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L’ammiraglio Falco Accame demolisce la relazione sull`uranio impoverito |
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L’ammiraglio Falco Accame è uno dei più attivi sul fronte dell’uranio impoverito. La sua associazione fornisce da anni un aiuto concreto ai militari malati ed ai familiari delle vittime di patologie in grado di essere connesse con l’impiego di munizionamento realizzato con materiale radioattivo. Il suo parere sulla controversa relazioni finale licenziata dalla Commissione d’inchiesta del Senato è uno dei più autorevoli. “Dopo due anni risultati pressoché zero, si presentano praticamente immutati tutti gli stessi problemi che erano emersi nella precedente Commissione d’inchiesta”, ha dichiarato l’ex parlamentare socialista. “Nella relazione – spiega l’alto ufficiale - si afferma che l’uranio impoverito non è stato impiegato né stoccato in Italia, "ma a Livorno, Camp Darby e Vicenza sono state stoccate migliaia di armi all’uranio. Vi sono stati 3761 casi di militari ammalati di tumore e di altre gravi malattie nelle missioni all’estero dal 1981, "ma sono stati dimenticati i casi dei civili e dei militari in Italia nei poligoni. Ed è stato dimenticato altresì tutto il personale militare già in congedo”. “I tumori e le altre gravi malattie – continua Accame – possono essere stati determinati dalle armi all’uranio impoverito usate dagli alleati. Ad esempio in Bosnia sono stati sparati 10.800 proiettili e in Kosovo oltre 31.000: fuoco amico del tutto dimenticato”. L’ammiraglio ha poi rimarcato come i principali pericoli non derivino dal materiale allo stato solido. Secondo una costante letteratura scientifica, le principali complicanze sono connesse all’inalazione dell’aerosol che si sviluppo negli attimi successivi la detonazione del proiettile. Per il presidente dell’Anavafaf, le lacune della relazione non sono finite: manca il conteggio dei casi di malformazione alla nascita, e la valutazione sull’altrettanto pericoloso torio usato dai missili Milan impiegati in Italia (nei poligoni) e all’estero. E ancora - sottolinea l’associazione - “nulla è stato realizzato per le bonifiche dei poligoni italiani”, “nulla è stato realizzato di concreto per le analisi epidemiologiche in Sardegna”, e “nulla è stato fatto circa i gravi errori contenuti nelle normative che hanno portato all’erronea esclusione dai risarcimenti”. Accame inoltre ricorda che nonostante le raccomandazioni della scorsa Commissione circa la necessità di adottare il nesso probabilistico e non quello deterministico nel legame tra tumori e attività svolta dal personale. Un’elusione che ha permesso alla Difesa di continuare ad applicare una discrezionalità amministrativa eccessiva. Casi simili sono stati trattati in maniera radicalmente diverse dalle commissioni chiamate a riconoscere l’esistenza della causa di servizio. Anche dal punto di vista inquirente per l’ex Psi la commissione ha lasciato a desiderare: “Non sono stati auditi dalla Commissione i Comandanti delle missioni all’estero. Teatri dove sono state impiegate armi all’uranio impoverito oltreché armi convenzionali di metalli pesanti, e dove sono mancate le misure di protezione. Deposizioni che sarebbero state utili per scoprire se tali Comandanti fossero stati edotti o meno dei pericoli”. “Gli Stati Uniti – ricorda l’ammiraglio – avevano già adottato misure di protezione in Somalia dal 14 ottobre 1993. Non stati auditi dalla Commissione tutti quei generali che avevano sostenuto la pericolosità dell’uranio impoverito, come il Gen. Osvaldo Bizzari, il Gen. Fernando Termentini, il Gen. Ottogalli e non sono stati auditi tutti i professori di medicina che si sono pronunciati circa la pericolosità dell’uranio impoverito, come risulta da numerose sentenze emanate da Tribunali civili e da dichiarazioni pubbliche”. Accame e la sua associazione esprimono profondo sconcerto per il contenuto della relazione finale. Le evidenze emerse durante l’attività della Commissione avrebbero dovuto portare ad altre conclusioni. I risultati messi nero su bianco dalla Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito