L’agonia dei partiti “infedeli”
 











Ai nastri di partenza della legislatura in corso (avviata il 13 aprile 2008), i partiti maggiori che concorrevano alla tenzone italiana erano i seguenti: Pd, Ivd, Pdl, Lega, Mpa, Udc, La Destra, la Sinistra arcobaleno. Successivamente, sono nate nuove formazioni o movimenti (altri sono spariti) che hanno cambiato la geografia del voto, possibile e realistico.
Poco dopo l’esito delle elezioni del 2008, infatti, la Sinistra arcobaleno, ferita per l’esito negativo e la mancanza di rappresentanti in Parlamento, si è sciolta.
L’Api è il partito, fondato ufficialmente l’11 novembre 2009, dall’ex piddino Rutelli.
Il M5s di Grillo, ufficialmente nato il 4 ottobre 2009 (dopo una parziale e apparizione alle politiche del 2008 attraverso liste civiche di prova), ha cominciato, nell’ultimo anno, a maturare i propri consensi sino a quelli delle dimensioni attuali. Il 20 dicembre 2009 è nata, dall’unione di partiti di sinistra minori, Sel.
Fli si è
scissa il 30 luglio 2010 dal Pdl con il noto “divorzio” tra Berlusconi e Fini e la nascita è stata ufficializzata il 13 febbraio 2011. Da quasi 5 anni sono molte le formazioni minori che sono nate e la lista sarebbe davvero lunga. Da qui al 2013 (da considerare come “anno nazionale del voto”, viste le diverse occasioni di consultazione a livello locale e nazionale), ne sorgeranno ulteriori.
Ciò che conta è capire come le formazioni maggiori abbiano subito, quasi tutte, una “doccia fredda” (fra inchieste, scandali, illazioni e assoluzioni) che ne ha frenato i bollori e ne ha fatto perdere moltissimi consensi.
La precisazione è d’obbligo: i reati ipotizzati e contestati sono al vaglio della magistratura (alcuni già hanno ottenuto la sentenza). Il reato, beninteso, quando è accertato significa che è stato commesso e non c’è alcuna giustificazione, neppure di “complottismo”: chi ha sbagliato deve pagare e si deve vergognare dinanzi alla cittadinanza che lotta per
sopravvivere.
L’unico particolare che fa pensare è il modo e la tempistica in cui tali scandali siano saltati alle cronache e abbiano rivoluzionato le forze politiche in campo.
Una domanda maliziosa potrebbe essere la seguente: se la Lega e l’Idv non fossero stati ostili a Monti, gli scandali sarebbero usciti lo stesso e nella maniera in cui lo sono stati? Se il Pdl (e Berlusconi) avesse tenuto un comportamento più accondiscendente, avrebbe subito le forti traversie così come si sono sviluppate e accompagnate dalla roboante derisione informatica?
In questa sorta di rievocazione di Mani Pulite, per onorare al peggio il ventennale, sembrano ripetersi alcune coincidenze: allora pagarono solo Dc e Psi. Senza ironia: il merito va a quelle formazioni che riescono, in un mare di politica squallida e criminale, a rimanere “vergini” ed esenti.
I partiti più grandi e consistenti hanno conosciuto un percorso diverso, lungo due direttrici. Da una parte ci sono quelli che, attraverso il
coinvolgimento di propri elementi in affari loschi (all’esame dei giudici), hanno ricevuto un colpo deciso alle proprie ambizioni elettorali. L’altra parte è quella minoritaria, dove aleggiano formazioni estranee a inchieste o appena sfiorate. La resa dei conti e la lista dei misfatti si sono consumate soprattutto nell’ultimo anno, quello dell’esecutivo Monti. Il partito più al di fuori da inchieste e scandali è stato, oggettivamente, l’Udc di Casini. Accanto a questo è possibile ricondurre il Fli di Fini che, dopo le prime polemiche sulla casa di Montecarlo, si è posto in una condizione di tranquillità e deve il suo modesto consenso elettorale a un altro tipo di situazioni (tra cui la presenza ancora tiepida sul territorio). Il Pd ha rischiato qualcosa (il rinvio a giudizio per Penati) ma si è tirato fuori (assoluzione di Vasco Errani) e non ha perso consenso, anzi, ha approfittato delle disgrazie del Pdl ben più “gettonate” mediaticamente.
