Due parole per i debunkers o cacciatori di bufale
 











Il termine “complottista” dovrebbe significare colui che “complotta”, più o meno nell’ombra, ma con una certa malevola intenzione, viene invece assimilato a “cospirazionista”, altro termine analogo, per indicare tutti coloro che su determinati avvenimenti storici, non si accontentano delle “versioni ufficiali” emanate dal potere costituito, ritenuto implicato in quelle vicende e le mettono in dubbio, elevano tutta una serie di domande, cercano controprove e ipotizzano scenari alternativi a quelli ufficialmente mostrati.
In realtà, come afferma Luciano Fuschini: “quello che viene chiamato spregiativamente “complottismo” è niente altro che l’esercizio dell’intelligenza critica che non si accontenta delle versioni ufficiali, sapendo che le vere motivazioni degli eventi sono molto spesso tenute nascoste”.
Viceversa, come n0to, con il termine “debunker”, tradotto anche con “cacciatori di bufale” si intendono coloro che si prefiggono di confutare e
smascherare le ipotesi, le presunte “contro verità” e le asserzioni dei “complottisti”.
Considerando le vicende degli attentati dell’11 Settembre 2001 in America, basta farsi un giretto in Internet, ma anche nella letteratura in argomento, per constatare come queste opposte attitudini: debunkers e complottisti, abbiano finito per formare due schieramenti molto agguerriti, che spesso si fronteggiano con verbosa acrimonia.
Resta il fatto che se spesso le congetture, le ipotesi e le controprove dei “complottisti”, possono essere fantasiose o comunque non comprovate, viceversa le “rassicuranti” considerazioni dei debunkers, le loro controdeduzioni atte a sostenere che quegli attentati, così come ci sono stati spiegati, rispondono sicuramente alla “versione ufficiale” rilasciata dalle autorità americane, non soltanto non convincono, ma lasciano in piedi tutti i dubbi, i sospetti e le deduzioni che portano a individuare in quegli attentati delle “false flag” ovvero dei cruenti eventi
utili agli Stati Uniti per intraprendere guerre di aggressione: un cui prodest che non può essere ignorato, anche perché molte domande che i “complottisti” hanno posto riguardo a certi fatti, a certe dinamiche degli avvenimenti e alcune scoperte emerse in questi undici anni che ci separano da quegli eventi, sono concrete e serie e diametralmente in contrasto con le verità ufficiali.
In genere i debunkers, salvo rare eccezioni, ripetono come un mantra dati e tabelle, spesso interpretati unilateralmente o senza i dovuti adeguamenti alle situazioni prese in esame, portando esempi e paragoni che non corrispondono affatto a quello che si vorrebbe paragonare, e si scervellano, con un impegno degno di miglior causa, di confutare ogni episodio denunciato dai “complottisti”, anche i più problematici. Sembrerebbe un lavoro utile, ma danno comunque l’impressione di quegli avvocati difensori di un imputato schiacciato da prove e perizie che lo inchiodano alle sue responsabilità, ma che
mettendosi lì a contestare, a cavillare ad una ad una dette prove, e contando sul fatto che spesso, molte perizie riguardando aspetti scientifici alquanto complessi, possono sempre essere contestate con altre prove contrarie sperando, quantomeno, di buttarla sul dubitativo e racimolare, a vantaggio dell’imputato, una specie di “insufficienza di prove”.
Alcuni debunkers più seri e meno faziosi, affermano che il problema non sta nelle domande e nei dubbi che vengono elevati dai “complottisti”, ma sulle risposte che questi finiscono per darsi. Secondo costoro il “complottista” fa una serie di affermazioni apodittiche, ovvero che lui presume evidenti di per se stesse, ma che invece sono solo delle “deduzioni” logiche. Diversamente, invece, queste inchieste dovrebbero prevedere una prevalenza della “prova” materiale e documentaria rispetto alle testimonianze o alle “prove indiziarie”.
