Mosca e il Wto. Le nozze anomale
 











Vladimir Putin

E’ trascorso un anno dall’ufficializzazione dell’’ingresso della Federazione Russa nel WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio). Il 16 dicembre 2011 si concludeva il negoziato di adesione più lungo nella storia dell’istituzione ginevrina. La ratifica parlamentare è poi giunta a ridosso del limite ultimo fissato dai protocolli di accesso. Il 10 luglio 2012, 235 membri (su 237) di Russia Unita hanno sancito l’ingresso del gigante eurasiatico nella tentacolare Organizzazione.
Sul fronte opposto si sono schierati i nazionalisti del LDPR di Žirinovskij (11,7% alle elezioni parlamentari dello scorso dicembre) ed i moderati di Spravedlivaja Rossija (13,2%) – il cui leader Mironov aveva evidenziato a più riprese i rischi per settori industriali strategici. Tuttavia, sono stati soprattutto i nazional-comunisti di Gennadij Zjuganov (quasi al 20%) ad essersi focalizzati su azioni di contrasto alla ratifica, culminate nella giornata di mobilitazione
nazionale del 3 luglio.
In tale sede, il Segretario aveva evidenziato come il Governo stesse facendo mancare il proprio sostegno alle forze produttive russe proprio in un frangente storico caratterizzato dall’incrudelimento nella battaglia per il controllo dei mercati, dei flussi finanziari e dell’accesso alle risorse naturali.
Due giorni prima, in un’altra giornata di lotta, avevano già fatto fronte comune nemici apparentemente eterni: nazionalisti bianchi e rossi, internazionalisti, varie sigle imperial-nostalgiche e ortodosse.
Nonostante siano trascorsi quasi sei mesi dal fatidico 10 luglio, alcune frange della società civile sono rimaste con l’arma al piede. Il movimento Rossija protiv VTO (Russia contro il WTO), con ramificazioni operative nelle principali città della Federazione, ha lanciato diverse campagne mediatiche contro l’accesso, raccogliendo interventi di personaggi di primo piano nel mondo accademico (ad esempio Boris Kagarlickij, direttore dell’IGSO – Istituto
per la globalizzazione e i movimenti sociali). Il movimento ha supportato anche un’iniziativa referendaria (fallita) promossa da diversi economisti e personaggi politici, fra i quali Konstantin Babkin, deputato di Novgorod nonché presidente di Rosagromaš, importante associazione dei produttori di macchine agricole. Proprio il tema del sostegno dello Stato all’agricoltura continua ad essere al centro delle preoccupazioni degli oppositori al WTO.
L’Unione cerealicola russa, presieduta da Arkadij Zlocevskij, ha valutato in 56 miliardi di rubli le perdite annuali per l’industria del grano. Direttamente impattante sul settore è anche la ristrutturazione del comparto della suinocoltura, minacciato dalla riforma del sistema di quote all’import di carni suine e dal calo dei dazi sugli animali vivi. Il combattivo presidente di Rosagromaš ha previsto che l’import di prodotti alimentari dall’estero sia destinato a passare dal 45% al 70% del consumo totale. Per placare questi timori si è
pubblicamente speso perfino Vladimir Putin, che ha ricordato come tali settori possano godere di tutele ad hoc e di sistemi di contingentamento.
Calato dall’empireo dei round negoziali, l’accordo sta incontrando inattese (ma prevedibili) resistenze nella sua implementazione operativa. In una dichiarazione congiunta resa il 9 dicembre, lo statunitense Segretario all’Agricoltura Tom Vilsack (personaggio vicino agli interessi della Monsanto) ed il conterraneo Rappresentante per il Commercio Ron Kirk hanno stigmatizzato l’interdizione de facto applicata dalla Russia alle carni statunitensi, ritenendo la pratica in contrasto con le norme dell’Organizzazione. Le autorità veterinarie federali hanno richiesto, infatti, che i prodotti a base di carne importati abbiano una certificazione attestante l’assenza di ractopamina, farmaco utilizzato sia negli Stati Uniti che in Canada. Il documento, tra l’altro, chiarisce come “gli Stati Uniti [siano] molto preoccupati per le azioni intraprese dalla
Russia, in contraddizione ai suoi obblighi come membro dell’OMC”. Le restrizioni sulle normative fitosanitarie, inter alia, sembrano poter dispiegare i propri effetti anche sull’import dall’UE.
Pochi giorni addietro, in una delle innumerevoli sessioni di lavoro dell’OMC, il Rappresentante dell’UE ha lamentato l’utilizzo di misure protezionistiche da parte del gigante eurasiatico, in violazione alle regole del commercio internazionale. La rimostranza è nata dal divieto russo alla fornitura di prodotti suini dalla Lettonia, per via del locale focolaio di peste suina classica. Il Rossel’khoznadzor aveva anche inviato una lettera alle competenti agenzie tedesche con la richiesta di adottare elevati standard qualitativi nei controlli veterinari dei prodotti di origine animale diretti ai Paesi dell’Unione Doganale. Il 3 dicembre, a causa di inesattezze documentali, il Rossel’khoznadzor aveva poi bloccato una grossa partita di carne bovina proveniente dall’Italia.
Le pastoie
burocratiche (ché di questo, in ultima sintesi, si tratta) strumentali al rallentamento del pieno dispiegarsi degli effetti destabilizzanti – specie per alcuni settori particolarmente sensibili quali l’agricoltura – non sono l’unico esempio di riluttanza ai diktat dell’OMC.
Forse, la cifra più caratteristica della resistenza all’Organizzazione è stata proprio l’emersione e la continua attività di movimenti ed organizzazioni che si son posti l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione della cittadinanza sulle politiche commissionate dal WTO. Al già citato Rossija protiv VTO aderiscono personalità del mondo scientifico, partiti (quali Rodina e il Partija Dela di Babkin), ONG ed esponenti politici. Rileva poi l’attività del think-tank VTO-inform, che pubblica quotidianamente una mole di dati, studi, proiezioni sull’impatto dell’accessione nell’economia russa. Dal suo statuto, gli obiettivi sono: copertura mediatica delle implicazioni per le industrie ed imprese russe scaturite
dall’adesione all’OMC, segnalazioni ai rappresentanti dello Stato sulle variazioni dell’economia reale, analisi su opportunità per ridurre le conseguenze negative dell’accessione.
Cifra comune alle organizzazioni che si oppongono al WTO è la volontà di combattere contro le caratteristiche immanenti a tutte le organizzazioni sovranazionali, si chiamino esse Unione Europea, Banca Mondiale, ONU che dir si voglia. Opacità del funzionamento interno, intangibilità delle burocrazie di apparato, rimozione del rapporto di causa-effetto fra decisioni adottate e relative conseguenze sul piano socio-economico. In una parola, segretezza. Modus operandi adottato scientemente e non per eterogenesi dei fini, accuratamente celato dal chiasso mediatico delle agenzie di (dis)informazione.
La Russia, nel corso dei secoli, è stata in grado di opporsi alle precedenti forme di globalizzazione e pretese egemonizzanti, parlassero queste svedese, francese, tedesco. Sarà in grado oggi di resistere al
tentativo assai più sottile, ma non per questo meno pericoloso, posto in opera dagli anglofoni? Alessandro Di Simone