul camino E312 dell’area agglomerato dello stabilimento siderurgico dove si sono incatenati esponendo tre striscioni di protesta. E sono più di seicento i lavoratori che da questa mattina hanno presidiato l’ingresso della direzione dell’Ilva e dove è insorta una discussione tra due gruppetti di lavoratori, alcuni dei quali vogliono difendere con ogni mezzo la fabbrica e il posto di lavoro; altri sottolineano di avere parenti che si sono ammalati di tumore per l’inquinamento e chiedono interventi di ambientalizzazione, anche a costo di fermare gli impianti. Una giornata che si preannunciava di grande tensione in attesa della decisione del gip sulla sorte dello stabilimento. Ieri pomeriggio erano saliti i primi dieci operai sulla torre del nastro trasportatore dell’altoforno 5 mentre da questa mattina altri otto lavoratori sono saliti questa mattina per protesta sulla passerella in cima al camino E312 dell’area agglomerato, a circa 70 metri d’altezza. Gli operai hanno issato tre striscioni con le scritte ’la nostra salute è la vostra salute’, ’Noi strumentalizzati da salute e lavoro, voi da chi?’ e ’Noi per ambiente salute e lavoro’. Tra i dipendenti c’è anche "un padre disperato", così si firma dall’Afo5 in una lettera consegnata al segretario Uilm, Antonio Talò; "ansia, paura, rabbia, delusione - ha scritto - questo è il mio stato d’animo. L’incertezza del futuro e la paura di perdere tutto quello che ho creato con fatica e sacrifici mi sta facendo diventare pazzo"."La nostra è una protesta pacifica- ha detto un operaio di 26 anni in protesta sull’altoforno cinque - un’iniziativa spontanea per difendere il nostro posto di lavoro. Vogliamo garanzie. Viviamo con rispetto il dramma di chi ha problemi di salute ma il lavoro è anche un diritto. La maggior parte di noi ha una famiglia e un mutuo sulle spalle". Una notte passata a cento metri di altezza "ci auguriamo che tutto vada bene e vogliamo che si trovi un punto d’incontro tra la Procura e l’azienda e che gli impianti siano resi ecocompatibili, altrimenti siamo pronti a partire per Roma. Siamo disposti a tutto pur di difendere il nostro posto di lavoro, abbiamo figli, abbiamo famiglia, abbiamo mutui. Ci auguriamo che tutto vada a buon fine". Mario Diliberto-repubblica Ilva, Ferrante: “Nessuna emergenza sanitaria”. Blocchi dei lavoratori - Nei terreni vicini all’azienda sono stati individuate sostanze inquinanti come mercurio, nichel e cadmio e il sindaco ha vietato ai cittadini “l’accesso alle aree verdi non pavimentate del quartiere Tamburi”. Eppure secondo il presidente dell’Ilva, a Taranto non c’è nessuna emergenza sanitaria. Bruno Ferrante, che gioca una partita a scacchi fatta di note firmate e finora riservate con i tecnici Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento, è intervenuto a La telefonata di Maurizio Belpietro su Canale5, dove ha dichiarato: “Abbiamo in mano altre perizie che raccontano una verità diversa sull’emergenza salute per la zona di Taranto: sto ricevendo in questi giorni studi da personalità della scienza” secondo cui “a Taranto non c’è emergenza sanitaria”. Ferrante ha spiegato che “quando verrà il momento consegneremo queste perizie all’autorità” e ha aggiunto: “Stiamo raccogliendo tutti i dati che anche le condizioni ambientali di Taranto non sono poi peggio di tante realtà urbane del nostro paese”. Inquinamento a Taranto – Il presidente dell’Ilva ha ammesso che comunque c’è inquinamento in città, “e per questo – ha spiegato – nel nostro programma sono previste iniziative per attenuare lo ‘spolverio’. Questo è un problema connesso alla collocazione stessa dello stabilimento, realizzato troppo a ridosso del rione Tamburi, ma stiamo avviando iniziative importanti proprio per attenuare lo spolverio. Abbiamo ridotto il cumulo di minerali giacenti e stiamo provvedendo a un sistema d’idratazione molto più efficace”. Dunque, ha continuato, “c’è un impegno serio dell’azienda, corretto e responsabile, e per questo sono rimasto amareggiato nel sentir definire ‘sconcertante’ il programma di un’azienda” che “non ha mai distribuito dividendi ma ha sempre reinvestito gli utili nel rinnovamento tecnologico anche in funzione ambientale”. Fermo degli impianti e attività di risanamento – Ferrante è tornato sul ricorso contro il provvedimento del gip Patrizia Todisco che ieri ha detto no alla richiesta dell’azienda di produrre utilizzando i reparti della grande fabbrica sotto sequestro per l’inquinamento che sviluppano: “Combatteremo in tutte le sedi che la giustizia ci consente per far valere nostre ragioni – ha detto – e impugneremo subito la decisione del gip che però va eseguita. Che significa avviare il fermo di alcuni impianti e iniziare attività di risanamento”. Il ricorso, ha aggiunto, “lo presenteremo nei primi giorni della prossima settimana e faremo anche ricorso contro gli arresti” (sono ai domiciliari Emilio e Nicola Riva, ex presidenti Ilva e l’ex direttore dello stabilimento, Luigi Capogrossi, ndr). Ha evidenziato anche i problemi occupazionali relativi a un’eventuale chiusura di parte dell’impianto: ”Se dovessimo andare al fermo alla chiusura di alcuni altiforni, così come detto anche nelle decisioni dei custodi, questo evidentemente creerebbe problemi sia sull’attività produttiva che sui livelli occupazionali”, ha aggiunto. ”L’Ilva attualmente produce – ha proseguito Ferrante – perché è inevitabile che produca. Se gli impianti, come dicono gli stessi magistrati, devono funzionare per essere risanati, è inevitabile che se funzionano producono, quindi l’acciaio viene prodotto regolarmente ed è impossibile che non sia così”. Ferrante ha aggiunto di aver “sempre rispettato il ruolo, il lavoro e le decisioni dell’autorità giudiziaria. Però – ha sottolineato – combattere il reato è una cosa, dare un’indicazione su scelte di natura tecnica di intervento sugli impianti è un’altra cosa. E un’altra cosa ancora è adottare provvedimenti che dicono all’azienda di chiudere, di non produrre. Questo significa alterare l’equilibrio sociale, economico, industriale di una zona del Paese”. Il sindaco: “Investire per tutelare ambiente, salute e lavoro. Come finirà? Bene” - “Sto dalla parte della ragionevolezza: investire per rispettare ambiente, salute e lavoro. Bisogna fare una sola cosa: ambientalizzare la fabbrica. Ancora l’Ilva non ha deciso di impegnare risorse per la tutela della salute e dell’ambiente”. Il sindaco di Taranto Ippazio Stefano a Tgcom24 è convinto che vadano “rispettati dei diritti inviolabili: il diritto al lavoro e il diritto alla salute”, ma è convinto che “finirà bene” perché “aumenterà l’impegno finanziario dell’Ilva e le norme prescritte dai magistrati saranno recepite dall’Ilva e dall’Aia, come abbiamo chiesto: saranno migliorative e d’eccellenza. Perché noi chiediamo l’eccellenza per questa città e per i cittadini che hanno dato