Tre iniezioni. Serviranno a vivere serene?
 







di Silvia Bencivelli




Tre iniezioni e passa la paura. Tre iniezioni soltanto, per prevenire il cancro e vivere una serena vita sessuale. È la promessa più stupefacente contenuta nella Finanziaria 2008, che stanzia 30 milioni di euro per dare gratis a tutte le dodicenni il vaccino contro il virus del carcinoma della cervice uterina: un virus simile a quello delle verruche, trasmesso per via sessuale, molto diffuso nella popolazione, e che in certi casi può portare allo sviluppo di un tumore.
È anche una lodevole iniziativa che ci pone ai primi posti in Europa per la velocità con cui il vaccino è stato inserito tra quelli pagati dallo Stato. Una velocità sorprendente e, per qualcuno, quasi eccessiva.
I punti oscuri di questa campagna sono tanti, anche a partire da quella cifra: 30 milioni di euro. Perché, quando a gennaio il ministro della salute Livia Turco dette l'annuncio dell'avvio della campagna di prevenzione, il ministero aveva previsto un impegno a carico del
servizio sanitario nazionale di 75 milioni di euro all'anno?
Le dodicenni italiane sono circa 280.000. Il vaccino è in tre dosi e ciascuna dose costa al servizio sanitario nazionale più o meno 110 euro (mentre costerà quasi 200 euro alle over dodici che vorranno procurarsi il vaccino da sé, considerando che adesso il vaccino è consigliato fino a 26 anni). In più, dovranno essere considerati anche altri costi, quelli della somministrazione ad esempio: l'infermiere che farà l'iniezione, la siringa, l'ambulatorio. E poi, ci si augura, dovrà essere prevista una delicata campagna di informazione, tanto più che si tratta ragazzine di dodici anni alle prese con la prevenzione di un'infezione sessualmente trasmessa, a sua volta causa di cancro.
Comunque, che siano 75 milioni o solo 30, si tratta di un sacco di soldi. E allora vale la pena di chiedersi se l'investimento sia sensato.
«Il vaccino è interessante - commenta Luisella Grandori, responsabile vaccini dell'Associazione
culturale pediatri - ma sulla sua reale efficacia nella prevenzione del tumore della cervice non ci sono ancora dati ragionevoli. Crediamo che l'annuncio del ministro e la decisione di inserire il vaccino in Finanziaria siano avvenuti con una fretta ingiustificata». Tanto più che noi italiani non siamo proprio dei campioni della copertura vaccinale: ci sono vaccini efficaci e necessari, come quello del morbillo, che in certe regioni non arrivano a quasi quattro bambini su dieci. E allora perché spendersi tanto per nuovi vaccini ancora poco conosciuti?
Chi sta dalla parte del vaccino risponde che se il vaccino è promettente, tanto vale scommetterci. E che se, ogni volta, per far partire ogni nuova campagna vaccinale, dovessimo aspettare le prove scientifiche certe e inoppugnabili della sua efficacia, staremmo freschi: saremmo partiti in ritardo con tutte le vaccinazioni e avremmo avuto un sacco di malati e di morti che, con un pizzico di audacia in più, sarebbero stati evitati.
Ma
qui, nel caso del vaccino contro il virus del tumore della cervice uterina, bisogna fare attenzione ai reali obiettivi. Il vaccino protegge da quattro ceppi di virus, di cui due sono responsabili dello sviluppo del tumore. Le sperimentazioni hanno dimostrato che può prevenire fino al 100% delle lesioni provocate da questi quattro ceppi del virus, in chi il virus non l'ha mai incontrato. Ma le lesioni non sono il tumore. Sono alterazioni che, in molti casi, sarebbero guarite da sole e senza disturbi. Molti quanti? Non lo sappiamo. E non lo sappiamo perché il tempo della sperimentazione è stato breve, mentre perché dalla lesione si sviluppi un tumore ci vogliono 20 o 30 anni.
Per lo stesso motivo, cautela vorrebbe che si dicesse che non sappiamo nemmeno se ci sono degli effetti collaterali a lungo termine. E cautela vorrebbe anche che si precisasse che di quei due ceppi capaci di provocare il cancro, da cui il vaccino dovrebbe proteggere le fanciulle, non conosciamo la distribuzione
nel nostro paese, mentre siamo sicuri che ne circolino altri altrettanto pericolosi. «Che cosa dobbiamo dire, allora, noi pediatri alle mamme?», si chiede Grandori: «Che non sappiamo se stiamo proteggendo la bambina, quanto la stiamo proteggendo e da che cosa?». E poi c'è l'incognita tempo: quanto dura la protezione data da questo vaccino?
Comunque, vaccino o no, «il modo migliore per evitare il tumore della cervice uterina rimane il pap test». Con o senza vaccino, tutte dovranno continuare ad andare regolarmente dal ginecologo: per prevenire il tumore causato da altri ceppi del virus, per prevenire altri disturbi e, quelle vaccinate, per permettere di capire se il vaccino funziona o meno.
Alla fine, quella che esce dalla Finanziaria 2008 in fatto di nuovi vaccini ha soprattutto il sapore di una sfida culturale: organizzare una campagna informativa rivolta alle adolescenti e ai loro genitori, non facile in un paese ancora bigotto come il nostro («e noi pediatri non siamo abituati
a parlare di sesso ai genitori!», conclude Grandori), organizzare gli ambulatori e i registri sull'andamento della vaccinazione, seguirne gli effetti nel tempo, diffondere l'uso del pap test.
E magari, nel frattempo, ricordarsi che qui da noi di tumore della cervice uterina ormai non si muore quasi più. Mentre si muore eccome nei paesi più poveri del mondo, dove di pap test manco l'ombra e i vaccini, soprattutto quelli nuovi di zecca, non si vedono nemmeno col cannocchiale.da IlManifesto