Da modesti ricercatori storici, che si sono spesso imbattuti in queste situazioni controverse, non
abbiamo alcuna difficoltà a riconoscere che tali affermazioni sono veritiere e sacrosante, ma bisogna altresì riconoscere che, proprio in questo caso, quello degli attentati dell’11 settembre, le possibilità ed il metodo con il quale si dovrebbe poi arrivare alla acquisizione di prove oggettive ed alla escussione di documentazioni autentiche e non inquinate, non è praticabile negli Stati Uniti a causa di innumerevoli difficoltà e proibizioni e quindi ogni inchiesta su questo mistero, che possa essere da tutti riconosciuta non ha, a tutt’oggi, la possibilità di esercitarsi come si dovrebbe.
Rispetto alle “prove materiali”, infatti, non si vede come negli Stati Uniti, un Paese solo apparentemente libero e democratico (ancor meno libero dopo la promulgazione della liberticida Patriot act), ma in realtà super controllato da Intelligence e polizie addestratissime e agguerritissime; letteralmente condizionato da mass media di proprietà di poche famiglie, che sono poi quelle riconducibili
all’Alta Finanza che indirettamente detiene il potere; dove la corruzione, i ricatti e le pressioni di ogni genere possono inquinare ogni seria ricerca e dissolvere la voce della pur diffusa presenza di piccole realtà radiofoniche locali; dove oltretutto la grande estensione del territorio e la presenza di innumerevoli organismi e uffici, rendono oltremodo facile ogni azione di depistaggio e inquinamento delle prove; non si vede, dicevamo, come possano espletarsi indagini, perizie e valutazioni scientifiche, superando gli omissis e senza i documenti secretati, che sarebbero necessari, anzi indispensabili, per arrivare alla verità.
Eppure i debunkers sanno bene che molte “prove”, molto materiale inerente gli attentati dell’11 Settembre sono state sottratte ad una pubblica inchiesta, addirittura sono state fatte sparire (vedi i residui di acciaio del WTC alienati all’estero immediatamente dopo i fatti) o nelle migliori delle ipotesi non sono mai state mostrate come, per esempio, le
telecamere che quel giorno potrebbero aver ripreso il fantomatico boeing 757 che avrebbe colpito il Pentagono.
Emblematico, in questa situazione, è l’esempio di un filmato che mostra l’inizio del crollo del WTC7, l’edificio attiguo alle Torri gemelle crollato nel pomeriggio sebbene non fosse stato colpito da alcun aereo. Questo filmato era stato sequestrato e poi sempre negato fino a quando, dopo molti anni e dietro pressioni e cause legali, il NIST nel 2009 fu costretto a renderlo pubblico. Ebbene, in quel video, che ora si capisce perché venne tenuto nascosto, si vede una struttura nera, un edificio alto circa due piani, in alto a sinistra sul tetto del WTC7, che inizia a crollare almeno tre secondi prima del crollo di tutto l’edificio. Quindi il crollo di questo edificio sul tetto, oltretutto non coinvolto dagli incendi sottostanti e che appare integro, anticipa il crollo di tutto il resto, un fenomeno che non può essere spiegato con le assurde ipotesi con le quali hanno cercato,
non riuscendoci, di spiegare l’implosione simmetrica e alla velocità di una caduta libera, del WTC7 (limitati incendi e danneggiamenti derivanti dal crollo della neppure troppo attigua Torre nord), ma che trova invece spiegazioni in una “demolizione controllata”.
