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Usa. Urne già aperte -con 174 referendum da votare- |
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Anche il presidente Obama è già andato a votare nel suo seggio di Chicago, ed è la prima volta nella storia americana che un presidente in carica esercita il suo voto in anticipo sulla data ufficiale delle elezioni, quest’anno previste per il 6 novembre. Sono molte le persone che usufruiscono della possibilità di votare anticipatamente, e ne è comprensibile il motivo: aspettando l’ultimo giorno si rischia di trovarsi in una coda chilometrica prima di arrivare al seggio. Tuttavia non in tutti gli Stati il voto anticipato è consentito, 16 Stati. Per esempio non lo consentono per niente, altri (come il Texas, dove anch’io ho votato) lo consentono solo presentandosi di persona e muniti di documento di riconoscimento. Altri Stati, come lo Stato di Washington, consentono il voto anticipato, ma solo per posta. Ho però capito perché la fila ai seggi si allunga così tanto, sia vedendo il presidente Obama sostare diversi minuti al seggio, sia votando personalmente (a Dallas). Pur essendo i seggi dotati di apposite macchinette elettroniche specificamente programmate a questo scopo, è la lunga lista di nomi e di scelte da fare che allunga i tempi a dismisura. Ogni Stato, oltre alla scelta per il presidente, propone la scelta tra diversi nomi per le posizioni del Congresso che si rendono vacanti (senatori e deputati) più in alcuni Stati la scelta per il governatore, più la scelta di diverse posizioni di giudici dei Tribunali locali. E poi ci possono essere numerose proposizioni per le scelte popolari (i referendum, diversi nelle regole dal nostro in Italia). Complessivamente sono 174 i referendum che appaiono in questa tornata elettorale. Una enormità. Tuttavia sono meno numerosi che nelle precedenti elezioni, quando il numero di 200 veniva spesso superato abbondantemente. Alcune proposizioni di referendum popolare sono di grande attualità e avranno certamente un grande impatto sulla legislazione vigente, tra queste certamente ci sono alcune norme della legge sulla sanità (cosiddetta Obamacare), le leggi che regolano il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso e le leggi che regolano l’utilizzo della marijuana. Probabilmente i referendum che richiamano maggiore interesse popolare sono quelli che regolano l’utilizzo della marijuana, attualmente proibito a livello federale. Tre Stati, Massachussetts, Arkansas e Montana, considerano iniziative per legalizzarne l’utilizzo a scopo medico. I primi due vorrebbero introdurre la nuova legislazione, il Montana invece, che ce l’’ha già, vorrebbe modificarla. Altri Stati: Colorado, Oregon e Washington, attraverso il giudizio popolare propongono un libero utilizzo di questa droga anche a scopo ricreativo. Ma in California una proposizione similare è già stata bocciata nel 2010 dalla popolazione. I referendum sul matrimonio tra soggetti dello stesso sesso trovano invece generalmente decisa opposizione, o per dire meglio, trovano largo consenso quelli che lo vogliono rigidamente escludere dalla legislazione. Tuttavia, proprio quest’anno, è stato lo stesso presidente Obama a dichiararsi formalmente favorevole a questa concessione, così l’attenzione è tutta puntata sullo Stato del Maine che punta ad essere il primo ad arrivarci per consenso popolare. Il Maine infatti passò nel 2008 una legge che legalizzava il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, ma un successivo referendum del 2009 la fece cadere. Quest’anno però i sondaggi danno un largo vantaggio ai favorevoli, così come i sondaggi negli Stati del Maryland e di Washington, che hanno già la legge, e propongono il referendum per farsela confermare dal voto popolare. Altri referendum importanti sono quelli dell’Arizona e dell’Oklahoma che, dopo aver approvato norme che consentono a chiunque di opporsi alla normativa federale prevista dalla riforma sanitaria di Obama (“Obamacare”), vorrebbero la conferma col voto popolare. Il governatore della California, il democratico Jerry Brown, chiede attraverso il referendum popolare il consenso per aumentare le tasse sui ricchi e alzare la tassa sulle vendite di 25 centesimi a transazione. Con questo denaro si propone di avviare a risanamento la pesante situazione finanziaria del suo Stato lasciatagli in eredità dal suo predecessore, il noto attore Arnold Schwarzenegger. Un altro referendum proposto ai Californiani vorrebbe invece abolire la pena di morte, che venne reintrodotta nel 1978. Il Massachussetts vorrebbe, in presenza di determinate condizioni del malato terminale, legalizzare una forma di eutanasia assistita, peraltro già presente in altri 5 Stati. Ho qui descritto solo una piccola parte dei referendum proposti al voto popolare, non c’è da stupirsi dunque se il cittadino si sofferma a lungo per cercare di leggere e capire la lunga lista di candidati, giudici e quesiti referendari. Negli Stati con maggior numero di quesiti, volendo rispondere con il voto a tutti quanti, potrebbero occorrere davvero diversi minuti per ogni elettore. Ma questo è il rovescio della medaglia della democrazia diretta. Il cittadino presto o tardi si deve occupare dei problemi che lo riguardano. Intanto, per quanto riguarda l’elezione del presidente, i sondaggi danno il presidente Obama in ripresa dopo il disastroso primo dibattito faccia a faccia con Romney. I due candidati sono quindi ancora abbastanza vicini nei sondaggi e questo li spinge a premere ancor più sull’acceleratore delle richieste di contributi per sostenere le loro campagne elettorali. Tra le notizie recenti di un certo rilievo c’è il sostegno a Obama dichiarato oggi da Colin Powell (ex segretario di Stato di Bush nel primo mandato) che compie quindi un “salto di carreggiata” passando nell’area dei democratici. E c’è (ancora!) un tentativo di disturbo da parte del miliardario immobiliarista Donal Trump, che offre a Obama 5 milioni di dollari (da versare in beneficenza) a condizione che Obama mostri pubblicamente i suoi documenti di applicazione al College, e successivi risultati, entro il 31 ottobre. Trump sa già perfettamente che Obama, tra l’altro in corsa per il secondo mandato non per il primo, non potrà accettare una sfida che, anche se fosse sicuro di vincere, lo metterebbe semplicemente sullo stesso piano semiserio di Trump, che fu quasi completamente ignorato da tutti quando si presentò candidato alle primarie del partito repubblicano. L’unica ragione della mossa di Trump è dunque solo quella di sostenere Romney, dato che la notizia dei 5 milioni messi in palio gli procura spazio negli organi di informazione, e la richiesta a Obama di mostrare documenti ufficiali del College induce certamente molti, tra quelli politicamente poco informati, a credere che Obama abbia qualcosa da nascondere nel suo curriculum e non vuole mostrarlo. Un espediente di bassa lega tipica del Trump, ma è poco probabile che trovi un largo seguito. Roberto Marchesi (Dallas, Texas) |
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