Peccando di dietrologia, si potrebbe
affermare, arditamente, che a beneficiare di tale “terremoto” politico, quasi a 360 gradi, siano stati proprio i partiti più fedeli a Monti.
L’Udc è stato sempre dalla parte dell’attuale premier; si è dichiarato anche per il futuro, auspicando decisamente un “Monti bis”. Il Pd si è giovato dell’ascesa del presidente (in sospeso) della Bocconi, liberandosi, in tal modo, dell’odiato Cavaliere e ha garantito molta più affidabilità parlamentare, all’esecutivo tecnico, rispetto al Pdl.
Il Pdl ha scontato l’onda lunga delle interminabili questioni del “bunga bunga”, leggermente scemate dopo il responsabile appoggio al governo tecnico, ma riprese in seguito ai recenti “ricatti” fra Berlusconi e Monti. Il Pdl, inoltre, ha visto emergere i casi di Fiorito, dei consiglieri della regione Lombardia, nonché i dossier sui presidenti Polverini e Formigoni che sono stati sotto assedio mediatico e sottoposti alle burle del web.
Maruccio non ha subito lo stesso attacco di dileggio ma ha messo
nei guai il suo partito, l’Idv. Di Pietro, da sempre recalcitrante a Monti e, a parole, molto severo nei suoi confronti, è andato a picco nei sondaggi dopo la famosa puntata di Report. Il “fango” mediatico che è arrivato addosso all’ex magistrato ha portato a perdere consensi; alcuni uomini del partito (fra questi Donadi) lo hanno lasciato.
La Lega, all’opposizione (sin dal primo momento) nei riguardi di Monti, ha subito un tracollo di gradimento in seguito agli scandali del tesoriere Belsito e della “distrazione” dei rimborsi elettorali. Una situazione che ha coinvolto in prima persona il capo carismatico Bossi e la sua famiglia. Piano piano il partito ha dovuto leccarsi le ferite, fare pulizia in tutti i sensi, sostituire i vertici, rimboccarsi le maniche e ripartire.
Ha rischiato un po’ anche Sel, in seguito alle accuse di abuso d’ufficio per Vendola, ma il governatore della Puglia ne è uscito assolto e ha salvato le sorti del partito.
L’Api di Rutelli è stato scosso,
indirettamente, dalla “bomba” dell’ex tesoriere della Margherita, Lusi; dopo un periodo di sbandamento è riuscito a riprendere quota (più morale che di consensi) e ha continuato a far parte, per molto tempo, del cosiddetto Terzo Polo (insieme a Udc e Fli) fedele a Monti.
Tra i partiti, i movimenti e le formazioni che si sono messe di traverso a Monti, rimane Grillo che ha subito qualche azione di disturbo, per ora senza grandi scossoni. Fra queste il clamore e le luci mediatiche accese nei confronti della figlia del “megafono” genovese, trovata con una dose personale di stupefacenti.
L’ex comico deve valutare bene la situazione: odiato com’è dai partiti sa, che scoprendogli il minimo capello fuori posto, inizierebbe una campagna denigratoria che può far perdere consensi in un sol giorno. Per questo deve stare attento a non fornire appigli ai nemici, pena il dimezzamento dei voti ottenuti.
Saranno più forti le stoccate di Grillo a Monti e alle banche o sarà più incisivo
l’attacco sottile dei suoi detrattori?
Chi, fra i partiti, non ha seguito Monti, lo ha fatto per coraggio o per una scelta opportunistica politica di contrasto, ergendosi a paladino degli scontenti (sperando di essere premiato in questo). In una roulette russa ha scommesso che la propria idea, ardita e vicina alla “pancia” della gente, fosse la migliore; l’establishment ha deciso il contrario.
L’ultimo a non essere “sculacciato” dai poteri forti è Grillo, quanto gli avranno concesso ancora? Marco Managò