In carenza di tutto questo, ecco che allora i “complottisti” non possono che produrre degli studi, delle perizie, delle prove di parte, come per esempio gli studi e le perizie di Niels Harrit, un professore associato di chimica all’Università di Copenhagen e del fisico americano (anche teologo) Steven Jones, più altri sette ricercatori, che hanno rivelato e ben dettagliato su pubblicazioni scientifiche, di aver riscontrato tracce di termite o nano termite nelle polveri residuali del crollo del WTC, una vera prova schiacciante, a dimostrazione che in quei crolli furono impiegate cariche ultrasofisticate, atte a fondere l’acciaio. Altre perizie, tra l’altro non finalizzate ad indagare su che genere di attentati ci furono, ma
commissionate a pagamento dalla Deuteshe bank che aveva gli uffici vicino alle Twin Towers e che era interessata a pretendere un risarcimento assicurativo, hanno anche individuato, nelle polveri residuali del crollo, la presenza, enormemente eccessiva rispetto alla norma, di “particelle sferiche” di ferro, indice di una fusione del ferro durante i crolli, laddove si dovettero raggiungere temperature intorno ai 1700 gradi centigradi, di certo non causate dal kerosene e dal comune materiale d’ufficio. Ma ancora, una ricerca della Geological survey, condotta da un ente pubblico, ha identificato anche del mobildeno fuso che fonde solo alla temperatura di circa 2600 gradi centigradi.
Ma queste prove di parte, obiettano i debunkers, non avendo l’ “imprimatur” delle autorità, non hanno garanzie che siano genuine, che gli esperimenti e i rilievi praticati non abbiano inquinato le prove stesse o che addirittura siano pre costituite in qualche modo e quindi siamo da capo a dodici: come
possiamo arrivare alla verità se nessuna autorità americana autorizzerà mai nuovi studi e perizie pubbliche e verificabili, con commissioni di tecnici nominati collegialmente, testimoni da far giurare in tribunale e ampia disponibilità di accedere a documentazioni e prove secretate?
Ecco quindi che ci ritroviamo, da una parte gli studi commissionati dal potere costituito, proprio quello che si ritiene implicato in quegli attentati, i quali presentano innumerevoli dubbi e ampie lacune e dall’altra ogni contro perizia, ritenuta di parte e non “ufficiale” su cui si storce il naso.
Tutti i ricercatori della verità, pertanto, non possono che fidarsi della loro intelligenza, dell’incrocio dei dati, degli argomenti presentati, di eventuali pareri di persone competenti, visto che molti aspetti di questo mistero, hanno una loro complessa dimensione scientifica.
Ma per le stesse documentazioni, alle quali i debunkers fanno riferimento e con noncuranza vi rimandano i contestatori e che
poi sono quelle presentate nella “versione ufficiale”, dal 911 Commission report, ai vari studi commissionati dal governo americano a enti e organismi da lui scelti, le cose non stanno di certo meglio.
Prendiamo, ad esempio, la famosa scatola nera, il Flight Data records del boeing 757, il volo AA77 che si sarebbe abbattuto sul Pentagono e che dicesi miracolosamente salvata, ma uscita fuori solo molto tempo dopo i fatti.
Dovremmo ovviamente fidarci dei dati ivi registrati, ma approfonditi studi (ovviamente di parte, ovvero svolti dai “Piloti per la verità sull’11 settembre” – Pilots for 911 truth, ma di certo i debunkers non si sono messi a ripeterli) hanno dimostrato che sono incongruenti, che molte parti sono indecifrabili e altri incredibili riscontri, fanno seriamente sospettare che non possa essere la scatola nera del volo AA77 considerato, oppure che sia stata manipolata.
Quale autorità darà mai incarico per svolgere una controperizia che attesti, in primis, la genuinità
di questa scatola nera?
Non è certo con l’ausilio delle autorità americane che recentemente si è potuto dimostrare che proprio quell’11 settembre erano in programma una serie incredibile di esercitazioni, ben sette se ne riscontrano, che una volta messe in atto potevano confondere gli schermi radar e le normali misure di difesa aerea. E non sono queste, “coincidenze” da sottovalutare.
Ora i debunkers possono mettere in dubbio tutti gli studi di parte che contestano la “versione ufficiale”, ma anche il formulare le loro contro deduzioni, le loro anti bufale, rinviando ai dati forniti dalle “versioni ufficiali”, non è probante come potrebbe sembrare (eppure, diamine, sono i dati ufficiali!) perché è come se si prendessero in considerazione i dati e gli elementi rilasciati dal sospettato autore di un misfatto, visto che proprio così viene considerata e sospettata l’Amministrazione americana del 2001 e quelle successive non hanno potuto che coprirla.
