Libia. Gheddafi, il testimone scomodo ucciso dagli agenti stranieri
 











In realtà si tratta di un segreto di Pulcinella: dietro la morte di Muammar Gheddafi ci sarebbero le intelligence straniere, in particolare agenti francesi. La notizia è tornata a circolare in questi giorni dopo le rivelazioni al Corriere della Sera da parte di Rami El Obeidi, ex responsabile per i rapporti con le agenzie di informazioni straniere per conto del Consiglio Nazionale Transitorio libico (Cnt), che successivamente ha confermato la sua versione in diverse interviste. Poco dopo è intervenuto sulla questione anche l’influente Mahmoud Jibril, ex premier del governo transitorio libico. “Fu un agente straniero mischiato alle brigate rivoluzionarie a uccidere Gheddafi”, ha dichiarato senza giri di parole nel corso di un programma della tv egiziana Dream. Secondo quanto sostenuto da Jibril, l’uccisione sarebbe il risultato di un’esplicita “richiesta di alcune parti internazionali” che “non volevano che Gheddafi parlasse di certe questioni” potenzialmente imbarazzanti. Gheddafi, ha ricordato l’esponente libico, “custodiva molti segreti e documenti, e manteneva buoni rapporti con alcuni apparati internazionali di intelligence”. Inoltre, “aveva rapporti con alcuni leader internazionali” che potevano avere interesse ad “azzittirlo per sempre”.
Tra questi, come ricordava il Corriere della Sera, spiccherebbe l’allora presidente francese Nicolas Sarkozy, al quale l’ex leader libico aveva finanziato la campagna elettorale. “Negli ambienti diplomatici occidentali” a Tripoli, sottolinea il quotidiano italiano, “il commento ufficioso più diffuso” e che se ci fu un sicario straniero “quasi certamente era francese”. Nelle sue recenti dichiarazioni alla stampa, la fonte del Corriere El Obeidi racconta nuovi particolari sulla fine di Gheddafi, che tirano in ballo anche il cattivo del momento: il presidente siriano Bashar al Assad. Questi avrebbe venduto il collega libico ai servizi segreti francesi e Nato in cambio della promessa da
parte di Parigi di ridurre la pressione internazionale sul suo governo. In questo caso: o Parigi ha preso in giro un eccessivamente ingenuo Assad, o – vista l’attuale situazione in Siria – l’accordo non è mai esistito.
Dopo la caduta di Tripoli nell’agosto del 2011, racconta El Obeidi al Corriere, “si riteneva che Gheddafi fosse fuggito nel deserto e verso il confine meridionale della Libia assieme ad un manipolo di seguaci con l’intenzione di riorganizzare la resistenza”. In realtà Gheddafi si trovava nella città lealista di Sirte, da dove “cercò di comunicare tramite il suo satellitare Iridium con una serie di fedelissimi fuggiti in Siria sotto la protezione di Bashar Assad”. Secondo l’ex responsabile del Cnt, “fu proprio il presidente siriano a passare il numero del satellitare di Gheddafi agli 007 francesi”, che riuscirono così a individuarne la posizione.
A questo punto la ricostruzione ufficiale racconta di due caccia francesi che bombardarono il convoglio su cui viaggiava
Gheddafi, obbligando lui e i suoi uomini a trovare rifugio nei tubi di cemento in cui saranno poi trovati da un gruppo di ribelli. “L’impressione – raccontò a suo tempo una fonte riservata riportata da Il Giornale – è che dopo il primo gruppo di ribelli sia arrivato un secondo, che sapesse esattamente cosa fare e avesse ordini precisi di eliminare i prigionieri”, considerati degli scomodi testimoni, tra i quali c’erano anche l’ex ministro della Difesa libico Abu Bakr Yunis Jabr e il figlio del colonnello, Muttasim. Entrambi furono giustiziati quello stesso giorno, insieme agli africani che scortavano il convoglio.Ferdinando Calda