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Monti: i vincoli europei e quelli dell’Alta Finanza |
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Alla guida del governo pure nel 2013? Grazie per l’attenzione personale nei miei confronti ma, per favore, preferirei riposare. Usando l’inglese come si conviene ad un economista nonché banchiere di impronta anglofona, Mario Monti ha elegantemente glissato sulle convinzioni diffuse nella politica italiota, ed ancora di più negli ambienti finanziari di Wall Street e della City, che sarà ancora lui a guidare il nuovo esecutivo, a causa dell’instabilità parlamentare originata dalle prossime elezioni politiche e in nome di una emergenza presentata come infinita. Al termine dell’incontro con il Cancelliere austriaco, Werner Faymann, l’ex consulente di Goldman Sachs e di Moody’s, ha tenuto a ricordare che qualunque governo (quindi anche uno suo) in carica dal prossimo anno dovrà muoversi all’interno delle regole e delle politiche decise nell’ambito dell’Unione europea che sono e restano vincolanti per tutti. I vincoli europei, ai quali ha fatto riferimento l’ex consigliere di Fiat Auto, non sono soltanto quelli sul taglio della spesa pubblica, riducendo il debito e il disavanzo pubblici, ma anche quelli che ci impongono di realizzare le riforme strutturali come il mercato del lavoro (sempre più precario e flessibile) che sarebbero necessarie per rendere più competitivo il nostro Paese, fare ripartire la crescita economica e diffondere maggiore benessere tra i cittadini. L’Europa deve rimanere quindi il punto di riferimento di qualunque governo emergerà dalle elezioni dell’anno prossimo. Le elezioni, ha ricordato atteggiandosi a patriota, si svolgono in tutti i Paesi democratici e Monti non comprende le ragioni (o forse lo comprende pure troppo) per cui quelle italiane del 2013 debbano essere circondate da aspettative e timori particolari. Le paure europee su un’eventuale futura frenata delle riforme che sono già state intraprese. O forse una frenata a quelle privatizzazioni di aziende pubbliche (Eni, Enel e Finmeccanica) per realizzare le quali Monti è stato portato al governo, anzi imposto al nostro Paese, dalla finanza anglofona da cui è considerato un uomo di fiducia. Ma questo è un argomento imbarazzante per l’ex consulente di Goldman Sachs che non può ammettere quale siano le strategie di Wall Street e della City che hanno come obiettivo finale appunto le privatizzazioni in Italia. Così Monti si è attaccato all’ovvio e allo scontato ricordando che l’Italia è un grande Paese democratico, membro fondatore dell’Unione europea e dell’Eurozona fin dall’inizio. Ci sono state tante elezioni dal 1957, anno del Trattato di Roma, ha ricordato Monti e non vi sono mai stati casi in cui l’Italia abbia creato particolari problemi più di quanto possano aver fatto altri Paesi europei. Unitamente a Faymann, Monti si è compiaciuto del fatto che il Consiglio europeo del 18-19 ottobre abbia prodotto risultati molto positivi, soprattutto in relazione al meccanismo unico di sorveglianza bancaria, per il quale è stato fissato un percorso temporale preciso. In ogni caso, occorrono altri passi in avanti per realizzare una vera unione economica e monetaria. Certo, ha ammesso, il percorso richiede i suoi tempi ma c’è la determinazione comune a procedere con decisione su questa strada. A tirare la volata a Monti c’è anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, anche lui in scadenza di mandato che ha invitato cittadini e politici a tenere conto nel prossimo aprile (al momento delle elezioni o dopo?) dell’esperienza Monti. Affermazione ambigua anche se non sorprendente considerato che il Presidente della Repubblica, oltre a difendere la politica economica dell’attuale governo, non ha mai nascosto la sua vicinanza con il professore della Bocconi al quale lo accomunano legami ideali con il mondo di oltreoceano. Per la cronaca, Giorgio Napolitano era, negli anni settanta, l’unico esponente del PCI ricevuto senza problemi negli Stati Uniti dall’establishment a stelle e a strisce. E questo è un fatto molto significativo. A suo avviso, un governo stabile è anche il risultato di scelte e accordi politici e questo senso di responsabilità dovrebbe mantenersi nell’Italia postelettorale. Della serie: chiunque vinca o vinca