tanto”. Legambiente: “Contro inquinamento l’azienda stanzi risorse adeguate” – Abbattere l’inquinamento, bonificare, diversificare l’economia. Ma anche attuare interventi sanitari e garantire trasparenza. Sono queste le richieste di Legambiente Taranto che ha annunciato un sit-in per domani pomeriggio in Piazza Immacolata a partire dalle 18. “L’annuncio della disponibilità Ilva ad investire 400 milioni non ha, giustamente e ovviamente a nostro avviso, convinto la Magistratura – ha scritto in una nota-. L’abbiamo detto e lo ripetiamo: per abbattere l’inquinamento Ilva deve stanziare risorse adeguate ed adottare un cronoprogramma stringente. E’ questa l’unica strada per tenere insieme salute, ambiente e lavoro”. Secondo l’associazione ambientalista è prioritario “abbattere drasticamente le emissioni inquinanti dell’Ilva e di tutti gli impianti industriali presenti nel territorio prevedendo limiti particolarmente severi anche in considerazione del carico complessivo di inquinamento che grava sulla città”. Sciopero e blocchi dei lavoratori - Sono già in corso da questa mattina alle 7, in concomitanza con l’avvio del primo turno, gli scioperi ed i presidi stradali dei lavoratori dell’Ilva in difesa del posto di lavoro contro la chiusura degli impianti. Rispetto a ieri, Fim, Cisl e Uilm hanno deciso di anticipare l’avvio della protesta. I presidi stradali, che stanno riguardando le statali 100 per Bari e 106 per Reggio Calabria, sono stati mantenuti anche tutta la scorsa notte con la presenza di circa una trentina di persone. La protesta andrà avanti per tutta la giornata. Proteste anche a Genova – Nel capoluogo ligure circa 200 lavoratori dello stabilimento di Cornigliano sono scesi in strada oggi per protestare contro la situazione venutasi a creare a Taranto. La manifestazione è stata organizzata da Fim e Uilm. I lavoratori hanno bloccato il traffico della zona, per poi riunirsi in presidio permanente davanti allo stabilimento. Non è previsto un corteo. Uno scontro in punta di penna. I quattro custodi giudiziari dell’Ilva si infliggono colpi attraverso lettere al vetriolo, evidenziando un divario troppo netto per essere colmato. Tra Bruno Ferrante da una parte e i tecnici Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento dall’altra, si gioca una partita a scacchi fatta di note firmate e finora riservate. Il via alla battaglia epistolare lo ha dato Bruno Ferrante, presidente del cda Ilva e amministratore nominato dal tribunale del riesame il 7 agosto, revocato poi dal gip Patrizia Todisco e infine reintegrato lo scorso 28 agosto. Ferrante ha spedito una nota ai tecnici dopo la richiesta di questi in cui lo invitavano a provvedere, come disposto dalla procura, alla definizione di un piano per la ricollocazione del personale degli impianti sequestrati. Un piano che dovrebbe consentire anche la riqualificazione degli operai nelle operazioni di bonifica e quindi alla salvaguardia del posto di lavoro in caso di chiusura dello stabilimento. Ferrante, evidentemente, non ha gradito. “Non credo – ha scritto l’ex prefetto di Milano – che i custodi tecnici abbiano la responsabilità di invitare il custode responsabile a provvedere alla definizione di un piano operativo di gestione del personale”. Il legale rappresentante legale dell’Ilva, forse, si è sentito punto nel vivo e così ha deciso di passare al contracco: “Sono semmai da discutere – ha rilanciato Ferrante – collegialmente le disposizioni tecniche in modo da armonizzarle con quelle relative al personale. Non mi pare neppure corretto che i custodi-tecnici indichino al custode-amministratore le modalità di gestione del personale (come quando si invita a prevedere “azioni mirate alla formazione e alla riconversione del personale”….), a seguito in particolare della procedura di fermata dell’altoforno 1. Tali indicazioni dovrebbero tutt’al più provenire dall’autorità che vigila sull’esecuzione dei provvedimenti del Tribunale del riesame, ma non certo da una parte dei custodi, che non hanno peraltro competenze specifiche nella materia”. Eppure la richiesta dei tecnici non è affatto slegata dalle richieste formulate dalla procura che il 5 settembre scorso ha emanato un provvedimento che divideva nettamente le funzioni tra i tre ingegneri tecnici, a cui compete la “realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni pericolo e l’attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”, e l’unica a ssegnata a Ferrante che deve occuparsi proprio delle “scelte gestionali riguardanti il personale addetto alle aree in sequestro”. Non solo. Ferrante rinfaccia ai tecnici di non avere competenze specifiche in materia di gestione del personale, ma pretende di partecipare alle decisioni tecniche senza, tuttavia, ammettere di non possedere a sua volta quelle competenze. Lo staff guidato da Barbara Valenzano però non ha incassato, anzi ha risposto punto su punto. Hanno condiviso la necessità di un lavoro collegiale, ma hanno sottolineato di non aver ricevuto alcuna proposta di incontro da parte di Ferrante. Hanno poi lanciato l’affondo sottolineando come gli “aspetti connessi alla gestione del personale e agli aspetti amministrativi economico-finanziari per i quali almeno parzialmente la società ha convenuto, sono bloccati” e che da alcuni giorni sarebbero impossibilitati a raggiungere la palazzina direzionale dell’Ilva perché “il presidente effettua incontri sindacali, conferenze stampa e visite di cortesia”. I custodi tecnici, sottolineando il doppio ruolo di presidente del cda Ilva e di amministratore giudiziario rivestito da Ferrante – che per il gip Todisco rappresentava un palese conflitto di interessi – hanno chiarito che questo non deve “inficiare il processo di eliminazione delle situazioni di pericolo affidato a tutti i custodi-amministratori e che dovrà essere attuato in tempi immediati”. Pur comprendendo “l’esigenza del presidente del consiglio di amministrazione della società Ilva di perseguire la difesa, anche attraverso i media, dell’immagine aziendale” i custodi si sono detti certi del fatto che “la tutela della salute dei cittadini, dei lavoratori e del loro lavoro” resti “un obiettivo primario”. Ma non è tutto. I tecnici hanno poi chiaramente puntato il dito contro Ferrante in merito alle proteste clamorose inscenate dagli operai negli ultimi giorni. “Gli ultimi eventi di protesta determinatisi a seguito delle sue dichiarazioni stampa e comunicazioni alle organizzazioni sindacali, di cui i custodi tecnici non hanno neanche piena conoscenza, stanno mettendo in pericolo l’incolumità dei lavoratori e della popolazione”. I tencici hanno così informato la procura della Repubblica declinando ogni responsabilità dai “gravi rischi che non sono connessi alle ordinarie attività lavorative ed al normale esercizio degli impianti”. La battaglia epistolare, quindi, sembra destinata a