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Com’è diversa la crisi fuori dai Tg |
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Volevo capire. Oltre un milione e 600 mila persone che mi seguono sulla pagina Facebook e quasi 250 mila sulla neonata pagina Twitter: volevo capire se questa immensa comunità che commenta riflette discute, avrebbe potuto costruire un bacino per raccontare in forma diretta come la crisi sta cambiando le mappe delle città. I negozi che a centinaia muoiono, i locali che si svuotano, la sera che diventa per molti centri cittadini coprifuoco. L’esperimento è stato incredibile nella sua semplicità. Migliaia di risposte in pochissimo tempo, con racconti in prima persona, senza mediazioni. La crisi ci viene spiegata dai tg e dai giornali, eppure le persone sentono quelle descrizioni distanti. Ce la raccontano i talk show che necessariamente devono far ruotare tutto attorno a un evento che certo suscita empatia, ma che spesso è troppo eccezionale per poter essere condiviso: un suicidio, l’assedio di un ufficio dell’Agenzia delle Entrate di un disperato, operai che protestano sulle gru. MI INTERESSAVA la percezione individuale, la verità che si sente nello stomaco. Volevo utilizzare Facebook e Twitter come spazi di condivisione e di scambio e anche se dovessero mostrare verità troppo individuali, smentite dai dati, sarebbero verità necessarie che meritano lettura e ascolto. A quanto pare la geografia urbana, negli ultimi mesi, risulta completamente mutata. Pressoché ovunque chiudono attività e difficilmente al loro posto ne aprono di nuove. I centri storici restano deserti e si riempiono i centri commerciali. Da Secondigliano a Genova, da Avezzano a Bergamo la sensazione è che le città siano meno sicure perché le persone hanno smesso di frequentarle di sera, di stare per strada. Troppi i luoghi totalmente abbandonati. Pasquale scrive che a Casavatore «il coprifuoco è anticipato» e Patrizia che a Genova, «quando chiudono negozi e bar, tutto diventa buio, deserto». Poi c’è chi scrive che questa crisi ha totalmente compromesso l’umore e l’ottimismo. Che "si potrebbe anche vivere con qualche euro in meno, ma quello che non si può fare è vivere senza sorridere". I pochi soldi che restano dalle spese quotidiane non si pensa più di investirli. E così spuntano "sale giochi, solarium, centri di scommesse, distributori automatici di alcol". SI HA LA SENSAZIONE che la vita, con quel poco che ti offre, vada vissuta ora, goduta subito. Se i ristoranti li si vede pieni, se le spiagge sono affollate, non è perché gli italiani fingono una crisi che non c’è, ma perché si preferisce in fin dei conti portare i figli al mare dal momento che una casa e un mutuo non ce li si può più permettere. E se Marina scrive che «in Sicilia la disoccupazione è entrata a far parte del nostro Dna, la si accetta come una malattia rara, non curabile» e Daniele che questa crisi non ha portato «in provincia di Cagliari nulla di diverso, stesse difficoltà con l’aggravante dell’insularità», alcuni fanno notare come nelle regioni in cui la crisi la si affronta da decenni, l’umore sia generalmente migliore, più alto rispetto alle "grandi aree urbane del Nord, dove troppe serrande si sono abbassate per non rialzarsi mai più". E poi, anche se minoritaria, c’è la caccia al cinese "che compra negozi in fallimento", all’extracomunitario "che sulla spiaggia vende merce e non fa gli scontrini": i migranti in Italia trovano forse le peggiori leggi per l’immigrazione d’Europa, attenzione quindi a non trasformare il momento difficile in una guerra di poveri contro disperati. C’è chi teme poi che la crisi rappresenti un’opportunità per chi dispone di grossi capitali da investire - organizzazioni criminali - e chi pur non disponendo di grossi capitali sa, perché la storia ce lo insegna, che ad avere spirito d’iniziativa la crisi può essere un’opportunità per molti. Ma questo è un discorso difficile da fare in un’Italia piegata, che non vede prospettive. Giulia ha ventitré anni e come molti ha dovuto lasciare la sua città, eppure ha voglia di raccontare i lati positivi della crisi «sembra un ossimoro» scrive, «eppure dai momenti grigi a volte siamo in grado di tirar fuori le cose migliori, perché sottoposti a pressanti e urgenti stimoli». E Teresa: «La crisi e la successiva chiusura dell’azienda ci ha portati a Istanbul... che meravigliosa sorpresa!». Roberto Saviano |
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