In Italia, dove abbiamo avuto
20 anni di stragismo e sappiamo cosa significhi strategia della tensione, possiamo dire, con cognizione di causa, che dal 1969 in avanti, strage dopo strage, le “versioni ufficiali” rilasciate dalle autorità, non sono quasi mai state attendibili e che i depistaggi erano la norma, non l’eccezione: ergo, come sarebbe stato possibile contestare quelle versioni facendo solo ricorso agli stessi dati, alle testimonianze, oltretutto inquinate dai depistaggi, rilasciate dalle autorità?
Quindi se le conferme della “versione ufficiale” vengono formulate dai debunkers, soprattutto basandosi sui dati stessi, praticamente insindacabili, forniti dalla “versione ufficiale” e a cui si rimanda, come la mettiamo?
Certo, ribatteranno i debunkers, ma allora dove dovremmo prendere i dati, da Topolino o dalle fonti di stampa che non si sa mai da dove li possano aver tratti?
No davvero, ma un minimo di autocritica, di verifica e ricerca in proposito, di messa in dubbio della genuinità dei dati
forniti, non credete sia opportuna?
Le cose poi stanno anche peggio, quando constatiamo che molti documenti non sono mai stati presi in considerazione dalle autorità, che certe testimonianze non sono mai state ascoltate e così via. Come possono quindi i debunkers contrastare le asserzioni e le ipotesi dei “complottisti”, asserendo, con una certa sicumera: “come potete leggere nelle documentazioni ufficiali”, “come è scritto nelle relazioni del NIST”, e così via?
Come fidarci che i dati e i documenti presi in considerazione dalle autorità preposte e dagli studi incaricati e lautamente pagati per eseguire perizie e rilievi, siano quelli e solo quelli, reali e comprovati? Ma dove vivono i debunkers nel paese dei balocchi?
Ecco che allora, invece di una contrapposizione irriducibile, debunkers e “complottisti”, dovrebbero sedersi allo stesso tavolo e studiare e analizzare, a 360 gradi, tutti gli aspetti e le documentazioni che il problema presenta. Non ha senso che i
“complottisti” elaborino dati, tabelle e studi per sostenere l’ipotesi che dimostra come gli edifici del WTC siano stati buttati già da una demolizione controllata ed al contempo i debunkers rispondano con altrettanti dati, tabelle e studi che dimostrano invece che i crolli non furono causati da demolizione controllate.
Opponendo dati a dati, tabelle a tabelle, come per esempio a che temperatura e dopo quanto tempo possa fondere o indebolirsi l’acciaio: gli uni con dati di parte, gli altri con dati sospetti, tutti comunque interpretati unilateralmente, non se ne esce più, mentre invece sarebbe molto più utile, mettersi attorno ad un tavolo e confrontare quei dati, quelle tabelle, cercando di ricostruire, con persone competenti in materia, tutte le caratteristiche che l’acciaio considerato presentava, le sue eventuali coperture e quando e dove queste coperture poterono venire meno, le condizioni di calore prevedibile e quelle reali ed eccezionali che potevano verificarsi, e così
via.
Non sono cose che ritroviamo, o meglio le ritroviamo si, ma taroccate nella “versione ufficiale” o non adeguatamente comprovate nelle ipotesi complottiste.
Da questa contrapposizione, debunkers contro “complottisti”, non ne ricaveremo niente, andrà a finire per l’11 settembre, come è finita per l’assassinio di John Kennedy: dopo 50 anni c’è chi crede alla “versione ufficiale” che individua in Lee Oswald il suo assassino e chi invece ritiene, con molte più argomentazioni e prove, che quella versione sia falsa, ma nonostante questo, tutto resta accademico, non incidente, le prove in proposito non sono più verificabili, sono oramai argomento per dibattiti televisivi o discussioni al bar, ma non elementi che possano determinare una salutare rivolta dell’opinione pubblica e la richiesta, a viva forza, della verità.
