La dissoluzione delle forze armate statunitensi
 











Alla luce dello scandalo Petraeus che si allarga, è necessario riflettere sulle condizioni dell’evoluzione strutturale delle forze armate americane, il cardine del sistema di pressione offensiva e d’azione aggressiva nella crisi terminale del sistema. (In effetti, il comportamento offensivo dell’aggressione, a dimostrazione della superpotenza del sistema, apparentemente e paradossalmente rientra nella crisi terminale del sistema, in quanto la dinamica della superpotenza diventa sistematicamente una dinamica dell’autodistruzione.)
Il nostro scopo qui, è annunciato anche nella nota del testo presente, sempre del 14 novembre 2012: “… (La) situazione generale di estremamente rapida dissoluzione degli Stati Uniti d’America, che accelera sotto i nostri occhi con la dissoluzione delle istituzioni basilari (come i militari, su cui abbiamo il diritto ad iniziare a chiederci se non siano entrati in un processo di devastazione interna, attraverso le
varie misure avviate nei confronti di generali e ammiragli).” Pertanto, è ovvio che l’oggetto del testo di riferimento (secessione o “rimessicanizzazione”) rientri nel medesimo campo trattato in questa sede, rappresentato anche dalla stessa parola “dissoluzione” nel titolo e nel testo. Consideriamo qui quello che è quasi certo, formalmente e informalmente, vale a dire il comportamento degli attuali capi militari che lo scandalo Petraeus ha rivelato, dopo vari esempi precedenti in questo campo. Tutto ciò è ovviamente suscettibile di ulteriori gravi peggioramenti, sia sulla base di ciò che è già noto, che con nuovi altri scandali.
Da tutto questo, scaturisce un “clima” spaventoso sui comportamenti e regole con cui questi personaggi stellati dirigono le forze armate e su come svolgono la missione, in particolare, d’insegnare lo spirito almeno con l’esempio. Anche se questi casi non sono necessariamente condannabili, questo “clima” rivela, nell’orgia di sfarzo e privilegi che
caratterizzano le cariche di generali e ammiragli, uno straordinario potere di corruzione psicologica e tutto ciò che esso nutre. Nella cronaca di Danger Room del 13 novembre 2012, Noah Shachtman e Spencer Ackerman descrivono l’atmosfera terribile che caratterizzava la conferenza stampa, quello stesso giorno, al Pentagono, mentre il nuovo coinvolgimento del generale Allen (successore di Petraeus in Afghanistan e anche suo compare nelle frequentazioni sociali ed emotive) allargava lo scandalo Petraeus. Si trattava per la gente del Pentagono, di negare assolutamente qualsiasi traccia di scandali sessuali, rischi per la sicurezza nazionale, e così via… “A sentire il Pentagono, dicono, non c’è alcuno scandalo che faccia deragliare le promozioni dei comandanti sul campo in Afghanistan. Non c’è nessun rischio per la sicurezza, non ci sono relazioni sessuali e non ci può essere stato nulla di più di uno scambio di un paio di e-mail…” Alla fine del loro articolo, gli autori evidenziano la bolla di privilegi straordinari ed esorbitanti di questi comandanti slegati dalla realtà, e quindi dalle loro truppe, dagli incubi e dagli orrori della guerra, dall’evoluzione delle condizioni generali negli Stati Uniti e nei paesi in cui gli Stati Uniti intervengono…
“Se c’è un possibile aspetto positivo di questa nube piuttosto strana e sgradevole, è che tali scandali possono provocare una rivalutazione di come i militari trattano i propri generali di rango più elevato.
Oggi, molti tre e quattro stellette sono coccolati come i reali britannici, e noi tutti sappiamo il genere di problemi in cui tali Windsor s’infognano. “Mi preoccupa la strisciante lercia cultura”, dice a Danger Room un ex alto ufficiale. “Sono così lontani dalla realtà quotidiana, non se ne curano del tutto. Ci sono troppi orpelli e prebende, troppi benefici”, dice l’ex ufficiale. “Traghettato da un posto all’altro su SUV neri. Alcuni di loro hanno i propri aerei. Aiutanti gli prenotano la cena, prendono i loro
vestiti puliti e gli cucinano anche la cene. Molti dei tizi che dirigono grandi corporation non vivono così alla grande. Ma tutto gli sembra perfettamente normale”.”Queste condizioni implicano un tremendo indebolimento psicologico per le élite militari, legate solo alla tutela e al godimento dei propri privilegi, da un lato, e alla lotta costante con gli altri centri di potere per garantirsi la carriera, dall’altro lato. I conflitti in corso sono lasciati alle cure delle pubbliche relazioni che riproducono in stile postmoderno le “vittorie”, del tipo in cui Petraeus era un maestro, senza la minima preoccupazione o rifiuto per la corruzione o il decadimento delle situazioni alla base di una struttura da superpotenza sempre più ossificata. Lo scandalo Petraeus è un grande indicatore di questa situazione e, di conseguenza, un acceleratore dell’indebolimento psicologico attuale e del decadimento delle strutture della superpotenza, dovuto alla stessa ragione.