continuare. Ilva. Vendola: "L’Aia può essere occasione per un salto nel futuro" - “Facciamo di questa Autorizzazione integrata ambientale l’occasione per un salto nel futuro. Non possiamo più ragionare con le categorie del passato. Le evidenze epidemiologiche oggi ci consegnano un altro quadro. E per quello che mi riguarda bisogna partire da lì. Come impediamo cioè che le produzioni abbiano un riverbero nefasto sulla salute e sulla vita dei cittadini. Questo è il nodo che va sciolto anche nell’Aia. Io dico al ministro Clini, bisogna fare bene prima di fare presto. Non vale fare presto e fare male. Bisogna fare bene perchè questa è una occasione storica. Dalle ceneri delle vecchia Ilva può nascere non solo una nuova Ilva, ma anche un nuovo modello di sviluppo per tutta Italia”. Lo ha detto il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a margine dell’evento inaugurale del 13esimo meeting del volontariato Anpas in corso di svolgimento alla Fiera del Levante di Bari. “Bisogna mettere al centro il valore incommensurabile della vita e della salute, poi viene tutto il resto – ha continuato Vendola – e questo lo vorrei dire con amicizia al Ministro Clini perché abbiamo lavorato di concerto, abbiamo cercato di comporre un equilibiro tra industria,e ambiente tra lavoro e salute ma il punto non è chiudere in fretta l’Aia, per salvare l’Ilva. Noi dobbiamo salvare l’Ilva ambientalizzata in maniera radicale e salvare le domande di vita della città di Taranto che sono domande di salute, di ambientalizzazione e di lavoro insieme”. Per Vendola “la verità è che non esiste un conflitto tra salute e lavoro, ma esiste un conflitto tra il partito del profitto da una parte e dall’altra il lavoro e l’ambiente che, insieme, sono le vittime dello strapotere dei circuiti economico finanziario che dominano il mondo”. “Dobbiamo chiedere – ha detto Vendola - che una parte di quei proifitti ciclopici che aziende come Ilva trasformano in rendita finanziaria sia data anche come restituzione. Cambiare gli altiforni che sono ormai parco archeologico, cambiare le tecnologie e intervenire su tutti gli ingredienti che generano pregiudizio nei confronti della salute dei cittadini” “Siamo di fronte ad un punto di svolta necessaria - ha aggiunto Vendola - perché non si può immaginare che nella distanza che separa gli stabilimenti del siderurgico dal tribunale di Taranto ci sia una contesa tradizionale. Non si può immaginare che siamo al conflitto tra lavoro e ambiente. È accaduto qualcosa di estremamente importante. I monitoraggi fatti dall’Arpa e le analisi fatte dalle Asl hanno prodotto delle evidenze scientifiche, utilizzate all’interno di un procedimento penale, che hanno dimostrato una relazione tra l’inquinamento, le patologie e la morte. Questo è il tema da affrontare, non il tema astratto dei vincoli e delle soglie di emissione degli inquinanti”. Ilva: Legambiente scrive a Clini per Aia - La nuova Aia per l’Ilva deve tenere conto dei dati epidemiologici: lo chiede il presidente nazionale di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, in una lettera al ministro Corrado Clini. ’’Crediamo fermamente - e’ scritto - che i dati prodotti da soggetti autorevoli come l’Oms, l’Iss, la Asl, l’Arpa, nonche’ i dati emersi nella perizia epidemiologica presentata nell’incidente probatorio dell’inchiesta per disastro ambientale in cui e’ coinvolta l’Ilva, siano attendibili e molto preoccupanti’’. Ilva, "è in corso un genocidio". Denuncia al tribunale dell’Aja - Il Comitato Taranto Futura, così come annunciato nel luglio scorso, ha presentato una denuncia al procuratore del Tribunale penale internazionale dell’Aja per chiedere l’apertura di un’inchiesta nei confronti della classe dirigente tarantina, regionale e nazionale, in concorso con i vertici dell’Ilva, per la violazione degli articoli 5, 6 e 7 dello statuto della Corte penale internazionale per i reati di genocidio e crimini contro l’umanità in relazione all’inquinamento prodotto dallo stabilimento siderurgico e ai mancati controlli da parte delle istituzioni. Lo rende noto l’avvocato Nicola Russo, coordinatore del Comitato cittadino, che ha già promosso un referendum per la chiusura totale o parziale del siderurgico. Russo sottolinea in una nota che l’esposto si basa sugli ultimi dati e accertamenti sanitari forniti dai periti del Tribunale nel procedimento per disastro ambientale nei confronti di dirigenti dell’Ilva. Stanno trascorrendo la domenica sulla torre di caricamento dell’altoforno 5 e sul camino E312 gli operai dell’Ilva che, alternandosi fra loro, hanno deciso di restare a presidiare gli impianti a diverse decine di metri di altezza. Un presidio che pero’ non sta intaccando la normale attivita’ produttiva. Nonostante l’annuncio del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che l’Autorizzazione integrata ambientale e’ in dirittura d’arrivo, e i diversi tentativi di persuasione fatti dal sindaco di Taranto, Ezio Stefano, dal deputato del Pd, Ludovico Vico, e dai sindacalisti di Fim Cisl e Uilm, gli operai sono ancora li’. In quelle postazioni in alto.Domani sara’ una settimana esatta che l’occupazione dell’altoforno 5 e’ cominciata mentre quella del camino E312 ha avuto inizio lo scorso 26 settembre. I lavoratori dicono di non voler scendere da dove sono sin quando tutto il percorso dell’Aia non sara’ definitivamente concluso col rilascio dell’autorizzazione all’Ilva. Gli operai temono che la fermata di tutti gli impianti per metterli in sicurezza sotto il profilo ambientale, cosi’ come indicato dai custodi giudiziali - che sono i tecnici della Procura - non sia affatto scongiurata. Un conto, affermano i lavoratori, e’ un cronoprogramma che coinvolge gli impianti a gruppi lasciando al siderurgico la possibilita’ di produrre, altro, invece, e’ un stop generalizzato. E mentre va avanti la protesta degli operai, i sindacati metalmeccanici provano a ricucire le divisioni tra di loro. Gli scioperi di giovedi’ e venerdi’ hanno allargato lo strappo tra Fim Cisl e Uilm Uil da un lato e Fiom Cgil dall’altro. La Fiom, che gia’ non aveva condiviso le precedenti proteste delle altre due sigle sindacali, si e’ nettamente dissociata anche dai blocchi stradali e dalle astensioni dal lavoro di questa settimana perche’ ha ritenuto queste mobilitazioni schierate piu’ contro la Magistratura, che ha disposto il sequestro dell’area a caldo dell’Ilva, che contro l’azienda che non propone ancora gli investimenti necessari per risanare il siderurgico."Ma noi - commenta Antonio Talo’, segretario Uilm Taranto - dobbiamo provare a ricucire tra di noi. Da domani voglio verificare se questo e’ possibile. Dobbiamo decidere da che parte stare, ovvero se fare i populisti o gli ipocriti, o batterci davvero per risanare l’Ilva". La Fiom Cgil, invece, gia’ dalla prossima settimana potrebbe fare le assemblee con i lavoratori