La canaglia liberista si raduna a Davos
 











Il World Economic Forum che si è aperto a Davos in Svizzera rappresenta una delle più frequentate occasioni per i migliori o i peggiori banditi internazionali legalizzati (tipo Lloyd Blankfein della Goldman Sachs) per scambiare idee e consigli su quello che è meglio fare e non fare per arricchirsi più di quanto preveda la decenza. Più di 2 mila persone tra banchieri, finanzieri e industriali vari si incontreranno fino a domenica con capi di Stato e di governo e ministri vari, ansiosi di sapere cosa si devono aspettare nei prossimi mesi sui mercati finanziari, quanto a speculazioni contro questo o quel titolo pubblico. E cosa dovranno fare per mostrarsi vicini ai poteri reali e per “meritarsi” gli inviti ai prossimi vertici.
Come i raduni della Commissione Trilaterale e del Gruppo Bilderberg, anche il Forum di Davos è divenuto il bersaglio delle proteste di quanti non si rassegnano ad essere governati dai gangsters dell’Alta Finanza tanto da
obbligare gli organizzatori a varare rigide misure di sicurezza che vedranno più di 3 mila militari svizzeri a fare da guardia ai presenti. Non per metterli dietro le sbarre ma per garantirgli che potranno andarsene incolumi e ricominciare a fare quello che stanno già facendo.
Nei diversi incontri che caratterizzeranno il Forum si parlerà delle prospettive dell’economia globale e di come intervenire fattivamente per arrivare a creare un mercato sempre più globale. Nel pomeriggio ad esempio, con la partecipazione di Mario Monti e del direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, la francese Christine Lagarde, si è discusso sul come governare l’economia in tempi avversi. Sempre Monti ha partecipato in serata ad un altro incontro sul come migliorare la competitività delle aziende italiane sul mercato globale. Un dibattito dal quale è emersa la necessità (per i partecipanti) di rendere più precario e flessibile il rapporto di lavoro, quindi pagandolo quasi a cottimo, tanto
produci e tanto prendi di stipendio, e favorire la più ampia possibilità di licenziamento. Una deriva alla quale, attraverso la riforma del ministro Elsa Fornero, il governo Monti ha già offerto il suo fattivo contributo. Gli incontri successivi saranno sempre in linea. Domani, ad esempio, si parlerà di come gettare le basi per una rinascita europea che ovviamente vedrà i gentili ospiti convenire sul fatto che i Paesi europei debbano cedere quel che resta della loro sovranità nazionale ad organismi centralistici come la Commissione di Bruxelles e la Banca centrale europea.
Monti farà comunque la sua parte, visto che si trova idealmente a casa sua tra “amici”. Non è forse stato consulente di Goldman Sachs e di Moody’s? In questa fase il Professore viene guardato con curiosità dopo la sua decisione di presentare una propria lista alle politiche del 24-25 febbraio per cercare di ottenere dagli italiani quella legittimazione che la sua ascesa a Palazzo Chigi, voluta da Wall Street e
dalla City, non è stata in grado di assicurargli. Né del resto come avrebbe potuto dato che il suo governo ha rapinato i cittadini con l’Imu, ha fatto chiudere migliaia di imprese e ha portato la disoccupazione a livelli mai visti prima?
L’idea di un tecnocrate di entrare in politica è stata giudicata così in modo positivo dai suoi sodali presenti a Davos tanto da portare molti di loro a ripetere la solita solfa sul fatto che il professore della Bocconi ha ridato credibilità all’Italia e resta quindi l’unico in grado di rassicurare gli investitori sulla solvibilità futura dei nostri titoli pubblici. Altri, pur considerandolo “insostituibile” hanno espresso dubbi sulla sua discesa in campo. Avrebbero preferito infatti che si mettesse da parte e che poi, dopo le elezioni, gli italiani lo avessero chiamato a furor di popolo a guidare ancora un governo di salvezza nazionale o addirittura lo avessero eletto al Quirinale. Insomma all’estero, specie quello anglofono, continuano a vederci e
a volerci come una colonia.Filippo Ghira