Disoccupazione, fenomeno globale
 











La disoccupazione è ormai un fenomeno globale che riguarda 200 milioni di persone. Lo afferma l’ultimo rapporto della Organizzazione mondiale del lavoro (ILO) che sottolinea anche come siano state ben 67 milioni le persone finite per strada a causa della crisi economica che da più di 6 anni pesa sull’economia mondiale e che registra ormai scenari di recessione se non addirittura di depressione. E la situazione, sostiene l’ILO, non potrà che peggiorare visto che la tendenza è proprio quella di una economia che, a causa di un effetto domino, finisce per trasmettere le proprie debolezze da un settore all’altro. Una situazione che appare senza sbocco e che vede la più ampia diffusione dei contratti part time e che penalizza in particolare i giovani. E qui si è in presenza di un autentico dramma considerato che tra i giovani tra i 15 e i 26 anni quelli senza lavoro sono il 12,6%. Ovviamente il rapporto dell’ILO prende in considerazione soltanto i disoccupati ufficiali quelli iscritti alle apposite liste e non già i giovani e coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro o che lavorano in nero. Significativo per comprendere l’impostazione “anglofona” dell’ILO è la affermazione che il contagio globale dei senza lavori sarebbe stato accentuato dalla crisi europea. Affermazione quanto mai falsa perché la crisi europea è un effetto e non una causa. E’ un effetto della crisi finanziaria nata negli Usa a cavallo tra il 2006 e il 2007 a causa delle speculazioni delle grandi banche americane (tipo la Goldman Sachs e la fallita Lehman Brothers). Una crisi che poi si è trasformata in economica e che è tracimata quindi nel sistema economico europeo. Una crisi che ha fatto sentire di più la concorrenza dei prodotti di Paesi come la Cina dove il costo del lavoro è otto volte minore del nostro. Di conseguenza è stato facile, oltre che ignobile, per la canaglia liberista annidata nei vari organismi internazionali perorare la necessità di rendere sempre più flessibile il “mercato del lavoro” (come se il lavoro fosse una merce) ed introdurre forme di contratto all’insegna della precarietà. L’Italia è uno dei Paesi messi peggio, sostiene l’ILO, in particolare per la situazione dei giovani che stanno scontando la preparazione insufficiente offerta dalla scuola dell’obbligo e dall’università.
Nel 2012 il numero dei disoccupati è aumentato di 4,2 milioni portando il totale a 197,3 milioni. Rispetto all’avvio della crisi  il numero di disoccupati nel mondo è cresciuto di 28 milioni. A questo dato si devono aggiungere altri 39 milioni che hanno smesso di cercare un lavoro perché scoraggiati dopo aver visto troppe volte chiudersi in faccia le porte di una possibile occupazione.
Da tale tendenza al peggio, si è sviluppata così una lotta tra poveri per accaparrarsi un qualsivoglia posto di lavoro, pure se si tratta di un lavoro mal pagato, precario e con ritmi pesantissimi. Una rivalità, una lotta al coltello sulla
quale molte imprese hanno potuto giocare tagliando i costi fissi per guadagnare di più ma peggiorando sensibilmente la qualità del lavoro e spingendo milioni di lavoratori molto vicino alla soglia di povertà.
E qui sta un elemento che in molti si ostinano a non voler vedere e che promette nel medio termine di innescare delle vere e proprie rivolte di piazza generalizzate. Quando non si avrà più niente da mangiare e più niente da perdere, basterà infatti poco a milioni di persone scendere per le strade e mettersi a spaccare tutto. L’unico problema è che questi milioni di nuovi poveri e di poveri senza futuro non avranno ben chiara l’identità del nemico principale e si ridurranno a prendersela con i simboli e i rappresentanti del potere legale ed istituzionale e non già, come dovrebbero, con i banchieri e gli speculatori finanziari che hanno trascinato l’economia globale in questa situazione. Prima con il demenziale mito della crescita economica continua ed infinita e poi con le
speculazioni vere e proprie all’origine della crisi del 2007-2008. Ma una speranza in fondo resta se si pensa che i dimostranti greci nel febbraio del 2011 non si sono limitati a dare l’assalto ai Ministeri ma hanno preso di mira le sedi delle principali banche nazionali ed estere considerate giustamente le vere responsabili del disastro.Filippo Ghira