Ilva, "anche da soli - ha detto Donato Stefanelli, segretario Fiom Taranto nell’assemblea di venerdi’ presente il segretario generale Maurizio Landini -. Sono oltre 20 giorni che abbiamo proposto alle altre due organizzazioni di confrontarci in assemblea con i lavoratori perche’ e’ con loro che dobbiamo costruire la nostra proposta. Una proposta che chieda all’Ilva di investire perche’ questo e’ il punto fondamentale. Non servono spaccature e forzature in una fase cosi’ difficile". "Ma noi vogliamo difendere il lavoro e l’ambiente - osserva Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto - e la Fiom non puo’ pensare che ogni iniziativa e ogni mobilitazione siano contro l’azione della Procura. Pensiamo che le proteste di giovedi’ e venerdi’ scorsi abbiano accelerato il percorso dell’Aia e noi adesso aspettiamo il varo definitivo di questo provvedimento che reputiamo molto importante. Non ci sono nuove proteste all’orizzonte. Le riprenderemo solo se dovesse manifestarsi qualcosa di strano, ma speriamo di no". C’era una volta un’altra “ILVA”… - L’attenzione per il sociale è sempre stata alta nel Quotidiano degli uomini liberi Rinascita. Ed è giusto parlare quindi di un’altra ILVA, che non è affatto quella che compare per il suo triste odierno destino, ma è quella che operava per la nazione, esattamente settant’anni fa. Una ILVA al servizio della Patria, che farebbe tremendamente invidia a quella del 2012, martirizzata, e ridotta alla chiusura, per l’incompetenza dei nostri amministratori e per il solito attacco giudiziario. Conosciamola assieme, quest’ILVA, ma soprattutto, capiamo cosa era in grado di offrire, ai suoi dipendenti. Nel ventennale del fascismo, uffici di assistenza sociale, asili e doposcuola, dispensa viveri, refettori, orti ed allevamenti di guerra (siamo in pieno secondo conflitto mondiale), assistenza igienico sanitaria negli stabilimenti, prevenzione infortuni e protezione antiaerea, corsi di cultura popolare e d’insegnamento, dopolavoro, formavano nella grande famiglia dell’ILVA, come ormai in tutte le grandi società industriali, il complesso di previdenze e provvidenze per i lavoratori ed i loro congiunti. Ciò che contava era evidentemente lo sviluppo delle attività raggiungibili nelle singole aziende, perciò alcune cifre, possono mettere meglio in evidenza la non comune estensione che esse avevano presso i numerosi stabilimenti dell’ILVA (all’epoca quello tarantino non esisteva ancora). L’assistenza sociale, oltre alle forme legislative dell’epoca, cercava con spirito umanitario di aiutare in ogni campo il personale ed i famigliari: uffici speciali svolgevano, su richiesta, pratiche di ogni genere, assegnando sussidi e contributi straordinari da parte della Società, dando riconoscimenti di anzianità sul lavoro (ricordiamo che nel triennio 1938 – 1941 ben seicento operai hanno avuto il premio per ininterrotto servizio all’ILVA). La media annua dei dipendenti che ricorrevano agli uffici dell’ILVA era di circa 10.000, corrispondente, nel 1942, ad un terzo degli impiegati nella società. Per l’incremento demografico e la sanità, erano stati istituiti da anni premi di nuzialità e natalità: 6241 distribuiti nel triennio 1938 – 1941, oltre a numerosi sussidi per l’assistenza all’infanzia, all’epoca, particolarmente curata. L’ILVA, infatti, conduceva direttamente un asilo infantile e un doposcuola a Piombino e Bagnoli di Napoli, nonché finanziava totalmente le case materne di Trieste (Ilvania) e Portoferraio, dove 600 figli di dipendenti degli stabilimenti sociali erano annualmente accolti; l’azienda, inviava 800 bambine alle Colonie montane del Partito; gestiva una colonia marina a Bagnoli, ospitandovi ciascuna stagione 1200 bambini, e curando in particolare la propria a Forte dei Marmi, una delle più grandi d’Italia per attrezzatura e larghezza di criteri. In occasione della Befana Fascista, ai figli dei dipendenti si provvedeva annualmente alla distribuzione di circa 10.000 pacchi di indumenti. Sempre per andare incontro alle necessità delle famiglie dei propri impiegati ed operai, la Società aveva da tempo istituito dispense di viveri con annessi servizi di pianificazione in tutti gli stabilimenti dove non fossero preesistite cooperative operaie. Tali dispense rispondevano ai bisogni di 16.000 famiglie per un complesso di acquisti di circa 30 milioni delle vecchie lire annui. Grandi refettori e mense aziendali, modernamente attrezzati, distribuivano oltre 352.700 tra pasti e minestre. Le suddette gestioni erano attuate sotto la stretta sorveglianza sanitaria della Società e perché agissero veramente da calmiere nelle varie località, contribuendo assai cospicuamente al loro funzionamento. Per favorire negli ambienti operai la passione ai lavori agricoli nelle ore di riposo, l’ILVA, aveva iniziato da tempo, ed incrementato negli ultimi mesi del 1941, per contribuire anche alla produzione agraria, la coltivazione degli appezzamenti di terreno annessi agli stabilimenti, sia come ausiliari della dispensa viveri e della mensa operai, sia affidandoli alle singole famiglie: un insieme di 1100 appezzamenti per complessivi 340.000 mq, moltissimi dei quali di recente dissodamento (nel ‘41), portando il suo contributo alla quotidianità. Nel campo dell’assistenza igienico sanitaria sul lavoro, vasti e razionali impianti con spogliatoi capaci di 30.000 posti armadi, di 3.000 lavabi e delle docce nella dovuta proporzione, venti infermerie con i relativi posti di pronto soccorso, ottimamente attrezzati e rispondenti alle esigenze del lavoro, occupavano nel complesso fabbricati per un volume di 100.000 metri cubi. In ciascuno stabilimento Comitati e Sottocomitati per la prevenzione infortuni erano preposti all’esame dei problemi inerenti alla Sicurezza, nonché alla relativa opera di propaganda e di persuasione, diretta alla massa operaia per renderla partecipe della lotta contro i sinistri sul lavoro. Il miglior consuntivo dell’opera svolta, in profondità ed estensione, da tale capillare organizzazione, era dato dai soddisfacenti risultati conseguiti nella fine degli anni ‘30 e inizio anni ‘40. Le esperienze dei singoli stabilimenti della Società, e le conseguenti conclusioni, erano comunicate agli altri plessi della società, per estenderne rapidamente i benefici a tutta la massa operaia. Tra il ‘39 e il ‘42 si era dato forte impulso organizzativo alla protezione antiaerea, sia con la costruzione di adatti ricoveri, sia tenendo negli stabilimenti frequenti conferenze, illustrate da proiezioni cinematografiche e seguite da riunioni di addestramento delle varie squadre di protezione antiaerea. Prima dello scoppio delle ostilità veniva distribuito a tutti gli operai un opuscolo, edito dalla Società, sul modo di comportarsi in caso di allarme. Quest’attività organica dell’ILVA attirava il più delle volte l’elogio dei competenti