non hanno soddisfatto chi prevedeva una presa di posizione nei confronti dell’Amministrazione militare. L’ultimo atto dell’organo inquirente di Palazzo Madama ha chiarito alcuni punti ed ha alzato una cortina fumogena su altri temi. Affermare che non si è in grado di stabilire l’utilizzo o lo stoccaggio di munizioni all’uranio impoverito è, senza dubbio, un azzrdo. Le associazioni dei militari non sono soddisfatte, i territori intorno ai poligoni sperano che la Difesa non continui ad operare come se nulla fosse accaduto. La relazione intermedia della Commissione, presentata da Scanu del Pd e votata all’unanimità, aveva un contenuto molto più deciso. Il documento votato ieri ha ammorbidito i toni. “Il documento finale mi sembra condivisibile ed equilibrato”, spiega a Rinascita, senatore della Lega Nord e componente della Commissione d’inchiesta. “Adesso si apre la strada alla liquidazione di risarcimenti più equi – rimarca il medico eletto nelle liste del Carroccio – E si escludono persone che hanno cercato di approfittare della situazione di incertezza”. “Assolutamente positivo, in particolare, l’operato della commissione sulla problematica del poligono di Quirra – conclude Rizzi – ora le nebbie sono dipanate e la situazione appare chiarissima: la politica da un lato e la magistratura dall’altro devono sfruttare questo lavoro per le successive inevitabili determinazioni. L’auspicio è che tutto non venga, come purtroppo spesso accade, insabbiato ed accantonato fino alla prossima legislatura ed alla formazione di una nuova Commissione d’inchiesta interna al Senato”. Istituzione tutta in forse. Dopo un impegno durato ben tre legislature, non ci sono certezze in merito. Con la scusante del taglio dei costi, il Senato potrebbe decidere di confinare le questioni legate all’uranio impoverito ed alla sanità militare alle commissioni Difesa dei due rami del Parlamento. “La Commissione di inchiesta sull’uranio ha compiuto dei fondamentali passi in avanti, cercando di dare delle risposte ai soldati che hanno contratto gravi patologie per aver servito la Patria. Ora però è necessario proseguire con fermezza su questa strada”. Questo il contenuto di un comunicato diffuso dal senatore Idv Giuseppe Caforio, segretario della Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito, a margine dell’approvazione della relazione finale. “I risultati raggiunti sono significativi ma insufficienti – ha spiegato il parlamentare dipietrista – Sotto l’impulso dell’Italia dei Valori è stata affrontata la questione delle cause di servizio di tanti militari che ancora non vedono riconosciuti i loro diritti. Il Comitato di verifica si ostina, inspiegabilmente, a respingere la gran parte delle istanze pervenute divenendo, di fatto, un tribunale senza appello: per questo riteniamo necessario prevedere la presenza di un medico di parte all’interno della commissione giudicante. L’Idv ha ottenuto inoltre l’approvazione di un ordine del giorno, a mia prima firma, che per la prima volta impegna il Governo a fare piena luce sulla pratiche vaccinali alle quali vengono sottoposti i nostri soldati. Infine, ci siamo impegnati non solo per la bonifica dei poligoni di tiro e per l’avvio di una indagine epidemiologica, ma anche per chiarire che tipo di convenzioni sono state stipulate con aziende produttrici di armi ed eserciti stranieri, tanto da rendere i siti dei cimiteri bellici. La relazione - conclude Caforio - deve essere insomma un punto di partenza e non di arrivo, molto resta ancora da fare per garantire giustizia e tutelare i nostri militari”. A smentire in parte quanto votato dalla Commissione ci sono gli indizi emersi durante le indagini coordinate dalla procura di Lanusei. Il pm ogliastrino Domenico Fiordalisi ha raccolto elementi sufficienti per sostenere come si siano smaltiti all’interno del demanio militare diversi quintali di munizioni. Attività svolte in maniera illegittima – secondo l’accusa – da parte dei Comandi delle Forze armate coinvolte. Le contraddizioni tra i vari poteri dello Stato rischiano di complicare irrimediabilmente lo scenario.Matteo Mascia |
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