Egitto in fiamme. Diplomatici e consiglieri abbandonano Morsi
 











È molto tesa la situazione in Egitto. Il “nuovo” faraone Mohamend Morsi ha visto almeno otto dei suoi consiglieri restituire il mandato dopo le violenze esplose tra mercoledì e giovedì attorno al palazzo presidenziale che hanno causato sette morti e più di seicento feriti.
L’ultimo a dimettersi è stato il vice presidente del partito Giustizia e Libertà, che fa capo ai Fratelli musulmani, Rafiq Habib. E proprio i seguaci della Fratellanza hanno di fatto scatenato gli scontri ponendosi a difesa del palazzo presidenziale di al Ittihadiya mentre erano in corso manifestazioni contro Morsi convocate dalle opposizioni e dai gruppi della società civile. Le tensioni nel Paese erano iniziate subito dopo l’elezione di Morsi, con la sua dura contrapposizione nei confronti dell’Alta Corte. Il 22 novembre scorso è esplosa definitivamente, quando il capo dello Stato ha promulgato l’annuncio costituzionale attraverso cui ha assunto i pieni poteri. Nei giorni
successivi, poi, l’Assemblea costituente ha approvato la bozza della nuova Carta fondamentale, contestata dalle opposizioni per l’esplicito riferimento alla sharia come fonte primaria di diritto, fissando il 15 dicembre la giornata del referendum per la sua approvazione. Contro tutto questo migliaia di persone sono tornate a piazza Tahrir per rivendicare la richiesta di cambiamento già fatta nel 2011 e di fatto mai realizzata.
I partiti di opposizione hanno chiesto di annullare il referendum e di ritirare i decreti presidenziali, ma fino a ieri sera il “fratello” presidente non ha fatto passi indietro: al “faraone” Mubarak si è sostituito il “faraone” Morsi. Dopo la sanguinosa notte di mercoledì, ieri mattina davanti al cancello principale della presidenza si erano posizionati almeno quattro carri armati e tre autoblindo, mentre lungo l’arteria principale all’esterno dell’edificio erano schierate in forze unità della Guardia Repubblicana, il corpo scelto incaricato tra l’altro di
proteggere il capo dello Stato. Centinaia di seguaci di Morsi rimanevano invece nei paraggi, parecchi intenti a leggere il Corano. Nel pomeriggio i militanti dei Fratelli Musulmani hanno poi sgombrato la zona intorno al palazzo su ordine della stessa presidenza e gli scontri tra i sostenitori del presidente e i suoi oppositori si sono quindi spostati dal centro della capitale alla sua periferia orientale, dove si trova l’abitazione del capo dello Stato. Secondo quanto riferito dalla tv satellitare al Arabiya, la polizia ha lanciato i gas lacrimogeni per disperdere la folla, mentre si registrava un’altissima tensione intorno alle sedi dei Fratelli Musulmani. Ai numerosi consiglieri di Morsi dimissionari si è unito ieri il presidente della televisione di Stato egiziana, Essam el Amir. Una decisione presa, ha spiegato in esclusiva al quotidiano al Watan, “domenica scorsa, dopo aver assistito alla manifestazione dei Fratelli Musulmani di fronte all’università del Cairo dove si sono verificati dei tentativi di dividere il Paese e di trascinarlo nella guerra civile” e dopo gli “appelli dei Fratelli Musulmani ai giovani di riunirsi davanti alla palazzo presidenziale usandoli come strumento per un conflitto durante il quale è stato versato sangue egiziano di entrambe le parti”.
Dimissioni dovute anche alla politica del ministro dell’Informazione e al modo in cui la televisione statale ha seguito la crisi: “La tv di Stato ha ignorato gli eventi”, ha infatti denunciato el Amir. Nel mentre, oltre 200 diplomatici egiziani hanno annunciato che non monitoreranno il referendum sulla bozza di Costituzione all’estero, dove la consultazione popolare inizierà sabato (in Egitto è previsto per il 15 dicembre). Secondo una fonte citata dal sito del quotidiano al-Masry al-Youm, 204 diplomatici hanno sottoscritto un comunicato nel quale annunciano che respingono la richiesta del ministero degli Esteri di supervisionare sul voto degli espatriati per rimanere neutrali e “perché
viene versato sangue egiziano”.Alessia Lai