organi superiori ministeriali. Le incursioni aeree nemiche, specie nei primi mesi della guerra, avevano collaudato questa sana organizzazione: tra le persone non si era mai verificato il minimo incidente. L’assistenza ai lavoratori e alle loro famiglie veniva completata nel campo morale ed educativo con corsi di cultura e biblioteche. La Società aveva istituito quindici corsi organici culturali e d’insegnamento con 45.000 frequenze annue per tutte le attività ausiliarie, nelle quali comunque entra la specializzazione meccanica. Tali realizzazioni erano state promosse, quantunque la particolare attività svolta dalla Società non consentisse la preparazione nelle scuole, ma obblighi, per la massa degli operai, all’apprendistato con affiancamento diretto degli allievi agli operai specializzati sul lavoro. Annesse ai dopolavori l’azienda aveva costituito 12 biblioteche, con 20.000 volumi complessivamente ed in continua rotazione fra gli operai e i loro familiari. Ciò che serviva più a riunire, in affiatamento la numerosa famiglia dell’ILVA, era la grandiosa organizzazione dopolavoristica che contava 19 dopolavori aziendali con 256 sezioni di attività sportive e ricreative. L’attività si svolgeva nelle sedi dei dopolavori sociali, che comprendevano: tre campi di calcio, sei impianti completi per l’atletica leggera, otto campi di tennis, dodici di pallacanestro e pallavolo, un campo di pattinaggio, ed un tiro a segno, quattordici bocciodromi con centodue campi da gioco; impianti distribuiti in una superficie all’aperto di 138.563 mq; mentre teatri, cinema, aule per corsi e conferenze, sale di lettura, di riunioni, palestre d’armi, da giuoco, occupavano un volume di ben 59.701 metri cubi. Le manifestazioni sportive ed escursionistiche dell’anno 1941, cioè in piena guerra, ammontavano ad oltre 5126 con 67.979 partecipanti. A tali attività si devono anche aggiungere 1788 manifestazioni artistiche culturali ed educative con 437.194 aderenti. Ad 850 spettacoli (teatrali, cinematografici, d’arte varia, concerti vocali e strumentali) assistevano 338.920 dopolavoristi. Il risultato di questa notevole multiforme attività spiegata dall’organizzazione dopolavoristica è dato dai numerosi premi conseguiti e dai titoli di campionato aggiudicati: 470 coppe e targhe e 400 medaglie, 56 titoli di campionato, di cui 34 provinciali, 14 di zona, 6 nazionali ed uno mondiale, costituiscono l’appannaggio del vanto del dopolavoro aziendale dell’ILVA, a 70 anni di distanza. Durante la guerra, notevole parte dell’attività dell’Opera Nazionale Dopolavoro era rivolta ai soldati: 200.000 militari erano stati ospiti delle sedi dopolavoristiche, 80.000 potevano assistere ad oltre 100 spettacoli e riunioni sportive in onore delle Forze Armate, organizzati spesso nelle stesse sedi, talvolta in teatri, presso caserme o ospedali. A tutto l’imponente complesso di opere assistenziali e dopolavoristiche sopra illustrate, la Società dedicava cospicue cifre che assommano, nel loro insieme, a parecchi e parecchi milioni di lire. Durante il conflitto, ai congiunti dei richiamati al fronte, l’ILVA agevolava gli acquisti presso le proprie dispense di viveri, e, nei casi di indigenza, concedeva sussidi straordinari; a mezzo di appositi uffici collaborava attivamente alla ricerca di notizie riguardanti i dispersi; ed infine, alle famiglie dei Caduti, ai feriti, agli invalidi, ai mutilati, in segno di solidarietà, destinava ottimi contributi commisurati al numero dei famigliari a carico del dipendente interessato. Con l’eloquenza delle cifre esposte, l’ILVA dimostrava di essere presente in tutte le opere indicate per la redenzione del popolo italiano, per lo spazio vitale e per l’indipendenza nazionale dalla plutocrazia. Non è certo l’ILVA impotente dei nostri giorni, distrutta e male amministrata. E ancora una volta, il passato è meglio del presente. Un gran peccato.Valentino Quintana Ilva, Clini: "Non trattiamo sull’Aia" Confindustria: "Chiudere? Un disastro" - La valutazione del danno sanitario (Vds) predisposta dalla Regione Puglia come parte integrante dell’Aia, l’autorizzazione di impatto ambientale, rilasciata dal ministero. Non se ne parla, dice il governo. Un nuovo braccio di ferro sull’Ilva, che vede Vendola e Clini scontrarsi sulle certificazioni da rilasciare al più importante sito produttivo europeo. "Se chiude Taranto - dice il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi - per il paese sarà un disastro, con un peggioramento del Pil e una perdita nella bilancia commerciale nell’ordine degli 8 miliardi di euro". Il ministro: "Nessuna trattativa" - Le richieste di "rinvio, che puntano ad aprire una ’trattativa’ sui contenuti del provvedimento" Aia, "non sono giustificabili né accettabili". Il ministro Clini non si lascia tirare per la giacca sul contenuto dell’autorizzazione ambientale che dovrebbe essere rilasciata a breve per il siderurgico e respinge le richieste degli enti locali, tra cui la Regione, sull’Autorizzazione integrata ambientale, affermando di non essere "disponibile a trattative". "La conclusione della procedura è fissata per il 17 ottobre - ha aggiunto il ministro, ricordando che la stessa si sarebbe dovuto concludere "entro il 21 settembre". Proprio il ministro "ha prorogato al 30 settembre il termine" per l’approvazione "per consentire un confronto approfondito, alla luce delle considerazioni del Gip". Clini si dice "non disponibile a ripetere l’esperienza dell’Aia approvata nell’agosto 2011 dall’allora ministro Prestigiacomo e dal presidente Vendola". Una procedura, ricorda lo stesso ministro, "durata circa 4 anni e conclusa con un provvedimento che conteneva 462 prescrizioni, tra loro contraddittorie, rappresentative della esigenza di ’dare ragione a tutti’, azienda, Regione, enti locali, associazioni ambientaliste, senza affrontare e risolvere in modo chiaro ed efficace i nodi della ambientalizzazione dello stabilimento di Taranto: non a caso abbiamo dovuto riaprire la procedura di Aia". Vendola: "Accettiamo la sfida dei tempi" - "Naturalmente so quali sono i tempi che ha previsto il ministro Clini, e gli dico che accettiamo la sfida", ha precisato il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, a proposito della necessità di riuscire a portare, al tavolo dell’Aia, il regolamento attuativo sul danno sanitario previsto da una legge regionale approvata lo scorso 24 luglio. "I nostri tecnici - ha sottolineato - sono al lavoro. Domani - ha concluso - variamo il regolamento sul danno sanitario affinché venga subito inglobato sui tavoli tecnici e affinché possa diventare uno di quegli elementi che consegne a tutti gli attori di questo problema, di dire stiamo andando verso la salvezza della salute e del lavoro". "Noi intendiamo portare in sede di Aia questo parametro - ha aggiunto - che è destinato a cambiare la storia d’Italia, la