Berlusconi getta il Pdl nel caos
 











Più che il diluvio, il Cavaliere lascia dietro di sé il caos. Agli altri, gli attendenti, il compito di dargli un ordine, o quanto meno un senso. All’indomani dell’implausibile tripletta lanciata da Berlusconi alla presentazione del libro di Bruno Vespa (in sintesi: il candidato premier del Pdl sarò io, oppure Monti, oppure Alfano), i pidiellini sembrano formiche stordite. Fra gli altri, Gianni Alemanno, che addirittura – tra un richiamo al rinnovamento del Pdl e un’apertura a Monti – si spinge a giustificare lo stato dell’arte: "E’ giusto che Berlusconi non escluda nessuna ipotesi". In Transatlantico alla Camera, uno dei pochi a ostentare buon umore è Giancarlo Galan: "Quel che ha detto Berlusconi è chiarissimo, siete voi che non lo capite", spiega l’ex ministro: "Anche nel 1994, prima di scendere in campo, chiese a Martinazzoli di guidare il fronte moderato: piuttosto, stavolta, il problema è capire se – nonostante le resistenze - avrà il coraggio e la determinazione per arrivare fino in fondo", vale a dire spezzettare il Pdl e riaggregare il fronte moderato come una volta. Roba della quale quasi nessuno, per la verità, pare aver voglia di parlare. I parlamentari pidiellini filano via tacendo per i corridoi di Montecitorio, nelle pause delle votazioni al decreto sviluppo. "Che pensiamo? E che dobbiamo pensare, si sa che Berlusconi è così. Non è facile, non è facile per nessuno", sussurra una deputata ben introdotta. C’è, fra l’altro, il problema di rientrare tra i pochi che saranno ricandidati, e non è facile. Dopo aver terrorizzato tutti con quel "solo il 10 per cento" rientrerà in Parlamento, Berlusconi ieri ha specificato che "nessuno che abbia dimostrato capacità, efficienza e dedizione sarà lasciato fuori": dunque il redivivo Daniele Capezzone anche oggi snocciola la sua nota alle agenzie, e – novità - rispunta l’avvocato Maurizio Paniz, con dichiarazioni contro la Lega ("chi troppo vuole nulla stringe"). Non sarà facile spuntare un posto in lista, son tempi duri se il Cavaliere è arrivato persino a dire che lascerà fuori un intoccabile come Marcello Dell’Utri (che lo faccia  davvero è tutt’altro conto: il senatore assicura di no). Intanto, a Palazzo, facce scure i pidiellini. Maurizio Lupi a grandi falcate attraversa il Transatlantico salutando tutti "buongiorno, buongiorno" con un tono forzatamente alto. Luca D’Alessandro raccoglie le firme per la grazia a Sallusti (scarso l’entusiasmo che circonda l’iniziativa, riferiscono). Il di solito chiacchierone Mario Pepe liquida qualsiasi discorso con un "mah", e sembra interessato solo a certi buoni benzina. In un angolo, l’ex ministro Mariastella Gelmini, comprensibilmente attivissima sul fronte delle elezioni Lombarde, parla fitto con il leghista Giancarlo Giorgetti. Già, perché al di là di tante chiacchiere, un problema serio e immediato c’è, ed è quello dell’alleanza Pdl-Lega. Il Carroccio ha messo come condizione un passo indietro del Cavaliere, Berlusconi per rappresaglia minaccia di far cadere i governi regionali di Piemonte e Lombardia e la Lega è incline a considerare la minaccia "una barzelletta". Morale: "Bisognerà chiudere in fretta, in un modo o nell’altro, il tempo è pochissimo", sibila a un interlocutore fidato il segretario Roberto Maroni in un angolo del Palazzo. A Umberto Bossi invece, davanti ai giornalisti, chiede di intercedere presso il Cavaliere: "Tu che hai influenza su di lui, chiamalo e digli cosa deve fare". (Postilla: il Senatur, che lo conosce bene, è convinto che ieri Berlusconi abbia detto "tutte balle")Susanna Turco-l’espresso