Questo a dimostrazione che le “verità” escono fuori solo quando certe “forze”, certe Consorterie interne al Sistema stesso, sono interessate, come lo furono nel
1974 per il Watergate, a rovesciare certe posizioni di potere. Solo allora i giornali del mainstream, come lo furono il New York Times e il Washington post, organi di ben specifici poteri finanziari interessati ad occupare ulteriori spazi di potere, fecero da paladini e da rompighiaccio per l’inchiesta che portò alle dimissioni di Nixon.
Senza questi interventi “interessati” (altro che libera stampa, come mostrato dal film del 1976: “Tutti gli uomini del Presidente”, di Alan J. Pakula) non sarebbe successo nulla, potete esserne certi.
La stessa cosa, potrebbe ripetersi per gli attentati dell’11 settembre quando, quelle stesse forze e consorterie coinvolte in quegli attentati, riterranno politicamente utile far svelare una parte di verità, buttando a mare e anche in galera, personaggi famosi e importanti, che nel 2001 parteciparono, in qualche modo, o furono utilizzati nella preparazione e riuscita di quel crimine. Vedrete allora che sconquasso e che manifestazioni di protesta,
tutte utili per “cambiare senza cambiare”. Non lo sapevate che il potere, a volte, si perpetua e si rafforza, anche attraverso i suoi stessi crimini?
Carissimi “cacciatori di bufale”, praticando la vostra controinformazione su tante leggende metropolitane che la gente, spesso per frustrazioni personali tende a credere, vuole credere, avete acquisito molti meriti e per quanto riguarda l’11 settembre avete anche, meritoriamente ridimensionato molte stupidaggini che pretendevano avallare, fantasiose ipotesi alternative. Avete anche portato un contributo significativo alla società, evitando a tanti ingenui di essere preda di esche gettate per raggirare molti sprovveduti creduloni negli UFO, alieni, omini verdi e medium vari. Ma se vi ostinate a non considerare che quantunque voi possiate dimostrare che la collisione dell’aereo e il calore degli incendi causato dal kerosene abbia fatto crollare e in quella maniera la Torre sud alle 9,59 (e non sembra che ci siete riusciti, nonostante il
supporto di tutte le commissioni incaricate dal governo americano di spiegarne il crollo), è ancor meno credibile che possiate spiegare che, più o meno lo stesso crollo, si è verificato alle 10,28 anche per la Torre nord, ed infine è praticamente impossibile possiate spiegare ancora che lo stesso fenomeno, implosione simmetrica dell’intero edificio in acciaio, si sia riprodotto alcune ore più tardi per il WTC7. Basterebbe che uno solo di questi edifici fosse stato fatto implodere con una demolizione controllata per far saltare ogni vostra teoria e certezza di non coinvolgimento delle autorità governative su quegli attentati.
Ed ancora, se vi ostinate a voler credere che fu solo per leggerezza, superficialità, incapacità, coincidenza di situazioni negative, sorpresa o che altro, che per circa due ore ci furono aerei dirottati che scorrazzavano a piacimento nei cieli più superprotetti del mondo, senza che un caccia si alzasse a intercettarli; ed ancora, che un enorme boeing 757 abbia
potuto fare quelle manovre di volo precedenti l’impatto contro la parete del Pentagono, guidato da un pilota che neppure si può definire un principiante, beh allora, se credete a queste favole, possiamo dire che i creduloni negli alieni sono molto più assennati di voi.
Siccome questo non può essere, non lo crediamo, allora cosa dobbiamo pensare, che il vostro atteggiamento, la vostra attitudine, non dico per tutti voi, ma sicuramente per buona parte di voi, è finalizzata ad un ignobile sostegno para mediatico del potere costituito? Non sappiamo e non vogliamo neppure sapere per quali motivi, per quali miserabili interessi perseguiate questo scopo, ma l’evidenza è sotto gli occhi di tutti.Maurizio Barozzi