storia dell’industria. Credo cioè che per i grandi impianti industriali occorre valutare quale è l’impatto che il loro inquinamento ha sulla salute delle persone e quindi rimuovere quell’impatto". L’allarme di Confindustria - "Ritengo che il caso Ilva - ha aggiunto Squinzi - sia uno dei più emblematici della difficoltà di fare impresa in Italia. La famiglia Riva ha comprato un’attività in grande difficoltà, ci ha investito e dovrà investire ancora. Ma è fondamentale non perdere questo pezzo del nostro manifatturiero. Mi auguro - ha concluso - che prevalga il buon senso e la volontà di andare avanti". Ilva, ore decisive per la chiusura, Cgil in piazza il 20 ottobre a Roma - Un faccia a faccia risolutivo. Per imboccare la decisiva strada dell’esecuzione del sequestro dell’area a caldo dell’Ilva. E’ quello in programma questa mattina al terzo piano del palazzo di giustizia di Taranto, mentre sono in corso una serie di assemblee organizzate dalla Fiom Cgil all’interno dello stabilimento con il segretario nazionale Maurizio Landini che ha annunciato per sabato 20 ottobre una manifestazione nazionale di tutte le aziende in crisi organizzata dalla Cgil, dall’Ilva all’Alcoa, alla Fiat, a Finmeccanica, per citare solo quelle metalmeccaniche. Alla manifestazione, che si terrà a Piazza San Giovanni, parteciperà la leader della Cgil Susanna Camusso. "Siamo di fronte a una emergenza nazionale - ha detto Landini - per difendere l’industria nel nostro Paese servono anche politiche industriali che il governo finora non ha avuto e che devono essere messe in campo. Il valore della vicenda Ilva è dimostrare che è possibile difendere il diritto al lavoro e il diritto alla salute. Questo farebbe fare a tutto il Paese un passo in avanti".Gli incontri di oggi e le iniziative della Fiom sono stati criticati da Fim e Uilm, dopo le divisioni dei giorni scorsi. Sul fronte della magistratura, in procura, nell’ufficio del procuratore capo Franco Sebastio si riunirà il pool inquirente che ha messo sotto accusa la più grande fabbrica italiana per l’inquinamento che riversa sul centro abitato. Dall’altra parte del tavolo si accomoderanno gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lo frumento, i tre custodi giudiziari dei sei reparti finiti sotto chiave. Ufficialmente l’incontro è stato fissato per consentire ai timonieri della grande fabbrica dell’acciaio, per nomina del giudice, di relazionare sull’attuale situazione all’interno del siderurgico. Ma nel chiuso della stanza dei bottoni si discuterà ancora una volta del passaggio alla fase esecutiva di quei sigilli che sono sulla carta dal 26 luglio, cioè da quando è scattato il primo provvedimento di sequestro firmato dal gip Patrizia Todisco. In realtà il semaforo verde è stato acceso ai primi di settembre dai procuratori, quando impartirono direttive ben precise. A quelle indicazioni fece seguito un rovente sopralluogo nello stabilimento, al termine del quale i custodi misero nero su bianco prescrizioni durissime. Tra cui lo spegnimento di due altiforni e la dismissione di un terzo da tempo non utilizzato, la chiusura di oltre duecento forni della cokeria e di un’acciaieria. Un attacco frontale al quale Ilva ha replicato, bussando alla porta del gip con la richiesta di una parziale facoltà d’uso degli impianti a fini produttivi. "Senza produzione è impossibile sostenere gli investimenti per la messa a norma dell’area a caldo" - hanno sostenuto i legali dell’azienda. Ma le loro argomentazioni si sono infrante sull’ennesimo no del gip, spiegato con "l’impossibilità di mercanteggiare sulla vita". Lo stop del giudice ora ripropone il passaggio all’effettiva esecuzione del sequestro, che i custodi in prima battuta hanno rimesso a Bruno Ferrante, nella duplice veste di presidente di Ilva e di custode giudiziario. Solo una parte delle prescrizioni, però, sembrano trovare riscontro nelle intenzioni di Ilva, che, per esempio, rifiuta categoricamente la chiusura del grande altoforno 5, così come disposto dai tre ingegneri. "Chiudere quell’impianto significa cancellare oltre il 40% della produzione", spiegano i vertici dell’azienda. Ma a distanza di oltre sessanta giorni il sequestro per abbattere l’inquinamento non è più differibile. Ilva: otto operai accusano malori - Otto operai del Tubificio 1 dell’Ilva di Taranto hanno accusato nel pomeriggio lievi malori, nausea e bruciore di stomaco e sono stati condotti nell’infermeria dello stabilimento, dove sono stati visitati. Gli accertamenti sanitari sono in corso. Lo rende noto la stessa azienda. E’ durata otto giorni la protesta degli operai all’altoforno 5 e al camino E312 dell’area agglomerato dell’Ilva. I lavoratori hanno chiesto e ottenuto di parlare con il prefetto di Taranto, Claudio Sammartino, che si farà portavoce delle loro istanze per conservare il posto di lavoro e operare in un ambiente non inquinato. In una giornata che segna il ritorno quasi alla normalità in fabbrica, l’allarme viene invece dalla Sardegna dov’é in corso il congresso nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg). Qui la responsabile del controllo della spesa farmaceutica della Asl di Taranto, Rossella Moscogiuri, ha riferito che nei primi sei mesi dell’anno, rispetto al 2011, sono aumentati del 50% i ricoveri per patologie tumorali in tutto il territorio ionico. "Ora possiamo tornare dalle nostre famiglie e speriamo che i problemi si risolvano nel migliore dei modi" ha detto uno degli operai che hanno abbandonato la protesta dopo l’incontro con il prefetto. "Sono venuto qui perché il filo del dialogo va sempre mantenuto, anzi irrobustito, con tutti" ha detto lo stesso prefetto Sammartino. "Il prefetto - ha commentato il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, che ha partecipato all’incontro tra prefetto e operai - ha dimostrato grande sensibilità e ha sbloccato questa situazione che ci preoccupava. Noi vogliamo ribadire il senso di rispetto nei confronti della magistratura e continuare a fare il nostro dovere fino in fondo per tutelare i posti di lavoro". E mentre in fabbrica si torna a discutere nelle assemblee (domani è la Fiom ad organizzarle, ci sarà il segretario nazionale Maurizio Landini) aspettando la Conferenza di servizi per la nuova Aia dell’Ilva (17 ottobre a Roma), sono alcuni dati della Asl di Taranto, riferiti al congresso nazionale dei medici di famiglia, a far riparlare di emergenza sanitaria. Più cauto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, secondo il quale per avere un quadro definito della situazione ambientale e sanitaria della zona dell’Ilva di Taranto "ormai è questione di qualche giorno". Si tratterà di attendere in particolare "sia i dati definitivi dell’aggiornamento del progetto Sentieri che i dati del monitoraggio biologico su un certo numero di allevatori delle zone circostanti". Alla cancelleria penale del