La composizione delle forze
armate degli Stati Uniti è completata, all’altro estremo dello spettro, da truppe sempre più minate da un tremendo deterioramento causato dal contagio delle patologie psicologiche davanti all’orrore, la futilità e l’inefficacia delle “guerre” scatenate, e dall’altra da una solitudine “sociale” al centro di quello che è sempre stato inteso come una “grande famiglia” (l’esercito). Questo è essenzialmente e tragicamente oggettivato con il suicidio, che supera ormai il numero delle vittime in combattimento, portando Mike Fayette, di Polymic, a chiedersi il 14 luglio 2012: “Se i membri dei nostri servizi uccidano se stessi più velocemente del “nemico”, ci si può allora chiedere chi sia il vero nemico?” Questa epidemia di suicidi si estende sulla base della crescente popolazione di veterani affetti, spesso, dalle gravi conseguenze patologiche delle loro psicologie devastate. Il comportamento in combattimento delle forze USA si divide tra le barbarie e crudeltà più cieche e la totale depressione.
Le relazioni umane tra i soldati sono ridotte al minimo, riducendo gli atteggiamenti sviluppati o la solidarietà, aggiungendo disumanizzazione alla disumanizzazione insita della guerra postmoderna, facendo di queste guerre una continua latente sconfitta infinita, nascosta e tenuta in soggezione dal tecnologismo overkill della potenza di fuoco americanista-occidentalista. Caratteristica di tutti questi aspetti, naturalmente, è l’assenza di un qualsiasi fondamentale elemento esterno al processo di decadenza e declino, ovviamente suggerendo una risposta alla domanda di Mike Fayette: “Se è il nemico che ci uccide, chi è il nemico, se non noi stessi?“
Tutte queste realtà, tutte queste riflessioni suggeriscono e portano a diagnosticare, in modo efficace, un processo di dissoluzione accelerata delle forze armate, dell’istituzione delle forze armate degli Stati Uniti. Questa dissoluzione non si verifica in modo drammatico, brutale, violento (ammutinamento, diserzione, ecc.).
È soprattutto un evento psicologico, silenzioso ed interno. Si adatta assolutamente alla crisi generale del sistema, e degli Stati Uniti, naturalmente, tanto nel Pentagono che con il JSF, stesso giro, tutto qui, invece che formare un fattore specifico dovuto alle condizioni della partecipazione alle guerre, come accadeva di solito. Le forze armate degli USA sono tarlate al proprio interno, come del resto gli Stati Uniti e il blocco BAO, con dei volgari e marci comportamenti che non impensieriscono, venendo prima il denaro da consegnare ai banchieri.
Questa situazione interna e relativamente tranquilla, può effettivamente essere aggiornata dal tipo di scandalo rappresentato da quello di Petraeus, colpendo in Petraeus l’eroe militare postmoderno per eccellenza, dunque il più vezzeggiato e il più mediocre contemporaneamente; Petraeus come una sorta di “ultimo uomo” nietzscheano con un’uniforme imbrattata e soffocata da file interminabili di decorazioni, come un albero di Natale
sovraccarico di palle colorate (a tale riguardo, i marescialli sovietici dell’era Breznev, che erano specialisti di “Alberi di Natale”, vengono superati di molto).
Lo spettacolo della dissoluzione dell’elite militare degli Stati Uniti, moralmente dissoluta, ma in realtà dalla mediocrità tipica dei servi del sistema, è anch’esso un acceleratore, lo spettacolo del processo di dissoluzione accelera la dissoluzione qui descritta… E, le successive sorprese in serbo per noi a seguito della vicenda Petraeus, ci potranno fare assistere all’ulteriore superpotenza della dissoluzione…
(E infine l’aggiunta di poche righe ironiche “del grande vecchio”, il già ospite William Pfaff, riguardo ai generali “alberi di Natale”, in particolare Petraeus, descritto da un uomo (Pfaff) che ha trascorso molti anni nelle forze armate degli Stati Uniti, fin dagli anni ’50 (13 novembre 2012): “Come ex-militare, sono stato a lungo confuso dalla proliferazione di mostrine e altre decorazioni sul petto degli
alti ufficiali dell’esercito di oggi.
Il generale Petraeus, che ha lasciato l’accademia militare nel 1974, ora ha il diritto di indossare 45 mostrine e 13 medaglie sulla sua giacca militare (diversi distintivi di unità, ma anche dei paracadutisti di tre eserciti stranieri, oltre il suo). Ha visto un solo combattimento attivo (ma senza doversene occupare) e solo come comandante della 101.ma Divisione Aviotrasportata, durante i tre giorni di operazioni di terra nella guerra del Golfo.
La sua decorazione in combattimento è solo la stella di bronzo con V (Valore, senza dubbio mostrato durante la guerra del Golfo). Indossa il distintivo da soldato scelto di fanteria, ma senza la pregiata corona che indica la partecipazione a un combattimento della fanteria.)”Philippe Grasset