La crisi, i manuali e i fallimenti annunciati
 











L’annuncio della Federal Reserve di questo mese è stato un evento importante? Dal punto di vista filosofico sì, parecchio. Dal punto di vista delle implicazioni sulla politica economica, non molto.
Quello che ha fatto la Fed è stato impegnarsi a non aumentare i tassi di interesse fino a quando la disoccupazione non sarà scesa sensibilmente rispetto ai livelli attuali, oppure fino a quando l’inflazione non sarà salita in misura significativa oltre il target del 2 per cento.
C’è un particolare di una certa rilevanza, che nessuno, a quanto mi sembra, ha evidenziato: il criterio relativo all’inflazione è espresso in termini di inflazione prevista, non di inflazione registrata. Questo consentirà alla Fed di tenere i tassi bassi anche di fronte ad anomalie temporanee del tasso di inflazione, provocate ad esempio da un brusco aumento dei prezzi delle materie prime.
È abbastanza evidente - anche se non dichiarato esplicitamente - che l’obbiettivo
di questo pronunciamento è dare una spinta all’economia nell’immediato, attraverso le aspettative di un’inflazione più alta e un’occupazione più forte di quelle che avremmo potuto aspettarci.
Insomma, dal punto di vista filosofico questa mossa rappresenta una conversione al criterio di Evans sui tassi di interesse e alla dottrina Woodford-Krugman sulla politica monetaria in una situazione di trappola della liquidità.
Dal punto di vista sostanziale, però, non c’è granché di nuovo. Ben Bernanke ha promesso che la Fed non farà niente di stupido, insomma che non si metterà a fare la Bce, alzando i tassi anche se l’economia è ancora depressa e l’inflazione di fondo è ancora bassa. Il fatto però è che quasi nessuno pensava che la Fed avrebbe fatto la Bce, e la dimostrazione è che i mercati non sono sembrati troppo impressionati dalle dichiarazioni di Bernanke. Perciò mi spiace, ma questa mossa, anche se dimostra che la Fed sta leggendo bene la situazione, non cambia radicalmente le
carte in tavola.
Oltre al nuovo pronunciamento di politica monetaria, la Fed ha reso pubbliche le sue proiezioni economiche. Quello che mi ha colpito è che la Banca centrale Usa prevede un tasso di disoccupazione ben al di sopra del livello di lungo periodo perfino per il quarto trimestre del 2015 (che è fin dove si spingono le sue proiezioni). Questo significa che la Fed prevede una disoccupazione elevata a nove anni pieni dall’inizio della Grande Recessione. E si sa che la Fed tradizionalmente pecca per ottimismo.
È un clamoroso fallimento di politica economica, non solo della Fed, ovviamente. Quando faccio il caustico sulle Persone Tanto Coscienziose, tenete a mente questo: di fronte a una crisi economica dove i manuali di macroeconomia dettavano per filo e per segno la risposta da dare, i potenti hanno preferito lasciarsi abbagliare dai deficit di bilancio, e in generale si sono disinteressati dell’occupazione. Il risultato lo avete sotto gli occhi: un disastro umano ed
economico. di Paul Krugman, da Il Sole 24 Ore