tribunale di Taranto è stata intanto depositata la prima denuncia con la richiesta di contestazione del reato di omicidio volontario con dolo eventuale nei confronti dei legali rappresentanti dell’Ilva già coinvolti nell’inchiesta per disastro ambientale. Ieri c’é stato anche un incidente nell’area Gestione recupero ferro (Grf), dove un operaio è rimasto ustionato in modo non grave per uno scoppio di scorie incandescenti da una paiola. E mentre al Senato passa il ddl sulla bonifica ambientale dell’area industriale di Taranto, con il ’no’ duro della Lega Nord, sulla vicenda Ilva all’auspicio della Chiesa ("Seguiamo le cose con attenzione ed auspichiamo veramente la soluzione equa di tutti i problemi" ha detto il presidente della Cei e arcivescovo di Genova, card. Angelo Bagnasco) fa da contraltare il timore dei sindacati ("Se dovesse accadere che un atto amministrativo fa chiudere la più grande industria siderurgica d’Europa sarebbe come una bomba atomica" ha dichiarato il leader della Uil Luigi Angeletti). Ma il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, dagli Stati Uniti ribadisce: "Il governo crede in maniera concreta, ma anche molto ferma, che è possibile far coesistere la protezione dell’ambiente e della salute con la crescita economica, e perciò superare il conflitto tra lavoro e salute". Morì d’amianto, condannata ditta che rinnovò gli altiforni dell’Ilva - Oltre 250 mila euro sono stati riconosciuti dal Giudice del Lavoro di Taranto in favore degli eredi di un lavoratore della Sifi Spa, azienda che vinse l’appalto per il rifacimento degli altiforni Italsider, deceduto per mesotelioma pleurico da esposizione all’amianto nel gennaio del 2007. A darne notizia è l’avvocato Massimiliano Del Vecchio, legale della Fiom Cgil. "La sentenza - spiega l’avvocato - è quanto mai attuale e pare confermare la grave negligenza del datore di lavoro e la situazione di pericolo che è insita nello stabilimento siderurgico di Taranto, specie per chi vi lavora all’interno". Il periodo di lavoro preso in esame risale alla gestione del siderurgico antecedente la gestione Riva, "ma dimostra - sottolinea la segreteria provinciale della Fiom in una nota - anche come il sindacato e la nostra organizzazione in particolare si fossero accorti di quella che oggi è una emergenza riconosciuta dai più molto prima che il caso-Taranto deflagrasse a seguito dell’ordinanza di sequestro del Gip Todisco". Il risarcimento si riferisce esclusivamente al danno biologico e morale subito dal lavoratore che si rivolse alla magistratura, attraverso la Fiom e il suo ufficio legale, quando era ancora in vita. "Ci sono reparti, impianti e condizioni di lavoro poste al vaglio della magistratura in tutti questi anni - sottolinea il segretario provinciale Donato Stefanelli - che dimostrano che lì e in quelle condizioni era possibile ammalarsi e morire. Presupposti che rendono però ancora più leggibili gli interventi per ottenere una fabbrica più sicura, realizzati grazie alle lotte dei lavoratori e del sindacato". I vertici dell’allora Italsider, con aluni degli attuali dirigenti Ilva, tra cui Emilio Riva, sono imputati a Taranto in un processo (appena incardinato) per i morti d’aminato: sono accusati di omicidio colposo per il decesso di 15 operai. A PROPOSITO DEL PIANO STRAORDINARIO SALUTE AMBENTE PER TARANTO - In III Commissione sanità si è parlato del progetto riguardante il “Centro Salute ed Ambiente”, che ha visto il reperimento di 8 milioni di euro dalle risorse eccedenti l’assestamento di bilancio 2012 e che dovrebbe interessare in cogestione l’ARPA e la ASL di Taranto. Il sottoscritto ha sempre detto che non ci può essere eco-compatibilità ambientale con un complesso industriale come quello dell’ILVA, ragione per cui non c’è neanche necessità d’istituire un servizio per monitorare l’inquinamento massivo dell’ILVA, perché volendo parlare di una seria e coerente prevenzione sanitaria, di una vera difesa del diritto alla salute, nonchè di una tutela ambientale di Taranto e provincia, l’ILVA non dovrebbe semplicemente continuare ad esistere e solo non insistendo sul territorio non inquinerebbe più. Quindi ritengo che gli 8 milioni dovrebbero servire ad instituire un Organismo di studio e ricerca e progettazione di alternative economiche all’ILVA. È giusto che alcune risorse servano per la questione sanitaria, come per il registro tumori e per le mappe epidemiologiche, al fine di avere un vero riscontro della salute dei cittadini e degli operai, ottenendo dati reali, e quindi un lavoro ottimizzato e velocizzato essendo già in itinere ma ripeto che piuttosto che istituire un nuovo Ente per definire i livelli espositivi agli inquinanti, per stimare i profili emissivi degli impianti e così via, bisognerebbe fare piena luce riguardo quello che si vuole fare circa i grossi complessi industriali esistenti a Taranto, che avranno una loro utilità sul piano lavoro ma sicuramente non sul piano della salute e mano che mai sullo sviluppo sostenibile dove invece incidono provocando seri ed irreparabili danni; pertanto che cosa dobbiamo monitorare ancora che non si conosca? Oggi ho ravvisato tante contraddizioni estrinsecate dai vari consiglieri che si sono espressi al riguardo, sia quando Palese ha definito il progetto: “un primo paletto tra tanti”, e al quale ho risposto che solo l’Organismo di ricerca e ideazione alternative alle industrie inquinanti sarebbe un “paletto risolutivo e di reale beneficio per la popolazione e per gli operai”. Reputo inconcepibile costituire un Centro atto esclusivamente a monitorare le emissioni tossiche, pensando assurdamente che si possa ridurre l’inquinamento tenendo l’ILVA indisturbata sull’area ionica. Se si vuole spacciare favole per verità io a questo gioco non ci sto e chi parla di ambientalizzazione o monitoraggio salvifico ha semplicemente in animo di mantenere l’assetto economico delle industrie inquinanti inalterato e non ha a cuore la reale riduzione delle malattie. Discutibili le affermazioni di Losapppio che dice di voler creare una struttura, appunto il Centro Salute ed Ambiente, presso l’ospedale Testa, ove insiste il polo industriale “blindato da polveri ed inquinanti”, e perché non dare la stessa garanzia agli abitanti dei Tamburi come agli operai? E mi chiedo come dovrebbe blindarla una struttura del genere? Specie alla luce del fatto, ormai acclarato, ed è solo un esempio tra tanti che si possono fare, che l’ILVA non vuole procedere minimamente alla semplice copertura dei parchi minerari, quindi di quale blindatura per “alcuni eletti” vogliamo parlare? Per finire, dulcis in fundo, c’è il nostro Curto che riferisce che Taranto non è concepibile senza l’ILVA, e vuole imporre in modo quasi autoritario la vocazione ad essere massivamente inquinata ad una città che non lo contempla neanche tra i suoi residenti. Curto sotto questo