Artur Rubinstein, messaggero di emozioni
 











Ruolo non trascurabile né subalterno quello dell’esecutore interprete. Egli ha l’alto compito di infondere vita all’opera d’arte che, altrimenti, resterebbe muta congerie di segni. Ed è lavoro che ha una sua indubbia specificità artistica se è vero, come è vero, che l’ispirata lettura di un brano letterario o musicale ad opera di un maestro dell’interpretazione, non di rado acquista maggiore spessore comunicativo dell’interpretazione eseguita dall’autore o, anche solo mentalmente, da noi stessi. Ciò non è soltanto il risultato di capacità tecniche acquisite ed esercitate e doti fisiche naturali, come la bellezza della voce o la perizia allo strumento musicale; è finezza d’arte conquistata anche e soprattutto con dedizione, valori morali, desiderio di donare e tante altre possibili virtù umane, come già avvenuto per il poeta o il compositore che ha creato la pagina. Non ultima peculiarità è infine la filosofia che motiva l’azione artistica dell’interprete che quindi può così diventare o semplicemente riproduttore fedele e pedissequo di ogni intenzione dell’autore espressa dal segno grafico, oppure dispensatore personale ed ispirato di verità emotive sottese nel documento scritto anche ad insaputa dell’autore stesso (da qui la possibile e non rara superiorità dei risultati dell’ottimo interprete rispetto a quelli del creatore del brano), o ancora può restare null’altro che comunicatore irriverente, alla lunga anche monotono, del proprio mondo emotivo, per la qual cosa l’opera riprodotta diventa solo un pretesto, quanto dire che lo stile dell’interprete finisce col sovrapporsi prepotentemente alle caratteristiche precipue del lavoro eseguito umiliandolo. E certo possono esserci ancora tanti altri differenti approcci estetici.
Nato a Lodz, in Polonia, il 28 gennaio 1886, secondo alcuni nel 1887, morto a Ginevra il 20 dicembre 1982, Artur Rubinstein svolse una prestigiosissima carriera di pianista che, iniziata molto
presto, si concludeva nel 1976 per gravi problemi di vista, dopo averlo portato ad esibirsi praticamente in ogni parte del mondo con un ampio repertorio che includeva musica solistica e più ampiamente da camera, legando particolarmente il suo nome alle composizioni di Chopin.
Incarnò nel corso della sua lunga, acclamatissima attività, la figura del pianista virtuoso ottocentesco, messaggero della musica, ancor più, dell’emozione, in virtù di una serie di doti e di scelte interpretative che vanno dalla completa padronanza dello strumento, in termini di velocità ed intensità dei suoni, al dominio del timbro da sortire, indirizzando il tutto alla ricerca di un modo di porgere la musica appassionato ma pure elegante, di grande sensibilità, carezzevole, aristocratico, profondamente gioioso, sempre piacevole, distante dall’accuratezza maniacale di certi suoi colleghi specialmente più giovani, interamente votato al dono dell’incantesimo sonoro che tocca il cuore, al calore della felice
comunicatività. Scelte che spingono a ricordarlo doverosamente in questi imminenti giorni anniversari della sua nascita e della sua dipartita. Scelte che hanno saputo donare al mondo perle interpretative storiche di cui non possiamo che essere riconoscenti e, gelosamente, sui dischi come nel cuore, custodire.  Rosario Ruggiero