senza poter governare, deve rendersi conto che Monti è l’unico in grado di rassicurare i mercati finanziari che gli italiani faranno i bravi e venderanno le aziende ancora pubbliche. Nel frattempo, guarda caso proprio sotto il governo Monti, è stata avviato lo scorporo di Snam Rete Gas dall’Eni. Una operazione che per gli ambienti anglofoni era ritenuta più importante della stessa riduzione del debito pubblico. Eric Knight, amministratore delegato di Knight Winke, azionista di Eni con il 2%, che da tempo premeva per lo scorporo, aveva appunto dichiarato questo. Così il 29,99% di Snam è stato trasferito dall’Eni alla Cassa Depositi e Prestiti che del gruppo petrolifero è il primo azionista controllandone il 26,37%. L’altro 3,93% è del Tesoro azionista della CDP con il 70%. E chi è stato scelto come consulente dalla CDP per questa operazione di giro dentro il settore pubblico? Ma la Goldman Sachs, è ovvio! La stessa banca che ha speculato contro l’Italia. La stessa banca per la quale ha lavorato Monti. E poi dicono che non siamo una colonia.Filippo Ghira Il debito pubblico schizza al 126,1% del Pil La chiacchiere stanno a zero. L’Italia è in recessione e le misure del governo hanno avuto il solo effetto di rafforzare la deriva in corso ed impoverire ulteriormente i cittadini. Eppure le gazzette amiche erano state prodighe di lodi per Mario Monti e i suoi ministri impegnati a ricostruire l’immagine di un’Italia offuscata dalle intemperanze private di Berlusconi e dalla sua incapacità di tenere sotto controllo lo spread tra i nostri Btp e i Bund tedeschi che i “mercati” avevano portato a 570 punti. Questa la versione ufficiale della caduta del Cavaliere, troppo legato a Putin e Gheddafi per poter resistere oltre. Eppure ci sono le aride cifre dei conti pubblici a testimoniare che si tratta di una versione incompleta per non dire distorta, limitandosi alla sola situazione di cassa dello Stato. Al momento delle dimissioni di Berlusconi, nel novembre del 2011, il debito pubblico era al infatti 120,1% sul Prodotto interno lordo. Una cifra enorme alla quale si era arrivati grazie alla spesa allegra e alle alchimie di Tremonti che invece dell’oro si era trovato con il classico piombo in mano. Certo, anche la recessione economica aveva svolto un ruolo non indifferente tagliando entrate fiscali e contributive a fronte di spese fisse nel settore pubblico. Ma con Monti in meno di 10 mesi si è registrato un vero tracollo. Secondo i dati di Eurostat, nel secondo trimestre del 2012 il debito pubblico italiano è salito al 126,1% del PIL. Sei punti percentuali in più che hanno ci hanno portato al secondo posto di questa speciale classifica all’incontrario, dietro la irraggiungibile Grecia forte (si fa per dire) del suo 150,3%. Dopo l’Italia, ci sono Portogallo (117.5%) e Irlanda (111.5%). I Paesi più “virtuosi” sono Estonia (7.3%), Bulgaria (16.5%) e Lussemburgo (20.9%). In realtà l’unico obiettivo che Monti e compagnia bella sono riusciti a raggiungere è quello della riduzione del disavanzo pubblico che in ogni caso a fine anno dovrebbe attestarsi sopra il tetto del 3% fissato dall’Unione europea come traguardo imperativo da raggiungere. Un 3,2% o un 3,1% che comunque non può far dimenticare il come un simile traguardo sia stato raggiunto. Avviando lo smantellamento dello Stato sociale, aumentando le tasse con quella Imu che ha costituito un autentico salasso per le famiglie italiane sempre più impoverite. Una realtà sulla quale si sono inserite le ultime misure di Monti, Grilli e Passera presenti nel Disegno di legge per la Stabilità. La riduzione delle due aliquote più basse dell’Irpef, per aiutare in teoria il potere d’acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati, e l’aumento parallelo dell’Iva. Due misure che di fatto si sono annullate l’una con l’altro e che avranno effetti negativi sui consumi. Una realtà che il segretario del PD, Pierluigi Bersani, che già si vede a Palazzo Chigi, ha cercato di illustrare a Monti che ha prospettato possibili modifiche al Ddl che però non potranno mutare il risultato finanziario finale. Quanto ciò sia possibile è tutto da vedere visto che Bersani ha chiesto misure ad hoc anche su scuola, sanità, enti locali deduzioni e detrazioni fiscali. Le elezioni sono vicine. |
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