aspetto per me è un dogma, specie quando ribadisce che Taranto avendo questa peculiarità ineludibile dovrebbe sfruttarla al massimo aggiungendoci altra economia venefica. Sinceramente il tenore delle dichiarazioni mi ha depresso e sconfortato al punto che ho preferito abbandonare l’aula per non contribuire ai continui alterchi. A parte le contraddizioni, a parte il deserto di idee “risolutive” della questione Taranto, quello che veramente mi sdegna è pensare che nessuno sappia cosa è emerso dalle pagine della maxi-inchiesta in cui ILVA è imputata per disastro ambientale e sanitario, perché questo voglio immaginare e non altro. Riscontro una reiterata assenza di volontà da parte di chiunque della Giunta come del Consiglio a mettersi attorno ad un tavolo per elaborare progetti, economie e sviluppo alternativo che freni in modo efficace e definitivo l’inquinamento perenne dell’ILVA su Taranto e la sua provincia. Dr. Patrizio Mazza Consigliere regionale della Puglia per l’Italia dei Valori Ilva, a Genova scioperano gli operai. Doria: “Posti a rischio, rivedere eventuale stop” Ricorso contro un’eventuale chiusura dell’Ilva. Il sindaco Marco Doria non lo dice apertamente ma giura che farà tutto il possibile per evitarla: “Nessuna interferenza con la magistratura, ma uno stop per noi sarebbe un disastro. Rischiamo di perdere migliaia di posti di lavoro”. Venerdì scade l’ultimatum della Procura di Taranto che ha chiesto al Gruppo Riva di presentare un piano di spegnimento degli impianti a caldo sottoposti a sequestro che metterebbe in ginocchio le lavorazioni a freddo nei siti di Genova, Novi Ligure, Taranto stessa e Racconigi (TO). Doria prende posizione: “In questo caso la prima cosa che farei è sollecitare una rapida revisione di tale decisione perché non porterebbe da nessuna parte e ci infilerebbe tutti in una sorta di vicolo cieco”. Ai cancelli di via dei Muratori, intanto, è scattato lo sciopero di 24 ore indetto da Rsu Fim Cisl e Uilm Uil. Una decisione presa ieri in un’assemblea tesa e densa di malumori anche per la pesante defezione della Fiom di non prendere parte al corteo e promuove un referendum tra gli operai. Il corteo percorrerà tutta la città da Ponente al centro fino alla Prefettura in cima a Via Roma Thomas Mackinson-ilfattoPiano B della procura, due pool di esperti pronti a spegnere gli altiforni dell’Ilva Ultimo vertice prima di passare alle operazioni all’interno del colosso dell’acciaio di Taranto. Con un piano B pronto per essere attuato grazie alla disponibilità di due aziende specializzate in siderurgia, disponibili a fornire i tecnici per le operazioni di spegnimento all’interno dell’Ilva. Lungo summit ieri in procura tra i custodi giudiziari e il pool inquirente. Sul tavolo il piano di azione per intervenire nei sei reparti dell’area a caldo dell’Ilva sotto sequestro dallo scorso 26 luglio. Di lì partono le emissioni inquinanti ritenute fonte di malattia e morte. E lì bisogna intervenire per eseguire l’ordine di azzeramento dell’inquinamento decretato, ormai 77 giorni fa, dal gip Patrizia Todisco. Nel corso del confronto i magistrati hanno illustrato ai tre custodi la comunicazione ricevuta due giorni fa dal presidente dell’Ilva Bruno Ferrante. Una lettera con la quale il numero uno dello stabilimento ha risposto "obbedisco" all’intimazione notificata sabato scorso allo stabilimento. L’Ilva aveva cinque giorni per mettere a disposizione il personale per consentire le operazioni di spegnimento. Ferrante ha risposto dopo tre giorni mettendo le sue truppe in tuta blu agli ordini dei custodi. Ora la disponibilità va misurata sul campo. Il primo passo è in programma domani quando i custodi giudiziari torneranno nel colosso dell’acciaio. Anche perché in oltre due mesi e mezzo i tre ingegneri nominati dal giudice Todisco, avevano già avviato un sondaggio sul mercato per individuare le imprese esterne cui affidare gli interventi di spegnimento, in caso di mancata collaborazione di Ilva. E nonostante il pessimismo iniziale, in realtà già due aziende specializzate hanno risposto all’appello. Chi inquina paga? Dipende di Paolo Fantauzzi-l’espresso Ilva salva e inquinatori al sicuro. Sono questi due dei principali effetti che potrebbe produrre il dl Semplificazioni che il governo approverà nei prossimi giorni. La bozza, entrata nel Consiglio dei ministri della settimana scorsa ma poi non licenziata, non sembra infatti lasciare molto spazio all’immaginazione in materia ambientale. A cominciare proprio dal caso di Taranto che tiene banco in questi giorni. "Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale - recita il provvedimento all’articolo 22 - possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione". Tradotto: lo stabilimento di Taranto può continuare a lavorare, nonostante il blocco della produzione disposto dalla magistratura. E poco importa che movimentando acque e terreni contaminati si rischi di peggiorare la situazione e di vanificare gli effetti del risanamento già effettuato, come denunciano i Verdi, che parlano apertamente di una norma "ad aziendam". Ma è l’articolo precedente (il 21) a dare il colpo di grazia al principio su cui si fonda la politica ambientale dell’Unione europea, ovvero "chi inquina, paga". Di fatto le nuove norme sostituiscono con procedure più "snelle" l’articolo 243 ("Acque di falda") del Codice dell’Ambiente, approvato nel 2006. Questo il risultato: nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, "l’eliminazione della fonte di contaminazione" deve avvenire "ove possibile e economicamente sostenibile". «L’obbligo di disinquinare, insomma, sussiste solo se non costa troppo» attacca il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. «In pratica da Porto Torres a Priolo, da Milazzo a Piombino passando per Taranto chi ha inquinato sarà di fatto esentato dalla bonifica». Potenzialmente, un regalo da miliardi di euro. Senza considerare gli effetti sanitari che potrebbe comportare il blocco degli interventi di risanamento. In Italia sono 57 i siti del Programma nazionale di bonifica: raffinerie, poli petrolchimici, impianti metallurgici, aree industriali in attività, dismesse, in corso di riconversione o oggetto di smaltimento incontrollato di rifiuti pericolosi. A novembre 2011 il rapporto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e condotto su 44 di questi 57 siti, ha stimato in 3.500-10.000 le morti "aggiuntive" rispetto alla media a causa dell’inquinamento diretto o indiretto nel periodo compreso tra il 1995 e il 2002. Con una casistica differenziata in base alle lavorazioni effettuate: tumore polmonare e malattie respiratorie a Gela, Porto Torres, Taranto e nel Sulcis per effetto delle emissioni delle raffinerie e degli stabilimenti metallurgici. Malformazioni congenite a Massa Carrara, Falconara e |
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