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La Banca d’Italia sposa la linea del rigore di Monti |
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La crisi economica e la recessione mettono in pericolo la capacità di risparmio delle famiglie. E più di un pericolo si tratta di una realtà concreta visto che le famiglie, a causa del calo del potere d’acquisto di stipendi e pensioni, sono state obbligate a ricorrere alle riserve quindi ai propri risparmi. L’allarme, su una situazione più che palpabile, è stato lanciato da Ignazio Visco, intervenuto, ed è davvero un paradosso. alla 88 ma Giornata del risparmio. Della serie: piove sul bagnato. Il governatore della Banca d’Italia ha svolto il suo intervento ondeggiando tra due linee discordanti ma finendo inevitabilmente per abbracciare la seconda, quella del rigore che è propria della Commissione europea, della Germania, della Banca centrale europea e di riflesso del governo italiano. Visco ha ammesso che le famiglie sono sempre più incerte e sfiduciate e che incontrano sempre maggiori difficoltà ad accantonare le risorse in quanto sono obbligate a fronteggiare i rischi sui fronti del lavoro e del reddito futuro. Insomma, tra perdita del posto di lavoro e dello stipendio, e tra buste paga e pensioni sempre più risicate, per i lavoratori dipendenti e più in generale per il ceto medio è notte fonda. Senza soldi a disposizione sono stati inevitabili il calo della domanda e l’ulteriore frenata dell’economia che già stava soffrendo per una pesante recessione Poi, scoprendo l’ovvio, Visco ha sostenuto che la formazione del risparmio rappresenta la base primaria fondamentale per lo sviluppo equilibrio di un Paese. E l’Italia che un tempo era ai primi posti nel mondo in questo settore ha dovuto registrare una decisa inversione di tendenza che, iniziata venti anni fa, si è poi accentuata da quando è iniziata la recessione nella quale siamo immersi. Quindi a partire dal 2007-2008, il periodo in cui è crollata Wall Street a causa della crisi dei mutui subprime innescata dalle speculazioni della finanza anglo-americana. L’Italia ha perso il primato che deteneva in Europa. Nel 2005 la quota di reddito nazionale riferita al risparmio era del 21%. Oggi essa è ridotta al 17%, sotto quella della Germania (22%) e della Francia (18%). Non tiene più l’immagine degli italiani considerati un tempo risparmiatori e formiche e capaci di investire nei titoli di Stato e negli immobili. La soluzione per avviare una ripresa economica, che però è ancora lungi da venire, viene dal tenere fede agli impegni che il nostro Paese ha preso in ambito europeo, con la riduzione del debito e del disavanzo e con la piena attuazione delle riforme strutturali, ad incominciare da quella del mercato del lavoro. Quello che evidentemente anche Visco vuole più precario e più flessibile, con una ampia libertà di licenziamento, in maniera tale da permettere ad aziende straniere a venire in Italia ed investire in attività produttive. Una posizione curiosa se si pensa che proprio un anno fa il governatore aveva osservato che i giovani italiani prendono stipendi da fame. E allora, ha spiegato Visco, le misure che si stanno prendendo nei Paesi europei più colpiti dalla crisi, a causa del loro alto debito, avranno successo se tutte le parti in causa, quindi non solo i governi, terranno pienamente fede agli impegni presi con il Consiglio europeo e con la Bce. Già ci sarebbero effetti positivi sull’economia che fanno bene sperare. Non si tratta di un punto di svolta ma i segnali sono incoraggianti. Dove Visco veda i segnali positivi lo sa soltanto lui, considerato che i cittadini sono sempre più poveri e tartassati dal fisco e che migliaia di imprese stanno chiudendo. Certo, ha messo le mani avanti Visco, le misure di bilancio all’insegna del rigore non potevano non ripercuotersi negativamente sull’economia nel breve periodo, ma è stato evitato uno scenario molto peggiore di quello attuale. Come la bancarotta. In realtà, da quando c’è Monti il debito pubblico è passato dal 120,1% sul Pil all’attuale 126,1%. Sei punti percentuali sono tantissimi eppure era stato su quel dato e su quello dello spread Btp-Bund che Berlusconi era stato fatto cadere. Ma con Monti, dicono da Via Nazionale, il disavanzo è sceso poco sopra il tetto del 3%, con la speranza di realizzare il pareggio entro il 2013 mentre lo spread è passato dai 570 punti del novembre 2011 ai 350 circa di oggi. Questo è infatti il dato che interessa a Visco al quale preme che si attenuino i dubbi e le incertezze sul futuro dell’euro e che i singoli spread riflettano i fondamentali economici di ciascun Paese. E per l’Italia, ha stimato la Banca d’Italia, lo spread è sui 200 punti. La stabilità verrà poi aiutata dal completamento dell’Unione europea e dalla realizzazione dell’unione bancaria. In tal modo, verrà spezzato il legame tra le condizioni finanziarie degli Stati e quelle delle banche ne comprano i titoli e verrà consolidata la stabilità finanziaria dell’area. Infine una tirata in chiave sociale alle banche che devono tenere conto che il cittadino medio sta tirando la cinghia e che quanti sono privilegiati dovrebbero fare sacrifici. Le banche, ha ammonito il governatore, devono intervenire sui costi agendo anche sui compensi dei dirigenti e degli amministratori e valutando con attenzione la distribuzione di dividendi. Soprattutto in una fase come questa nella quale le banche hanno la necessità di rafforzare e conservare il patrimonio proprio.Filippo Ghira
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