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Le “risorse” che ingrassano la speculazione |
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Dopo l’invenzione della stampa, la più grande rivoluzione sociale è stata l’informazione. Libri, giornali, radiotelevisioni e oggi internet. Grazie all’informazione oggi possiamo sapere chi e cosa è per esempio, la Goldman & Sachs. Aggrega “assets” (e cioè “risorse” – sic - materiali e immateriali) nel suo portafoglio per circa 920 miliardi di dollari Usa (prendendo i dati di bilancio di fine 2011), poco meno di quanto detenuto dalla “italiana” (sic) Unicredit. Alla vetta della classifica del potere bancario privato internazionale vi è la Hsbc (Hong Kong Shanghai Banking Corporation) con 2550 miliardi, seguita dalla Royal Bank of Scotland con 2400, da JP Morgan 2200, da Bank of America con 2100, da BNP Paribas con 1960 miliardi, da Deutsche Bank con 2164, da Barclays con 1560 e da Citigroup con 1870. La G. & S. è tuttavia la banca d’affari punta di lancia più palese della speculazione internazionale. Ha sviluppato una serie di servizi rivolti a clienti istituzionali, soprattutto governi, legati al market making, private equity e public debt dealing. Nei fatti che ci interessano “investe” – sborsando minimi anticipi con “scommesse derivate” – sui debiti pubblici nazionali: da quelli delle comunità montane a quelli dello Stato. E cioè presta danaro a usura per ripianare le esposizioni e batte così’ perpetua cassa a breve e lungo termine. La G. & S. è stata più volte oggetto di indagine e anche sanzionata dall’Autorità di Controllo e Vigilanza Statunitense (Sec) per aver posto in essere operazioni finanziarie in conflitto di interesse con la propria clientela. Il controllo di questa banca è riconducibile ad un azionariato frammentato, quindi non ad un unico soggetto: i principali azionisti sono fondi di investimento e operatori istituzionali come Capital World Investors (4,7%), Vanguard (4,2%), Citigroup (3,25%), Massachussets Financial Service (3,2%), BlackRock (2,6%) e tanti altri ancora con quote minoritarie inferiori al 1%, per un totale, tra operatori istituzionali (20%) e fondi comuni (21%), di circa il 48 per cento delle azioni. Tutte “agenzie” di usura a cui si aggiunge la massa dei titoli restanti (52%), come si dice: “in mano al mercato”. Il pacchetto azionario è così frastagliato che il management della banca, dai consiglieri di amministrazione agli alti dirigenti, tutti provenienti da vertici economico-finanziari, possono agevolmente controllare con il loro circa 7% le politiche speculative della banca d’affari. Il più grande operatore istituzionale nel mondo finanziario non è comunque una banca, ma una società di gestione di “risorse” che trenta anni fa nemmeno esisteva, la BlackRock con oltre 3500 miliardi di AUM (assets under management). Al fianco di questo gigante trovate altri due soggetti finanziari, Pimco (1800 miliardi) e Fidelity (1500 miliardi), che gestiscono i risparmi investendo in tutto il mondo (banche comprese) e soprattutto nel debito dei paesi emergenti e sviluppati. Con le conseguenze evidenti come nel crack della Grecia, con il debito pubblico comprato dal 2001 in poi dalla G. & S. allora “diretta” in Europa dal signor Mario Draghi e più che quadruplicato, a colpi di interessi e nuovi prestiti in un decennio. Elena Colombari |
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